In Pace Christi

Ambrogio Giacomo

Ambrogio Giacomo
Data di nascita : 18/02/1924
Luogo di nascita : Lusernetta/TO/Italia
Voti temporanei : 15/08/1945
Voti perpetui : 07/10/1947
Data ordinazione : 06/06/1948
Data decesso : 17/10/2012
Luogo decesso : Lacor Hospital/Uganda

Nella comunità di Lacor è sempre stato un esempio di fedeltà alle preghiere comunitarie. Era sempre lui ad aspettarci in chiesa. A tavola, anche se riservato, aveva sempre argomenti per tenere viva la conversazione. Leggeva molto ed era aggiornato su tutto, dalla teologia alla politica, allo sport. Era un uomo colto e fino all’ultimo ha dato lezione alle postulanti e novizie. A 88 anni aveva una memoria eccezionale e ai nostri dubbi dava sempre la risposta giusta e definitiva. Ci mancherà molto. (Fr. Elio Croce)

Gli anni della formazione
P. Giacomo Ambrogio era nato a Lusernetta, un paesino della Val Pellice, provincia di Torino, il 18 febbraio 1924. Dopo la scuola elementare, sarebbe voluto entrare nel seminario diocesano di Pinerolo ma la retta era troppo alta per i suoi genitori; allora il parroco lo aiutò a entrare all’Istituto del Cottolengo, dove la retta era abbastanza moderata. In quel seminario erano molto frequenti le visite dei missionari per cui P. Giacomo ebbe modo di conoscere quelli della Consolata, del PIME, dei Padri Bianchi e anche… dei Comboniani. Così, dopo otto anni di seminario, fece domanda per diventare comboniano e fu accolto a Firenze da P. Stefano Patroni. Le difficoltà, in quegli anni di guerra, non mancarono. Quando i combattimenti dal sud si spostarono verso il nord, essendo la casa comboniana piuttosto esposta perché situata a metà strada sulla collina di Fiesole, i novizi dovettero trovare rifugio in città e furono ospitati nel collegio dei Barnabiti. A volte, ricordando quei tempi, P. Giacomo ripeteva laconicamente: “Non parliamo della carestia e della questua dell’olio!”. Dopo il noviziato andò a Verona per continuare la Teologia. Fu ordinato il 6 giugno 1948 e mandato in Inghilterra.

In Inghilterra
Nella London Province – dove ha trascorso due periodi della sua vita missionaria – P. Giacomo giunse per la prima volta nel 1948. Arrivato a Londra, dopo due mesi fu destinato a Sunningdale (dove rimase fino al 1954) per aiutare nell’insegnamento ai novizi e agli scolastici e più tardi come economo.
Nel 1954 chiese di andare in missione e fu mandato in Uganda, a Lacor, come insegnante d’inglese nel seminario; intanto svolgeva anche il lavoro pastorale in quella zona che non era ancora parrocchia, ma era assistita, appunto, dai padri del seminario. Dopo otto anni di Uganda, nel 1962 ritornò in Inghilterra come rettore del seminario di Mirfield, fino al 1967. Quando arrivò, la costruzione del seminario era stata appena terminata da un gruppo di Fratelli che, espulsi dal Sud Sudan nel 1964 insieme con gli altri missionari, si spostavano in Europa per costruire case e seminari di cui l’Istituto aveva bisogno. Dopo tanti anni, c’erano degli appaltatori di lavori che ancora li ricordavano con ammirazione: “Quando, la mattina presto, arrivavamo in cantiere, i Fratelli erano già al lavoro da un bel po’ e avevano anche partecipato alla Messa e fatto colazione”.
P. John Downey, giovane seminarista a Mirfield, parlando di P. Giacomo dice: “Ricordo di essere stato colpito dalla sua personalità. Preferiva tenersi in secondo piano in tutto quello che faceva ed era senza pretese. Si muoveva lungo i corridoi in silenzio e in preghiera. Nessuno poteva immaginare che avrebbe trascorso cinquant’anni nel caotico e pericoloso ambiente ugandese!”. Un altro ricordo molto nitido di P. John è l’amore di P. Giacomo per l’arte e la musica che proponeva ogni settimana nelle sue conferenze sui grandi artisti classici con l’aiuto di diapositive. “A noi ragazzi, abituati alla musica pop e al gioco del pallone, sono servite come trampolino per apprezzare la bellezza e la riflessione nella vita”. Mandato a Roma, P. Giacomo vi trascorse due anni (1967-1969) in attesa del permesso per rientrare in Uganda. In quel periodo fece il Corso di Rinnovamento e fu incaricato della Formazione Permanente.

Oltre cinquant’anni di Uganda
Nel 1969 Papa Paolo VI visitò l’Uganda e per l’occasione benedisse l’altare del grande santuario dei Martiri. La moltitudine di persone che si radunò dimostrò che la presenza della Chiesa cattolica era veramente massiccia e ben radicata nella gente. Grazie alla visita del Pontefice, ai missionari furono anche rinnovati i permessi di soggiorno. Così P. Giacomo poté tornare a Lacor e riprendere il suo lavoro, non più come insegnante, ma come parroco della nuova parrocchia. “Sette anni di lavoro benedetto dal Signore” – disse – “con l’arrivo delle Suore di Maria Immacolata. È bene ricordare le vicende storiche di quel periodo perché, anche se P. Giacomo non ne ha mai parlato molto, gli sconvolgimenti e le sofferenze di quegli anni sono importanti per capire la determinazione e il coraggio dei missionari e il loro coinvolgimento nella situazione della gente.

La storia dell’Uganda di quegli anni, tutt’altro che pacifica, vide al potere Milton Obote come primo ministro e poi presidente (1962-1971), il quale favoriva apertamente i protestanti a tutto svantaggio dei cattolici per cui a P. Giacomo, come a tanti altri missionari, non venivano – come abbiamo detto – rinnovati i permessi per rientrare in Uganda. Ad Obote succedette, con un colpo di stato, Idi Amin (1971-1979) che fece precipitare l’Uganda in otto anni di terrore e disgregazione. Tutto fu travolto: l’economia, l’educazione, la convivenza. Furono uccise con inimmaginabile sadismo centinaia di migliaia di persone. Ci fu poi il secondo periodo di Obote (1980-1985), con vendette incrociate e grandi disillusioni. Amnesty International ha contato un numero altissimo di morti tra il 1981 e il 1985, oltre alla violenza e alla tortura perpetrate ovunque. Dopo un breve governo militare di Tito Lutwa Okello, durato solo sei mesi, nel gennaio del 1986 andò al potere Yoweri Museveni che si proclamò presidente.
Alla turbolenta storia politica e sociale, dobbiamo aggiungere la guerriglia nel Nord Uganda capeggiata da Joseph Kony, leader del sedicente Esercito di Resistenza del Signore (LRA), che rapiva ragazzini e ragazzine, costringendoli, sotto una continua minaccia di morte, a commettere ogni tipo di atrocità.

Questo è il contesto nel quale P. Giacomo ha svolto la sua missione ugandese. Nel 1976 gli fu chiesto di andare per breve tempo a Morulem e poi fu nominato parroco di Kalongo, una parrocchia molto vasta con l’ospedale diretto da P. Giuseppe Ambrosoli. Cinque anni dopo, ritornò per le vacanze in Italia, dove fu operato per un tumore. Dopo l’intervento, rimase a Verona per la convalescenza. Al suo ritorno in Africa, in considerazione della sua salute, fu mandato a Holy Rosary, Gulu, per un anno e mezzo e poi, nel 1985, a Lira-Ngeta. Quando poteva, visitava Kalongo: l’ospedale e la missione, infatti, durante la guerra ugandese-tanzaniana, si prodigarono per assistere i feriti di ambo le parti. Il lungo periodo di instabilità che seguì a questa guerra, culminò il 13 febbraio 1987 con l’evacuazione forzata dell’ospedale di Kalongo. Le truppe governative, per paura che i ribelli se ne impadronissero, costrinsero P. Ambrosoli a chiuderlo e a trasferire i pazienti e tutto il personale a Lira. P. Ambrosoli riuscì, con enormi sforzi e sacrifici, a mettere in salvo tutti, ma le gravi ripercussioni sulla sua salute – già minata da una grave insufficienza renale – ne causarono la morte, il 27 marzo 1987.

Nel 1989 P. Giacomo, non vedendo obiezioni da parte del governo, si stabilì a Kalongo dove c’era P. Raffaele Di Bari col quale si trovò subito molto bene. P. Raffaele morì nel 2000, in un’imboscata a pochi chilometri dalla missione di Pajule per un colpo di bazooka sparato contro la sua auto. Nel Natale del 1989 P. Raffaele aveva scritto: “Migliorando, grazie a Dio, la situazione, è stato permesso a noi missionari di tornare nelle zone per lungo tempo travagliate e terribilmente devastate dalla guerriglia che ha provocato uccisioni, fame e malattie. Nonostante la mia età da pensionato, ormai, riesco a impegnarmi nelle più svariate mansioni”.

La popolazione viveva da undici anni in un clima di guerriglia e di terrore. Anche i missionari erano scossi e spesso impotenti di fronte a tutto quello che succedeva. In parecchie missioni c’erano moltissimi rifugiati o sfollati che erano stati costretti ad abbandonare i loro villaggi. “Sembra strano – scriveva un confratello – ma i ragazzi non sanno che cosa vogliano dire pace e benessere, convinti che in tutto il mondo vi sia identica realtà e analoga situazione di guerra. Non credo di essere incosciente e spericolato vivendo in questa zona ad alto rischio, tra gente poverissima, in balia di tante calamità. Sempre con grande prudenza, bisogna scomodarsi e saper rischiare. È proprio nella solidarietà con questa gente che mi sento realizzato per manifestare con coerenza la mia fede”.
Tornando a Kalongo, P. Giacomo si era sentito incoraggiato nel vedere che durante l’assenza forzata dei missionari, per quasi due anni, la gente aveva conservato con cura la missione. L’ospedale aveva continuato a funzionare anche se senza medici, semplicemente grazie al lavoro di qualche infermiera. Dopo il ritorno dei missionari, un po’ alla volta, ritornarono anche i medici. P. Egidio Tocalli fu mandato come nuovo direttore.

Nel dicembre del 1994 P. Giacomo scriveva: “Ho compiuto i settant’anni e chiedo di essere trasferito. Mi mandano a Gulu come cappellano delle suore di Maria Immacolata”. Fu così che l’anno seguente fu trasferito alla cattedrale di Gulu, dove rimase undici anni, e poi nella comunità comboniana dell’ospedale di Lacor, dove rimase altri sette anni. In questi suoi ultimi diciotto anni si è preso cura in modo particolare delle suore di Gulu e di Lacor.

Il suo ultimo giorno di vita
Riportiamo il racconto del suo ultimo giorno di vita attingendo liberamente da una lettera che Fr. Elio Croce ha inviato ai parenti di P. Giacomo. “Verso le 7.30 di mattina suor Lucy, l’incaricata delle suore anziane della casa Rosa Mistica, visto che P. Giacomo non era andato da loro, come al solito, per celebrare la Messa, è venuta da noi preoccupata. Lo abbiamo trovato nella sua stanza, non riusciva a muovere una gamba. È stato immediatamente portato in ospedale. Verso le cinque del pomeriggio mi hanno chiamato per avvisarmi che P. Giacomo stava male. Al mio arrivo in corsia, ho trovato i medici che gli facevano il massaggio cardiaco ma senza risultato”.

Fr. Croce continua: “P. Giacomo si alzava tutte le mattine alle cinque e, dopo aver bevuto il caffè fresco che gli preparavo, se ne ritornava in stanza a pregare, aspettando l’ora di andare in convento per celebrare la Messa. Era da qualche anno che chiedeva ai superiori di mandare un altro cappellano per il convento, perché faceva fatica ormai ad assolvere questo impegno. Accontentato, P. Giacomo ha continuato comunque a celebrare la Messa nella casa di risposo delle suore anziane di Maria Immacolata. Solo una volta a settimana andava in convento per le confessioni. Le storie del convento le teneva per sé e non le spargeva ai quattro venti. Per questa sua discrezione, tutte le suore gli volevano bene e lo stimavano, molte si aprivano a lui nella direzione spirituale e confessione.
I funerali sono stati celebrati lunedì 22 ottobre nel convento delle suore che ha servito per ben 18 anni”.
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