È cresciuto benedetto da Dio. Il fatto che fosse stato battezzato dal servo di Dio P. Bernardo Sartori lo rendeva speciale anche perché ai genitori, nel giorno del battesimo, P. Sartori aveva detto: “Questo bambino sarà un missionario!”.
Gli anni della formazione
P. Angelo D’Apice era nato a Troia, in provincia di Foggia, il 21 marzo 1933. “Facevo il chierichetto, come tanti altri ragazzi, quando le parole della Messa e le risposte al celebrante erano tutte ancora in latino. Poi avvenne qualcosa di bello: la chiamata, il desiderio di essere come il sacerdote che celebra e di andare in quei posti dove loro andavano o da dove erano tornati, cioè l’Africa! Dice un canto di oggi: ‘Era un giorno come tanti altri e quel giorno mi chiamò’. Poi venne il giorno in cui a quel chierichetto si cantò il ‘Tu es sacerdos in aeternum!’ Il sogno è diventato realtà e oggi è giunto al cinquantesimo anniversario di ordinazione!”.
Dopo le scuole medie nella sua cittadina e le superiori a Sulmona, in provincia dell’Aquila, sempre nei seminari comboniani, entrò in noviziato a Gozzano nel 1950, dove emise i primi voti il 9 settembre 1952. Dopo gli studi filosofici e teologici a Verona e a Venegono, fu ordinato sacerdote il 22 marzo 1959.
Dopo l’ordinazione lavorò tre anni come formatore nel seminario di Troia e nell’animazione missionaria.
In Messico
Nel 1963 fu assegnato al Messico, dove i Comboniani avevano iniziato delle missioni in Bassa California, un vastissimo territorio praticamente privo di assistenza religiosa per la mancanza di sacerdoti. P. Angelo fu mandato proprio in questa zona, inizialmente nella missione di Sant’Antonio.
Nella lettera-ricordo dei primi dieci anni di Messa, P. Angelo scriveva: “Tutti dicono che lo spagnolo è una lingua molto facile… Mi misi a studiarlo e quando mi è sembrato di sentirmi abbastanza sicuro, mi sono lanciato all’apostolato: catechismo ai ragazzi e ai giovanotti, scuola di canto, organizzazione di giochi, visite ai ‘ranchos’, ecc. L’ambiente a quel tempo era piuttosto freddo: guardavano il prete con certi occhi, come se fosse una bestia rara! Ma a poco a poco, grazie a Dio, si riuscì a far cadere tanti pregiudizi.
Incominciavo ormai ad ambientarmi bene, quando un telegramma mi intimava l’ordine di partire per Santa Rosalia, una parrocchia molto più grande, a 500 chilometri al nord di La Paz. Debbo confessare che, nei primi giorni, provai un po’ di delusione: mi sembrava di essere arrivato in una città completamente europea. Poi mi accorsi che il lavoro missionario era ancora immenso.
Non si compiva un anno di questa mia seconda esperienza apostolica, quando un altro ordine dei superiori mi destinava al nostro seminario di Sahuayo. Vi assicuro che non fu cosa facile passare dall’apostolato ai libri della scuola. Per due interi anni dovetti insegnare latino, greco, storia, geografia e musica. A proposito di quest’ultima, posso dire di essere riuscito a mettere insieme una ‘schola cantorum’ emula del nostro glorioso passato musicale. A Sahuayo c’era un bel gruppetto di donne e signorine (le “damas combonianas”) e di famiglie che aiutavano il seminario e organizzavano varie attività per sostenere i seminaristi. Quando già mi stava rientrando in zucca il greco studiato ai bei tempi di nostra primiera gioventù, eccoti un altro ordine dei superiori a buttare tutto all’aria per incominciare da capo in un ufficio del tutto nuovo”. La sua nuova destinazione era il seminario minore di San Francisco del Rincón. Qui il seminario non era ancora terminato ma era già pieno di seminaristi. Inoltre le finanze non erano buone. L’economo uscente aveva mostrato a P. Angelo la cassaforte vuota, nella quale aveva riposto una busta con la scritta “Da aprire nei momenti disperati”. Ma quando P. Angelo, in uno di questi momenti, l’aprì, non vi trovò un assegno ma un altro foglietto con su scritto “Confida nella Provvidenza!”. Non rimase altro da fare che formare nuovi gruppi di zelatrici missionarie in varie parrocchie, chiedere ai lavoratori una piccola offerta mensile e moltiplicare iniziative per raccogliere soldi per il seminario. Così, anche la costruzione dell’edificio fu portata a buon termine e P. Angelo, fino al 1975, si alternò tra Sahuayo e San Francisco del Rincón.
Rientro in Italia
Nel 1975, ritornato in Italia per le vacanze, fu assegnato alla comunità di Troia dove c’era anche il seminario. A quel tempo, i seminaristi frequentavano la scuola pubblica. Per varie ragioni, P. Angelo iniziò a mandarli al seminario diocesano di Foggia, dove si trovarono meglio sia per la disciplina sia per gli studi. Nel 1978, si celebrò il cinquantesimo di fondazione del seminario di Troia, con una serie di manifestazioni distribuite lungo tutto il corso dell’anno. Per la cerimonia conclusiva si riuscì ad avere la presenza del fondatore del seminario, P. Bernardo Sartori, che “giunse all’aeroporto di Bari ancora in veste bianca e con la corona del rosario nel palmo della mano. Venne accolto dalla popolazione con gioia, affetto e venerazione”.
Allo scadere del suo mandato a Troia, P. Angelo rinnovò la richiesta, già presentata fin dal 1975, di essere mandato in Africa, in una missione di lingua inglese. Prima di tutto, ottenne il permesso di andare in Inghilterra per un anno a studiare l’inglese, poi, il Superiore Generale lo informò della sua nuova destinazione: il Kenya.
In Kenya
Assegnato alla provincia del Kenya nel 1980, vi arrivò nel 1981 e vi rimase fino all’inizio del 2001, principalmente nella parrocchia di Mogotio (12 anni), situata al centro del paese e abitata da vari gruppi etnici, e nella parrocchia di Sololo (5 anni), dove vivono i Borana, pastori che abitano nella zona a cavallo tra il Kenya e l’Etiopia.
Nel suo libro Fuoco all’Equatore, P. Angelo racconta che Mogotio comprendeva diversi villaggi e paesi su una superficie di 3.600 kmq2, quasi il doppio della provincia di Milano, ma con una densità di popolazione molto bassa e strade che “non raggiungono la categoria delle mulattiere”. I battezzati erano circa 1600.
Nei primi giorni a Mogotio, durante una passeggiata al lago Bogoria – un “gioiello di lago”, nella bocca di un vulcano, patria di numerosi fenicotteri dalle ali rosa, ma anche disseminato di geyser e sorgenti d’acqua bollente – P. Angelo cadde in acqua, ustionandosi le gambe fino al ginocchio: trasportato all’ospedale cattolico “Mater Misericordiae” di Nairobi, dovette sottoporsi a numerosi trapianti di pelle.
Nei dodici anni trascorsi a Mogotio, P. Angelo dovette faticare non poco, spesso ostacolato da musulmani e protestanti, per portare avanti il suo apostolato. Eppure, nel suo libro, parlando di quegli anni, descrive una fioritura di opere: chiese (numerosi centri di preghiera e la chiesa-santuario a Mogotio stesso), asili, corsi di taglio e cucito, corsi di alfabetizzazione, conversioni, battesimi, matrimoni, le Piccole Comunità Cristiane che erano in aumento. Si ebbero anche due ordinazioni sacerdotali.
A Mogotio celebrò il suo venticinquesimo di sacerdozio. In quell’occasione scrisse: “Il mio sacerdozio è ancora quello di 25 anni fa: fresco, giovane, forte, divino, perché la grazia non invecchia, non ha età, è come Dio. È per questo che il sacerdote non va in pensione, anzi lavora ogni giorno di più”.
Nel 1995, dopo il Corso di Rinnovamento a Roma, fu destinato alla missione di Sololo, “zona calda per il sole e la polvere… da sparo, perché insicura (in certe aree si viaggiava con la scorta)” e vi rimase per cinque anni.
Italia e Messico
Nel 2001 rientrò in Italia, nella comunità di Casavatore, impegnato nell’animazione missionaria e con gli immigrati. Passò poi a Troia per due anni, sempre impegnato nell’animazione missionaria.
Dopo il Corso di Rinnovamento a Roma, fu destinato nuovamente al Messico, dove arrivò nel 2009. Purtroppo, nel luglio del 2011, dovette rientrare in Italia per una grave cirrosi epatica e fu ricoverato all’ospedale di Niguarda, Milano. P. Angelo è morto a Milano il 26 febbraio 2012.
L’omelia al funerale
Questo è il ricordo di P. Lino Spezia al funerale di P. Angelo.
Un padre dal cuore buono. In Kenya aveva battezzato un vecchio Turkana di nome Paolo. Dopo il battesimo questo anziano gli disse: “Tu sei il mio papà”. “Come posso esserlo, visto che sono più giovane di te?”, gli disse P. Angelo. L’anziano gli rispose: “Il Signore si è servito di te per darmi la vita dell’anima”.
La missione e la fatica. Mi ha colpito la lettera scritta ad un amico in cui raccontava del suo ritorno in Messico, nel 2009: “Mi misi al lavoro come se avessi 35, 40 anni di meno. Dopo 36 anni d’assenza, però, trovai un Messico cambiato. Cominciai a visitare i malati e mi accorsi che chi stava in piedi era più malato di quelli che stavano a letto: divorziati, unioni libere e allora cominciai a visitare queste famiglie. In un anno regolarizzai 61 coppie: alcuni erano nonni. Ci furono dei casi in cui si sposarono i genitori e una figlia, mentre l’altra figlia, già sposata in chiesa, faceva, con il marito, da testimone ai genitori, alla sorella e al cognato. La gente era contentissima. Dicevano: è arrivato il padre di cui avevamo bisogno”. Ma la vita non era semplice a quel tempo, per tante incomprensioni ed episodi ingrati che P. Angelo viveva sulla sua pelle. Ma lui metteva tutto nelle mani del buon Dio e concludeva così la sua lettera: “Continua a pregare per me, perché possa riprendere il mio ministero con gioia”.
La voglia della missione. In diverse occasioni scriveva e ripeteva lo stesso concetto: “Ho detto al Signore che se vuole che faccia ancora del lavoro per Lui, che mi faccia stare bene. Non è necessario che torni in Messico o in Africa, anche qui in Italia c’è molto lavoro da fare”.
Missionario in ogni istante. Anche qui al Centro “P. Ambrosoli”, P. Angelo si è dato da fare, ultimamente traducendo in spagnolo un libro sul Comboni. Era un modo per offrire il suo contributo e non sprecare il tempo lamentandosi delle sue malattie.
I suoi libri
Ricordiamo che P. Angelo, oltre al già citato Fuoco all’Equatore (Esperienze missionarie in Kenya – 2004), dal quale sono tratte alcune delle citazioni riportate sopra, ha scritto altri quattro libri: P. Pietro Villani (profilo biografico tradotto anche in inglese, 1997), Quasi un diario (esperienze missionarie in Messico, 2001), Storie d’Africa (2004), Un uomo dal cuore grande: Padre Mattia Bizzarro (2004).
Da Mccj Bulletin n. 251 suppl. In Memoriam, aprile 2012, pp. 106-111.