Spiritualità mariana di Daniele Comboni
(Articolo pubblicato sull'Osservatore Romano)
Due madri a colloquio
Mamma Domenica, così tutti la conoscevano in paese, a Limone sul Garda (Brescia), anche se il suo nome di battesimo era Caterina, aveva pregato e fatto pregare la Madonna delle Grazie , Colei che ode anche quando non risponde, perché suo figlio Daniele non partisse per l’Africa. Il loro fu un colloquio appassionato fra due madri. Entrambi avevano sperimentato la sofferenza per la separazione dai loro figli . In Maria, madre dei dolori, tutte le madri che soffrono per i loro figli, vengono consolate. Il dolore si comprende solo quando ci si immedesima nel dolore altrui. L’esperienza del dolore cristiano deve aprirci al dolore e alla considerazione del dolore degli altri, anche se questi fossero nostri antagonisti. Maria, intimamente unita al Suo Figlio Crocefisso è Colei che ben conosce il patire. La Mater dolorosa è anche la Mater compassionis. E proprio perché Maria è la Madre della compassione che può essere la Consolatrice degli afflitti, perché solo chi è veramente compassionevole può capire il dolore di quanti soffrono.
Il secolo dell’Immacolata
Già Papa Clemente XI aveva stabilito che “la festa della Concezione della stessa Beatissima Vergine Maria Immacolata sia d’ora in avanti, dappertutto e da tutti osservata e mantenuta come le altre feste di precetto, e sia compresa nel precetto dell’osservanza delle feste.” Tuttavia fu l’Ottocento il secolo della definizione dogmatica. L’8 Dicembre 1854, nella Basilica Vaticana, Pio IX, nel convincimento che l’Immacolata Concezione fosse un singolare evento di grazia personale per Maria, ne proclamava solennemente il Dogma nella Bolla “Ineffabilis Deus”, secondo la quale Maria fu santificata in previsione dei meriti futuri di Cristo, ma lo fu in modo speciale in ragione della Sua relazione immediata con il Suo Figlio Gesù. Dio, nel Suo piano di redenzione dell’umanità, ha voluto che intervenisse la più pura relazione d’amore umano, quella che per l’appunto esiste tra madre e figlio.
Nell’atto di consacrazione alla Madonna, fatto nel Novembre 1875, Comboni si esprime in termini molto vicini e affini ai contenuti teologici della definizione dogmatica dell’Immacolata, anche se il suo linguaggio ha i limiti delle acquisizioni proprie del tempo:”Vi salutiamo, o Maria, o Sovrana Augusta. Vi salutiamo, o Figlia prediletta dell’Eterno Padre, per cui la cognizione di Dio è pervenuta fino agli estremi confini della terra. Vi salutiamo, o domicilio dell’Eterno Figlio, il quale da Voi è nato vestito d’umana carne. Vi salutiamo, o abitazione ineffabile dell’Eterno Divino Spirito, il quale ha profuso in Voi tutti i suoi doni e tutte le sue grazie.(…) Venite in mezzo a noi, o Vergine Immacolata, venite, regnate e dominate su tutte queste terre desolate e derelitte.” (Scritti, 4003). Maria fu santificata per diventare Madre di Dio; Colei che doveva essere la causa della presenza sulla terra del Verbo di Dio Altissimo, doveva prima costituire in se stessa un trionfo assoluto di grazia e d’incontaminata purezza.
In un ricordo autobiografico, abbastanza frequente nel suo abbondante epistolario, così Comboni rievoca l’incontro che Pio IX concesse a un drappello di ragazze africane, al termine della loro formazione di base avvenuta negli Istituti Femminili di Don Nicola Mazza a Verona e ormai prossime alla partenza per gli Istituti missionari del Cairo, e che ha un esplicito riferimento all’Immacolata:”Il Papa (…) raccomandò loro di pregare la Vergine concepita senza peccato, che esse ameranno e venereranno qual Madre.”(Scritti, 1549)
Caratteristiche della sua spiritualità mariana
In Comboni la pietà mariana ha due tipiche e inconfondibili connotazioni:
1 - Maria è la Vergine Immacolata
La Vergine non solo è la nuova Eva, ma è il vero tempio di Dio:”Maria è insignita del sommo ufficio e dignità di Madre del Figlio, e perciò figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo” (L.G., 53). L’Immacolata non rientra nell’ordine della natura, ma costituisce un singolare privilegio concesso solo a Colei che avrebbe generato nel tempo il Salvatore del mondo. I Padri Orientali e la L.G. al n. 56 affermano che lo Spirito Santo è l’iconoplastés della Vergine di Nazareth. Maria appartiene all’umanità creata nell’innocenza e nella totale conformità a Cristo. La Sua non è una grazia di separazione dagli uomini, quanto piuttosto di pieno possesso di un’umanità integra, incontaminata e densa di mistero. La Sua grazia originaria è anzitutto grazia di pienezza e non di distinzione. Chi è più vicino a Dio di Maria e chi è più vicino a Cristo di Lei, Madre del Redentore? Così la Madre di Gesù diventa la Madre dei suoi discepoli.
Nella Sua lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” del 16 Ottobre 2002, Giovanni Paolo II afferma che è necessario “imparare Cristo da Maria”, perché “tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo” (RVM, 14). Secondo il recente magistero pontificio, Maria è il mezzo privilegiato per raggiungere Cristo e nell’ottica teologica a più vasto raggio, la mariologia è via alla cristologia. “Ad Iesum per Mariam” predicava l’assioma monfortano nel XVII secolo e non si pensava che per contrappunto di prospettiva l’altro assioma “Ad Mariam per Iesum” risultasse ancora più vero, perché attorno alla centralità di Cristo si inserisce il ruolo significativo e imprescindibile della Madre di Dio.
Con la sua concezione immacolata, Maria è la prima messaggera della salvezza concessa al mondo dalla generosità di Dio. Ogni chiamata implica l’accettazione e la responsabilità d’essere inviati. Ogni vocazione è per il bene di tutti e si traduce in una diakonia resa alla comunità dei credenti in Cristo, che ci pone nella condizione di mettere a vantaggio degli altri quanto si ha e, più ancora, quanto si è.
Nell’atto di consacrazione del suo Vicariato Apostolico alla Madonna, così si esprime Comboni: ”(…) come ti ha proclamato il Pontefice della Tua Immacolata Concezione, Tu sarai sempre la Regina dell’Africa, la Regina della Nigrizia. Fa in modo che più gli Africani siano liberati dalla sfortuna, più siano tuffati per mezzo Tuo, in tutte le gioie della fede, della speranza e della carità. O Maria, Tu sei molto potente (…) io Ti chiedo, o Figlia dell’Altissimo, di fare dei figli di Abramo questi sfortunati figli di Cam, a tal punto che ormai la Chiesa applichi loro questo elogio che fa di Te lo Spirito Santo: "Sono nera, ma bella, mia figlia di Gerusalemme".” (Scritti, 1644)
2 - Maria è la Vergine Addolorata
Per Comboni l’Addolorata è il modello d’ogni forma di dedizione e di carità. Maria é Colei che ha interiorizzato il dolore nella preghiera e nel suo stile di vita:”Addolorata, in pianto/la Madre sta presso la Croce/da cui pende il Figlio.(…) Per noi Ella vede morire/il dolce Suo Figlio,/solo, nell’ultima ora.” Comboni venera la Madonna Addolorata, come vera icona della sofferenza, inserita nella missione suprema del Figlio con il suo dolore di madre, sempre supplice ai piedi della Croce a intercedere nell’umiltà dell’abbandono.
Dopo la disastrosa spedizione missionaria del 1857-58, che aveva visto la morte di tre dei suoi cinque compagni (4 sacerdoti e 1 laico), Maria sarà invocata da Comboni come Regina dei Martiri, con un crescendo sempre più intenso e struggente. Comboni vede il dolore come spazio salvifico, come luogo sacro in cui si manifesta la redenzione del Signore, perché anche l’ora più buia è illuminata dall’amore di Cristo, che si fa dono all’umanità. La Croce è simbolo unificante, perché unisce quanti esperimentano il fitto mistero del dolore. È lì, ai piedi della Croce, nell’esperienza della più radicale e lacerante spoliazione, che si compie e si consuma “la più profonda Kénosi nella storia dell’umanità.” La Vergine Maria, presente ai piedi della Croce, è per Comboni il modello di più alta fedeltà al Vangelo, per la sua diretta partecipazione alla passione di Cristo, dal cui cuore squarciato dalla lancia del soldato (cf. Gv. 17, 34) si riversa sul mondo la grazia che salva.
Nell’esperienza di Cristo crocefisso, dolore e amore s’intrecciano in modo inscindibile. In questo preciso contesto, Maria rappresenta la condivisione e la compassione. Condivisione e compassione non sono affatto sinonimi di commiserazione. Il termine compassione potrebbe essere assunto come parola-chiave per il progetto di un mondo della religione biblica nell’era spersonalizzante e qualunquista della globalizzazione.
“Gesù Crocifisso, Maria Addolorata, ecco i miei conforti” (Scritti, 1671). Per Comboni l’Addolorata è l’icona perfetta della vera Pietà, dove si coglie la dimensione più profonda e intensa della compassione ( = il soffrire in solidarietà con qualcun altro). Nella sua essenza il mistero del dolore di Maria non è altro che un modo di condividere, di partecipare intimamente alla passione di Cristo, che si prolunga nel dolore dell’uomo e induce a capire e ad impegnarsi in prima persona per sollevare le sofferenze degli altri:“In mezzo a tante pene è immensa la mia consolazione spirituale per l’acquisto delle anime e per il progresso dell’Opera della conversione della Nigrizia. Le Opere di Dio devono nascere e crescere ai piedi del Calvario, e la croce è il contrassegno della santità di un’ Opera, e la stessa Madre di Dio fu la Regina dei martiri; e bisogna passare per il martirio, per il sangue e per la croce.” (Scritti, 5281). Comboni aveva compreso che Dio si è fatto uomo per amore, affinché la nostra vita diventi in Cristo amore contemplativo, e diakonia verso i più poveri. Egli eleva la sua spiritualità mariana alle vette del martirio di carità, inteso come disponibilità a sacrificare la sua vita per la salvezza degli Africani.
La contemplazione del dolore di Cristo carico della sua croce, ci deve portare a sentire il bisogno di farci suoi cirenei, in ogni fratello e sorella provati dal dolore, schiacciati dalla disperazione o dall’emarginazione. In un’interpretazione molto originale e di grande effetto evocativo della passione di Cristo, con parole ispirate, così scrive un grande artista contemporaneo, il poeta africano Morisseau Leroy:
“Gesù doveva morire,
la debolezza s’era impadronita di Lui,
tuttavia doveva salire il Monte Calvario
con due travi di legno sulla schiena.
Cadde, si rialzò.
In quel momento si trovò a passare di là un nero,
Simone di Cirene,
un nero forte e possente.
Si trovò a passare di là
e guardò la scena come solo i neri sanno guardare;
gli dissero:" Prendi questa croce e portala".
Simone prese la croce dalle mani del bianco Gesù,
corse con essa e danzò fino a quando non ne poté più,
prima di riconsegnare la croce al bianco Gesù.
E da quel giorno ogni volta che una croce è troppo faticosa a portarsi,
quando un carico è troppo pesante per i bianchi,
essi chiamano un nero a portarlo.
E allora noi danziamo e cantiamo,
battiamo il tamburo e suoniamo l’arpa.
Abbiamo spalle larghe e robuste,
portiamo la croce.
Ci carichiamo di crimini, ci carichiamo di peccati,
e aiutiamo tutti i bianchi a portare i loro crimini e i loro peccati.”
Ma questa volta è un bianco, Comboni, a portare la pesante e grossa croce dei Neri, e senza mai più restituirla, anzi fino a morirvi sopra:“Guarderanno a Colui che hanno trafitto” (Gv. 19,37). Oggi noi guardiamo a Comboni, Cireneo degli Africani per libera scelta, al fine di percepirne le ispirazioni, gli ideali, i progetti per il futuro della Chiesa in Africa, e la voglia di santità per essere conformi a Lui, immagine fedele del Padre:”Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv. 14, 9).
P R EG H I E R A
“Maria, Madre dell’Africa”
O Maria, Madre dell’ Africa, ascoltami.
Tu sei tutto per noi,
per i Tuoi figli d’ Africa.
Forse anche Tu hai patito
la fame come tutti noi.
Forse anche Tu, come noi,
hai camminato sui sassi taglienti
a piedi nudi.
Come gli altri Tuoi figli,
e più di tutti, i Tuoi figli d’Africa
hanno bisogno della Tua speranza e della Tua gioia.
Vergine Santa Maria,
il mio cuore è gonfio di desideri.
Prendili tutti
nelle Tue mani premurose di Mamma singolare dell’Africa.
A m e n .
* TESTI PER LA PREGHIERA: (Lectio – Meditatio – Oratio – Contemplatio)
Lc. 1, 26-56; id., 2, 1-19; Gv. 2, 1-12; id. 19, 25-27; At. 1, 12-14.
* TESTI PER LA DISCUSSIONE: (Collatio - praticatio)
Mt. 12, 46-50; Lc. 2, 22-52; id. 11, 27-28.
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P. Antonio Furioli, mccj