Venerdì 19 maggio 2023
Una lettura approfondita degli Atti Capitolari rivela come la missione sia il tema ricorrente nei cinque sogni dai quali nascono le linee guida che caratterizzeranno il percorso dell’Istituto nei prossimi anni. In continuità con il XVIII Capitolo Generale, il XIX celebrato nel giugno 2022 ha rinnovato la chiamata a lasciarsi interpellare e sfidare dal cambiamento epocale che stiamo vivendo (AC ’22, 9. 29-30). [...]

LO STILE DI MISSIONE NEL XIX CAPITOLO GENERALE
Una riflessione del SGM alla luce degli Atti Capitolari

Una lettura approfondita degli Atti Capitolari rivela come la missione sia il tema ricorrente nei cinque sogni dai quali nascono le linee guida che caratterizzeranno il percorso dell’Istituto nei prossimi anni. In continuità con il XVIII Capitolo Generale, il XIX celebrato nel giugno scorso ha rinnovato la chiamata a lasciarsi interpellare e sfidare dal cambiamento epocale che stiamo vivendo (AC ’22, 9. 29-30).

Il Capitolo ha preso atto una volta di più di come non solo la realtà stia cambiando radicalmente, ma anche di come l’Istituto stia attraversando un’inedita transizione. Le nuove vocazioni apportano maggiore internazionalità e multiculturalità; la chiesa è su un cammino di superamento di autoreferenzialità, clericalismo e chiusura, ed anche l’Istituto si sente ormai da tempo chiamato a crescere in una spiritualità che promuova la dimensione fraterna ed interculturale. Inoltre, viviamo anche noi la sfida della sostenibilità della missione, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di modelli di presenza e ministero missionario (AC ’22, 10).

Uno stile di missione comboniano

Di fronte a questa complessa situazione, il Capitolo ha operato un discernimento che traccia il percorso dell’Istituto nei prossimi anni. Avendo optato per il metodo “apprezzativo”, si è guardato a quello che lo Spirito sta già operando nella storia, agli inviti che ci sta facendo nelle diverse parti del mondo, a ciò che stiamo imparando attraverso l’esperienza del Risorto nella nostra vita missionaria. I cinque sogni che caratterizzano gli Atti Capitolari sono interconnessi, e mostrano il salto di qualità a cui siamo chiamati come missionari, comunità, circoscrizioni ed Istituto. Come mostra la guida all’implementazione del XIX Capitolo, le linee guida e gli impegni assunti dal Capitolo – in relazione ai cinque sogni – richiedono la responsabilizzazione e il contributo a ciascuno di questi quattro livelli.

Crescere verso la realizzazione di questi sogni significa crescere in fedeltà alla nostra vocazione missionaria comboniana in un mondo che sta cambiando rapidamente e radicalmente. E significa anche fare un salto di qualità nella risposta alle sfide della missione di oggi. In questa riflessione, ci soffermiamo solo su tre aspetti che contribuiranno a questo salto di qualità nel servizio dell’evangelizzazione, vale a dire la spiritualità, la vita comunitaria e la ministerialità a servizio della riqualificazione. Questi elementi ci aiutano a crescere e realizzare sempre più uno stile di missione comboniano.

1. Radicati in Cristo assieme a Comboni

La spiritualità è il primo elemento su cui costruire percorsi di evangelizzazione che rispondano alle nuove sfide con sensibilità comboniana. Punto centrale di tutto questo sarà il radicamento in Cristo (“tener sempre gli occhi fissi in Gesù Cristo” – Scritti 2721), come ha anche sottolineato papa Francesco nell’incontro con i capitolari:

La missione dipende totalmente dall’unione con Cristo e dalla forza dello Spirito Santo. (…) Noi possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se non siamo in Lui, e se il suo Spirito non passa attraverso di noi, tutto quello che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale nulla per il Regno di Dio.

Invece, se siamo come tralci ben attaccati alla vite, la linfa dello Spirito passa da Cristo in noi e qualsiasi cosa facciamo porta frutto, perché non è opera nostra, ma è l’amore di Cristo che agisce attraverso di noi. (…)

Il missionario è un discepolo che è così unito al suo Maestro e Signore, che le sue mani, la sua mente, il suo cuore sono “canali” dell’amore di Cristo. Il missionario è questo, non è uno che fa proselitismo. (…) Ecco perché alcuni missionari come Daniele Comboni (…) hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e “spinti” dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E questa spinta ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro limiti personali. Questo è un motto che per voi deve “fare rumore” nel cuore: andare oltre, andare oltre, andare oltre, sempre guardando l’orizzonte, perché sempre c’è un orizzonte, per andare oltre. La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo. (…) Vai, vai, vai! Vai all’orizzonte, e ti accompagni il Signore.

Di fronte alle sfide del cambiamento d’epoca che stiamo attraversando, papa Francesco ci ha invitati ad “andare oltre[1], intraprendendo percorsi di conversione e discernimento.

Il Capitolo ha raccolto questo invito ed ha dato delle linee guida per sviluppare il nostro radicamento in Gesù e nei sentimenti del suo Cuore per annunciare la Parola ai poveri (AC ’22, 13). A fondamento della riqualificazione del nostro servizio missionario c’è la volontà di crescere spiritualmente come discepoli missionari uniti nella passione di Gesù (cf. “mistero della croce”, RV 4), che fanno l’esperienza di Dio, la sviluppano e la coltivano per essere suoi testimoni nella missione (AC ’22, 21). Come papa Francesco ha ricordato ai capitolari,

Il tratto essenziale del Cuore di Cristo è la misericordia, la compassione, la tenerezza. Questo non va dimenticato: lo stile di Dio, già dall’Antico Testamento, è questo. Vicinanza, compassione, tenerezza. (…) E allora penso che voi siete chiamati a portare questa testimonianza dello “stile di Dio” – vicinanza, compassione, tenerezza – nella vostra missione, là dove siete e dove lo Spirito vi guiderà. La misericordia, la tenerezza è un linguaggio universale, che non conosce confini. Ma questo messaggio voi lo portate non tanto come singoli missionari, ma come comunità, e ciò comporta che vada curato non solo lo stile personale, ma anche lo stile comunitario.

Animati dal fuoco dello Spirito, vogliamo mettere al centro della nostra vita il sogno del Regno, che annunciamo come comunità (AC ’22, 15). Ci sentiamo solidali ed ispirati dai confratelli che, fedeli alla missione, lavorano come “pietre nascoste” in contesti molto difficili e violenti (AC ’22, 9). Abbiamo sentito la chiamata a rinnovare la nostra dedizione totale a Gesù ed alla Missio Dei, riaffermando l’importanza degli aspetti di missio ad extra e ad vitam. Questo si ritrova, a livello di linee guida ed impegni, nel mandato di revisione della formazione.

2. Identità comboniana e vita comunitaria

Un secondo aspetto fondamentale è un rinnovato senso di identità e di vita comunitaria. Sta crescendo l’internazionalità ed il pluralismo culturale nell’Istituto, mentre la Chiesa ci invita alla sinodalità, al camminare assieme. Sentiamo la sfida di superare atteggiamenti e pratiche individualiste, per approdare ad uno stile missionario proprio del cenacolo di apostoli: comunità interculturali, che vivono in fraternità orante, dove ci prendiamo cura gli uni degli altri (AC ’22, 16), riconoscendo i doni, accogliendo le fragilità e rispettando i ritmi di vita di ogni confratello (AC ’22, 17). Dal punto di vista strutturale, ci vogliamo impegnare ad avere comunità di almeno 3-4 membri, con dinamiche formali e informali di condivisione e di discernimento comunitario, e ad assicurarne un’animazione attraverso il servizio del superiore di comunità.

Vogliamo essere una fraternità che è di per se stessa testimonianza evangelica, testimonianza della convivialità delle diversità, segno profetico di una nuova umanità (AC ’22, 18) in un mondo lacerato da divisioni, conflitti, polarizzazioni e violenza. Infatti, vediamo la cultura dell’altro come un’opportunità – un luogo teologico – per arricchire la nostra comprensione di Dio, della missione e del carisma. Per questo abbiamo anche deciso di trovare momenti e mezzi per un dialogo interculturale e spirituale per condividere e approfondire la ricchezza del nostro carisma comboniano, valorizzarlo e viverlo per consegnarlo alle prossime generazioni e alla chiesa.

La comunione di questo cenacolo si estende oltre la comunità stessa, attraverso lo stile dell’accoglienza, del dialogo e della collaborazione. Radicate nel territorio, le comunità – aperte, sobrie, ospitali – vivono la missione come frutto di un discernimento per evangelizzare come comunità in comunione con la chiesa locale (AC ’22, 19).

Questo sessennio sarà anche marcato dal cammino sinodale tracciato da papa Francesco, attraverso il nostro coinvolgimento nei percorsi sinodali locali. La riqualificazione, pertanto, comporta anche l’ascolto comunitario delle sfide da affrontare assieme, con un confronto costante in vista di scelte condivise su comuni processi da intraprendere. Ciò è necessario per rispondere con profezia alle sfide del nostro tempo con lo stile della partecipazione, della comunione e dello stato permanente di missione della chiesa (AC ’22, 20).

3. Ministerialità a servizio della riqualificazione

Il discernimento del Capitolo riguardo al servizio missionario dell’Istituto ha riconosciuto l’importanza dei criteri ad gentes e ad pauperes (AC ’22, 29). Sono criteri che il Capitolo ha riletto alla luce dei segni dei tempi e degli inviti dello Spirito. A fronte della realtà di frammentazione e ampiezza degli impegni – oltre le forze attuali e probabilmente future dell’Istituto – si è sentito il bisogno di una maggiore focalizzazione. Tuttavia, la strada per arrivarci deve essere inclusiva, attraverso percorsi partecipati, per arrivare ad una convergenza in cui le diverse sensibilità e prospettive possano riconoscersi senza appiattirsi o annullarsi.

a. Criterio ad gentes

In realtà, esiste già da tempo un solido consenso sulle priorità continentali (cf. AC ’15, 45.3). Se le prendiamo in considerazione secondo il criterio ad gentes – cioè gruppi umani prioritari con i quali ci stiamo impegnando – ci accorgiamo che esiste già una sufficiente focalizzazione a livello continentale. Il Capitolo ha riaffermato come linea portante della riqualificazione ministeriale della nostra missione lo sviluppo di pastorali specifiche con i gruppi umani prioritari (AC ’22, 31).

La riflessione del XVIII Capitolo Generale, confrontandosi con i temi della EG[2], aveva già sottolineato come spesso siamo presenti alle frontiere, alle periferie umane ed esistenziali. Tuttavia, la nostra risposta pastorale tende ad essere generica, proponendo una pastorale ordinaria che poco incide sulle situazioni particolari e sulle culture dei gruppi umani emarginati con i quali lavoriamo. Inoltre, notiamo che l’integrazione di diversi ministeri e lo stile di vita e di missione restano una sfida. In risposta a tutto questo, gli ultimi due Capitoli hanno indicato la strada delle pastorali specifiche – in relazione alle priorità continentali – come occasione per una riqualificazione delle nostre presenze missionarie.

Considerando la nostra identità di Istituto missionario ad gentes, pensare le pastorali specifiche a partire dai gruppi umani emarginati ed esclusi è fonte di grande ispirazione in quanto in linea sia con la nostra tradizione missionaria che con il nuovo modello di missione proposto dalla EG.

Una pastorale specifica comprende diversi aspetti, ad esempio:

=   Inserzione: qui entra in gioco l’immersione nella lingua, cultura e spiritualità del popolo; la sua storia, le sue lotte, il fare causa comune con la gente. Ma anche il nostro stile di vita e le nostre strutture, che condizionano la nostra relazione con le persone e le comunità locali.

Il Capitolo ha indicato la strada di uno stile di missione più inserito nella realtà dei popoli che accompagniamo verso il Regno, con stili di vita e strutture più semplici e comunità missionarie interculturali che testimonino fraternità, comunione, amicizia sociale; oltre che un impegno a servizio delle chiese locali coinvolgendosi in pastorali specifiche, collaborazioni ministeriali e percorsi condivisi (AC ’22, 28).

=   Orientamenti pastorali: questi sono il frutto di un discernimento sinodale, con la chiesa locale, per rispondere ai bisogni esistenziali della gente, alle grandi domande della vita, alla loro ricerca di vita in pienezza. Il Capitolo ha dato mandato di avviare dei processi partecipativi per accompagnare lo sviluppo di pastorali specifiche a livello continentale e per contestualizzarle in dialogo e collaborazione con le chiese locali, lavorando in rete anche con movimenti popolari e raggruppamenti della società civile (AC ’22, 31).

Le situazioni particolari, le gioie e sofferenze della gente, gli eventi che hanno un impatto sulla loro vita, sono tutti punti di partenza per l’annuncio e per un incontro personale e comunitario con il Risorto. Una pastorale specifica prende in considerazione tutte queste situazioni – che caratterizzano l’esperienza di un dato gruppo umano – e cerca di facilitare un dialogo trasformante tra cultura, esperienze di vita e Vangelo, oltre a discernere modi appropriati e contestuali di espressione dell’esperienza di fede, della vita secondo il Vangelo.

Si tratta di instaurare un “dialogo profetico”, da un lato apprezzando le luci presenti nella storia, nella cultura, nel “genio” dei vari gruppi umani, e i semi della Parola; dall’altro denunciando eventuali ombre, situazioni di morte, ingiustizie e strutture di peccato, e proclamare l’alternativa del Regno di Dio. In particolare, il Capitolo ha dato mandato di impegnarsi nel dialogo interreligioso e con le culture locali, ad esempio con l’Islam, le religioni tradizionali africane, le religioni indigene e afrodiscendenti (AC ‘22, 31.7 – 31.8).

=   Collaborazione ministeriale: una pastorale specifica che si concentri su un gruppo umano supera le dicotomie (es. pastorale Vs sociale) e la frammentarietà (es. settorializzazione) dei ministeri, ancora molto diffuse nelle nostre esperienze. I diversi ministeri, invece, sono collegati tra loro, portano avanti una visione condivisa e costruiscono sinergie. Valorizzano tutti gli agenti pastorali, creano comunione e collaborazione. In questo spirito, il Capitolo ha dato concrete indicazioni per promuovere dialogo, collaborazione e condivisione di personale nelle e tra le circoscrizioni in vista dello sviluppo delle pastorali specifiche (AC ’22, 31).

Come Comboni sognava un’opera “cattolica”, anche noi oggi siamo invitati a cercare di mettere assieme tutte le forze ecclesiali e sociali per la rigenerazione dei popoli e gruppi umani con loro stessi (AC ’22, 33). In particolare, il Capitolo ha sottolineato l’importanza della collaborazione con la Famiglia Comboniana, con organismi ecclesiali (come AEFJN, VIVAT, CLAR, REPAM, REBAC, ecc.) e movimenti popolari. Ha messo particolare enfasi sulla formazione ministeriale dei laici, che sono ovunque i nostri compagni di evangelizzazione e di trasformazione sociale. Inoltre, anche dove le nostre forze si stanno eclissando, è possibile riqualificare la nostra presenza attraverso partenariati con altre forze ecclesiali e sociali, in cui possiamo sempre contribuire una autentica testimonianza evangelica.

=   Sinodalità: oggi siamo chiamati a vivere la collaborazione ministeriale nel contesto della sinodalità nella chiesa. In particolare, il Capitolo ha deciso di intraprendere con convinzione il cammino sinodale tracciato da papa Francesco attraverso il nostro coinvolgimento in percorsi sinodali locali (AC ’22, 20).

Inoltre, lo sviluppo delle pastorali specifiche è il frutto di un cammino nella chiesa locale e al contempo con la chiesa universale. Questa dinamica è già presente in diversi ambiti. Per esempio, il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale – sezione Migranti e Rifugiati – ha sviluppato degli orientamenti pastorali in collaborazione con agenti pastorali da tutto il mondo (chiese locali) e partendo dalle buone pratiche ministeriali condivise.

b. Criterio ad pauperes

Comboni nel suo tempo era stato capace di mettersi in ascolto del grido dei “più poveri ed abbandonati”. Non si tratta di una scandalosa gara a chi sta peggio; o di un malinteso eroismo di chi vuole promuovere il proprio operato, facendo leva sulla sofferenza degli ultimi. Piuttosto, siamo di fronte alla risposta ad una chiamata che interpella non solo per la realtà di sofferenza, ma anche per la dimensione strutturale di tale realtà, che è il risultato di un’ingiustizia, di strutture di peccato.

Papa Francesco nel suo magistero sociale ha proposto una lettura molto lucida e penetrante dell’esclusione e dello sfruttamento nel mondo, e della cultura dello scarto e dell’indifferenza che stanno portando verso la sesta estinzione di massa nella storia del nostro pianeta. La Laudato si’ ha chiaramente spiegato come non siamo di fronte ad una crisi sociale (sofferenza ed esclusione dei poveri) ed una ambientale (cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, inquinamento e distruzione di ecosistemi); ma piuttosto siamo di fronte ad una sola e complessa crisi socio-ambientale (LS 139). Pertanto – continua papa Francesco – “le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (LS 139).

La Chiesa è chiamata a superare il proprio egocentrismo e ad andare verso tutte le periferie umane dove le persone soffrono l'esclusione e vivono il disagio della disuguaglianza economica e dell'impoverimento, dell'ingiustizia sociale e del degrado ambientale. Tutte queste situazioni non sono più un aspetto disfunzionale del sistema economico, ma un'esigenza del sistema stesso per accumulare profitti e continuare secondo la propria logica e privilegi.

Il Capitolo (AC ’22, 29) ci ha dato mandato di lasciarci interpellare dal magistero di papa Francesco (EG, LS, FT, Qam) per rispondere al grido della Terra e dei poveri, uomini e donne del nostro tempo. Ci invita a praticare una seria analisi sociale per comprendere la realtà dal punto di vista sistemico, anche come presupposto di una riflessione teologica basata sulla Parola ed il magistero della Chiesa. Ci invita, inoltre, ad integrare la dimensione GPIC come dimensione trasversale in tutti i nostri ministeri e ad essere, in comunione con la chiesa locale, voce profetica che denuncia le ingiustizie e cerca alternative.

In risposta alle sfide del cambiamento d’epoca che viviamo, alla luce della Parola di Dio, il Capitolo ha deciso di assumere l’ecologia integrale come un asse fondamentale della nostra missione, che mette in connessione le dimensioni pastorale, liturgica, formativa, sociale, economica, politica ed ambientale (AC’22, 30). In particolare, è stato deciso di aderire alla Piattaforma di iniziative Laudato si’ (PILS)[3] a vari livelli e di avviare dei percorsi di accompagnamento per promuovere l’ecologia integrale nel cammino spirituale e formativo.

Conclusione: l’importanza di avviare percorsi

La Guida all’implementazione del XIX Capitolo Generale suggerisce processi da avviare nel primo triennio e da completare, dopo una attenta revisione, nel secondo triennio del mandato sessennale. Questi processi sono la chiave per l’implementazione del Capitolo. Infatti, gli Atti Capitolari ci danno le linee guida e gli impegni concreti da realizzare nel sessennio per arrivare ad una riqualificazione delle nostre presenze e ministeri missionari. Ma se non progettiamo, avviamo e accompagniamo dei percorsi di implementazione di tali linee guida ed impegni, il documento capitolare rimarrà lettera morta.

Il primo anno del sessennio è pertanto fondamentale: siamo chiamati a definire questi processi e strutturarli nei piani sessennali delle Circoscrizioni, nei percorsi continentali e nei progetti comunitari. In particolare, ci sono 4 domande a cui ogni piano sessennale dovrà rispondere:

1. Come facilitiamo dei percorsi di conversione e discernimento per essere sempre più radicati in Cristo assieme a Comboni?

2.  Come possiamo sviluppare un dialogo interculturale e spirituale per condividere e approfondire la ricchezza del nostro carisma comboniano, valorizzarlo e viverlo, come cenacolo di apostoli che evangelizza come comunità?

3.  Quali percorsi siamo chiamati ad avviare ed accompagnare per sviluppare delle pastorali specifiche secondo le priorità continentali?

4.  La conversione all’ecologia integrale ci aiuta nella riqualificazione ministeriale dei nostri impegni, in quanto richiede di collegare i diversi ministeri in cui siamo impegnati, il nostro stile di vita e di missione, la nostra inserzione e vicinanza agli ultimi, ecc. Come possiamo facilitare la partecipazione alla Piattaforma di iniziative Laudato si’ sia a livello comunitario che a livello di circoscrizione?

Siamo invitati ad essere audaci, aperti, per “andare oltre”, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo, seguendo gli inviti che lo Spirito ci sta facendo e camminando in comunione tra di noi e con la chiesa.

Roma, 8 febbraio 2023
Festa di S. Giuseppina Bakhita
P. Fernando González Galarza
P. Arlindo Ferreira Pinto
Fr. Alberto Parise

 

[1]Papa Francesco ha poi ripreso questa immagine nel suo commento alla festa dell’Epifania (6.1.2023), celebrazione missionaria per eccellenza, con riferimento alla figura dei Magi, fonte di ispirazione per i missionari:

Colti e sapienti, sono stati affascinati più da ciò che non sapevano che da ciò che già sapevano. Aperti a quello che non conoscevano. Si sono sentiti chiamati ad andare oltre, non si sono sentiti felici rimanendo lì: no, chiamati ad andare oltre. E questo è importante anche per noi: siamo chiamati a non accontentarci, a cercare il Signore uscendo dalle nostre comodità, camminando verso di Lui con gli altri, immergendoci nella realtà. https://www.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2023/documents/20230106-angelus.html

[2]L’EG offre quattro criteri che guidano il discernimento del ministero missionario:

a. Raggiungere le periferie, gli impoveriti, gli emarginati, gli esclusi. Tra l'altro, questo è in continuità con il carisma comboniano di fare causa comune.

b. Testimoniare il kerygma, la comunicazione del Vangelo, che ha a che fare con "l'incontro con un evento, una persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e una direzione decisiva" (EG 7). La comunicazione, inoltre, significa che il Vangelo non è semplicemente un processo a senso unico, ma un processo in cui l'ascoltatore interagisce.

c. Profezia sia come denuncia del male nella società (economia dell'esclusione, nuova idolatria del denaro, sistema finanziario che domina invece di servire, disuguaglianza che genera violenza, deterioramento accelerato delle proprie radici culturali, processo di secolarizzazione che tende a ridurre la fede e la Chiesa alla sfera del privato e del personale) sia come proposta di costruzione di alternative che portino a società più giuste e fraterne (ascoltare il grido dei poveri e lottare per la loro liberazione e promozione, consentirgli di essere pienamente parte della società, lavorare per eliminare le cause strutturali della povertà e promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, così come i piccoli atti quotidiani di solidarietà per soddisfare le necessità reali che incontriamo).

d. Evangelizzazione delle culture e inculturazione del Vangelo: qui la sfida è far sì che la presenza missionaria risponda ai desideri profondi del cuore delle persone. Nelle parole del documento della Commissione Internazionale "Fede e Inculturazione", l'inculturazione del Vangelo implica che il "Vangelo possa penetrare nell'anima delle culture viventi, rispondere alle loro più alte aspettative".

[3]La PILS è un percorso di sette anni per una conversione ecologica ed una transizione all’ecologia integrale che coinvolge tutto il mondo cattolico. (Cf. https://piattaformadiiniziativelaudatosi.org/)