Lunedì 21 aprile 2025
Nella mattina di oggi 21 aprile, Lunedì “dell’Angelo”, Sua Eminenza, il cardinale Kevin Farrell, ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco, con queste parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre”. [Credit Foto Vatican Media, ieri, 20 aprile 2025]
“La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all'infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”. [L’Osservatore Romano]
No alla corsa al riarmo, mai più echi di morte
Pubblichiamo il testo del Messaggio pasquale di Papa Francesco alla città e al mondo, che è stato letto ieri mattina, 2o aprile, Pasqua di Risurrezione, dall’arcivescovo Diego Giovanni Ravelli, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie.
Cristo è risorto, alleluia!
Fratelli e sorelle, buona Pasqua!
Oggi nella Chiesa finalmente risuona l’alleluia, riecheggia di bocca in bocca, da cuore a cuore, e il suo canto fa piangere di gioia il popolo di Dio nel mondo intero.
Dal sepolcro vuoto di Gerusalemme giunge fino a noi l’annuncio inaudito: Gesù, il Crocifisso, «non è qui, è risorto» (Lc 24, 6). Non è nella tomba, è il vivente!
L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno.
Sorelle e fratelli, specialmente voi che siete nel dolore e nell’angoscia, il vostro grido silenzioso è stato ascoltato, le vostre lacrime sono state raccolte, nemmeno una è andata perduta! Nella passione e nella morte di Gesù, Dio ha preso su di sé tutto il male del mondo e con la sua infinita misericordia l’ha sconfitto: ha sradicato l’orgoglio diabolico che avvelena il cuore dell’uomo e semina ovunque violenza e corruzione. L’Agnello di Dio ha vinto! Per questo oggi esclamiamo: «Cristo, mia speranza, è risorto!» (Sequenza pasquale).
Sì, la risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione. No. Grazie a Cristo crocifisso e risorto, la speranza non delude! Spes non confundit! (cfr. Rm 5, 5). E non è una speranza evasiva, ma impegnativa; non è alienante, ma responsabilizzante.
Quanti sperano in Dio pongono le loro fragili mani nella sua mano grande e forte, si lasciano rialzare e si mettono in cammino: insieme con Gesù risorto diventano pellegrini di speranza, testimoni della vittoria dell’Amore, della potenza disarmata della Vita.
Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga! Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare.
Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!
In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!
Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero. Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!
Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive Nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente.
Un pensiero speciale rivolgo anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie “prolungate” del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo.
Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura.
In questo giorno di festa pensiamo al Caucaso Meridionale e preghiamo affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo Accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, che conduca alla tanto desiderata riconciliazione nella Regione.
La luce della Pasqua ispiri propositi di concordia nei Balcani occidentali e sostenga gli attori politici nell’adoperarsi per evitare l’acuirsi di tensioni e crisi, come pure i partner della Regione nel respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti.
Cristo Risorto, nostra speranza, conceda pace e conforto alle popolazioni africane vittime di violenze e conflitti, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Sud Sudan, e sostenga quanti soffrono a causa delle tensioni nel Sahel, nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi, come pure i cristiani che in molti luoghi non possono professare liberamente la loro fede.
Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui.
Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana.
In questo tempo non manchi il nostro aiuto al popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato, che affronta con coraggio e pazienza le conseguenze del devastante terremoto a Sagaing, causa di morte per migliaia di persone e motivo di sofferenza per moltissimi sopravvissuti, tra cui orfani e anziani. Preghiamo per le vittime e per i loro cari e ringraziamo di cuore tutti i generosi volontari che svolgono le attività di soccorso. L’annuncio del cessate-il-fuoco da parte di vari attori nel Paese è un segno di speranza per tutto il Myanmar.
Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!
Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità.
E in quest’anno giubilare, la Pasqua sia anche l’occasione propizia per liberare i prigionieri di guerra e quelli politici!
Cari fratelli e sorelle,
nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre (cfr. Sequenza pasquale) e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udranno più fragori di armi ed echi di morte. Affidiamoci a Lui che solo può far nuove tutte le cose (cfr. Ap 21, 5)!
Buona Pasqua a tutti!
Le ultime parole come le prime
«Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua!». Le ultime parole come le prime: «Cari fratelli e sorelle, buona sera!», nello stesso luogo — la Loggia delle Benedizioni — davanti a una folla commossa: allora, per l’elezione del nuovo Pontefice; ieri, per la sua uscita all’Urbi et Orbi dopo il rincorrersi di tante ipotesi, previsioni e dubbi sulla sua presenza. Non aveva voluto mancare, Jorge Mario Bergoglio, a questo importante momento per la vita della Chiesa e le sue energie, quelle che oggi abbiamo scoperto essere le poche rimastegli, le ha spese per compiere il giro in papamobile e salutare la piazza San Pietro gremita, assolata, fiorita. Il primo giro in auto scoperta dopo le dimissioni dal Policlinico Gemelli, l’ultimo della sua vita.
Un gesto di vicinanza ricambiato dalla ovazione dei fedeli divenuti nel frattempo 50 mila dai 35 mila iniziali. La stessa che ha accompagnato alle 12.02 l’apertura delle pesanti tende di velluto della Loggia, cuore della facciata di San Pietro, per permettere alla carrozzina di fare il suo ingresso.
Ai lati del Pontefice ieri il cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente emerito del Governatorato vaticano, e il cardinale protodiacono Dominique Mamberti, che ha annunciato la concessione dell’indulgenza plenaria a «tutti i fedeli presenti e a quelli che ricevono» la benedizione del Vescovo di Roma «a mezzo della radio, della televisione e delle nuove tecnologie di comunicazione». Il Papa stesso, con le braccia appesantite dalle terapie di questo ultimo periodo, ha impartito lui stesso la benedizione Urbi et Orbi in latino, con un filo di voce, leggera come un vento diffuso nella città e nel mondo.
È stato invece l’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, a leggere il messaggio pasquale del Papa, come ogni anno puntellato da appelli e suppliche, richieste e preghiere perché la luce della Pasqua giunga in un mondo che brancola nel buio della guerra, delle crudeltà belliche, delle divisioni fratricide, delle lacerazioni politiche e sociali.
Francesco stesso lo ha comunicato alla folla: «Chiedo al maestro delle celebrazioni di leggere il messaggio». Prima dagli altoparlanti è risuonato l’inno dello Stato della Città del Vaticano, seguito da un cenno dell’inno nazionale italiano. Poi gli onori militari e il picchetto della Guardia svizzera pontificia.
Una cerimonia intrisa di tradizionalità che, alla luce della notizia di oggi della morte del Papa argentino, acquista tutta la sua straordinarietà. L’ultima uscita di Jorge Mario Bergoglio, nel giorno della Pasqua, dell’annuncio della Risurrezione.
L’ultima sorpresa, anche, una delle tante di questi oltre dodici anni sul Soglio di Pietro, con l’apparizione della piccola auto bianca dall’Arco delle Campane per un bagno di folla, un saluto ai bambini, uno dei quali, col ciuccio in bocca, scoppiato in lacrime in braccio alla mamma, le carezze e la distribuzione di caramelle. Tutto quello che probabilmente avrebbe voluto fare il 23 marzo scorso quando ha lasciato, dopo 38 giorni di ricovero, il Policlinico Gemelli, dove quella domenica si erano radunate circa 3 mila persone nel cortile dell’ospedale. Tutto era stato un saluto fugace dal balcone del quinto piano, con un saluto e un ringraziamento alla «signora coi fiori gialli», Carmelina Mancuso, l’ex insegnante calabrese sempre presente al Gemelli durante il ricovero a portare mazzolini come preghiera e terapia. E proprio Carmelina si è fatta trovare ieri mattina fuori dal portone della Basilica di San Pietro con altri fiori e il sorriso di sempre. Ricambiato da Papa Francesco che ha stretto la mano a questa donna, simbolo della fede dei semplici e della preghiera dell’intero popolo di Dio che ha accompagnato questi ultimi, difficili, istanti della sua vita e del suo pontificato. (salvatore cernuzio)