Lunedì 19 novembre 2018
Nell’assemblea continentale dei provinciali, realizzata a Sunningdale dal 12 al 14 luglio 2018, abbiamo indicato i punti che avrebbero dovuto comporre questa relazione continentale. Siamo partiti non dalla vita o dal cammino dell’Europa ma dagli aspetti indicati nella “Guida per l’attuazione del XVIII Capitolo Generale e Programmazione delle attività”, del 15 marzo 2016, dove sono elencati i compiti che ognuno doveva assumere nell’implementazione e realizzazione delle decisioni capitolari. Ma qui, visto che ne abbiamo il tempo, riteniamo di dover anche riprendere altri aspetti proprio nella linea della ricezione dei contenuti capitolari perché a questi abbiamo fatto riferimento in diverse occasioni.

Relazione all’Intercapitolare del continente europeo
Roma, 9-29 settembre 2018

I superiori comboniani delle circoscrizioni europee.

Premessa

Nell’assemblea continentale dei provinciali, realizzata a Sunningdale dal 12 al 14 luglio 2018, abbiamo indicato i punti che avrebbero dovuto comporre questa relazione continentale. Siamo partiti non dalla vita o dal cammino dell’Europa ma dagli aspetti indicati nella “Guida per l’attuazione del XVIII Capitolo Generale e Programmazione delle attività”, del 15 marzo 2016, dove sono elencati i compiti che ognuno doveva assumere nell’implementazione e realizzazione delle decisioni capitolari.

Ma qui, visto che ne abbiamo il tempo, riteniamo di dover anche riprendere altri aspetti proprio nella linea della ricezione dei contenuti capitolari perché a questi abbiamo fatto riferimento in diverse occasioni.

Il capitolo ha cominciato con il ricordarci chi siamo: discepoli missionari comboniani chiamati a vivere la gioia del vangelo nel mondo di oggi.

  • Il fondamento è il discepolato. Se parliamo di missione e di missione comboniana lo facciamo a partire da una chiamata preliminare al discepolato, che è questo camminare giornaliero dietro a Gesù, che è un accogliere giorno dopo giorno il progetto di vita che lui ha proposto e che coinvolge ciascuno di noi, mettendoci spesso a confronto con il progetto dominante, che è purtroppo un progetto di morte e distruzione per tante persone.
  • Poi c’è un richiamo alla nostra identità. Abbiamo un carisma, che è un modo particolare di vivere il discepolato. Abbiamo Comboni come ispiratore di tante scelte concrete, indicazioni dei contenuti da dare alla nostra spiritualità. Tutto viene concentrato nell’icona dell’Africa, con tutta la sua ricchezza umana e culturale, ma anche con i suoi drammi e le sue tragedie.
  • C’è infine un terzo aspetto che è il mondo di oggi, definito “luogo teologico in cui siamo chiamati a spargere e coltivare i semi della riconciliazione e dell’amore”; un mondo in rapide e profonde trasformazioni, un mondo da conoscere, da capire, da amare.
  • Tutte le nostre province hanno lavorato per portare avanti questa visione. E da questa riflessione sta emergendo qualcosa che ci sembra importante condividere in questa relazione.

I. La Missione Comboniana in Europa (cfr. AC 46)

  • Il Capitolo ci ha fatto una consegna: la missione comboniana in Europa. Una novità per tanti aspetti. Per la prima volta ha parlato di missione comboniana in Europa e questa affermazione ha suscitato reazioni, provocato un certo dibattito e ci ha portato ad approfondire il significato di quello che il Capitolo ci ha consegnato.
  • Il Capitolo ha detto che “non è più sufficiente pensare al continente europeo come territorio dove svolgere solamente animazione missionaria e promozione vocazionale. Anche in Europa siamo chiamati ad avere ‘il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo’ (EG 20)”.
  • La Guida all’Attuazione del Capitolo ha poi aggiunto: “I cambiamenti a livello globale in ambito politico, economico, sociale e culturale hanno importanti conseguenze per noi, perché ci invitano a rivedere a fondo la nostra metodologia. Inoltre, è cambiato il paradigma di missione: siamo consapevoli che la missione parte dal cuore di Dio e, pertanto, la nostra è partecipazione alla missio Dei; è globale perché supera i confini geografici e ha come orizzonte la costruzione del Regno di Dio; è attenta alle differenze di contesto ed è, parimenti, una realtà composita di cui fanno parte diverse dimensioni: la proclamazione, la liberazione, la giustizia, la pace, l’integrità del creato e il dialogo con le culture e le religioni”.
  • In ogni incontro importante sia a livello provinciale che continentale abbiamo ripreso questi spunti e ci siamo chiesti: che significa essere missione in Europa oggi? Più che risposte chiare, che certamente si troveranno negli anni, sono emersi alcuni punti. Il primo è una presa di coscienza che il mondo è cambiato o sta cambiando o, almeno, sembra essere cambiato profondamente. Ci sono molte letture, tutte vere ma forse tutte incomplete che cercano di spiegare questo passaggio epocale. Non un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca, l’ha definita papa Francesco.
  • Guardiamo questo momento da un punto di osservazione, che è l’Europa stessa. Siamo entrati in una stagione dove da una parte le frontiere che separarono per secoli paesi e continenti stanno scomparendo dando l’illusione di un mondo sempre più aperto, libero e multiculturale. Poi ci accorgiamo che, allo stesso tempo, vengono a galla ad ogni momento differenze di tipo culturale, territoriale, regionale, ideologico, religioso. Da una parte ci si spinge ad appartenere a mondo ridotto a villaggio globale ma dall’altra cresce il bisogno di appartenenza a qualcosa di veramente piccolo, vicino, come può essere una categoria di persone, un colore che identifichi, una comunità…
  • L’Europa è chiaramente in un processo di costituzione e formazione. C’è un parlamento, una moneta, ma non c’è una costituzione o una base comune sulla quale costruire nuovi progetti di società. Europa dei mercati, non dei popoli.
  • C’è comunque una rivoluzione che avviene sotto i nostri occhi e trova la massima espressione nei campi della tecnologia e dell’informazione. In Europa abbiamo l’impressione di poter fare tutto, di poter arrivare dappertutto. Sono cambiati i concetti di spazio e di tempo. Non esiste più il vicino e il lontano. Non c’è più un oggi e un domani. Tutto si mescola e si confonde, tutto è subito, adesso, immediato, apparentemente a portata di mano. E questo non è un qualcosa su cui si debba esprimere un’opinione ma un nuovo contesto nel quale siamo chiamati a vivere, muoverci e lavorare.
  • Il Capitolo ha cercato di dirci queste cose quando ha parlato di un mondo che cambia. E noi ci sentiamo spesso spaesati come tanta gente che è travolta da processi che avvengono troppo in fretta. Così sono le famiglie, la scuola, la politica, le chiese.
  • I cambiamenti di cui parliamo riguardano anche la missione. Che non è più quella che è stata in passato. Papa Francesco ci ha fatto capire che non è più geografica anche se forse una nuova comprensione nasce proprio dalla geografia.
  • Il Pew Forum on Religion & Public Life, un centro di ricerca di Washington, in un’indagine di qualche anno fa (2013) ha riportato che un secolo fa in Europa e in Nordamerica vivevano il 70% dei cattolici. Oggi appena il 32%, meno di un terzo del totale. Più di due terzi dei cattolici vivono oggi in America Latina, in Africa, in Asia e Oceania. In America Latina sono cresciuti in un secolo da 70 milioni a 425 milioni. In Asia e Oceania da 14 milioni a 131 milioni.
  • Nell'Africa subsahariana c’è stato l'aumento più stupefacente. I cattolici erano appena 1 milione nel 1910. Cent'anni dopo 171 milioni. Sono passati in un secolo da meno dell'1% al 16% della popolazione.
  • Anche la classifica dei paesi con il maggior numero di cattolici è stata rivoluzionata. Nel 1910 guidavano la classifica la Francia e l'Italia, rispettivamente con 40 e 35 milioni di cattolici. Seguiva il Brasile con 21 milioni. In Germania c'erano più cattolici che in Messico: 16 milioni contro 14. Nel 2010 sono balzati in testa il Brasile con 126 milioni di cattolici, il Messico con 96 milioni, le Filippine con 75 milioni. E per la prima volta è entrato tra i primi dieci un paese africano, la Repubblica Democratica del Congo, con 31 milioni di cattolici.
  • Tra i paesi dell'Europa e del Nordamerica soltanto gli Stati Uniti hanno registrato nell'ultimo secolo un netto aumento percentuale dei cattolici sull'insieme della popolazione (grazie agli ispanici). Erano il 14% nel 1910, ora sono il 24%. In cifre assolute, con 75 milioni di cattolici, gli Stati Uniti sono oggi alla pari con le Filippine al terzo posto della classifica generale.
  • In vari paesi di antica cristianità, compresi quelli di alta classifica, i cattolici non coincidono più con la quasi totalità della popolazione, come avveniva un secolo fa. Oggi il Congo ha, in percentuale, il doppio dei cattolici della Francia. Perché il Congo è sotto Propaganda Fide e l’Olanda no (più del 60% si professa agnostico), ha chiesto un giorno il cardinale di Kinshasa?
  • Cioè: la missione è cambiata e non solo per l’Europa ma per tutti. Ci sembra che sia questo che il Capitolo ha cercato di dirci quando ha parlato di Missione in Europa e dell’importanza di elaborare nuovi paradigmi a partire da un continente che per secoli è stato la culla della missione.
  • Ma il cambiamento non è solo geografico. La missione oggi non è più un movimento con caratteristiche coloniali (portare, insegnare, costruire), come nel XIX secolo (quando il nostro Istituto è nato), unidirezionale (dall’Europa e verso l’Africa, l’AL e l’Asia), ma è diventata incontro di chiese, popoli e culture che, camminando insieme, fanno crescere il progetto di Gesù di un mondo che vince le differenze e si ricostruisce sulla solidarietà, la giustizia e la fraternità. L’Europa che nella tradizione comboniana ha fornito persone e mezzi per una missione realizzata altrove, si interroga per capire, in questo cambio d’epoca e di prospettive chiaramente espresse dal Vaticano II prima e da EG ora, cosa lo Spirito, protagonista della missione, le chiede oggi. Il Capitolo ricorda la validità della proposta missionaria di Gesù e l’importanza di raggiungere le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo: ci si domanda quali siano e con quali atteggiamenti in esse si debba entrare.
  • Abbiamo cercato di approfondire queste questioni e la missione in Europa ci sembra abbia per noi comboniani oggi 5 caratteristiche.
  1. Missione come servizio

Interno

  • Siamo obbligati ad accoglierci tra noi nella fraternità, come Gesù faceva con i suoi discepoli alla fine della giornata. Era il momento in cui, attorno a lui, si sentiva un po’ il bisogno di occuparsi gli uni degli altri. Guardando a noi, in Europa, abbiamo confratelli che ritornano, bisognosi di cure e di assistenza, dopo una vita spesa altrove. Nelle nostre province questa è diventata un’urgenza. L’abbiamo presa come un grosso impegno missionario. Per realizzarla in modo adeguato abbiamo rivisto strutture, ri-orientato energie e risorse economiche per offrire ai confratelli il meglio di cui disponiamo. Siamo contenti e orgogliosi di occuparci dei nostri confratelli ed è bella la testimonianza che molti di noi danno nelle case di anziani, alcune diventate addirittura case di accoglienza e di animazione.
  • In questo servizio abbiamo trovato nuovi alleati nei sistemi sanitari nazionali, imparando da loro le normative di assistenza di ogni paese e trovando all’esterno molta gente che ci apprezza, aiuta e ci vuole bene. Ci sembra di aver camminato molto in questa missione chiamata a diventare servizio e cura fraterna.
  • In questo processo abbiamo cercato di far capire ai confratelli che la missione può essere vissuta anche nella fragilità e nel limite. Sono pochi i casi di confratelli che si rinchiudono su se stessi mentre restano luminose le testimonianze di coloro che continuano a respirare la missione fino agli ultimi giorni della loro vita.
  • Ci siamo chiesti tante volte se fosse possibile estendere i servizi sanitari anche ai confratelli di altri continenti. Avremmo voluto farlo ma purtroppo ce lo impediscono le leggi dei nostri paesi, sempre più restrittive ed escludenti nei confronti degli stranieri. Riteniamo che la riflessione debba allora essere ripresa a livello di istituto per evitare di creare al nostro interno squilibri e differenze che striderebbero con l’ideale di fraternità che è alla base della nostra vita.

Esterno

  • Missione è anche servizio esterno, alle nostre chiese di origine. Tradizionalmente l’impostazione del nostro istituto è stata questa: si faceva missione in Africa e AL e Animazione Missionaria in Europa. AM ha significato per tanti anni parlare di una missione fatta altrove, che aveva bisogno di persone e soldi per avere successo. Oggi gli spazi per questo tipo di AM si sono notevolmente ridotti. Le chiese non ci accolgono come in passato (molte diocesi hanno le loro missioni e i loro progetti) e noi siamo diventati elementi di disturbo.
  • Senza AM, sono diminuiti i benefattori, vanno lentamente in crisi le riviste, abbiamo perso i legami con il territorio (amici, gruppi missionari, realtà di sostegno, ecc.). Eppure anche l’Europa è aperta a nuove proposte di AM se portano qualcosa di specifico e di qualificato. Non è questa una richiesta ad approfondire la dimensione della ministerialità di cui ha parlato il Capitolo?
  • Molti nelle nostre comunità si chiedono: cosa fare? Si sente il bisogno di uscire ma non ci si sente all’altezza di affrontare un pubblico sempre più esigente. Ecco perché ci si ripiega sulle parrocchie. Si sta discutendo molto questo nelle nostre province: la parrocchia è una strada per vivere la missione in Europa oggi? Ma viene anche da domandarsi se questa sia una questione che riguarda solo l’Europa o se non sia arrivato anche per gli altri continenti il tempo di confrontarsi con realtà ecclesiali che non sono più quelle che abbiamo incontrato all’inizio. Perché la parrocchia va bene in Africa e non va bene In Europa? Abbiamo l’impressione che questa riflessione, forte in Europa, vada ormai fatta ovunque, considerando proprio la nuova geografia del cristianesimo e la nuova realtà delle chiese in cui lavoriamo.
  1. Missione come annuncio
  • L’Europa è diventata continente nel quale si deve rilanciare l’annuncio.
  • Abbiamo detto che paesi tradizionalmente cattolici registrano oggi livelli di partecipazione inferiori a molti “paesi di missione”. Ci sono studi che dicono che tra 30 anni i non credenti diventeranno la prima “fede” in Francia, Olanda e Nuova Zelanda, Paesi che ancora oggi sono a maggioranza cristiana.
  • Molte giovani generazioni non hanno mai sentito parlare seriamente di Gesù e di vangelo. I due grafici apparsi in un quotidiano londinese in marzo di quest’anno, mostrano la partecipazione dei giovani (16-29 anni) alla vita della chiesa (non c’è l’Italia, dove i dati sono simili a quelli dei paesi vicini):
(Percentuali dei giovani (16-29 anni) che si identificano come cattolici
Percentuale di giovani adulti cattolici che vanno a Messa almeno una volta a settimana (verde) o mai (arancione).
  • Questo ha evidenti ripercussioni. Il processo di secolarizzazione, molto accentuato, fa crescere un ateismo diffuso che colpisce principalmente le generazioni più giovani e che non si limita al solo mondo cattolico ma anche – in modo ancora più accentuato – a quello protestante, e che prende di mira il “religioso” in senso globale. Come risposta, parrocchie e chiese locali, invece di aprirsi al dialogo e all’incontro, si rafforzano su posizioni tradizionali e si ostinano a presentare un modello di chiesa e di vita cristiana che non risponde alle inquietudini del mondo moderno. La crisi vocazionale fa intravvedere il tempo in cui le chiese non riusciranno più a sostenere neppure le esigenze sacramentali di quello che resta delle comunità cristiane.
  • Nonostante questo le nostre province fanno un enorme lavoro di pastorale giovanile, pur con scarsi risultati.
  • Noi missionari viviamo e respiriamo da una parte l’apprezzamento per il nostro lavoro ma dall’altro respiriamo anche l’astio viscerale che riguarda il mondo che rappresentiamo. E’ da questo che nasce l’identificazione di missione come annuncio. L’Europa oggi lancia alla chiesa una enorme sfida ed è l’importanza di imparare a dialogare con la modernità rivedendo i modelli religiosi tradizionali (messa, parrocchia,  feste religiose…).
  1. Missione come accoglienza
  • Parlare di Europa è anche parlare di un continente diventato fortezza. Il Mediterraneo, che è sempre stato luogo di incontro, scambio e intesa tra popoli e culture, è ora muro, campo di battaglia, spesso cimitero e luogo dove ogni giorno si consumano immense tragedie.
  • Il tema dell’immigrazione è diventato centrale nella discussione della missione in Europa: con il risultato che tutte le circoscrizioni hanno fatto passi importanti in tale direzione:

  • Come continente abbiamo identificato in questa questione la principale frontiera della missione in Europa. Concretamente abbiamo aperto comunità all’accoglienza di immigrati e studiato  progetti che hanno l’immigrazione come preoccupazione principale (non in tutte le province l’impatto del fenomeno migratorio è uguale. E’ più sentito nei paesi di frontiera dell’Europa)
  • Abbiamo pensato a un progetto specifico nel mondo dell’immigrazione in Spagna, bocciato dal vescovo. Stiamo cercando di portarlo altrove. Anche l’OPCU si vorrebbe portarla avanti in questo senso.
  • C’è una parrocchia a Londra tra gli immigrati, una in Portogallo, una in Italia, oltre a innumerevoli iniziative locali in tutte le circoscrizioni. Il tema dell’immigrazione è diventato centrale anche nell’AM e nel lavoro delle riviste ed è alla base di molte altre riflessioni riguardanti la revisione degli impegni e l’uso delle strutture.
  1. Missione come profezia
  • Il processo migratorio cambia velocemente la fisionomia delle società, le rende multiculturali, generando anche dinamiche negative fino a poco tempo fa sconosciute nella maggior parte dei paesi, chiusure, intransigenze, xenofobie, paure dell’altro e del diverso.
  • La prima profezia, dice il papa, è la vita fraterna tra noi, ancor più se vissuta nella multiculturalità. Una realtà che accoglie le differenze diventa segno in un mondo rinchiuso su se stesso.
  • Diventa profezia quando si trasforma in capacità di adottare nuovi stili di vita, in linea con quello che papa Francesco propone nella Laudato si.
  • Diventa profezia se ha il coraggio di rivedere le strutture del passato aprendole ai bisogni della società e permettendoci di avvicinarci di più al mondo dei poveri.

  • Riteniamo che una nuova sensibilità deve entrare non solo nel nostro impegno missionario ma anche nei rapporti tra di noi.  Da comunità internazionali, le nostre comunità debbono diventare comunità multiculturali.
  1. Missione come denuncia
  • L’Europa è anche potenza economico/finanziaria mondiale. Come tale è colonna portante del sistema economico-finanziario perverso ed escludente, che sempre più concentra ricchezza e benessere nelle mani di pochi ed esclude interi continenti dall’accesso anche minimo ai beni di sussistenza. L’Europa è responsabile di molti drammi e tragedie che colpiscono l’umanità. Ed è responsabile delle crescenti differenze che permette che si creino al suo interno.
  • La commissione continentale di GPIC è diventata fondamentale nell’aiutare a prendere coscienza di questi meccanismi. Ci sta aiutando a promuovere una finanza etica, a combattere il mercato e la produzione delle armi, a denunciare le ingiustizie che soggiacciono a tanti accordi commerciali internazionali, a occuparci dei temi ambientali.
  • Vorremmo che una nuova sensibilità in tal senso entrasse nell’orizzonte della formazione, di base e permanente e integrasse i contenuti della spiritualità comboniana.
  • GPIC non deve più essere un settore della Missione ma ne deve diventarne l’anima.
  • La riflessione sulla missione in Europa oggi porta a considerare tutti questi aspetti. Il continente ha fatto passi importanti in questa presa di coscienza di un mondo che cambia e di rinnovamento della missione. Trova evidenti ostacoli. Il primo riguarda l’età (73 anni è l’età media dei comboniani in Europa) di molti confratelli nati e cresciuti con una visione diversa di chiesa e di mondo. C’è poi la tendenza naturale a non voler più mettersi in gioco a una certa età. E c’è la difficoltà di capire che la missione in Europa oggi non può prescindere dai temi di GPIC, che sono stati trattati come ambiti riservati ad alcune persone più sensibili o specializzate e che oggi invece sono assi portanti sia nel modo di fare missione che nell’annuncio, ma sono le questioni sulle quali come province stiamo lavorando.

II. Riflessione e revisione degli impegni (cfr. AC 44)

  • Il n. 44.1 del Capitolo 2015 dice: “La realtà della missione in costante cambiamento nel mondo di oggi richiede una continua riflessione sia a livello teorico (teologico-carismatico), che a livello pratico (luoghi e ambiti di missione)”
  • In Europa abbiamo cercato di tradurre le nuove sensibilità nei Piani sessennali, che abbiamo discusso e condiviso tra provinciali e nelle varie assemblee di settore. Se dal punto di vista missionario l’Europa è cambiata, debbono cambiare le risposte che diamo nei vari campi. Da papa Francesco abbiamo imparato che missione non è un posto (cioè geografia), ma atteggiamento (“passione per Gesù e passione per il popolo” - EG 268). È testimonianza di vita prima che attività. Per questo abbiamo cercato di spostare la riflessione sulla revisione degli impegni da quello che facciamo a come lo facciamo. Rivedere gli impegni per noi è anche rivedere lo stile di vita, ripensare le strutture (che appartengono a un passato che non c’è più e che condizionano la nostra missione), cercare canali di dialogo e incontro con le chiese locali, aprirsi al mondo laicale, rivedere linguaggi e metodi di lavoro. Tutte le province europee fanno questo tipo di riflessione.
  • Per stimolarla e allargarla abbiamo ristrutturato il segretariato della missione sia nelle province che a livello continentale e abbiamo posto un coordinatore al quale abbiamo chiesto di proporre, stimolare, far incontrare, mettere in rete, far circolare idee, condividere esperienze. Sarà questo coordinatore a interfacciarsi con il segretariato generale della Missione.
  • Non abbiamo chiuso comunità spinti anche dal fatto che nelle province europee, al di fuori della Polonia e della LP, e per i prossimi 10 anni, i numeri si manterranno o aumenteranno, considerando l’invecchiamento e il rientro di confratelli europei oggi sparsi per il mondo. Le nostre province sono quindi impegnate a muoversi su due fronti apparentemente contraddittori ma in realtà complementari: la necessità di occuparci di anziani e malati ma anche lo sforzo di percorrere strade nuove. I nostri Piani sessennali hanno cercato di incorporare queste due dimensioni della nostra vita. Ogni circoscrizione è sinceramente impegnata nel gestire il presente ma con uno sguardo rivolto al futuro.

III. Evangelizzazione e servizi pastorali specifici (cfr. AC 45)

  • “La riduzione degli impegni deve favorire la riqualificazione del nostro servizio missionario e non limitarsi alla chiusura di comunità” (AC 45.1).
  • È partito l’anno scorso il tavolo europeo dell’immigrazione e ora parte qualcosa di simile nel settore della pastorale giovanile e dell’accompagnamento del laicato. L’obiettivo di queste iniziative è mettere insieme per rafforzare ed è un tentativo di far crescere le pastorali specifiche, che richiedono spazi di riflessione, confronto e la possibilità di trovare anche nuove modalità di scambio e coordinamento. In qualche provincia è in atto una riflessione sull’organizzazione: è possibile pensare a un modo di organizzarsi meno geografico e più ministeriale, anche nella composizione dei consigli?
  • Un altro aspetto che preoccupa il continente riguarda la comunicazione. È centrale nella missione comboniana. È forse il settore nel quale negli ultimi anni i cambiamenti sono stati più profondi e radicali. È entrata in crisi la comunicazione tradizionale (carta, libri, riviste), si è sviluppata la comunicazione digitale, è esplosa internet, siamo entrati nell’era dei social.
  • Il continente europeo ha provato a fare una riflessione considerando che oggi ci sono i mezzi per unificare gli sforzi, per migliorare i servizi e allargare gli orizzonti. Siamo consapevoli che deve migliorare la qualità di quello che produciamo e non dobbiamo aver paura di ricorrere alle tecniche di marketing per dare più consistenza ai nostri messaggi.
  • I media europei hanno approvato l’idea di iniziare un portale che metta insieme, quindi anche in inglese, il meglio di quello che riusciamo a produrre a livello di province. C’è la proposta di aprire in esso anche uno spazio dedicato alla gioventù e alle loro problematiche. I provinciali hanno deciso di sostenere la richiesta.
  • Non abbiamo un piano di specializzazioni, anche a causa del ridotto numero dei giovani. Però vediamo l’importanza di preparare persone nei campi più impegnativi della missione in Europa oggi: dal settore del giornalismo e della comunicazione a quello dell’amministrazione; dall’immigrazione alla pastorale giovanile; dall’impegno in GPIC all’accompagnamento dei confratelli in difficoltà.
  • In forza di questa nuova prospettiva missionaria abbiamo sostenuto la partecipazione attiva al World Social Forum e all’Africa Europe Faith & Justice Network (AEFJN), con sede a Bruxelles, in Belgio.
  • Per quanto riguarda l’opera significativa per fratelli richiesta dal Capitolo, sono partiti la discussione e il discernimento. Abbiamo identificato 3 possibilità, una in Spagna, una in Portogallo e una in Italia. Ora una commissione ne studierà la fattibilità riportando le conclusioni all’assemblea europea dei provinciali.

IV. Interculturalità (cfr. AC 47)

  • “La multiculturalità è una grazia che fa parte del patrimonio carismatico del nostro istituto fin dalla sua fondazione (AC 47.1)”.
  • Come continente europeo abbiamo vissuto la missione come movimento in un’unica direzione. Abbiamo sostenuto le attività in ogni parte del mondo con persone e mezzi, contando sul fatto che dietro di noi c’erano chiese vive che ci sostenevano economicamente e desideravano partecipare all’attività missionaria coinvolgendosi in prima persona.  Ora non è più così. L’esuberanza del passato ha permesso di collaborare alla nascita di molte giovani chiese e ci accorgiamo che ha avuto anche risvolti negativi come il fatto di aver risvegliato uno spirito di protagonismo e auto-sufficienza che ci ha troppo spesso rinchiuso ai valori degli altri continenti e degli altri popoli. Abbiamo finalmente capito che missione è sempre incontro e scambio; che mai si dà senza ricevere almeno in uguale misura. Crediamo che sia questo il vero patrimonio carismatico che deve caratterizzare l’Istituto in ogni tempo e che come continente europeo dobbiamo riscoprire.
  • Nel momento in cui anche il continente è chiamato a scoprire l’altro che arriva non come problema o minaccia ma come ricchezza e risorsa, possiamo essere promotori di una società multiculturale. Così vogliamo la missione comboniana in Europa, portatrice della ricchezza di culture e di esperienze ecclesiali che come Istituto abbiamo raccolto e possiamo offrire agli altri.
  • Tutte le province europee desiderano camminare verso una missione multiculturale e invitano anche altre province degli altri continenti, soprattutto quelle più esuberanti dal punto di vista vocazionale e di personale, a mai chiudersi su se stesse ma a portare avanti presenze che abbiano veramente le caratteristiche dell’internazionalità e della multiculturalità. L’Europa ha cominciato a ricevere confratelli di altre province e il loro contributo è estremamente positivo.
  • Riguardo alla possibilità di scambio di personale tra province europee, abbiamo tentato ma non siamo riusciti a fare più di qualche piccolo passo.
  • In Europa la riflessione sulla missione nuova e l’Intercultura è stata portata avanti soprattutto dal GERT che, in circa 15 anni, si è soffermato su molti temi. Negli ultimi due anni i Simposi di Limone, che una volta erano promossi dal GERT e oggi sono coordinati dalla PI, hanno trattato esattamente la questione dell’immigrazione e dell’intercultura. Sono momenti di scambio fatti a livello europee e di famiglia comboniana. Sono diventati biennali. Negli anni in cui non ci sono viene organizzato un laboratorio per cercare di tradurre nel concreto quanto viene proposto a livello teorico.
  • I nostri simposi di Limone  (continentali e di famiglia comboniana) hanno cominciato a trattare i temi dell’intercultura. L’anno prossimo non avremo il simposio ma un laboratorio sullo stesso tema.

V. Regola di Vita – lettura, rivisitazione e revisione (cfr. AC 49 e 50)

  • Il Capitolo ha chiesto di continuare la rilettura e rivisitazione della RV. L’Europa ha fatto un cammino interessante e fruttuoso seguendo le indicazioni del CG. È stata costituita un’equipe che ha promosso un workshop a Verona dal quale poi sono partite le varie attività provinciali, coordinate da piccole commissioni. I risultati del processo sono stati soddisfacenti. La RV continua a dimostrarsi non solo valida ma anche una fonte ispiratrice per una missione capace di rinnovarsi e guardare avanti senza perdere il contatto con la ricchezza del passato.

VI. Codice deontologico (cfr. AC 54)

  • Il Capitolo ha chiesto di aiutare le comunità a studiare e condividere il Codice Deontologico, ritenendolo uno strumento importante per promuovere la fedeltà alla vocazione comboniana.
  • Lentamente il continente europeo lo sta facendo entrare nella vita dei confratelli e delle comunità. In ogni provincia sono stati indicati dei nomi di confratelli che potranno accompagnare persone in difficoltà.
  • Quanto alla richiesta di preparare persone per condurre le indagini che il Codice Deontologico in alcuni casi richiede, il continente la ritiene di difficile realizzazione perché tale compito richiede persone preparate e non solo disponibili. Forse allora è sufficiente avere qualcuno a livello di istituto che magari stabilisca contatti esterni a cui ricorrere in casi di necessità.

VII. Coordinamento dell’Istituto e Direzione Generale (cfr. AC 64-68)

  • Il Capitolo ha proposto una riorganizzazione delle strutture di coordinamento a livello di Istituto.
  • In tutte le province europee abbiamo rivisto i segretariati e ridotti a tre: missione, formazione ed economia. C’è la difficoltà di unificare la formazione di base con quella permanente e di trovare il posto giusto della PV, che ha a che fare sia con la formazione che con la missione e l’AM.

VIII. Continentalità – Referente continentale Fratelli (cfr. AC 69-71)

  • Il Capitolo ha ribadito la validità della continentalità. Como Europa abbiamo cercato di applicare il Vademecum sulla continentalità applicandolo a tutti i settori della vita missionaria.
  • È stato scelto il referente continentale dei fratelli, che partecipa alle assemblee dei provinciali. Dobbiamo chiarire la questione della sua scadenza, se dovrà coincidere con le elezioni provinciali oppure no.
  • Per l’identificazione del personale da destinare ai progetti continentali stiamo cercando di fare qualcosa a livello di OCPU e di immigrazione, ma il percorso è ancora lungo.

IX. Circoscrizioni e accorpamenti (cfr. AC 72-73)

  • Le proposte di accorpamento fatte dal CG hanno portato finora  a creare forme più di collaborazione più concrete tra province su alcune iniziative specifiche. Preoccupa la situazione della Polonia che, anziché camminare verso la costituzione di una delegazione, come aveva proposto il Capitolo, si è ridotta a numeri che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Il continente ritiene che si debba fare con urgenza una riflessione che porti a sbloccare la situazione.

P. Giovanni Munari – coordinatore continentale
I provinciali europei
Roma, 15 settembre 2018