In Pace Christi

Gaiga Lorenzo

Gaiga Lorenzo
Data di nascita : 03/09/1934
Luogo di nascita : Vestenanova
Voti temporanei : 09/09/1955
Voti perpetui : 09/09/1961
Data ordinazione : 08/04/1962
Data decesso : 13/11/2007
Luogo decesso : Verona

Anche se l'aspettavo da tempo, la notizia della scomparsa mi ha portato tristezza mista ad una grande riconoscenza verso P. Lorenzo. Per tanti anni ha scritto i necrologi dei confratelli per la Familia Comboniana e per il MCCJ Bulletin: un lavoro non sempre apprezzato e anche criticato, a volte, ma preziosissimo per la storia del nostro Istituto e per la memoria di tantissimi confratelli che sicuramente avranno ricevuto P. Lorenzo con grande gioia nella gioia eterna. Scrivere sui confratelli è stata la vocazione missionaria di P. Lorenzo e lui l'ha vissuta appieno, fino a quando gli è stato fisicamente possibile.

Grazie infinite, P. Lorenzo, per i tuoi scritti, per la tua perseveranza e soprattutto per il grande amore che hai sempre manifestato verso i confratelli. Grazie anche per la tua grande umiltà e disponibilità che, anno dopo anno, hai mostrato nella tua esemplare collaborazione con la segreteria generale e con me, in particolare, per ben sette anni.

St. Daniel Comboni ti avrà aperto la porta del paradiso dove sarai ora, a discutere con tanti confratelli sulla loro, la tua e la nostra Storia. Riposa in pace. (P. Giuseppe Sandri, mccj)

P. Lorenzo Gaiga era nato a Vestenanova, provincia e diocesi di Verona, da papà Silvino e mamma Angelina, quarto di 7 fratelli, sei maschi e una femmina, Eliana, morta a 38 anni. Educato cristianamente dai genitori (il papà andava a Messa tutte le mattine), dopo la prima comunione, cominciava la sua giornata servendo la Messa.

La guerra
Ecco cosa dice P. Lorenzo: “Dopo la Prima Comunione, ricevuta dalle mani del signor vicario Don Augusto Bertolazzi pochi mesi prima della sua morte, cominciavo la giornata col servire la Messa alle cinque del mattino e cantando l’ufficio dei morti. Quanto freddo in quella chiesa! Poi correvo su e giù per il corridoio vicino alla sagrestia giocando con gli altri chierichetti, quindi andavo a casa, facevo colazione e poi via a scuola. Ricordo con nostalgia e riconoscenza la maestra Gemma che tanti valori ha seminato nel cuore di noi ragazzi. Quando raccontava dei fatti commoventi, a me venivano le lacrime agli occhi. Allora qualche compagno mi prendeva in giro. La maestra mi difendeva e diceva: ‘Se Lorenzo piange è perché è un bambino sensibile. E ciò gli fa onore’. La nonna Luigia, invece, mi chiamava ‘stampa lunari’ perché le raccontavo cose fantasiose dipingendole come fossero vere.

Poi ci fu la guerra con tanti spaventi, tanti lutti, il paese dato alle fiamme che divorarono anche la corriera e la Balilla del papà lasciandolo sul lastrico con otto figli sulle spalle. Finalmente quel flagello finì ed io, ragazzino di 13 anni e quarto della squadra, dopo la Messa andavo nel bosco con alcune pecore che il papà aveva comprato e con i fratelli più piccoli ma, invece di custodire quei miti animali, cercavo nidi di uccello, funghi che poi la mamma buttava regolarmente via perché non li conosceva e non si fidava, facevo fischietti con la buccia levata dai ramoscelli teneri e giocavo. Il pensiero di cosa avrei fatto un domani, neppure mi sfiorava. Il papà, intanto, con l’aiuto dei fratelli più grandi, cercava di mettersi nuovamente in piedi. E vi riuscì, mentre anche in paese era in atto la ricostruzione postbellica.

Figure indimenticabili della mia infanzia sono: la mamma, una donna seria, concreta, indefessa lavoratrice e molto tenera anche se non lo dava a vedere; mia sorella Eliana, un vero angelo che il Signore si portò via a 38 anni nel 1968. Quanto si sacrificò per la famiglia e per la parrocchia! A lei devo in parte la mia vocazione. Quando morì, il parroco disse che in parrocchia aveva fatto quanto un curato, soprattutto per l’Azione Cattolica.

Infine non posso non ricordare il nonno Giammaria, già giudice conciliatore, ex carabiniere, uomo di una certa cultura (conosceva la Divina Commedia e l’Orlando Furioso a memoria) pur essendo autodidatta, che amava parlare in italiano. Tra le sue ambizioni c’era quella di un nipote scrittore. Per lui, il massimo dell’uomo era la cultura. Lo feci dannare combinandogli dispetti a tutto spiano e prendendolo in giro per questa sua ambizione. Un giorno, con infinita tristezza, mi disse: ‘Nipote, se continui su questa strada, a 18 anni sarai in prigione’. Se lo diceva lui che aveva fatto il carabiniere, c’era da crederci. Quando seppe che stavo per entrare in seminario, ebbe un sussulto d’orgoglio. ‘Studia, studia e scrivi. Mi farai felice e io ti perdono fin d’ora tutto quello che mi hai combinato’, mi disse. ‘Te lo prometto, nonno’, risposi pentito, ma con scarsa convinzione.

La nascita della vocazione
Un giorno di maggio del 1948 P. Gino Sterza, Comboniano, arrivò a Vestenanova a bordo di una minuscola motocicletta che spariva sotto la sua mole. Veniva a reclutare ragazzi per la vita missionaria. Il parroco ne radunò quanti più poté perché ascoltassero il missionario e vedessero le proiezioni sull’Africa. Alla fine P. Sterza distribuì dei foglietti sui quali bisognava mettere il proprio nome e cognome e la crocetta a fianco della domanda: ‘Ti piacerebbe farti missionario?’. Io non avevo mai pensato di farmi missionario (non sapevo neanche che esistessero) per cui buttai il foglietto.

La notte seguente l’incontro col missionario, non riuscii a prendere sonno. Ero persuaso che avrei dovuto dire di sì. Se non lo avevo fatto era perché alcuni seminaristi, che erano usciti dal seminario, venivano chiamati preti falsi ed io non volevo finire così. Mi assalirono tanti pensieri, ma alla fine c’era sempre quello che mi rimproverava di non aver detto di sì. E pregai perché al mattino succedesse qualcosa che mi permettesse di manifestare a P. Sterza il mio desiderio senza fare brutta figura. Con quel pensiero mi addormentai.

Alla mattina, dopo la Messa, il signor vicario radunò tutti i ragazzi che avevano scritto sì sul foglietto e, uno alla volta, li mandò dentro la stanzetta-confessionale, dove c’era il missionario. ‘Vai dentro anche tu’, mi disse, quasi spingendomi. ‘Io non ho scritto niente sul foglietto’. ‘Vai lo stesso; lo saluti e basta’. Entrai. P. Sterza cercò il mio foglietto tra quelli che aveva in mano. ‘È inutile che lo cerchi, Padre, non c’è, perché io non ho scritto niente, anzi l’ho buttato via’. ‘Ma ti piacerebbe fare il missionario?’. ‘Ieri non ci pensavo, ma questa notte ci ho pensato e ho deciso che mi farò missionario’.

Per gli esami di ammissione alle medie, fui ospite della famiglia Melotti che abitava a Verona in una casa proprio di fronte al duomo. Al mattino, quando si apriva la finestra, si vedeva in chiesa il sacerdote che celebrava la Messa. ‘Come sono comodi in città per andare alla Messa!’, dicevo tra di me. Eppure la chiesa era sempre vuota... perché in città erano troppo comodi.

La mia infanzia, nonostante tutto, era stata bellissima, allegra e spensierata, circondata da tanto affetto della mamma e dei fratelli. Il papà era un po’ duro, ma giusto. Il periodo della guerra aveva inciso profondamente nel mio animo, tanto che, per anni, sognai spari, incendi e uccisioni.

Capivo che, con la partenza dal paese, stava per cominciare una nuova fase della mia vita. Ero sereno, senza dubbi o incertezze. Ero sicuro che sarei arrivato alla meta. Questa sicurezza e mancanza di crisi alla partenza, e anche dopo durante il cammino (salvo un periodo al liceo), non so se siano frutto di grazia di Dio o di incoscienza. È andata proprio così”.

L’ordinazione e la fine del “sogno africano”
P. Lorenzo, quindi, entrò nella scuola apostolica di Trento, frequentò il ginnasio a Brescia e il noviziato a Gozzano a 19 anni. Suo padre maestro fu P. Pietro Rossi. Erano i tempi dell’agere contra dell’ascetica dell’epoca. A Gozzano si ammalò di nefrite, anche se aveva contratto la malattia a Brescia, malattia che si trasformò in TBC renale. Nonostante tutto, Gozzano rimase il luogo della sua giovinezza ardente, dei santi desideri di martirio, trasformatosi in stupore, meraviglia e freschezza di vita. Concluse il noviziato con la prima professione a Gozzano il 9 settembre 1955. Dopo il noviziato, frequentò il liceo a Verona per passare quindi a Venegono per lo scolasticato. Fu ordinato sacerdote a Vestenanova da Mons. Giuseppe Carraro, vescovo di Verona, 1’8 aprile 1962. Leggiamo come P. Lorenzo ricorda quel giorno: “La cerimonia in chiesa a Vestenanova fu bella con P. Antonio Zagotto che spiegava, P. Egidio Ramponi, assistente, l’allora scolastico Venanzio Milani, cerimoniere, Fr. Fulvio Lorenzini di compagnia e Fr. Carlo Mostosi che scattava le foto. Mi avevano detto che se avessi chiesto una grazia in quel giorno, mi sarebbe stata concessa. Ci pensai a lungo; malato com’ero, era il momento buono per risolvere il mio caso. Alla fine non mi sentii di chiedere la salute; chiesi, invece ‘un cuore buono e comprensivo come quello del Signore’. Passate le feste, fui ricoverato all’ospedale di Lendinara (Rovigo) dove era primario il professor Fernando Stefani, amico dei Comboniani e papà di P. Aristide... Dopo sette mesi di inutili cure ad Arco, il 13 maggio 1963, il professor Stefani mi asportò il rene destro... Con quell’operazione il sogno africano che mi aveva spinto e sostenuto fino a quel punto, rimase solo e sempre un sogno”.

Una nuova vocazione
Durante i sette mesi trascorsi ad Arco, P. Lorenzo, dietro suggerimento di P. Alberto Doneda e di P. Neno Contran che lavoravano nella redazione di Nigrizia, cominciò a scrivere qualche racconto per Il Piccolo Missionario (Piemme) il mensile per ragazzi edito a Verona dalla provincia italiana. Il primo racconto che scrisse, ispirato alla fantascienza missionaria, si intitolava Capitano Striwel sei un incosciente. Così, partendo quasi da zero, creò il suo stile inconfondibile di scrivere, semplice e immediato, arguto e spiritoso, che un po’ aveva certamente appreso dal suo direttore al Piemme di allora, P. Contran, e che farà di lui “la penna dei Comboniani”, come qualcuno lo ha definito, espressione che ha dato il titolo all’articolo di Mariella Gugole, apparso sul giornale veronese L’Arena, il giorno dopo la sua morte.

Arrivando al Piemme aveva incominciato a scrivere libretti di animazione missionaria e a pubblicare biografie di confratelli e di altri missionari e missionarie. Le biografie diventeranno la sua specialità. Il Signore gli ha concesso di scrivere gli Atti degli apostoli così come sono realizzati dai Comboniani di ieri e di oggi, offrendo della missione, lui che non la vedrà che da lontano, l’immagine bella, sorridente e positiva dello Spirito in azione nei confratelli.

Ecco cosa scrive P. Lorenzo: “Dal 1963 al 1978 fui a Verona come direttore del Piccolo Missionario. L’11 aprile 1967 fui iscritto all’albo dei giornalisti. Il Signore benedisse il mio lavoro al Piccolo Missionario, che passò da 45.000 copie, quando lo presi in mano, a 130.000 e da 48 a 128 pagine, in parte a colori. Per un periodo fu quindicinale in quanto affiancato da un album di fumetti missionari. Le storie di vocazioni e le avventure dei missionari furono i miei cavalli di battaglia”. Sono i tempi gloriosi del Piemme che ha in P. Cuniberto Zeziola il suo amministratore e diffusore, ma quanti viaggi per contattare ragazzi nelle colonie e nelle scuole!

Apertura in Polonia
P. Lorenzo racconta: “Nel 1975 avevo pubblicato una biografia a sfondo piuttosto avventuroso nella quale raccontavo la storia di Fr. Guido Giudici. Il libro ebbe un buon successo e venne tradotto in polacco da un sacerdote di quella terra, residente a Roma. Subito, cominciarono ad arrivare lettere a Roma scritte da giovani che volevano farsi missionari. I superiori erano lontani mille miglia dal pensare ad un’apertura in Polonia.

Io, tuttavia, insistevo con il Superiore Generale e i suoi consiglieri sulla necessità di andare in Polonia.

Così, dal 4 al 10 settembre 1984, con P. Mario Marchetti, feci un viaggio in Polonia per curare la stampa, in polacco, della biografia di Comboni scritta da P. Cirillo Tescaroli. Sembrava, infatti, che quello fosse il modo più concreto per far conoscere Comboni. Vi andai una seconda volta con P. Pietro Cozza ad incontrare qualche probabile vocazione nei giorni 20-27 agosto 1985”.

La rotazione e le varie comunità
Il l maggio 1978, per un cambiamento della linea editoriale di Nigrizia, P. Lorenzo fu assegnato alla comunità di Thiene. Qui, avendo più tempo a disposizione, cominciò a scrivere i primi libri per ragazzi, semplici ma molto graditi ai lettori.

Dal novembre del 1978 al marzo 1979 seguì il Corso di Rinnovamento a Roma che si concluse con il viaggio in Terrasanta, per lui una “esperienza meravigliosa e indimenticabile”.

Nel 1979 ebbe l’incarico dai superiori della comunità di Bologna, della quale faceva parte, di rappresentare l’Istituto presso l’Associazione Amici di Raoul Follereau e divenne direttore del giornale Amici dei lebbrosi. Divenne anche socio fondatore del Sermis (Servizio missionario) e presidente dell’EMI (Editrice Missionaria Italiana).

Il 15 luglio 1980 fu assegnato alla comunità comboniana di Napoli come direttore di Azione Missionaria. Nel frattempo frequentò un corso di missionologia presso l’Università Urbaniana di Roma e un corso di regia televisiva, radiofonica e cinematografica presso la televisione italiana. Nel novembre 1983 il Superiore Generale, P. Salvatore Calvia, lo chiamò a Roma per affidargli la Comboni Press in attesa dell’arrivo di P. Contran; fu nominato anche membro dello Studium Combonianum. Durante il soggiorno romano, P. Lorenzo frequentò, assieme a P. Walter Vidori, il corso per le Cause dei Santi superando gli esami con il massimo dei voti. Era il 28 gennaio 1985. Perciò, partì subito per Verona per stampare la biografia di P. Bernardo Sartori che, nel frattempo, aveva scritto.

Nel settembre 1986 ebbe il privilegio di concelebrare la Messa in San Pietro con Papa Giovanni Paolo II, che ebbe parole di apprezzamento per il “missionario scrittore”.

Il 1° dicembre 1986 fu nominato superiore a Gozzano. Nel 1987 celebrò il 25° di sacerdozio a Vestenanova, con una cerimonia molto semplice, assieme ai parenti più stretti e a pochi amici. In quell’occasione disse: “La malattia è stata per me un grande atto di amore da parte di Dio. Altro che maledizione! Ce n’è voluto per capirlo. Ma ci sono arrivato, tanto che oggi rifarei la stessa strada e accetterei lo stesso male”.

Dopo 6 anni di permanenza a Gozzano, fu trasferito come superiore nella casa comboniana di Limone, dove rimase quattro anni, dal 1992 al 1996. Il lavoro principale, come a Gozzano, era la predicazione di giornate missionarie nelle parrocchie. A Limone si aggiunse l’accoglienza degli ospiti e dei pellegrini che visitavano numerosi la casa natale di Comboni. Nel frattempo Comboni fu dichiarato Beato e P. Lorenzo si diede da fare per organizzare una festa degna della casa natale di Comboni. Ecco le sue parole: “Il fatto che la beatificazione fosse capitata mentre ero il responsabile, fu per me un segno di predilezione divina nei miei confronti, una delle gioie grandi della mia vita”.

Lo scrittore
Il 1° gennaio 1997 fu assegnato alla comunità di Brescia, libero di consacrarsi ai suoi libri e soprattutto ai necrologi dei confratelli defunti (più di cento!), pubblicati nel MCCJ Bulletin dell’Istituto. L’incarico, come racconta lui stesso, gli era stato affidato dal Superiore Generale nel 1985: “Il motivo immediato fu un lamento che feci col Padre Generale perché i necrologi riportavano troppe magagne dei confratelli defunti. Parce sepulto – dicevo – e poi, se non siamo misericordiosi noi con i confratelli defunti, come possiamo sperare che lo sia il Signore con noi? ‘Hai ragione – mi rispose il Generale – anch’io ho notato la stessa cosa. D’ora in avanti provaci tu’. Ed io partii deciso”. Tutti gli italiani, o quasi, sono stati presentati da lui, convinto com’era che chi moriva nell’Istituto era predestinato! Penetrava, con discrezione, nella confidenzialità dei dossier personali senza che mai trasparisse ciò che doveva rimanere confidenziale e segreto. Quanto amore e passione ha effuso nel farci parte della vita, delle virtù e dei limiti umani dei confratelli, sempre presentati con tono bonario e sorridente!

Quanto alle biografie di missionari e di altri, ne ha scritte decine e decine. Lo scorso anno i suoi libri pubblicati erano 102, ma lui preferiva contarli... a metri, in base allo spazio che occupavano (tre metri e...). Tra le biografie – molte dedicate ai nostri martiri, di cui era diventato un esperto – due sono dedicate a confratelli che sono stati presi in considerazione per la causa di beatificazione: P. Bernardo Sartori e P. Giuseppe Ambrosoli.

Gli ultimi anni
Intanto, il 21 marzo 2002, all’ospedale di Brescia, gli fecero l’impianto per la dialisi peritoneale, poco prima di celebrare il 40° di sacerdozio, in occasione del quale disse: “Ho infiniti motivi di ringraziare il Signore, prima di tutto per i 40 anni di sacerdozio con un corpo malato e sofferente fin dagli anni del ginnasio e poi anche per la malattia stessa che, se mi ha fatto sfumare la possibilità di una presenza diretta sul campo della missione, mi ha fatto scoprire la vena di scrittore mediante la quale la mia stanzetta si trasformava in un deserto o in una savana, in un fiume o in una foresta, in un villaggio o in una città, a seconda delle circostanze, consentendomi di incontrare uomini di tutte le razze, personaggi che hanno fatto la storia della missione con i quali ho dialogato e condiviso progetti”.

Nel 2006 gli fu tolto il secondo rene e da quel momento è vissuto in continue dialisi che lo indebolivano molto. È morto a Verona il 13 novembre 2007. I funerali si sono svolti venerdì 16 novembre, nella cappella della Casa Madre, con la partecipazione di tanti sacerdoti e confratelli e di un folto gruppo di religiose e laici, in rappresentanza di quanti, numerosissimi, devono riconoscenza a P. Lorenzo come loro direttore spirituale e confessore. È stato sepolto nel paese in cui era nato, Vestenanova, e al quale era rimasto profondamente legato.

Testimonianza
Subito dopo la morte di P. Lorenzo, P. Pietro Ravasio ha scritto una testimonianza, di cui riportiamo alcuni passi, sottolineando gli aspetti importanti della sua “missione di scrittore”. Sono pensieri nati “dopo l’annuncio della sua ‘preziosa morte’. Si potrebbero applicare a lui le meditazioni di San Bernardo su questo argomento. I santi che per anni sono stati crocifissi e ogni giorno hanno sperato di essere chiamati alla visione del Signore... alla fine sono felici di incontrarlo. Il mio contributo si limita ad evidenziare un aspetto della vita di P. Gaiga, per il quale penso che egli sia un unicum nella storia dell’Istituto e perciò un esempio e un modello. Mi riferisco a quell’aspetto del patrimonio spirituale dell’Istituto che include le sane tradizioni, la storia dell’evangelizzazione dell’Istituto, la vita dei modelli”. P. Ravasio evidenzia le sottolineature che P. Lorenzo faceva riguardo ai confratelli, come quando scrisse che “Fr. Angelo Viviani era ‘esempio di una tradizione che si tramandava pur assumendo le novità della storia e arricchendosi con esse’. Nelle biografie e nei necrologi di P. Gaiga si scoprono gli aspetti più vissuti e importanti delle nostre tradizioni.

La storia del nostro lavoro di evangelizzazione: le biografie che ha scritto sono un tesoro di notizie e di fatti certamente ignoti agli storici di professione ma preziose per ricostruire un passato purtroppo poco conosciuto e trascurato... Il ricordo di quei missionari la cui vita ha offerto la migliore esemplificazione del carisma originario, le numerosissime biografie che ha scritto, come riconosceva lui stesso, diventavano altrettante `beatificazioni anticipate’. È forse questo l’unico vero appunto che gli si può fare. Ma è stata una sua scelta, sostenuta da questo valido motivo: un po’ di difetti li abbiamo tutti, anche San Daniele Comboni, per cui sono le virtù che bisogna ricordare... Prendere in mano una biografia scritta da P. Gaiga è una lettura che mi attira, mi coinvolge, mi interessa, perché è come sfogliare un album di famiglia e scoprire sempre nuovi aspetti di una storia che mi appartiene e che, in certa misura, ha costruito anche me.

Questa mia memoria è certamente breve e lacunosa, ma vorrebbe mettere in risalto ciò che considero lo specifico della vita di P. Lorenzo Gaiga:
1) Non è mai stato in missione, ma ha vissuto pienamente la missionarietà dell’Istituto e ha contribuito a farla conoscere. È doveroso ricordare anche la sua lunga esperienza di direttore de Il Piccolo Missionario. È con lui che la rivista si è lanciata e si è fatta conoscere. È diventata anche un valido mezzo di promozione vocazionale.
2) Ha vissuto, sebbene in modo diverso, come S. Daniele Comboni, l’esperienza della Croce. Un abisso di dolore, per tanti anni, che solo il Signore conosce.
3) Ha perseverato nel recuperare e tramandare la nostra memoria. Di questo gli saremo sempre riconoscenti”.             
(P. Pietro Ravasio, mccj)
Da Mccj Bulletin n. 238 suppl. In Memoriam, aprile-luglio 2008, pp. 34-43.