In Pace Christi

Agostini Giuseppe

Agostini Giuseppe
Data urodzenia : 24/08/1901
Miejsce urodzenia : Sossano Veneto VI/I
Śluby tymczasowe : 01/11/1921
Śluby wieczyste : 19/03/1927
Data święceń : 10/07/1927
Data śmierci : 18/11/1961
Miejsce śmierci : Verona/I

P. Giuseppe Agostini era nato a Sossano Veneto (Vicenza) il 24 Ago­sto 1901 e, finite le prime tre classi ginnasiali nel Ginnasio Vescovile di Vicenza, entrò nell'Istituto Comboni di Brescia nel 1918 per finire il corso in un anno.

Cominciò il noviziato a Savona il 1° Novembre 1919 e due anni dopo emise la professione a Venegono. Fu ordinato sacerdote a Verona il 10 Luglio 1927.

Imbarcatosi a Brindisi il 27 Marzo 1928 per il Nilo Equatoriale, fu a Lodonga dal Settembre di quell'anno al Gennaio del 1930, quando passò ad Arua. Qui rimase per vent'anni, eccettuato il periodo Marzo 1938 - Ottobre 1939, in cui fu in Italia per vacanza e cura. Dal Gennaio del '50 all’Ottobre del '54 tornò a Lodonga.

Il P. Giuseppe Agostini fu un missionario autentico che consumò tutte le sue energie nel lavoro apostolico tra i Logbara di Lodonga e Arua. L'insegnamento del catechismo alle numerose classi di catecume­ni e alunni delle elementari di Stazione assorbiva gran parte della sua giornata; ed egli si preoccupava di prepararsi diligentemente con lo studio e la preghiera. Tutti i confratelli di Missione ricordano il suo impegno e la sua puntualità alle lezioni.

Il confessionale non lo vide stanco. Non solo era pronto ad ogni chiamata, ma quando i cristiani andavano in chiesa per le pratiche in comune, cercava di essere là, a disposizione. Anche la parola del Signore era in lui calda e piena di zelo.

Ad Arua c'era un buon numero di Alur, ed era necessario che un Padre imparasse la loro lingua e li assistesse. P. Agostini imparò l'Alur ed esplicò tra loro la sua opera di assistenza, catechismo e confessioni, senza diminuire o trascurare il resto del lavoro ordinario.

Espletò il suo zelo in modo particolare nei safari o visite ai cristiani. Prima di partire si procurava tutti i dati dei cristiani, catecumeni, ca­techisti, maestri e scolari da visitare. All'arrivo alla cappella si infor­mava dei malati, e trovava il tempo di visitarli tutti, o a piedi o in bi­cicletta. Procurava pure di avvicinare quei cristiani che avevano da sistemare il matrimonio o si trovavano in altre difficoltà; ed era pazientissimo nell'ascoltare chiunque ricorreva a lui.

Sorvegliava l'andamento delle scuole elementari, sia in Missione che nei villaggi. Una sua caratteristica era quella di servirsi degli scolari per richiamare i cristiani lontani e ricordare a tutti la frequenza ai sacramenti. In ogni cappella si era formato un gruppo di piccoli e zelanti apostoli. Questa forma di cooperazione gli giovava moltissimo per il buon esito dei suoi viaggi apostolici.

Rimaneva oltremodo addolorato per la lotta aperta dei musulmani contro le scuole cattoliche, i catechisti e i cristiani. Cercava di indurre i cattivi a ragionare, evitando però qualunque questione; poi nel silenzio pregava e si sfogava col Signore e attendeva che la Provvidenza e il suo Patrono S. Giuseppe, di cui era molto devoto, provvedessero. Non era un uomo che parlasse molto del suo lavoro. Preferiva fare e sacrificarsi in silenzio per adempiere il suo dovere e ottenere il maggior bene delle anime.

Non avrebbe mai lasciato la sua amata Missione se l'ubbidienza non l'avesse richiamato in Italia nell'Ottobre del 1954 per rimettersi in salute. Alla Missione non disse addio, ma arrivederci; ma quando i me­dici gli riscontrarono un cuore che non funzionava più a dovere e una forte arterite, allora cominciò il suo calvario e la sua agonia. E senza dubbio la malattia accentuò la sua sensibilità e suscettibilità.

Eccetto il periodo dal Settembre del 1955 all'Agosto del 1957, durante il quale fu a Padova, spese il resto dei suoi ultimi sette anni a Verona, dedicandosi con puntualità, passione e sacrificio al ministero delle con­fessioni.

Fu sempre edificante per la puntualità agli atti comuni. Il brevia­rio lo recitava molto lentamente. Il suo manuale di preghiere e il Rosa­rio Meditato, logorati dall'uso, sono pure una prova dell'attenzione con la quale compiva le pratiche di pietà. Era fedele alla sua ora di adora­zione, e non di rado si fermava a recitare un po' di breviario davanti al Santissimo esposto nella chiesa di S. Chiara.

La morte lo colse improvvisamente, ma non impreparato, perché presentiva una simile fine e l'aveva detto al Superiore della Casa Madre dopo la visita medica fatta alla fine di Ottobre. Fu pure notato che negli ultimi giorni riusciva a seguire la comunità con una certa difficoltà.

La mattina del Sabato 18 Novembre, nel rientrare da uno dei soliti impegni settimanali di ministero aveva accusato un po' di malessere, ma si era ritirato in camera come il solito, ed evidentemente stava per sedersi al tavolo quando cadde sulla destra, colto da un colpo apopletti­co. Saranno state le ore undici. Nessuno se ne avvide, finché non fu notata la sua assenza agli atti comuni.

In camera tutto fu trovato in ordine. Sul tavolo il registrino delle Messe era aggiornato. Parve che il Signore lo chiamasse così per tenere in considerazione il suo estremo riguardo di ricorrere all'infermiere. Aveva da poco compiti sessant'anni di età e quaranta di vita religiosa.

Da Bollettino, n. 60, Gennaio 1962, pp. 486-87