Era persuaso di non riu scire ad essere un bravo missionario in quella terra infestata da nemici di Cristo. Allora pregò: "Signore, non sono buono a niente: prendimi con te"
Erbusco (BS - Italia)
Todos Santos (Messico)
Luigi nacque a Erbusco, in provincia di Brescia il 15 dicembre 1928. Fu ordinato sacerdote a Milano alla fine di maggio del 1953 e, dopo un annno di insegnamento filosofico a Firenze, andò a Crema come propagandista-animatore missionario della zona.
Per sette anni, battè la zona in cerca di giornate missionarie che si trasformassero in pane per i seminaristi e in aiuto per i missionari che dalla missione tendevano la mano. A volte tornava a casa sfinito dalla fatica e chi gli chiedeva chi gli facesse fare tanti chilometri in bicicletta rispondeva: “Coppi e Bartali fanno questa vita per i soldi e per la gloria umana. Dovrei forse io essere da meno per le missioni e per il Signore? Se penso a quanta fame ho patito in questa casa, quando ero seminarista, mi vengono le ali ai piedi. Questi ragazzi non sono mai sazi, proprio come i merli”.
Ma ecco che anche per padre Luigi venne il momento della partenza per la missione: Aveva sognato l’Africa, invece i superiori lo destinarono al Messico.
Nel gennaio 1961 il nostro missionario raggiunge Tepepam, dove frequentò la scuola di spagnolo. L’anno seguente lo troviamo a Todos Santos nella Bassa California. Finalmente era arrivato in una missione vera e propria.
Todos Santos, l’antica missione di Santa Rosa da Lima, fu fondata dai missionari gesuiti verso il 1700. A loro subentrarono i francescani, quindi i domenicani e poi i missionari di San Pietro e Paolo. Nel 1948 arrivarono i comboniani subentrando al clero locale. I cambiamenti di cui abbiamo accennato ci dicono quanto sia stata difficile questa missione.
A quel tempo Todos Santos era un paesetto di 3.000 abitanti in cui c’era un certo benessere a motivo di un’agricoltura fiorente. La cittadina sorgeva come un’oasi in mezzo al deserto, con vasti campi di terra fertile e un’abbondante sorgente che consentiva l’irrigazione. Il sole, che batteva a picco per 365 giorni all’anno, faceva il resto.
“In questo deserto arido, ogni semente muore se non è annaffiata. Ma le anime di questa gente sono più aride del deserto, con il rischio che la parola di Dio non le sfiori neppure”, scriveva ad un amico.
“La Madonna di Fatima, alla quale è dedicata la cappellina che stiamo costruendo all’inizio del paese, avrà il suo bel da fare per cambiare certe teste. Se guardassi ai risultati che ottengo dovrei disperarmi, ma io confido nell’onnipotenza di Dio che sa cavare figli di Abramo anche dalle pietre”.
Il suo lavoro sistematico e fecondato da tanta preghiera portava i suoi frutti, perciò i nemici della Chiesa cominciarono a guardare con odio sempre più aspro quello straniero che parlava chiaro e portava via clienti ai loro affari. Bisognava assolutamente toglierlo di mezzo.
Il Messico era stato in passato terra di martiri, ma padre Luigi temeva di diventare presto uno di loro? Forse con l’infittirsi delle minacce di morte presagiva qualcosa di brutto?
In occasione della festa della mamma, il 10 maggio, il Messico impazzisce di allegria. Le famiglie si riuniscono, i figli ritornano da lontano, tutti presentano promesse e regali. La botteghe si riempiono di regali, aumenta notevolmente il commercio di liquori, i gruppi folcloristici e i complessi musicali vanno a ruba. La festa e la confusione è al massimo.
I congiurati decisero di agire immediatamente prima del 10 maggio, quando le forze di polizia erano occupate a tenere sotto controllo i preparativi per la festa della mamma, approfittando di una occasione di trovare il padre era da solo.
L’occasione si presentò il 7 maggio 1963. Le prime ore del giorno, dopo la messa, il padre le aveva passate a preparare l’omelia. Poi era andato dalle suore, per sapere a che punto erano i preparativi della festa. Infine era passato dal Fratello per vedere a che punto erano i lavori sul tetto della chiesa. Quindi pensò di andare a prendere una boccata d’aria fresca in spiaggia. Era un po’ stanco. Passò ad invitare un maestro che non accettò. Comprò qualche amo e se ne andò.
All’ora di pranzo non era tornato a casa, ma nessuno ci badò. Verso sera passò un contadino ad avvisare che l’auto del padre era sempre ferma nello stesso punto della riva, ma del missionario non c’era traccia. Allora il Fratello scappò giù di corsa, cercò anche lui. Venne intanto molta gente, portarono lumi, frugarono palmo a palmo il laghetto vicino al mare senza risultato. Trovarono le calze e le scarpe sopra un sasso. Due giovani vollero tuffarsi ancora e andare sotto una roccia a 4 metri di profondità: lì stava il povero padre. Lo estrassero, pareva dormire.
Subito si pensò a una disgrazia, ma per le ferite e le fratture che presentava c’erano indizi sufficienti per sospettare un omicidio.
Radio “La Paz” parlò subito e senza mezzi termini di delitto. L’ambasciata italiana voleva andare a fondo alla questione per scoprire i colpevoli, ma i missionari temendo ulteriori rappresaglie o addirittura il pericolo di un’espulsione con grave danno per la missione e per i cristiani, preferirono mettere a tacere la cosa.
Il missionario oramai era morto, e il suo sacrificio non doveva venire dissacrato da un ormai inutile processo. Il tempo ha dimostrato che questo atteggiamento è stato quello giusto. Non solo infatti la cittadina si scosse dalla sua apatia spirituale ritornando alla pratica della vita cristiana, ma proprio lì, attorno alla tomba di padre Luigi, diventata meta di pellegrinaggi, prese vita il movimento dei “Piccoli Fratelli di Maria”, un’associazione animata dal comboniani padre Piacentini i cui adepti si impegnano alla pratica del cristianesimo nella vita di tutti i giorni.