Comboni, in questo giorno

In lettera a Elisabetta Girelli (1870) da Verona si legge:
Noi siamo uniti nel Sacratissimo Cuore di Gesù sulla terra per poi unirci in Paradiso per sempre. È necessario correre a gran passi nelle vie di Dio e nella santità, per non arrestarci che in Paradiso.

Scritti

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N° scritto
Destinatario
Segn. (*)
Provenienza
Data
121
Don Nicola Mazza
0
Firenze
31.10.1864

A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"

Amatiss.mo Sig.r Superiore

Firenze, 31/10 = 64

[928]
Spero che avrà ricevuto l'ultima mia dieci giorni fa. In questa gli ripeto tutto ciò che in quella lettera gli dissi; che son sempre eguali i miei sentimenti verso un padre, al quale son debitore di tutto.

In questa gli dico di più che giovedì fui chiamato, a mezzo di Barnabò Cardinale, dal Santo Padre, e vi stetti un'ora e dieci minuti, ricevuto nella stanza da letto. Ragionai tre quarti d'ora sul novello piano d'Africa; e poi ebbi a leggere una bellissima lettera che la piccola Metilde di Canossa scrisse al Papa. Oh quai bei sentimenti traspiravano da quell'angelica giovanetta. Il S. Padre se ne compiacque assai, e m'incaricò di darle la benedizione.


[929]
Parlai a lungo di lei, mio caro Superiore, dell'Ist.o, e del paramento. "Come sta il mio buon vecchio Mazza? mi disse il S. Padre: ditegli ch'io l'amo e lo benedico di cuore etc. Poi parlando del paramento mi disse: "Bello, bello; vi assicuro che non ho mai veduto un così stupendo lavoro. Il Card. Barnabò avendolo indossato l'estate scorso a S. Filippo, e avendolo bagnato alquanto del suo sudore, ordinai che nell'estate non si adoperi più per non guastarlo: voglio che sia conservato qui nel palazzo pontificale come monumento prezioso dell'arte. Mando al mio buon Mazza una speciale benedizione." Insomma il Papa vuol bene all'Ist.o e specialmente al suo Capo.


[930]
Quanto all'Africa, io sono felice di vedere che i miei pensieri sono accolti benignamente dal Pontefice. "Io sono lieto, mi disse, che voi abbiate ad occuparvi dell'Africa: ora andate a Parigi e presentate il piano alla Presidenza della Pia Opera della Propagazione della Fede. Poi il Cardinale Barnabò, a norma dell'assistenza che vi presterà la Francia, farà una circolare a tutti i Vicari e Prefetti Ap.lici dell'Africa, e farò il Decreto d'approvazione. V'incarico di studiar la maniera di associare al Piano tutte le altre Istituzioni e società: vi do la mia benedizione etc. labora sicut bonus miles Christi." Queste ultime parole risuonarono nel fondo del mio cuore. Il P. Rossi, Confessore di Antonelli, il Card. Barnabò e molti altri mi dissero essere il mio piano l'unico mezzo per piantare nel centro d'Africa la Fede.


[931]
Mio amato Superiore: io non ci ho alcun merito. Quando venni a Roma io non sognava nemmeno il Piano. La Provvidenza ha guidato la mia mente il mio cuore. Io avrei dovuto consultare il mio Superiore prima di far nulla. Ma il pensiero che in una lettera poco avrei fatto, e il Superiore che va cauto non m'avrebbe dato il suo giudizio che dopo lungo tempo, seguii l'impulso del mio cuore. Parmi di aver fatto bene così. Oltre all'immenso bene che il piano porterà all'Africa, e che regolerà per molti secoli le intraprese africane, come corollario ne discende la realizzazione del suo Piano. Difatti venerdì il Cardinal Barnabò mi assicurò che, dopo il trattato che farò con Parigi, decreterà la creazione di due Vicariati o Prefetture Apostoliche, ed affiderà una, a mia scelta, all'Ist.o Mazza. Siccome a D. Beltrame piacquero generalmente le posizioni dei Denka, Agnarquai etc. da lui esplorate e bene descritte, così io potrò far assegnare all'Ist.o il Nilo Orientale. Ma in ciò sentirò il suo parere. Col mio piano poi sono certo che l'Ist.o avrà tanti soggetti, e si perpetuerà colla missione mantenuta il medesimo Istituto.


[932]
Io tengo una lettera tedesca ricevuta 20 giorni fa da un membro del Comitato di Vienna che mi dice: "Se voi non venite in soccorso della Missione, ella cadrà." A mezzo sicuro feci intendere al Comitato la sostanza delle mie intenzioni. Il Cardinale e il P. Lodovico mi hanno manifestato le loro comunicazioni con Vienna. Gliene parlerò a voce. Il Generale dei Francescani brigò assai presso il Cardinale ed il Papa per avere l'assoluta giurisdizione dell'Africa. Il Vescovo d'Egitto era costituito il Provicario.


[933]
Il mio Piano ha gettato a terra i loro escogitati, ed ha tolto per sempre il più terribile ostacolo che impediva al nostro Istituto di realizzare il disegno escogitato nel 1849. E' vero che il Cardinale avea promesso di dare la tribù del deserto proposta da D. Beltrame. Ma quella non è abitata da mori, e con quella nessuna relazione potevano avere i due Istituti di negri di Verona. Inoltre con quel sistema non avremmo potuto essere assistiti da Vienna. In forza del corollario del mio Piano invece, io farò assegnare all'Istituto una della due parti Orientale od Occidentale del Nilo che si stende fra il Tropico del Cancro e l'Equatore, cioè da Assuan a Scellal fino quasi alle sorgenti del Nilo. Studi bene questo, mio caro Superiore, e vedrà come io fui guidato da quel Dio che sa dal male trar bene, e che sotto l'ispirazione della B. Alacoque ho agito a seconda delle sue intenzioni e del suo disegno.


[934]
Secondando le sue intenzioni, eseguisco il comando del Cardinal Barnabò. E siccome debbo presentare il Piano a diverse Società di Germania, Francia e Spagna, così tiro alcune copie in istampa per aver il giudizio, le osservazioni e le modificazioni dei più distinti uomini e prelati dell'Europa Cattolica, perché nella prossima primavera possa essere pubblicato. Ella, Sig.r Superiore, disponga le cose per mandare in Egitto e mori e more e missionari. Entro la prossima estate devono già fiorire due case per l'Africa Centrale in Cairo dipendenti dall'Ist.o Mazza.


[935]
Sono certo che alcuni dei giovani nostro Preti si assoceranno alla missione. Col sistema passato nessuno dei nuovi preti si sarebbe associato. Inoltre il Papa mi dichiarò apertamente che non avrebbe data la benedizione ad alcun Missionario per andare a stabilirsi di botto nell'Africa Centrale; e il medesimo Papa era risoluto di estinguere il Vicariato. Spero di aver esteso il mio piano in guisa da essere compreso. Ora che il Papa mi pronunciò quel benedetto: labora sicut bonus miles Christi, io non temo di nulla. Avrò i più fieri ostacoli, soprattutto da parte delle fraterie, non sempre dominate dallo spirito della carità evangelica. Ma non temo di nulla. Il Dio delle misericordie cancellerà il tremendo chirografo della maledizione, che pesa da tanti secoli sui miseri figliuoli di Cam.

Si ricordi, mio caro Superiore, che io l'amo, e che desidero di non essere indegno di essere



Suo vero figlio

D. Daniele






122
P. Lodovico da Casoria
0
Firenze
31.10.1864

AL PADRE LODOVICO DA CASORIA

AFBR

Firenze, 31/10 = 64

R.mo P. Lodovico!

[936]
Da Roma non le scrissi, perché seppi dal Card. Barnabò che il P. Generale deve aver comunicato a Lei la favorevole risposta del Vic. Ap. d'Egitto. Dunque Ella intanto pianti i due Istituti in Egitto, ed io penserò a farle assegnare un vasto campo nell'Africa centrale, e a ridurre il Comitato di Vienna ad assegnarle un'annua somma. Quello che il Comitato scrisse a Lei circa il trattato coll'Ist.o Mazza, scrisse pure a Barnabò. Ma io la posso assicurare che il mio Ist.o, fuori di me, non ebbe alcuna comunicazione con Vienna: io solo comunicai: a me solo parlò e scrisse. Io prenderò le cose con grande impegno.


[937]
Presentai a Barnabò il mio pensiero sul modo di trar profitto per l'Africa. Egli che sorride al mio piano, mi ordinò a nome del Papa di andar subito a Parigi, e poi a Vienna. Non passerà mezzo anno, mio buon Padre, che Vienna assegnerà buona somma annuale per le sue grandi opere. Intendo di parlare in segreto. Ho lasciato una nota alla Propaganda, in cui io proposi di affidare una gran parte dell'Africa alla Provincia riformata francescana di Napoli detta Palma: ciò feci appena arrivato da Napoli. Pria di lasciar Roma,il Cardinale mi disse, che fatto il trattato colla Propaganda di Parigi, assegnerà al P. Lodovico e a' suoi successori la desiderata Missione. Andando a piano si va lontano. Io indurrò certo il Cardinale ad appoggiare la mia proposta a Vienna in favore della Palma, qualora (cosa che non credo) mi si negasse.


[938]
Insomma, P. Lodovico, ella sa che le opere di Dio devono trovare ostacoli nel mondo: Dio ci assisterà per la nostra cara Africa. Io non so dove più stare dalla consolazione. Fui 70 settanta minuti dal Papa giovedì. M'incoraggiò ad occuparmi dell'Africa, sorrise al mio piano, e mi accomiatò col dirmi: labora sicut bonus miles Christi. Ora non v'è potenza umana che mi faccia retrocedere di un passo. Dio vuole che si lavori per l'Africa. La Palma è come il modello per regolare sostanzialmente tutte le altre Istituzioni. Il mio piano esclude in generale l'educazione di mori in Europa: ma il P. Lodovico faccia quello che Dio gli ispira, prima perché è governato da Dio, poi perché Napoli è una condizione eccezionale rispetto a Verona e al resto dell'Europa. Mi saluti i mori, D. Francesco, e preghi pel



Suo D. Daniele






123
Can. Giovanni C. Mitterrutzner
0
Verona
8.11.1864

AL CAN. GIOVANNI C. MITTERRUTZNER

ACR, A, c. 15/61

Mio cariss.mo Professore!

Verona, 8/11 = 64

[939]
Domani mercoledì mattina col primo treno parto da Verona per essere la sera a Bressanone. Intendo che abbiamo a studiare insieme il novello piano d'Africa, che ho presentato alla Sacra Congregazione di Prop.da Fide. Il Papa in quattro udienze, ma specialmente in quella del 28 ott.bre p.p. m'incoraggiò ad occuparmi dell'Africa, facendomi risuonare all'orecchio quelle consolanti parole: labora sicut bonus miles Christi. S. Em. il Card. Barnabò d'accordo col Papa mi manda subito a Lione e Parigi per concertarmi colla Direzione della pia Opera della Prop.ne della Fede. Io partirò fra 15 giorni: ma prima voglio concentarmi con Lei, per far saltar fuori come corollario del mio Piano la pronta reintegrazione della Missione dell'Africa Centrale, secondo il desiderio dell'eccelso Comitato di Vienna, al quale oggetto ho già intavolato delle pratiche con Barnabò, e che si darà pronta esecuzione al mio ritorno da Parigi.


[940]
I francescani e specialmente il Generale sono senza accorgersi ridotti al punto, mercé un colpo di politica che io vibrai a tempo e luogo opportuno, da sospirare la pronta esecuzione delle mie trattative a Parigi, e cedere la metà della giurisdizione sull'Africa Centrale.

Tutto ciò sia detto fra noi. A voce c'intenderemo meglio. Dio sa trar bene dal male. E' mia intenzione di mettere in campo i bravi missionari tedeschi, e di associare Kirchner a me.

Offra i miei omaggi a S. A. il Vescovo da parte del suo



Aff. amico

D. Daniele






124
Don Goffredo Noecker
0
Bressanone
9.11.1864

A DON GOFFREDO NOECKER

"Jahresbericht..." 12 (1864), pp. 86-91

Bressanone, 9 novembre 1864

Onoratissimo Signore,

[941]
Spero che abbia ricevuto da Roma le mie due lettere; nella prima le davo un breve resoconto, nell'altra l'idea di un nuovo progetto per la conversione dei negri.

Si meraviglierà ch'io sia sempre in viaggio e che ora mi trovi a Bressanone. Ma deve sapere che l'Africa e i poveri neri si sono impadroniti del mio cuore, che vive soltanto per loro, particolarmente da quando il Rappresentante di Gesù Cristo, il S. Padre, mi ha incoraggiato a lavorare per l'Africa, e per questo motivo mi perdonerà anche se lascio i miei pochi neri, che restano però in buona custodia, per lavorare a beneficio di tutta la loro stirpe.


[942]
Secondo le ultime notizie la missione dell'Africa Centrale è quasi del tutto estinta. Attualmente si trovano ancora a Khartum solo un padre e un fratello francescano. Il Fiume Bianco è stato completamente abbandonato e la stazione missionaria di Scellal lasciata.

La presidenza della Società di Maria a Vienna, che ha lavorato con tanto zelo e con tanto sacrificio al mantenimento della Missione dell'Africa Centrale, cerca con tutti i mezzi possibili di rimetterla in efficienza. La Propaganda stessa a Roma era dell'opinione di abbandonare del tutto per il momento questa missione, perché non poteva essere mandata ad effetto dai missionari europei. Appena giunto a Roma e parlato del nuovo piano concepito a Colonia e svolto poi nella mente nel mio viaggio da Colonia a Magonza, il Cardinale mi incaricò di mettere in iscritto queste idee, e di unire ed utilizzare nel mio piano tutti coloro che lavorano per l'Africa.


[943]
Il Piano piacque al Papa e al Card. Barnabò, ma la sua attuazione dovrà urtare contro innumerevoli ostacoli, perché lo spirito dell'amore di Gesù Cristo manca in molte classi e istituzioni e specialmente per causa della politica.


[944]
L'Opera dev'essere cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana. Tutti i cattolici devono aiutare i poveri Neri, perché una nazione sola non riesce a soccorrere la stirpe nera. Le iniziative cattoliche, come quella del venerato Olivieri, dell'Istituto Mazza, del Padre Lodovico, della società di Lione ecc. senza dubbio hanno fatto molto bene ai singoli neri, ma fino ad ora non si è ancor incominciato a piantare in Africa il Cattolicesimo e ad assicurarvelo per sempre. All'incontro col nostro piano noi aspiriamo ad aprire la via all'entrata della fede cattolica in tutte le tribù in tutto il territorio abitato dai neri. E per ottenere questo, mi pare, si dovranno unire insieme tutte le iniziative finora esistenti, le quali, tenendo disinteressatamente davanti agli occhi il nobile scopo, dovranno lasciare andare i loro interessi particolari.


[945]
Lei comprende quale splendido avvenire sia preparato alla sua società di Colonia, che in certo qual modo, è l'ideatrice del nuovo progetto, dato che il pensiero del piano io l'ho avuto solo in seguito all'abboccamento coi signori della Presidenza. Le ho inviato da Roma un abbozzo del Piano, al quale aggiunsi un prospetto sui Vicariati e Prefetture apostoliche che circondano l'Africa; mi sono diffuso poi più per esteso sulla fondazione di quattro quasi-università e di parecchie scuole di belle arti intorno alla grande penisola dell'Africa, e in ultimo sulla grande missione del Comitato centrale, che noi fonderemo in una grande città d'Europa.


[946]
Da Lione, ove ora mi reco, Le manderò tutto il piano, come è ora, e la prego che prima del mio arrivo a Colonia lo legga e lo esamini con gli egregi membri della Presidenza e con altri uomini prudenti.


[947]
Io sono qui a Bressanone presso l'instancabile Dr. Mitterrutzner, che si è reso così benemerito della missione africana. Egli approva il mio piano e lo ritiene necessario al miglioramento della situazione delle missioni della costa e per penetrare da tutte le parti nell'interno dell'Africa.

Spero che il primo successo della mia inziativa di ripresa delle stazioni missionarie distrutte, tra pochi mesi sarà un fatto compiuto. Sto parlando appunto in proposito col Mitterrutzner, che tratterà in mio favore con la Società di Maria a Vienna, mentre io per incarico del Card. Barnabò sottoporrò il Piano alla Direzione della Propagazione della Fede a Lione e a Parigi. Da Parigi verrò poi a Colonia. Nel mio viaggio attraverso il Piemonte mi voglio informare di tutto ciò che riguarda la morte del venerato Olivieri, e le conseguenze della sua morte per potergliele poi comunicare a Colonia.


[948]
Mi permetta ora di ringraziare ancora una volta la Società di Colonia per il grande aiuto ch'io ricevetti a Verona per i miei neri. Lei non può immaginare la portata di questa beneficenza. Voglio perciò tentare di dargliene una piccola idea, affinché conoscano Lei e i soci quanto è il loro merito davanti a Dio.


[949]
I nostri Istituti hanno da mantenere 600 ragazzi, 200 fanciulli e 400 fanciulle, compresi i neri e le nere. Non abbiamo alcuna entrata, se si eccettua un piccolo appezzamento di terreno e alcune case, il cui affitto potrebbe mantenere al massimo una dozzina di persone. Il rev. fondatore Mazza ha dato per il suo Istituto tutto ciò che possedeva e non vuole che si parli di denaro, perché, egli dice sempre, la Provvidenza sola è il fondamento e il sostegno del suo Istituto. Egli è un miracolo di confidenza, di conformità e di abnegazione. Da 12 anni, nei quali il Veneto e la Lombardia furono derubati del loro vino e della loro seta, che erano le più grandi ricchezze del paese, è cessata la beneficenza, e, se la Provvidenza ci manda per il vitto del giorno, poi non sappiamo se domani avremo qualche cosa. Può quindi di leggeri comprendere, come spesso il vitto per i fanciulli sia molto scarso.


[950]
Il vestiario una volta lo provvedeva tutto Don Mazza, da alcuni anni gli mancano i mezzi anche per questo. Le fanciulle europee hanno ancora il padre e la madre, lo zio e la zia, il tutore o il protettore, che spediscono loro soccorsi. Ma nessuno pensava alle povere africanelle (le quali, come lei sa, si trovano nell'Istituto già da molto tempo prima dei ragazzi neri), eccetto le maestre dell'Istituto, che spesso cedevano alle povere nere il loro cibo. Don Mazza vedeva tutto questo e ne soffriva indicibilmente, senza potervi porre rimedio.

Dal mio ritorno dall'Africa lavorai molto per aiutare le povere nere e rivolgevo a ciò anche i miei stipendi e quello che ottenevo per le prediche. Finalmente la Provvidenza mi fece venir a sapere della Società di Colonia; chiesi aiuto alla medesima e ne fui esaudito. Da allora la cosa per i miei neri va bene; sono vestiti e imparano senza preoccupazione senza dubitare degli aiuti della Provvidenza. Vestiario, riscaldamento, legna, tela, pane due volte al giorno, bevande, carne tre volte alla settimana, carta, libri, medicine, un cibo migliore per i malati, tutto ciò che è loro necessario viene comperato col denaro che ho ricevuto da Colonia. Ma la spaventosa malattia che li colpì tutti, che li tenne a letto tutto l'anno e per la quale ne morirono tre, ha toccato questa volta la borsa in modo particolarmente forte. Senza l'aiuto di Colonia non sapevo come cavarmela e molti con l'andar del tempo sarebbero morti.


[951]
La Società di Colonia è quindi la vera protettrice e il buon padre dei moretti di Verona. Riconosce ora i grandi meriti della sua Società? Pertanto Dio benedica la presidenza, i soci e i benefattori. Li ringrazi Iddio, perché io sono troppo indegno per ringraziarli secondo il merito. Ora anche l'ultimo sano, cioè Michele Ladoh, si è ammalato. E' una vittima della carità, perché si è affaticato troppo nel servizio dei suoi fratelli ammalati. Temevo molto per la sua vita. Il buon giovane non sapeva ancora che cosa fosse peccato.

Le nere godono buona salute. Il loro profitto va proprio di pari passo con il mio Piano dello scorso anno; i premi furono gli stessi d'allora. Or sono in attesa di poter partire presto per l'Africa, per portar la luce della fede cattolica ai loro connazionali. Io spero che presto si adempieranno i loro voti.



D. Comboni



Traduzione dal tedesco.






125
Don Francesco Bricolo
0
Lione
23.12.1864

DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c. 14/6

Lione, 23/12 = 64

Cariss.mo Rettore!

[952]
Il mio viaggio da Torino a Lione fu scabrosissimo per le nevi, che inceppavano il nostro cammino: ebbi in compagnia il Principe Sartorinsky, il quale mi lasciò a Culoz. Da Susa sopra un carrozzone tirato da 22 cavalli salimmo il Moncenisio. Dopo 6 ore di salita le nevi impedendoci di continuare montammo le slitte, ciascuna delle quali era tirata da 14 cavalli. Non ho tempo di descrivere questa scena notturna che presenta il contrapposto del deserto dell'Africa. Dopo un incredibile fatica nel superare balze e dirupi enormi alle 2 dopo mezzanotte guadagnammo la pendice, e fummo ospitati cortesemente dagli Eremiti di S. Bernardo, rispettati anche dal primo Napoleone, che ci scaldarono e ci diedero a mangiare una saporita minestra di fagioli e rape e lenticchie, e pane e chèvrin, che è formaggio giovane di capra assai squisito. All'alba ci rimettemmo sulle slitte, e dopo 22 ore attraverso a nevi agghiacciate pervenimmo a S.t Michel, ove ripresa la strada ferrata traversando Chambery, tutta la Savoia, e il lago amenissimo di Borgex fummo alle 4 pom. e Lyon. Nulla dico dell'esito del mio affare perché non so ancor nulla; e vi sarà del ritardo anche per la malattia del Card. Barnabò, che solo di quei di Roma io voglio che corrisponda con Lione e Parigi.


[953]
Avrà ricevuto il mio piano 6 copie, che stampò il Can. Ortalda, o meglio io, dietro il parer suo. Ne riceverà da mio Padre altre 10 copie. Vorrei che una la desse a Tregnaghi ed 1 a Martinati, e lo facesse leggere a Garbini. Ma quel che mi preme è che si preghi Dio e Maria per questo, pel buon esito. Per conseguenza ne mandi una copia a P. Perez pregandolo a interessare i Filippini a pregare; 1 copia agli Stimmatini, una a D. Mich. Falezza, una al Rett.e della Scala, al Parroco di S. Stefano, e a quelle persone che pregano insomma: ne mandi una ai nostri Preti di S. Giorgio, e me li riverisca. E il Farinato? Ah! la mi fuma. Non m'importa il denaro; ma quel che mi puote è l'inganno. Mi dispiace perché gli voglio bene, ma non mi fido più. Gli manderò il numero delle volte che fu comperato bigoli, fagioli etc. che non è che una o due volte al mese. Il resto sempre soltanto pane 1 volta ogni due giorni; ma basta: mi fa noia.


[954]
Quando dai frati francesi sul Moncenisio ho mangiato i fagioli, m'è venuto in mente che io ho dovuto pagare fagiuoli e bigoli al Farinato, senza che fossero stati mangiati. Ma basta... Dica a Hans che mi scriva. Mi saluti il Superiore, e gli dica che penso sempre a lui, e voglio che i suoi pensieri vadano eseguiti su ciò che riguarda l'Africa, e che preghi e faccia pregare pel buon esito. I miei saluti a D. Beltrame, insomma a nostri fratelli Sacerdoti e giovani. Faccia pregare i nostri pel buon esito de' miei affari africani. Scriverò molte cose: ma ora vo a dormire. Dopo Natale si tratterà dal Senato la questione della Leva de' Chierici, e la soppressione Vacca. Non ho perduto nemmeno una seduta in Senato; e ebbi la gioia di passare alcune ore col Manzoni che era accompagnato dal Parroco di S. Michele. Mi saluti le Urbani; anche le due mie Protestanti, e dica loro che mi scrivano: le vada a trovare. Il mio portinaio poi custodisce bene il mio castello, come fa col pianoforte, non come colla sua stanza da letto. Mi riverisca il Vescovo,



Suo aff. D. Daniele


[955]
La prego a scrivermi tutto ciò che concerne l'Istituto: non si limiti a una sola facciata, ma a tre quattro etc. Nessun altro mi scrive: dunque non falli, e mi dica tante cose. Io sono alloggiato nel Seminario delle Missioni Africane in Lione: M.r Planque è il Superiore e mi vuol tanto bene. Troverò immense difficoltà sul principio, molte in appresso: ma le opere di Dio sono così. Faccia pregare assai il Signore, e coraggio.






126
Card. Alessandro Barnabò
0
Lione
26.12.1864

AL CARD. ALESSANDRO BARNABO'

AP SC Afr. C., v. 7, ff. 675-675v; 683-683v

Lione, 26 dicembre 1864

Eminentissimo Principe!

[956]
Partito da Roma mi recai a Verona, ove il mio Sup.re D. Mazza, avendo letto e studiato il sunto del Piano per la Conversione della Nigrizia, ne fu contentissimo, e parve il buon vecchio ringiovanire per la speranza di veder presto effettuato qualche cosa di stabile per il bene dell'Africa interna. A dire il vero, sembrami che la sostanza del Piano debba produrre l'effetto dall'Em. V. voluto, di unire, cioè, e conservar vive e fiorenti le risorse e le Istituzioni già esistenti pel bene della Nigrizia: il che, senza che io mi dilunghi a provare, Ella scorgerà ben chiaramente dal Piano.


[957]
Questo Piano fu letto e meditato da molti distinti personaggi, e da alcuni Vescovi, tra i quali quello di Verona; e da tutti venne approvato, ed io fui incoraggiato a consacrar tutta la vita per mandarlo ad effetto. Mi sento infatti tutta la forza, appoggiato alla grazia di Dio, di reggere inconcusso a tutti gli ostacoli, che certo si attraverseranno alla grand'opera.

Ma l'approvazione e l'incoraggiamento degli altri non mi fa breccia alcuna, e a nulla giova, ove tutto non parta dall'Em. V. R.ma, che in questo affare è l'organo diretto della volontà divina. Mi perdonerà se ho l'ardire di esporle ciò che il S. Padre m'ebbe a dire la sera del 29 ott.e p.p.:


[958]
"Ho tanto piacere che voi vi abbiate ad occupare dell'Africa interna, e benedico ai vostri sforzi ed intenzioni. Io ne parlerò all'E.mo Card. Prefetto generale: consultatevi con lui, e seguite i suoi ordini, perché il Card. Barnabò è molto molto acuto, e farete del bene all'Africa, lo spero." Per togliermi alla soverchia fatica di tanto scrivere e copiare, tirai alcune copie in istampa del Piano, che io mando all'Em. V. affinché sappia ogni cosa. Ella tolga e laceri nel Piano tutto quello che non Le aggrada, perché ciò che non piace all'Em. V. R.ma, non piacerà mai mai a me; ed approvi quello che crede. Ella poi sa bene che io, e tutti quelli che si assoceranno all'opera (e ve n'hanno già alcuni, tra i quali ho ferma speranza che avrò il bravo Kirchner), non potremo mai far nulla, e prendere una iniziativa, senza un'espressa approvazione ed incoraggiamento dell'Em. V. R.ma.


[959]
Se sarà manifesto l'aggradimento e la volontà della Chiesa, noi avremo denaro, individui, e valida cooperazione, e tutto; e il Piano prende una felice iniziativa. Altrimenti i miei e gli altrui sforzi varranno meno che zero. Mi affido nelle braccia dell'Em. V. R.ma, che dirigerà le cose in modo, da iniziare prosperamente l'Opera, che ha per oggetto di cancellare il tremendo anatema che pesa da tanti secoli sui miseri figliuoli di Cam, e di piantare a poco a poco stabilmente la Fede nelle sterminate regioni dell'Africa interna, sulle quali non rifulse mai la luce del Vangelo.


[960]
Seguendo gli ordini dell'Em. V. R.ma, mi presentai a questo Consiglio della pia Opera della Prop.ne della Fede in Lione; e senza aver tempo nemmeno di esporre i miei desideri, n'ebbi questa risposta: "Noi non abbiamo giurisdizione alcuna: la nostra opera è puramente cattolica: noi assistiamo senza riguardo a nazionalità di sorta ed a misura delle nostre risorse, tutte le Missioni ed istituzioni all'Estero, che sono approvate dalla Propaganda, e che ci vengono da questa raccomandate: noi non abbiamo mai dato un centesimo ad una Missione, che non ci sia stata prima raccomandata dalla Propaganda. Nessuna raccomandazione, nemmeno quella dell'Imperatore, potrebbe smuoverci dal nostro sistema, che è la base del nostro operare. Noi non conosciamo che gli ordini di Roma e le nostre risorse, che eroghiamo secondo il beneplacito di Roma.


[961]
Noi non scriviamo alla Propaganda che per rispondere ai venerati suoi scritti, e non comunichiamo colle Missioni Estere che per assegnare ai rispettivi Capi le nostre elemosine. Se la Propaganda ci raccomanderà le vostre opere e i vostri Istituti stabiliti nell'Africa, noi concorreremo ad aiutarli, come aiutiamo tutte le altre Missioni, e come abbiamo fatto a Tripoli per un'Istituzione per l'Africa Centrale." Quanto ho udito, osservato, e veduto in questa pia Opera di Lione, e negli individui che vi sono consacrati, tutto inspira santità, cattolicesimo, integrità. E' opera essenzialmente Cattolica, e i degni suoi membri, scevri da ogni spirito di parzialità e di autonomia, sono i più atti a dirigerla. L'Em. V. R.ma sapeva bene prima quale risposta io m'avrei avuta a Lione.


[962]
Io quindi sono soddisfatissimo. Tutto dipende dal mandato della Propaganda: sono certo perciò, che, decretandolo l'Em. V., di mano in mano che il Piano andrà in effetto sulle coste che circondano l'Africa, vi sarà dalla pia Opera di Lione e Parigi l'assistenza che si porge alle altre Missioni. Laonde i miei sforzi attuali devono essere diretti all'iniziamento dell'Opera; e ne sono sicuro dell'effetto, quando vi sarà il formale incoraggiamento dell'Em. V. R.ma.

Frattanto io rimango fermo a Lione in attesa dei venerati suoi ordini ed istruzioni, le quali saranno la base del mio agire pell'Opera africana, e la norma con cui dovrò dirigermi per trattare col Sacerdote spagnolo inviato a Roma dal Vescovo d'Amiens, come accennava l'Em. V.

Supplico l'Em. V. a chiedere per me una speciale benedizione al S. Padre, pel quale vorrei dare mille volte la vita; e baciandole la sacra Porpora, mi dichiaro con filiale riverenza ed ossequio



Dell'Em. V. R.ma

um.o osseq.mo e d.mo servo

D. Daniele Comboni






127
Il Piano
1
Torino
12.1864
I L P I A N O

ACR, A, c. 25/9 n. 1



Dicembre 1864



1ª edizione stampata a Torino, con piccole varianti rispetto al N. 114.



128
Firma su astuccio cann.
1
1864
129
Don Francesco Bricolo
0
Lione
5. 1.1865

A DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c. 14/7

Carissimo Sig.r Rettore!

Lyon, 5/1 = 65

[963]
Aveva fatto una lettera dettagliata pel Superiore, e già ne faceva una più lunga per Lei, quando in questo punto mi giunge la sua del 1 corr.te, e gli dico la verità che non ho più forza e coraggio di scrivere. Sospendo quindi la spedizione della lettera al Superiore, che certo non si degnerebbe di leggere; e sospendo di scrivere al mio caro Rettore, perché mi manca veramente la forza morale, e invece lascio aperte le due lettere dirette a Canossa e a Pompei: le legga tutte e due, e anche a chi dei nostri cari dell'Ist.o ha affetto per me, poi le chiuda e le mandi alla loro destinazione. (Col Farinato faremo i conti alla mia venuta. E' inutile che vada da Tregnaghi, che non darà nulla, perché sarebbe un debito che io non riconoscerei.) Da Parigi scriverò più dettagliate notizie. Confido in Dio e nella B. V. Io chiesto denari pel superiore?


[964]
Io ricevuto da Giovanelli denaro, e non dato al Superiore? Egli, caro Rettore, sa che una fonte mi somministra denaro pei mori, e sa che in coscienza io devo erogarli: al Superiore non manderebbero nulla, né mai mi fu detto di darli al superiore; ho chiesto io, viaggiato e trovato io per lo scopo; ed io devo pensarci a fare quello che devo. Il Superiore non ha alcun diritto fuor che quello di comandarmi a non impicciarmi pei mori e more; ed io in tal caso avrei il dovere di obbedire se me lo avesse comandato. Ma al denaro nessun diritto: io solo devo erogarlo a norma delle avute istruzioni. Avrei mille altri argomenti; ma non mi sento proprio la forza morale di scrivere.


[965]
Benché il buon vecchio si mostra non padre ma tiranno ora per me, tuttavia la causa del mio abbattimento è proprio perché quel buon vecchio soffre per me, e soffre per nulla, e senza ragione. Sento ora più che mai la grazia di essere cattolico, e la fede è la sola che mi consola a soffrire per amore di Cristo: altrimenti un petto non riscaldato da Cristo dovrebbe soccombere. Risponderò dettagliatamente alla sua cara lettera, più tardi. Veramente sono abbattuto. Sarebbe tempo che il Superiore la finisse; altrimenti questo. Sono momenti che ho bisogno di incoraggiamento, più che di sconforto. Il Sup.re avrebbe dovuto dirmi qualche cosa a Verona: si vede che si aspetta la mia assenza per influenzarlo. Ma e da vicino e da lontano io sono lo stesso, e sento le cose nella medesima forza da tutti i quattro angoli del globo. Il Superiore non potrà mai rimproverarmi cose, che meritino di essere allontanato dall'Ist.o.


[966]
Caro rettore, mi scriva a Parigi posta restante, ove più tranquillo, le scriverò, e preghi per me. Avrà ricevuto da mio Padre le 10 copie, 1 delle quali a D. Vertua. Un affettuoso saluto al Superiore, ai nostri cari Fondamentalisti e preti dei 4 anni e Chierici e giovani, e maestre, fra cui spec. la Cavattoni. Accetti i sensi della più viva gratitudine ed affetto dal



Suo D. Daniele






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Don Francesco Bricolo
0
Parigi
15. 1.1865

A DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c. 14/8

Carissimo Rettore!

Parigi, 15 gennaio 1865

[967]
Finora non ho concluso niente per l'Africa. Sono cose ardue, in cui vi vogliono ample vedute e mezzi e coraggio, ed assistenza speciale di Dio. Il Card. Barnabò m'impose di osservare tutti gli Stabilimenti Africani della Francia, insomma tutto ciò che di sacro e profano v'è riguardo all'Africa, e soprattutto a Lione, ov'è il Semin.o delle Missioni Africane. Io venni accolto cortesemente dal Superiore M.r Planque, uomo di eminenti qualità ed assai stimato in tutta la Francia. Chi il crederebbe? Dio dispose che capitando nelle mani di lui, cadessi nelle mani di un santo, ma acerrino nemico. Egli per fini santissimi gettò a terra il mio Piano, e quel che è più corse dai membri del Consiglio Centrale dell'Opera della Propagazione della Fede e dal Cardinale De Bonald, e li prevenne in contrario. Non sapendo rendermi conto della causa di un tale procedere di un santo e bravo uomo, ebbi con lui molte conferenze; e mi assicurò che è un Piano aereo, nocevole alle Missioni africane, piano che non sarà mai accettato, né sussidiato, piano a cui egli sarà sempre contrario.


[968]
Ho consultato parecchi membri del Consiglio, parecchi Missionari vecchi, qualche Vescovo, e il Card. Arciv.o di Lione, tutti sapevano del mio Piano. Finalmente ho spiegato tutto questo enigma che è chiaro assai. Il Seminario delle Missioni Africane di Lione fu fondato da Mons.r Vescovo Bresillac già Vic.o Ap.lico di Comboïtur alle Indie, ed affidato a M.r Planque, il quale è Vicario Ap.co dei Dahomei nell'Africa occidentale. Il Piano di Planque e del def.to Monsignore (che a metà strada morì con tutti i Missionari) ha per oggetto di penetrare nel Centro d'Africa dalla parte occidentale. Il mio Piano combatte il sistema d'entrare di colpo nel centro, come si pratica nelle altre Missioni, e stabilisce invece il principio: rigenerazione dell'Africa coll'Africa.


[969]
Quindi è che il Sig.r Planque dice che il mio piano va tarir le vocazioni, perché in esso è detto che l'Europeo muore nell'Africa: Egli ha quindi detto al Consiglio di Lione che non si muore nell'Africa, come è chiaro della Missione Gallas. Egli quindi combatte la sostanza del piano. Nega del pari che il moro sia suscettibile di diventare catechista, maestro, artista, e molto meno Sacerdote; ed egli ha fondato un Collegio di mori a Cadice per farli preti e artisti. Quanto poi al Comitato, lo dice imbarazzante e complicato etc. Su ciò suppongo che abbia ragione, benché io persisto nel volerlo fondare, semplice sì, ma voglio fondarlo. Il Sig.r élanque m'assicurò che avrebbe scritto in proposito alla Propaganda. Insomma a Lione in quest'uomo (che il Cardinale Barnabò vorrebbe che io unissi a tutti gli altri), è il capitale nemico. Quindi è che concepii il disegno di cavarmi a Lione e piantare il mio campo di battaglia a Parigi.


[970]
Scrissi frattanto a Mons.r Massaia a Parigi, e mi rispose subito. Intanto io potei avvicinare il Conte d'Ercules, fondatore della pia Opera della Propagazione della Fede (e lo avvicinai dietro ample raccomandazioni di alcune mie Dame, colle quali avrò eterna amicizia, perché la donna cattolica è tutto), un veglio venerando e santo; mi guadagnai l'amicizia, e gli esposi in iscritto in francese un sunto del piano. Questi m'invitò a pranzo; ove con mia somma sorpresa era invitato il presidente del Consiglio Centrale. Fu mia cura di parlare assai dell'Africa, di ciò che ho veduto io e di ciò che hanno osservato gli altri. Questi mi trovarono assai istruito nelle cose africane. Mi fu caro il sentirmi interrogare su tutti gli obbietti mossi dal Signor Planque, e più volte; ed io, senza mostrare di essere informato delle opinioni di Planque deferite al Consiglio, con somma pacatezza e moderazione, come se fosse una questione per accidens discussa a tavola, risposi ad ogni loro domanda.


[971]
Credo di avere fatto la più buona impressione sull'animo di quei buoni vecchi; molto più che ho ripetuto più volte, ed essi s'accorsero che io ne sono convinto, che nulla voglio intraprendere senza il placet della Chiesa, e che ciò che non piace alla Chiesa non piace a me pure; e che se il Papa non vi sorride, ie vais déchirer mon plan. Il C.te d'Ercules allora diede al Presidente il mio Piano stampato dicendogli: Le Plan de M.r Comboni est un grand Plan qui me plaît beaucoup, il a été dans le Centre de l'Afrique, il a vu mourir ses camarades, il connaît beaucoup l'esprit africain. Io allora soggiunsi che ho piacere che sia conosciuto dal Presidente, perché a suo tempo avrà istruzioni in proposito da Roma; e me la cavai da Lione, stabilendo corrispondenza col C.te d'Ercules, all'insue de M.r Planque. Questa circostanza e questo incontro felice a suo tempo mi gioverà molto. Intanto dietro l'invito di M.r Massaia venni a Parigi, ove sono da quattro giorni. Oggi passiamo a Versailles, ove staremo una settimana, e poi ritorneremo a Parigi. Spero che questo vescovo veterano dell'Africa mi sarà molto utile: voglio andare molto adagio, pensare, consultare, perché l'affare non è da ridere. Sono alloggiato dai Cappuccini insieme a M.r Massaia Cappuccino, che mi vuole sempre con lui, ed ha un cuore largo come l'est di tutto il Nilo, di cui egli è il più zelante Apostolo.


[972]
Cosa vuole che le dica di Parigi? Siamo in un altro mondo, caro Rettore; in avvenire empirò qualche pagina di Parigi. La città dei piaceri mondani, la città delle opere eminentemente cattoliche, seducente pei seguaci del mondo e di Dio. Io in quattro giorni mi trovo in una beatitudine, perché ho trovato tante persone care qui a Parigi, fra cui M.r Spaccapietra Arciv.o di Smirne, e Mons.r Sohier Vic. Ap. della Cocincina settentr.le etc. il Baron Gros Ambasciatore in Cina etc. etc. Le suore del Sacro Cuore di Gesù m'hanno accolto con entusiasmo. La sorella della Marchesa Canossa Durazzo ricevette dalle mie mani l'involtino ricevuto dal March. Ottavio; essa conferì colle 100 e più suore tutte nobili del S. Cuore, ed hanno preso l'Africa come punto delle più fervide loro preghiere.


[973]
Ho detto messa, e la Fondatrice ordinerà alle Case di tutta l'Europa da Lei dipendenti di raccomandare ogni giorno del mio Piano l'esecuzione. Lo stesso l'Ist. di Maria riparatrice. Consacrerò quando avrò tempo qualche pagina sulle 190 Istituzioni femminili di Francia, non conosciute in Italia, che si danno alle opere di pietà e di carità. V'è fra le altre il Buon Soccorso, che è un'istituzione diffusa in tutta la Francia, di cui le monache a una a una sono sparse per le famiglie per dirigere le ménage et soigner la vieillesse. Ve n'è una anche dal Conte d'Ercules a Lione: sta a tavola colla famiglia etc. e fanno voti e sono vestite come le monache dell'Ospitale. Ma basta perché m'accorgo di andare in Emmaus. Avrei troppe cose da dire, e basta.


[974]
Nulla dico delle cose mie rispetto al Superiore: solo dico che in tutte le cose ci vuole filosofia, e filosofia evangelica. Dichiaro in faccia al cielo e alla terra che nulla è vero di quello, di cui sono accusato. Io non ho mai ricevuto nulla da Giovanelli che non l'abbia dato al superiore. Dopo il 1862 in cui fu l'ultima volta che a mio mezzo mandò al superiore del denaro, io non ho mai ricevuto da Giovanelli un centesimo nemmeno, né per me, né pel Superiore. Io non ho mai domandato denaro a nome del Superiore, mai e poi mai. Ho domandato a persone lontane del denaro pei Mori, quando era Vicerettore, e che non sapeva come vestirli e curarli; e ricevetti qualche somma, consegnata a me pei mori; ed io religiosamente l'ho erogata pei mori, perché chiesta da me, senza mai nominare D. Mazza; e non ho consegnato il denaro a lui, perché veniva in tal guisa erogato per le more. In coscienza ho fatto così, e farò sempre così, fino a che io accetterò denaro. Ho usato ogni delicatezza e scrupolosità in questo. Se il Superiore è imbevuto altrimenti, sia fatta la volontà di Dio, io pregherò i SS. Cuori di G. e di M. per lui: non posso fare altro. Gli voglio assai bene; ma sono un po' annoiato del suo procedere, che potrebbe fare del danno alla mia Opera.


[975]
L'assicuro, caro Rettore, che sono scandalizzato di certi santi. Ma Dio è buono. I Sacri Cuori di G. e di M. sono il mio grande conforto ed il perno della mia filosofia.


[976]
Sono peccatore e pieno di demeriti: ma vi è il perdono e l'assistenza di Dio. Il procedere del Superiore è tale, che potrebbe benissimo far andare fuori di strada chi non è ben fermo. Se avessi ammazzato un prete, non è questo il mezzo di convertire e ridurre sul buon sentiero un traviato. Io lo amerò sempre, e sarò grato in eterno; perché se ora sono in condizione da fare del bene, lo devo a quel caro vecchio. Ma bisogna che vomiti tutto per stare cogli occhi aperti perché non ne venga male a me, alle mie opere, a Lui, ed ai nostri Istituti. Il nostro buon vecchio ha viste magnanime e gigantesche adattate al vero progresso; e per disgrazia non ha modo, non ha prudenza; e potrebbe avere dei dispiaceri, come sono lì lì per averne io, se seguita di questo passo. Io per ora non gli scrivo; e vivo come se nulla vi fosse. Ma non credo di essere poi tanto cretino da non vedere le conseguenze. Basta. Io prego pei nostri cari Ist.i; e a Verona si preghi per me: che il Centro de' nostri rapporti è Dio.


[977]
Mi saluti tanto e poi tanto il Superiore, il Vescovo, D. Beltrame, D. Tomba, D. Brighenti, D. Fochesato, il mio portinaio (da cui esigerò severo del mio castello, e se avrà fatto il suo dovere, lo chiamerò a parte dei 12 uccelli che farò provvedere da Fransele), il mezzo pretino, e tutti i preti nostri carissimi e chierici, e giovani etc. etc. Preghino tutti il Sig.re per il povero parigino. E si ricordi di scrivere più lungo e tutto, perché le notizie della regina dell'Adige diventano più che mai importanti sulle sponde della Senna. Quando poi va in Canterane mi saluti le mie due protestanti e Hans.


[978]
A proposito della francese, scrissi al Vescovo di Ginevra che faccia indagini sulla sorella della De La Pièrre. Mi rispose gentilmente che farà tutto il possibile. Ciò in segreto. Spero in questo viaggio di tirare nel seno della Chiesa Cattolica anche la sorella. Ma finora ho cominciato: non parlerò che a lei, caro Rettore; e solo lo sapranno gli altri quando sarà affare finito. Il vescovo di Ginevra Mons.r Mermillod è mio amico, e a Roma ebbe notizie dell'affare di Dresda. Mi scrive che cet Apostolat caché attire toutes mes sympathies etc.



Aff. Suo D. Daniele



In tutto questo viaggio non ricevetti che una sola lettera sua a Lione.