In Pace Christi

Longo Paolo

Longo Paolo
Data di nascita : 08/12/1928
Luogo di nascita : Piove di Sacco
Voti temporanei : 09/09/1948
Voti perpetui : 20/09/1951
Data ordinazione : 07/06/1952
Data decesso : 10/09/2007
Luogo decesso : Verona

“P. Paolo, prima di essere un teologo, missionologo, professore di teologia, è stato un discepolo: ha imparato a credere, è cresciuto e maturato nella sua fede. Fino alla statura adulta e stagionata. Come Giobbe, anche P. Paolo diceva: ‘So che il mio Redentore è vivo e lo vedrò faccia a faccia’. Sono parole tratte dall’omelia di P. Romeo Ballan, in occasione della Messa di suffragio, presieduta da P. Tesfamariam Ghebrecristos Woldeghebriel, assistente generale, svoltasi il 12 settembre in Casa Madre, a Verona.

In questa fede, P. Paolo è cresciuto grazie al dono di una famiglia di solide radici venete e cristiane di 9 figli dove i valori della fede erano vissuti con fedeltà indiscussa, dai genitori innanzitutto e poi dai fratelli e sorelle sposati, e con radicalità nella vita di consacrazione per il fratello sacerdote, il maggiore, di 82 anni, e la sorella suora.

Era nato a Piove di Sacco, Padova, 1’8 dicembre 1928. Entrato nel seminario diocesano di Padova, durante la terza liceo chiese di essere ammesso nell’Istituto dei Missionari Comboniani, dopo averne parlato con il direttore spirituale che assieme al rettore del seminario non avevano posto alcuna obiezione. Nella domanda si legge: “Ho pure informato la mamma. Nonostante il naturale dispiacere, ella trovò nei suoi sentimenti profondamente cristiani e nel suo grande amore per le missioni la forza di dirmi il suo sì”.

Formazione e missione
P. Paolo fece il noviziato a Firenze e, nella domanda inoltrata al Superiore Generale per essere ammesso ai voti temporanei, scrisse: “Il Sacro Cuore avrà un figlio di più, che purtroppo non è né santo né virtuoso ma ha almeno il desiderio di divenirlo. Voglio fare un patto con lei: da me non so combinarne una di buona... così cercherò di obbedire sempre con docilità e con gioia ai superiori che il Signore mi manderà”. Dopo i voti temporanei a Firenze nel 1948, professò quelli perpetui a Venegono nel 1951. Fu ordinato sacerdote dal cardinale Hildefonso Schuster nel duomo di Milano il 7 giugno 1952.

La sua carriera di educatore iniziò subito dopo l’ordinazione, nel 1952. Mentre cercava di portare avanti gli studi presso la Facoltà Teologica di Milano per ottenere la laurea in teologia, che, con suo grande rammarico, non ebbe il tempo di completare, iniziò ad insegnare teologia dogmatica, che divenne così la sua specialità, nel nostro teologato di Venegono (1952-1962). Nel 1962 gli fu finalmente concesso di andare in Uganda. Assegnato alla diocesi di Arua, si impegnò come insegnante del seminario diocesano e consigliere del vescovo. Apprese naturalmente la lingua locale in modo da potersi dedicare al ministero diretto (1962-1968).

Dopo il Capitolo Generale del 1969, P. Paolo fu assegnato all’Italia dove rimase fino al 1976, dedicandosi alla formazione e alla predicazione, prima a San Pancrazio e poi come membro del segretariato generale della Curia Generalizia. Seguì un decennio negli Stati Uniti (1979-1989), dove si trovò particolarmente bene, soprattutto nella parrocchia di St. Pius. Nel. 1989, però, P. Paolo fu destinato nuovamente all’Italia. Accettò per obbedienza, perché ormai in America si sentiva a casa e considerava St. Pius la sua famiglia. Nel 2001 poté ritornare negli Stati Uniti, dove è rimasto fino a quando è stato ricoverato nel CAA di Verona. Qui, è deceduto serenamente il 10 settembre 2007.

Dall’omelia della Messa di suffragio
Seguiamo la testimonianza di P. Ballan: “Nei suoi 55 anni di vita sacerdotale, P. Paolo è stato soprattutto un maestro, un docente di teologia e materie affini. Un maestro di alto volo, per la sua intelligenza acuta, una memoria privilegiata e una parola chiara e brillante. I libri li studiava per

conto suo. A scuola gli bastavano poche note (a volte nessuna) per intrattenere e occupare gli alunni. Le sue argomentazioni erano chiare, alla portata del pubblico che aveva davanti: fossero gli scolastici di Venegono (1956-62) o i seminaristi di Arua in Uganda (1962-68), i teologi del seminario di Firenze o gli studenti di missionologia a Malta, i Laici Missionari a Chicago o i fedeli nelle parrocchie in Italia e USA per ministero e giornate missionarie, i seminaristi dei seminari italiani o i confratelli, suore e altri gruppi per esercizi spirituali e corsi.

Non ha scritto libri (cosa che sarebbe stato in grado di fare molto bene), ma solo occasionalmente qualche articolo qua e là. Per conto suo, leggeva e studiava di tutto, con ampio spettro, e su molti temi, anche non strettamente religiosi, aveva criteri solidi. Spesso era un passo avanti rispetto alle posizioni correnti.

Qui a Verona mi raccontava dei suoi anni di insegnamento a Venegono, dello splendido circolo di professori della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e della vicinanza (consulte e ricerche) con l’arcivescovo Montini di Milano, futuro Paolo VI.

Nei convegni, assemblee, Capitoli... i suoi interventi lucidi, a volte taglienti, erano risolutivi. Ricordo quando a Ellwangen (1-2 settembre 1975), per superare ripensamenti nel dibattito per la riunione dell’Istituto, disse: ‘Io sono venuto qui per suggellare la riunificazione, tutto il resto non m’interessa’.

Al servizio dell’annuncio missionario mise tutte le sue doti di mente e di cuore, ovunque fosse, con disponibilità umile, serena e generosa.

Tra le molte qualità della sua persona, vorrei accennare alla grande capacità di amicizia. P. Paolo aveva una grande facilità a parlare con chiunque, nonostante un’innata timidezza che lo frenava nel primo passo, ma che lo rendeva poi più accessibile e semplice nel modo di trattare. Di amici, ne aveva ovunque era stato: USA, Malta, Uganda... Ne coltivava il calore per telefono, con cartoline postali, visite, ma sempre con discrezione e senza invasioni. Con lui, la conversazione poteva essere semplice all’inizio, ma senza difficoltà passava a temi impegnativi di vita spirituale, morale, sociale. Era dotato di una straordinaria sensibilità nel cogliere e trasmettere stati d’animo. Negli ultimi giorni di vita, nelle frequenti visite che gli facevo, mi ha edificato la sua serenità nel dolore, pur nell’attesa di una morte ormai vicina. Non un lamento ma sempre un grazie sorridente per qualunque cosa: una notizia, un sorso d’acqua, una benedizione. E spesso la domanda: ‘Come stanno i confratelli?’

All’Istituto Comboniano era attaccato con amore ed entusiasmo. Nell’ottobre 2006 era rientrato dagli USA. Arrivando, mi disse: ‘Sono venuto qui a morire!’. Sapeva che i medici gli avevano dato 6 mesi di vita. Qui in Casa Madre è durato 11”.

Breve testimonianza
Scrive P. Alberto Doneda: “L’ho conosciuto poco, qualche breve incontro, ma ho subito riconosciuto in lui la tipica figura del missionario intellettuale, della razza dei vecchi maestri dei nostri popolati scolasticati. Era un missionario che aveva coltivato brillantemente le sue capacità di carattere e di intelligenza. Un carattere fermo e deciso, di poche chiacchiere e giudizi rapidi e decisivi. Sempre tranquillo, umile e laborioso, amante dei libri e delle dotte discussioni. Quando faceva lezione o dava qualche conferenza, mostrava una chiarezza di mente e una spontaneità di comunicazione poco comune. Dalla sua memoria uscivano argomenti e dati a catena, senza sforzo e senza tante strumentazioni. Gli alunni apprezzavano la sua chiarezza e precisione, così come la sua arguzia e le sue uscite brillanti.

La conoscenza basica di molte lingue, imparate per iniziativa propria o per necessità apostolica (italiano, inglese, francese, logbara, portoghese e spagnolo) gli permisero la lettura di innumerevoli libri, articoli, testi e documenti, che sapeva ordinare e immagazzinare nella sua mente, sempre pronti all’uso.

Alla sua partenza dai diversi luoghi in cui prestò la sua opera, si trovò sempre circondato da un nutrito gruppo di amici che lamentavano la perdita di un amico sincero e fedele”.

Primo al traguardo
Queste sono alcune riflessioni personali di Jack Degano, grande amico di P. Paolo: “Un altro atleta ha raggiunto il traguardo finale. P. Paolo Longo se n’è andato serenamente il 10 settembre, dopo un lungo calvario, acuitosi negli ultimi due anni. Un tumore alla prostata lo colpì una decina d’anni fa, ma grazie a cure regolari ed intense in un ospedale cattolico di Chicago, riuscì a condurre una vita normale e superattiva fino ad un anno fa. Lo scorso ottobre fu finalmente costretto ad arrendersi e a ritirarsi a Verona. Il tumore si era diffuso ad altri organi vitali e P. Paolo è dovuto soccombere, nonostante le intense cure prodigategli.

L’ultimo incontro con P. Paolo si svolse nella nostra casa, il 13 ottobre 2006. Quando si seppe che stava per andarsene in Italia, Eileen ed io andammo a Chicago e ce lo portammo a Cincinnati, dove avevamo frettolosamente riunito un gruppo di suoi amici fedeli. Nel nostro piccolo giardino ci fu una commovente celebrazione eucaristica, seguita da un’agape fraterna, con lacrime ed abbracci che fecero venire in mente l’addio di S. Paolo ai cristiani di Mileto, quando stava per salpare per Roma, dove l’attendevano prigione e martirio (Atti 20, 36-38). In quella occasione, disse al piccolo resto fedele: ‘Io sarò il primo a fare la grande traversata. Sappiate che sarò lì a dare a ciascuno di voi il benvenuto quando verrà la vostra ora’.

Il gruppo che si unì a noi per l’occasione è indicativo del tipo di persona che era P. Paolo: gli anawim. Il termine ebraico indica gli afflitti, gli umili e miti, il fedele resto d’Israele. Il gruppo era stato fondato dal nostro compianto P. Kenneth Dahlen, presso la nostra parrocchia di S. Pio, a Cincinnati. I membri erano per lo più afro-americani: persone semplici ma desiderose di meglio conoscere e servire il Signore. Lunghe riunioni settimanali che comprendevano letture bibliche, commenti, tanta preghiera e scambio di esperienze. Quando P. Paolo fu assegnato a quella parrocchia, si sentì affascinato dalla spiritualità del gruppo e vi si dedicò con entusiasmo. Quei membri del gruppo rimasero tra i suoi più cari amici. Anche quando fu trasferito prima in Italia e poi a Chicago, P. Paolo mantenne un profondo legame emotivo con quel gruppo di amici semplici. Fu appunto il suo ultimo desiderio di salutarli, prima di lasciare gli Stati Uniti, che creò l’occasione della celebrazione. Pochi giorni prima che morisse, gli parlai al telefono, come facevo regolarmente per tutto l’anno che fu a Verona, e gli assicurai che avremmo presto fatto un’altra riunione del ‘suo’ gruppo a casa nostra, per ricordarlo e pregare insieme. Ne fu commosso e mi chiese di dire loro che erano stati i suoi amici più cari e di ringraziarli.

P. Paolo Longo fu dotato di un’intelligenza eccezionale, accompagnata dalla capacità di esprimersi in modo brillante, vivace e affascinante. La sua era una mente enciclopedica: poteva parlare con una certa competenza di quasi ogni possibile argomento, e questo con una chiarezza che incantava. Ciò era possibile grazie ad una memoria da computer e ad una straordinaria capacità di osservare e analizzare fatti e dati e rapportarli a casi e oggetti consimili. Era un suo gesto caratteristico, quello di fermarsi, quando vedeva un oggetto sconosciuto, osservarlo attentamente, fare domande e metterlo in relazione con altri oggetti.

Amava il Comboni. Aveva una grande conoscenza della Bibbia, un senso profondo del passato e faceva spesso riferimento ai Padri della Chiesa e alla storia della Chiesa, nelle sue luci e nelle sue ombre. Uno degli incarichi che portò avanti in Italia per diversi anni fu quello di animatore dei seminari diocesani italiani. Faceva parte di un gruppo di missionari dei vari Istituti, incaricati di visitare regolarmente i seminari, dando conferenze e ritiri allo scopo di creare nel futuro clero italiano l’amore per la natura missionaria della Chiesa. Era un lavoro che richiedeva molte energie fisiche e psicologiche e che non sempre dava soddisfazioni evidenti.

Durante la sua lunga carriera apostolica, P. Paolo Longo fu ricercatissimo come predicatore di ritiri, esercizi spirituali e per tenere conferenze e corsi speciali di missionologia. Vi si dedicò sempre con entusiasmo e senza riserve: dalle parrocchie del varesotto negli anni giovanili, alle varie comunità comboniane in Europa, Africa, Asia e America Latina. Per parecchi anni tenne un corso semestrale di missionologia all’università di Malta. Le sue doti erano conosciute e ammirate ben oltre la nostra cerchia.

Chi non conosceva il suo ritmo di vita, poteva forse pensare che P. Paolo fosse sempre pronto e non avesse bisogno di preparazione (quasi fosse sufficiente “premere il bottone” per farlo partire!). In realtà, passava ore e ore, spesso notturne, a preparare schemi di predicazione, lezioni e conferenze. La sua versatilità gli permetteva poi di applicare questa ricchezza di principi e punti di ispirazione ai gruppi più disparati: sacerdoti, suore, insegnanti, catechisti, giovani, seminaristi o pensionati.

La sua dedizione al ministero era leggendaria. Nei verdi anni di Venegono gli capitava spesso di confessare e dire Messa in due parrocchie al mattino, fare una conferenza o un quaresimale al pomeriggio e poi, di sera, andare ad ascoltare confessioni in un terzo paese: il tutto, utilizzando per gli spostamenti una vecchia lambretta o una vespa.

Negli anni di Chicago, P. Paolo si prestava a tutti gli impegni di Messe richieste dalle parrocchie vicine e dai numerosi gruppi di cattolici di origine italiana che celebrano regolarmente le loro feste patronali originarie o chiedono la Messa per un defunto o un malato. Non era raro il caso che nel giro di un week-end, P. Paolo corresse da una chiesa all’altra e celebrasse due o tre Messe per altrettanti gruppi.

I missionari laici ed il laicato nella Chiesa erano oggetto di particolare interesse da parte di P. Paolo, convinto, com’era, che i laici dovrebbero avere una parte quantitativamente e qualitativamente più rilevante nella vita della Chiesa. Per anni, fu istruttore dei Laici Missionari Comboniani della provincia nordamericana durante l’annuale corso di preparazione alle missioni. Continua a risuonarmi nella mente la frase che mi disse durante l’ultima telefonata: ‘Verrà il tempo in cui i laici avranno un ruolo sempre maggiore nelle missioni...’ e a questo punto, la buona sorella Emma ci interruppe dicendo che P. Paolo non doveva stancarsi”.

Alcune testimonianze
Riportiamo le testimonianze lette al termine della celebrazione di suffragio.

- P. Luigi Gasparini, provinciale della NAP dove P. Paolo ha lavorato per una quindicina d’anni, ha inviato un messaggio a nome della famiglia comboniana e delle persone care a P. Paolo, per esprimere la loro presenza: “Riconosciamo e ringraziamo la comunità comboniana di Verona, specialmente il Centro Ammalati e Anziani, per l’accoglienza e attenzione prestata a P. Paolo. Preghiamo perché P. Paolo incontri quella Verità e quella Pace che ha sempre cercato e, pur nella ricerca, ha sempre insegnato con la parola e con la vita. P. Paolo lascia tra noi, nella provincia degli Stati Uniti e Canada, dove ha lavorato con umiltà e saggezza per molti anni, ricordi profondi di un’umanità che avvicina e una spiritualità che eleva”.

- Da Malta ha scritto Mons. Lorenzo Gatt, già rettore del seminario al tempo delle prime visite di P. Paolo all’isola: “Appena appresa la triste notizia della scomparsa del caro P. Longo, mi associo molto volentieri alla grande ‘folla’ di amici e ammiratori dello stimatissimo P. Paolo. A Malta l’abbiamo accolto tante volte sempre a beneficio nostro, cioè di quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo, di ascoltare le sue lezioni, di godere delle sue conversazioni. In brevissimo tempo sono venuti ad apprezzarlo non solo i seminaristi e tutto il personale del seminario arcivescovile dove sempre prendeva alloggio, ma anche moltissimi dell’università di Malta dove spesso dava corsi di missionologia e varie lezioni di altre discipline. Era straordinario il bagaglio del suo scibile. Parlava

con non poca competenza di filosofia, teologia, antropologia, di storia e letteratura. P. Longo è stato sempre per noi un grande esempio di maestro, sacerdote e religioso. È un grande privilegio per noi averlo conosciuto ed ospitato tante volte, e di questo siamo molto riconoscenti”.

- Sempre da Malta è giunta la testimonianza di P. George Grima che scrive a nome del corpo accademico e amministrativo nonché degli studenti e studentesse dell’università di Malta: “Abbiamo un ricordo bellissimo di P. Paolo. Ci hanno toccato non solo le sue doti intellettuali ed il suo entusiasmo per l’insegnamento teologico, ma anche, e in maniera particolare, la sua amicizia, la sua umiltà, la sua profonda spiritualità ed il suo senso di gioia e serenità”.

- Anche una nipote ha voluto testimoniare allo zio missionario il suo affetto: “Caro P. Paolo, mi ritrovo a scriverti di nuovo, ma questa volta la letterina la leggerò io per te... Non è molto tempo che sei andato in paradiso e qui la tua mancanza si sente tantissimo. Faceva male vederti sempre a letto, sai... Ho letto una volta che Comboni diceva: amare è soffrire con Cristo, e anche che una delle caratteristiche maggiori nella spiritualità missionaria di Daniele Comboni era l’amore alla Croce. Tu, Paolo, sei stato l’esempio nell’affrontare la tua malattia nel modo più missionario possibile. Ora che sei nella casa del Signore, sono sicura che hai trovato quella pace interiore di cui si sente tanto parlare. Qualche giorno fa, in una delle mie visite, mi hai chiamata per l’ultima volta ‘Morenita del mio corazòn!’ Mi piaceva questo tuo modo di chiamarmi per nome. Quando venivi a trovarci a casa nostra per cenare con noi, mamma preparava la minestrina che a te piaceva tanto con una cura che solo le mamme hanno. Sandro non la smetteva di parlare perché la tua opinione e il tuo punto di vista sulle cose per lui erano importanti... come un insegnamento. Marianna e Andrea adoravano sentirti raccontare le tue avventure vissute in ogni dove perché come ci hai detto in più di un’occasione, sei stato cittadino del mondo! Ci hai insegnato a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo; ci hai insegnato ad apprezzare le piccole cose che la vita ci offre. Polito, proteggi i miei fratelli, che sono giovani e hanno bisogno della tua guida per trovare la loro strada nella vita. Stai accanto alla mia famiglia e ai miei genitori, perché di difficoltà ne hanno trovate tante e credo meritino un po’ di pace e serenità. Sostieni dall’alto i tuoi familiari, che oggi piangono la tua assenza. Aiuta i tuoi compagni a superare questo momento come solo tu sapevi fare; dando coraggio con il tuo semplice sorriso a tutti quelli che venivano a salutarti in camera. Sei stato un dono per noi; un Missionario Comboniano, un fratello, un amico e un papà. Sappi che noi ti portiamo nel cuore sempre. Con affetto, Morena”.
Da Mccj Bulletin n. 238 suppl. In Memoriam, aprile-luglio 2008, pp. 15-23.