Ministerialità a partire dalla ricchezza semantica dei testi biblici

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Venerdì 2 ottobre 2020
“Il presente articolo vuole essere un semplice e breve contributo al processo di riflessione e condivisione attorno al tema della ministerialità a partire dai testi biblici. Visto che il sostantivo astratto “ministerialità” non compare nei testi sacri, il nostro approccio sarà basato sulla pluralità semantica del termine ministro”. (P. José Joaquim L. Pedro, mccj)

MINISTERIALITÀ:
UN APPROCCIO A PARTIRE DALLA RICCHEZZA SEMANTICA
DEI TESTI BIBLICI

Introduzione

Il presente articolo vuole essere un semplice e breve contributo al processo di riflessione e condivisione attorno al tema della ministerialità a partire dai testi biblici. Visto che il sostantivo astratto “ministerialità” non compare nei testi sacri, il nostro approccio sarà basato sulla pluralità semantica del termine ministro. È importante sottolineare fin d’ora che il nostro testo non intende includere tutti i termini biblici equivalenti a “ministro”, né approfondire i cosiddetti ministeri biblici come ad esempio sacerdote, re, profeta, apostoli, evangelisti, pastori, dottori. Ci limiteremo quindi ad affrontare alcuni elementi teologico-linguistici associati ai termini per condividere, in un secondo tempo, a titolo conclusivo, una breve riflessione e alcune domande in vista di un eventuale approfondimento del tema.

1. Visione generale dei termini biblici equivalenti a ministro

1.1 Nell’Antico Testamento

1.1.1 MESHARET

La radice di questo termine ebraico designa qualsiasi servizio. Nel contesto del nostro tema, merita di essere sottolineato il servizio di Giosuè a Mosè in Es 24,13; 33,11, Nm 11,28 e Gs 1,1. In questi testi, MESHARET significa ministro, ausiliare diretto, discepolo. Mosè infatti portava Giosuè ai suoi incontri con Dio sul monte e nella tenda. Il ministero di Giosuè consisteva nell’aiutare Mosè a comprendere il messaggio di Dio, per poi trasmetterlo al popolo. Ciò che è interessante in questi testi biblici è che l’essere ministro è una fase di preparazione per essere una guida, ossia è un vero e proprio discepolato. Perciò, MESHARET rinvia al tema del rapporto discepolo-maestro, del saper apprendere per continuare una missione o un ministero. Da questo punto di vista, il concetto di MESHARET ci trasmette l’idea che, nel rapporto discepolo-maestro, il discepolo non apprende solo dal maestro ma anche dalla realtà. Ossia, anche la realtà diventa maestra. Pertanto, il ministro è, allo stesso tempo, discepolo del Signore e della realtà.

1.1.2 EBED

Altro termine usato nell’Antico Testamento per designare ministro è EBED. Questo termine indica non solo il comune servizio di qualsiasi persona subordinata ad un padrone, come nel caso di Nàaman (2 Re 5,6), ma anche la subordinazione ai piani divini, come nel caso del servo di Dio (EBED ADONAI o EBED HA-ELOHIM) in Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-15; 53,1-12. Anche se gli studiosi non concordano sull’identità storica del EBED ADONAI, i testi mostrano chiaramente che la sottomissione ai piani di Dio è la condizione per realizzare la missione ricevuta.

1.2 Nel Nuovo Testamento

Per quanto riguarda il Nuovo Testamento (NT), meritano di essere evidenziati i seguenti termini:

1.2.1 PAIS/DOULOS

Nell’accezione comune, PAIS significa bambino. In Mt 12,18 tuttavia si cita la versione greca di Is 42,1 nella quale il termine PAIS traduce il significato ebraico di EBED (servo), per indicare che Gesù è Servo di Dio. Con la stessa intuizione, nel portico di Gerusalemme, dopo la Pentecoste, Pietro dichiara per la prima volta che Gesù è il Servo di Dio (At 3,13). In effetti Pietro rimase così segnato dall’immagine di Gesù-servo che questa divenne punto di riferimento delle sue prime predicazioni, dopo la Pentecoste. Così, egli presenta l’immagine di Gesù-servo come paradigma di qualsiasi tipo di servizio nella Chiesa nascente. Ne è una prova testuale la trasposizione semantica che il NT opera fra i termini PAIS (bambino, servo) e DOULOS (schiavo, servo). Facciamo attenzione: rivolgendosi agli apostoli in Gv 15,15, Gesù qualifica il suo rapporto con loro come un rapporto di amicizia e non di servitù o schiavitù. Inoltre, il termine DOULOS (servo) continuerà a caratterizzare la missione dei discepoli. Infatti, Gesù raccomanda che i rapporti interpersonali siano contrassegnati dagli atteggiamenti e sentimenti del servo, che devono essere adottati da chiunque voglia essere grande nel Regno dei Cieli (Mt 20,27; Mc 10,44). Va osservato anche che DOULOS è il titolo col quale Paolo si presenta alle sue comunità (Rm 1,1; 2 Cor 4,5; Gal 1,10; Ef 6,6; Fil 1,1; Tt 1,1). Alcuni cristiani sono chiamati servi (DOULOI) in Col 4,12; 2 Tm 2,14; Gc 1,1. Pietro, Giuda e tutta la Chiesa sono servi (DOULOI) di Cristo secondo 2 Pt 1,1; Gd 1,1; Ap 1,1. Possiamo così constatare che i termini PAIS e DOULOS diventano sinonimi e Gesù-servo appare l’unico paradigma nell’esercizio dei ministeri.

1.2.2 LEITOURGOS

Di questo termine, tre significati meritano particolare attenzione:

  1. LEITOURGOS indica i servitori e gli amministratori pubblici che vengono chiamati servi di Dio perché svolgono con zelo il loro incarico (Rm 13,6). A loro, il cristiano deve essere sottomesso e per loro deve pregare, affinché abbiano una vita tranquilla, pacifica, pia e onesta (2 Tm 2,2).
  2. Anche colui che annuncia il vangelo di Gesù Cristo a coloro che non Lo conoscono, perché diventi un’offerta a Lui gradita, è chiamato LEITOURGOS (Rm 15,16).
  3. Il termine viene applicato anche a Gesù per indicare il suo ministero di mediatore fra Dio e gli uomini (Eb 8,2). È interessante anche il fatto che nel NT, con questo termine, si equipari il ministero del servitore pubblico a quello dell’evangelizzatore, perché entrambi, ispirandosi a Gesù-mediatore, servono lo stesso Dio. Come abbiamo appena detto, ispirarsi a Gesù-mediatore vuol dire assumere e svolgere, dentro e fuori dalla Chiesa, la dimensione sacerdotale dei ministeri. Tutti i ministeri, infatti, senza eccezione alcuna, si rivestono di una dimensione sacerdotale, ossia, la mediazione fra il creatore e il creato.

1.2.3 HYPĒRETES

Per quanto riguarda il termine HYPĒRETES, troviamo soltanto il significato di “ministro della Parola” (Lc 1,2; At 26,16). In questi testi, l’esperienza di Cristo appare come una condizione necessaria per l’esercizio del ministero. Basta vedere che i “servitori della Parola”, menzionati in Lc 1,2, sono testimoni oculari. Saulo, in At 26,16, è costituito servo e testimone di quanto aveva appena visto e di ciò che il Signore doveva ancora mostrargli. Da questi passaggi emerge l’idea che i ministeri nascono dall’esperienza di Cristo e si nutrono di questa.

1.2.4 DIAKONOS

È un termine ampiamente usato nel NT, ma in contesti e con significati diversi. Fondamentalmente, è bene soffermarsi su quanto segue: DIAKONOS è la persona che riceve la missione di servire la Chiesa. Stefano e i suoi amici lo sono perché si occupano delle opere caritatevoli della comunità (At 6,1-6); Paolo e Apollo, per quanto lavorino instancabilmente nell’evangelizzazione, preferiscono essere considerati semplicemente dei diaconi (DIAKONOI) della Chiesa (1 Cor 3,5-15); Tichico (Ef 6,21), Epafra (Col 1,7) e Timoteo (1 Ts 3,2) sono DIAKONOI perché collaborano più direttamente nell’evangelizzazione. Anche Gesù Cristo è DIAKONOS perché non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita in riscatto di molti (Mt 28,28; Mc 10,45; Rm 15,8). L’assistenza ai più bisognosi è considerata non solo una DIAKONIA (ministero, servizio) ma una condizione necessaria per avere un posto nel Regno dei cieli (Mt 25,31-46). In particolare, vale la pena evidenziare i testi sull’inferiorità del DIAKONOS: Lc 12,37 e 22,26-27. Il DIAKONOS è inferiore a Dio e al popolo che gli è affidato. In effetti, sembra che questa sia stata una caratteristica importante dei ministeri nelle prime comunità cristiane.

1.2.5 OIKONOMOS

OIKONOMOS è l’amministratore che cura i beni del suo signore. Va osservato che nella tradizione paolina e petrina, gli apostoli e tutti i cristiani sono chiamati OIKONOMOI, perché amministrano i misteri e le grazie di Dio (1 Cor 4,1-2; 1 Pt 4,10). Il simbolismo dell’amministratore della casa è davvero evocativo, perché insiste sul dovere di ogni cristiano di avere un ministero. Così, i ministeri sono visti come una forma di amministrare la OIKOS (dimora, casa) di Dio (1 Cor 3,5-9).

2. Riflessione

La ricchezza semantica di cui abbiamo parlato non va vista come una mera ricercatezza linguistica degli autori biblici, bensì come una prova evidente della diversità di esperienze di ministerialità presso il popolo di Israele e nelle prime comunità cristiane. Allo stesso modo, questa ricchezza semantica ci serve come fondamento e ispirazione per la continua contestualizzazione dei ministeri.

2.1 Diversità di esperienze ministeriali

Da quanto detto sopra, è evidente che le varie esperienze di ministerialità riportate nei testi sacri interessano agli agiografi per presentare, attraverso di esse, un Dio che suscita ministeri per il servizio della Sua casa. Ricordiamo che nel NT, casa di Dio (OIKOS TOU THEOU) indica, in senso stretto, la Chiesa di Cristo (1 Tm 3,15; Eb 3,6) e, in un senso più ampio, tutto l’universo (At 7,44-50). La complessità insita nei concetti dimostra l’importanza di approfondire non solo il significato dell’espressione “casa di Dio”, ma anche i ministeri che si richiedono per poterla amministrare integralmente. La casa di Dio è talmente complessa che non è possibile amministrarla senza una vasta gamma di ministeri. Urge, pertanto, stimolare la nascita di nuovi ministeri dentro e fuori dalla Chiesa. In questo senso, i Comboniani sono chiamati ad animare questo processo che oggi più che mai appare come una conditio sine qua non per l’evangelizzazione del mondo contemporaneo.

2.2 Contestualizzazione dei ministeri

Le varie esperienze di ministerialità nella Bibbia sono accompagnate da un processo di contestualizzazione, cioè di adeguamento dei ministeri ad un determinato contesto. Per i Comboniani, la contestualizzazione comporta due processi intrinsecamente interdipendenti: il processo ad intra e il processo ad extra. Ad intra perché richiede che si ripensino i ministeri e gli impegni missionari alla luce della realtà interna dell’Istituto (numero di confratelli, formazione accademica, geografia vocazionale, situazione economica, ecc.). Ad extra perché ci sfida a identificare, nel contesto in cui lavoriamo, persone, mezzi e metodi per favorire il sorgere, con questi e a partire da questi, di nuovi ministeri o l’attualizzazione di quelli già esistenti. Entrambi i processi richiedono realismo, coraggio e ottimismo. Va rilevato che, nel processo di contestualizzazione dei ministeri, assunti individualmente e come gruppo, la lettura contestualizzata della Sacra Scrittura svolge un ruolo insostituibile. Per questo motivo, è fondamentale reimparare a leggere la Bibbia a partire dal contesto del destinatario contemporaneo. Solo così sarà possibile individuare i ministeri più appropriati ad ogni realtà.

3. Domande per un approfondimento

a) In che cosa consiste questa “inferiorità del ministro” applicata al missionario comboniano?

b) Oggi sentiamo la necessità di nuovi ministeri nella Chiesa e nell’Istituto? Quali?

c) La casa di Dio è immensa e complessa. Come amministrarla integralmente?

d) Siamo stati capaci di contestualizzare il carisma comboniano e i ministeri ad esso legati?

e) Siamo riusciti a contestualizzare la nostra ermeneutica dei testi biblici, allo scopo di suscitare ministeri adeguati alla realtà? Quali difficoltà abbiamo incontrato?

Bibliografia consigliata

COLLINS, J.N. (2014). Diakonia Studies: Critical Issues in Ministry. Oxford: Oxford University Press.

COMISSÃO Teológica Internacional. (2002). Da Diaconia de Cristo à Diaconia dos Apóstolos.

GUIJARRO, S. (2017). La Aportación del Análisis Contextual a la Exégesis de los Textos Bíblicos. Cuestiones Teológicas, 44 (102), 283-300.

KING, N. (2019). Ministry in the New Testament. New Blackfriars, 100 (1086), 155-164.

MĂCELARU, M.V. (2011). Discipleship in the Old Testament and Its Context: A Phenomenological Approach. Pleroma, 13 (2), 11-22.

P. José Joaquim L. Pedro, mccj