P. Giovanni De Bernardi era nato a Busto Arsizio, provincia di Milano, il 26 novembre 1924. Entrato nel seminario arcivescovile di Milano, fu ammesso nel noviziato di Venegono nell’agosto 1942. Due anni dopo emise i voti temporanei. Iniziò lo scolasticato a Rebbio e fu successivamente mandato a Verona. Nel 1947 andò a Cincinnati, USA, per completare gli studi teologici e lì fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1950. Dopo l’ordinazione, trascorse sei mesi a Londra per prendere il Cambridge Certificate – la preparazione richiesta per entrare in Uganda – e altri sei mesi a Rebbio di Como nel ministero, in attesa dei permessi necessari.
Oltre sessant’anni in Uganda
Nell’ottobre del 1951 poté partire per l’Uganda, dove è rimasto quasi 62 anni, cioè fino agli ultimi mesi della sua vita. Ha vissuto tanti momenti della storia ugandese, momenti di speranza ma anche di dolore e di tristezza con Idi Amin Dada, Milton Obote, Yoweri Museweni e la violenza insensata dei ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA) guidato da Joseph Kony. Ha speso i suoi primi undici anni lavorando nelle missioni del Nord Uganda: Morulem (Karamoja), Angal (West Nile), Aber (Lira) e Padibe (Gulu). Queste missioni del Nord sono state il “suo primo amore” e per questa gente ha sempre avuto un’attenzione speciale, anche quando non lavorava più con loro.
Trasferito nel 1962 tra i Baganda, nel Centro Uganda, P. Giovanni ha speso il rimanente della sua vita missionaria tra loro. Ha partecipato alla vita di una Chiesa che si è fatta adulta. Era lì quando nel 1966 fu eletto il primo arcivescovo di Kampala, Mons. Emmanuel Kiwanuka Nsubuga, con cui venne poi in Italia per un periodo d’incontri con i familiari dei missionari che lavoravano nell’Arcidiocesi ugandese.
Scrive Mons. Giuseppe Franzelli in “Mondo Comboniano” (1996): “In genere, tra i Baganda e altre popolazioni bantu del Sud, la Chiesa è ben stabilita. Oltre all’impegno fra i Bayima di Mbarara e nella pastorale rurale e urbana a Kampala, si collabora a livello nazionale nel campo dei mass media (Radio Maria, Leadership), del coordinamento delle strutture sanitarie della Chiesa, nell’Università di Makerere e nei seminari nazionali come pure nell’impegno per la giustizia e la pace e nell’animazione missionaria della Chiesa locale”.
P. Giovanni ha lavorato nelle missioni di Kasaala, Katikamu e Lweza, tutte appartenenti all’arcidiocesi di Kampala, dove i comboniani cercavano di portare avanti lo stile di evangelizzazione e di organizzazione dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi), ai quali erano succeduti. P. Giovanni fece di tutto, fin da subito, per affiancare e collaborare con la Chiesa locale, mantenendo vivi quello spirito missionario e quella passione per l’evangelizzazione che avevano condotto i comboniani in Uganda. Giunse a Kampala portando ancora nel cuore il ricordo del suo lavoro nel Nord, ispirato allo stile di Comboni e di P. Antonio Vignato. Fu questo grande legame con la gente che lo portò – nel 1990 – a scrivere al Superiore Generale riguardo alla prospettata chiusura della missione di Lweza, dove aveva vissuto e lavorato per 18 anni. P. Francesco Pierli gli rispose: “La tua è una lettera che ho letto con molta attenzione, soprattutto con grande solidarietà nei tuoi confronti. Hai sulle tue spalle 40 anni di servizio all’Africa, nell’evangelizzazione, promozione umana, e tanto aiuto ai fratelli”. E gli fece presente che anche la provincia dell’Uganda era chiamata a prendere decisioni riguardo alle priorità: “Come missionari partiamo sempre dalla terra bruciata e poi, con l’andar del tempo, la trasformiamo in paradiso terrestre. Siamo i padri che generano alla vita della fede, e in un certo senso anche alla vita umana. Per cui è evidente che siamo attaccatissimi alla gente e loro a noi. Se questo è vero per tutti, vale soprattutto per te, che hai aiutato la gente anche nel delicato campo della salute. Ormai però non vedo alcuna possibilità di marcia indietro. Ti invito ad offrire questo grandissimo sacrificio al Signore per il bene di Lweza e dell’Uganda. Questa è la caratteristica del nostro lavoro missionario: fondare e portare ad una certa maturità e poi lasciare che vadano avanti per conto loro”.
La testimonianza di P. Umberto Pescantini
“P. Giovanni, in Uganda, era conosciuto da tutti come P. Giannino. Passò i primi dieci anni di missione al nord, fra i Lwo. Giunto poi a Kasaala negli anni 1960, rimase fra i Baganda per il resto della sua vita missionaria, cioè un altro mezzo secolo. Fu parroco a Katikamu per cinque anni e a Lweza per diciotto. Il resto, lo spese a Kasaala come anziano cooperatore di vari confratelli: P. Fulvio Cristoforetti, P. Giorgio Previdi, e altri. Gli era caro il ministero sacerdotale e stava volentieri fra la gente, ma dedicava molto del suo tempo in lavori di riparazione domestica. Nel corso degli anni realizzò anche delle costruzioni significative, soprattutto il santuario della Madonna su una collina di Lweza e la grande chiesa parrocchiale di Kasana-Luweero che divenne presto la cattedrale della nuova diocesi. Sapeva raccogliere offerte, tenendosi sempre in contatto epistolare con i benefattori ed era geloso dei suoi progetti. Ma la cosa per la quale P. Giannino era più rinomato era il suo ‘ministero’ dentistico. Era un vero ‘cavadenti’, che non esitava a togliere di mezzo il problema del mal di denti estraendoli – a volte con enorme sforzo – e creando davanti alla missione o al dispensario mucchietti di denti mandati a riposo per sempre. Era un uomo semplice e non amava molto leggere. Le sue omelie erano piuttosto scarne e ripetitive, ma non omettevano mai un pensiero sulla Madonna. Avendo appreso il Luganda dopo le varie versioni di Lwo, la sua conoscenza della lingua era rimasta abbastanza elementare.
Nel periodo in cui siamo stati assieme a Kasaala dal 1992 al 1995, si recava settimanalmente a Lweza per celebrare la Messa nel santuario che aveva fatto costruire: diceva e sognava che un giorno sarebbe diventato un santuario ‘nazionale’. Viaggiava sempre con la sua vecchia Fiat 850 rossa, auto d’epoca che solo un buon meccanico come lui sapeva far funzionare ancora. Ogni tanto qualche poliziotto o qualche commerciante gli proponeva di acquistarla, ma P. Giannino non se ne sarebbe mai separato; ovviamente viaggiava ad una velocità molto ridotta e questo a volte creava problemi di traffico! A Kasaala siamo vissuti come buoni amici e abbiamo collaborato nel ministero parrocchiale. In quegli anni, passato l’uragano della guerriglia, la zona si andava ripopolando e si amministravano tanti sacramenti: battesimi, cresime, matrimoni, confessioni. Il missionario non aveva mai tempo per riposare. La gente, comunque, era molto generosa e ci riforniva di ogni genere di beni alimentari”.
Rientro in Italia
Nel 2013 P. Giovanni è rientrato per cure in Italia, a Milano, dove è morto il 2 novembre dello stesso anno. Dopo i funerali, è stato tumulato nel cimitero della sua parrocchia di Busto Arsizio.
P. Lino Spezia, nell’omelia per il funerale, ha detto: “È stato un missionario che si è impegnato nell’evangelizzazione e nella promozione umana. Avendo vissuto in Uganda per oltre sessanta anni, il suo desiderio era di poter morire lì, nella ‘sua terra’. Aveva deciso anche dove essere sepolto ma il progetto di Dio era diverso. La malattia, infatti, lo ha portato in Italia, nel Centro Ammalati di Milano. P. Giovanni ci lascia un grande albero – quello della fede – alla cui ombra molti possono riposare per poi riprendere il cammino. Ci lascia la testimonianza di aver vissuto consapevolmente anche i suoi ultimi giorni, senza lamentarsi con Dio ma trovando in Lui una risposta autentica per “assomigliargli” di più e senza lamentarsi neanche con quanti gli erano vicini. Aveva un grande senso del suo essere sacerdote. Era un uomo che apparteneva a Dio; per lui, al primo posto, c’era la preghiera e poi, tutto il resto”.
Da Mccj Bulletin n. 258 suppl. In Memoriam, gennaio 2014, pp. 126-130.