Lunedì 28 settembre 2015
Sua Eminenza il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha visitato ieri i Missionari Comboniani in occasione del loro XVIII Capitolo Generale che si sta svolgendo dal 6 settembre al 4 ottobre presso la Casa Generalizia a Roma. Sua Eminenza ha presieduto la Santa Messa. Dopo l’ascolto della Parola di Dio, il Card. Filoni ha condiviso la sua riflessione basandosi in modo particolare sulla relazione tra l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” e il tema del XVIII Capitolo Generale “Discepoli missionari comboniani chiamati a vivere la gioia del Vangelo nel mondo di oggi”. Di seguito pubblichiamo il testo integrale della sua omelia.
Nella foto sopra, da sinistra:
P. Enrique Sánchez G.,
superiore generale;
Card. Fernando Filoni,
Prefetto della Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli;
e P. Alberto Pelucchi,
vicario generale.
OMELIA
Il tema del vostro 18° Capitolo Generale, “Discepoli missionari comboniani chiamati a vivere la gioia del Vangelo nel mondo di oggi”, in corso in queste settimane in questa Casa Generalizia, mi ha fatto subito pensare che l’elemento ispiratore del Capitolo sia stata l’Evangelii Gaudium, e di conseguenza, come i Comboniani siano oggi chiamati al servizio gioioso del Vangelo.
Due mi sono parsi allora gli aspetti più significativi. Il primo, che prende ispirazione dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco, ossia il documento con il quale il Santo Padre ha voluto indicare all’inizio del suo pontificato la sua visione di Chiesa e il cammino della Chiesa per i prossimi anni: ambedue centrati su Gesù Cristo e il suo Vangelo, come egli scrive subito nel primo paragrafo del Documento. Il secondo, di come voi missionari comboniani siete chiamati a partecipare a questa visione e a questo cammino della Chiesa nei prossimi anni.
Devo poi subito dirvi la mia gioia di poter avere questo momento di preghiera e in particolare di celebrare oggi con voi questa Eucaristia nel contesto dei vostri lavori capitolari: non solo perché questi lavori riguardano anche la nostra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, interessata a conoscere quanto i nostri Comboniani decideranno per il prossimo futuro nell’impegno missionario, ma anche perché la vostra presenza qui è rappresentativa di tutti i vostri confratelli che in tutte le parti del mondo missionario mettono la loro vita al servizio del Vangelo. Ciò, quindi, mi offre l’occasione per manifestarvi la più profonda gratitudine e il più vivo apprezzamento per il servizio che rendete al Vangelo, alla Chiesa e ai poveri, proprio in consonanza con le ben note parole di Gesù: annunciate che il Regno di Dio è qui in mezzo a noi, che i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella (cfr. Mt 11, 5).
Mi piace poi che, nel vostro tema, abbiate ripreso anche la seconda parola dell’Esortazione Apostolica: “gaudium”, gioia, che deve essere letta come il denominatore comune non solo dei vostri lavori qui, ma anche di quella qualità che voi intendete dare al vostro impegno missionario dei prossimi anni, un impegno gioioso. Di questa caratteristica, “la gioia”, il Papa ne parla già nel secondo paragrafo dell’Esortazione Apostolica, che ha come titolo, Gioia che si rinnova e si comunica, ossia: l) gioia rinnovata nel nostro incontro con Cristo, 2) gioia della salvezza annunciata, 3) gioia che accompagna il servizio missionario della carità.
In questo contesto, si comprendono bene le espressioni di Papa Francesco, quali: “sogno (per la Chiesa) una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa” (n.27); “vorrei una missionarietà audace e creativa” (n.33); “penso ad una missionarietà che si incarna nei limiti umani” (n.40 e ss.); vorrei un “cuore missionario” aperto verso i deboli e i poveri (n.44); vorrei una Chiesa “in uscita”, “con le porte aperte” (n.46), “casa per gli esclusi” (n.53), “evangelizzatrice” delle culture (n.69), dell’ambiente, sia naturale, quanto urbano e delle periferie (n.74). Il Papa scrive ancora che vorrebbe permanentemente una spiritualità missionaria nella Chiesa, mettendo infine in guardia contro tre furti: “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario” (n.78 e ss.), “non lasciamoci rubare il Vangelo!” (n. 97), “non lasciamoci rubare la forza missionaria!” (n. 109).
Questa visione – ossia dell’apertura a cui il Papa ci chiama, inclusiva, positiva e non emarginante – mi pare che si trovi bene in evidenza nelle tre Letture liturgiche di oggi. Nella prima lettura, dove Mosè richiama sia Giosuè e quanti con lui erano pronti ad accusare i due, Eldad e Medad, che profetizzavano nell’accampamento senza essere stati investiti come gli altri 70 anziani. Mosè rimprovera Giosuè e gli altri di falso zelo, perché contaminati dalla gelosia: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!”, esclama Mosè.
Anche Gesù, nel Vangelo, richiama i suoi discepoli, gelosi che un tale, senza essere un discepolo come loro, scacciava i demoni nel nome di Gesù stesso. “Non glielo impedite – commenta il Maestro – perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me!” (Mc 9, 39).
Non si può essere gelosi dei doni di Dio, del suo Spirito; non ci si deve considerare come dei padroni, con il potere di stabilire noi i modi, gli spazi e la quantità della grazia del Signore. Al contrario, dove c’è un dono di Dio siamo chiamati a rallegrarcene. Agire al contrario, significa che non cerchiamo la gloria di Dio o il servizio del prossimo, ma noi stessi.
In questa prospettiva comprendiamo anche le dure espressioni dell’Apostolo Giacomo che abbiamo udito nella seconda Lettura: accumulare significa perdere, con la conseguenza che le tarme mangiano l’accumulato, la ruggine consuma anche ciò che appare duraturo, i ladri portano via il tesoro. È un linguaggio che non tende a non dispiacere o ad ammorbidire ma, quasi impietosamente, a richiamare tutta la verità e a mettere a nudo i sentimenti più nascosti.
Cari fratelli missionari, cari fratelli e sorelle in Cristo, lascio queste brevi considerazioni, non come il saggio che parla, ma come il fratello che per primo è chiamato alla conversione al Vangelo. Ed è veramente ciò di cui abbiamo bisogno e a cui Cristo ci chiama.
Il vicario generale, P. Alberto Pelucchi, ha dato il benvenuto al Card. Filoni.