Padre Norberto, comboniano in Sudan: “Una avventura per celebrare Comboni” a Gebeit

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Sabato 19 ottobre 2024
Padre Norberto Stonfer, missionario comboniano, è attualmente a Port Sudan, in Sudan. Quest’anno, nonostante i pericoli della guerra, ha deciso lasciare la città e raggiungere Gebeit, distante circa 120 km, per andare a celebrare la messa solenne del dies natalis (10 ottobre) di san Daniele Comboni per incoraggiare il suo «piccolo gregge a rimanere fedele al Pastore» – racconta il missionario – e ringraziare il catechista «per aver mantenuto in vita per tanti anni questo embrione di Chiesa». E aggiunge: «Quando t’imbarchi in un’avventura di questo tipo, dove ti senti davvero missionario e sulle orme del Fondatore, sei disposto a tutto».

Messa solenne per il dies natalis di San Daniele Comboni
nella comunità cattolica di Gebeit

Un esempio di mulino ovale (a destra) a poche centinaia di metri
da dove Padre Norberto Stonfer
(a sinistra) ha celebrato la Messa.

Gebeit (in arabo: جبيت) è un piccolo capoluogo di provincia del Sudan Orientale, sulla linea ferroviaria Port Sudan–Atbara–Khartoum, in passato una delle più importanti del paese, ma oggi fuori servizio. Quando arrivi a Gebeit, tuttavia, non puoi fare a meno di ammirare la bellezza dell’edificio della stazione ferroviaria, in perfetto stile coloniale inglese.

Gebeit è uno dei centri della parrocchia di Port Sudan, da cui dista circa 120 km. È situato a una sessantina di chilometri da Suwakin, il primo porto del Sudan Anglo-Egiziano, che fu anche il primo pied-à-terre comboniano sul Mar Rosso nel lontano1887.

Di recentemente, Gebeit è venuta alla ribalta per un fatto di cronaca molto preoccupante: l’attentato che ha messo a repentaglio la vita del Generale capo dell’esercito e Presidente del Sudan[1]. Che sia anche ora un posto strategico di estrema importanza lo si capisce dai numerosi posti di blocco (checkpoints) che uno incontra lungo la strada con più si avvicina alla cittadina, ma soprattutto dalla presenza di diverse caserme, sia dell’esercito che della polizia.

Prima della separazione del Sud Sudan nel 2011, qui c’erano numerosi soldati venuti dalle regioni meridionali, perlopiù cattolici, e questo spiega l’odierna presenza di una comunità cattolica in questo posto remoto e l’assistenza religiosa a essa prodigata.

La piccola comunità cattolica di Gebeit – composta oggi da una ventina di famiglie – è “dedicata” (o meglio, “affidata”) a San Daniele Comboni. E la ragione è presto detta: quasi certamente Mons. Daniele Comboni passò proprio di qui nel 1880, durante il suo ultimo viaggio di ritorno in Sudan[2]. Partito in nave da Napoli, era passato attraverso il canale di Suez ed era sbarcato a Suwakin, per poi raggiungere Khartoum.

Una chiesa domestica

Arrivato a Gebeit, la prima cosa che ho fatto è stata quella di domandare al catechista Tarcisio se ci fosse un terreno appartenente alla Chiesa cattolica. La sua risposta: «No! La nostra Chiesa non ha alcuna proprietà in questa città». L’unico spazio fruibile per un incontro è la sua casa, che funge anche da scuola serale. L’ultima celebrazione liturgica cui la comunità ha partecipato ha avuto luogo durante la Quaresima del 2023, poco prima dello scoppio di questa guerra assurda e sanguinosa (15 aprile 2023).

Così, la nostra “messa solenne” è stata celebrata in “Piazza Grande”, ossia sotto un tendone montato nel cortile (hosh) della casa del catechista, abbastanza grande da dare ombra a tutti. Il gruppo venuto con me da Port Sudan con due pullman era composto da 75 persone, tra coristi, chierichetti, membri della Legio Mariae e altri che si erano aggiunti. Presenti anche numerosi cattolici del posto. Molti i curiosi, soprattutto donne, che ci spiavano da dietro il muro di cinta della zeriba (recinto), affascinati dai canti eseguiti dal nostro coro, ritmati dai tamburi e accompagnati dal suono di una pianola: una novità, sia per i cristiani che i musulmani. Si sono cantati canti gioiosi e invitanti alla danza, composti dal Card. Gabriel Zubeir Wako e dalla sua equipe in occasione della beatificazione (1996) e canonizzazione (2003) di Daniele Comboni, tutti incentrati sulla figura del grande “Apostolo della Nigrizia”.

A parte le avventure del viaggio, sia di andata che di ritorno, è stato una bellissima esperienza. Già il solo uscire dalla “enclave” di Port Sudan è stato per me un grande sollievo, ma anche per i parrocchiani, che dallo scoppio della guerra – ormai un anno e mezzo fa – sono rimasti intrappolati in questa depressione portuale sulle rive del Mar Rosso.

Quando t’imbarchi in un’avventura di questo tipo, dove ti senti davvero missionario e sulle tracce del Fondatore, “sei disposto a tutto”.[3] Quindi, non t’importa di essere partito con due ore e più di ritardo da Port Sudan e di esserti dovuto fermare a innumerevoli posti di blocco per noiosissimi controlli. Poco prima di arrivare a Suwakin, i poliziotti e i responsabili della sicurezza ci hanno tenuti fermi per oltre mezz’ora e hanno voluto vedere e fotografare con un cellulare tutti i necessari permessi rilasciati dalla polizia, del Ministero degli Interni e dal Ministero per gli Affari Religiosi, e altri documenti ancora. E tutto questo… per ricordarci che siamo in un paese in guerra! Un’altra buona oretta l’abbiamo persa per un problema meccanico: la cinghia di trasmissione del motore si era allentata e la batteria si era completamente scaricata.

Abbiamo incontrato gli stessi problemi durante il ritorno. Con un “extra” che ha messo a dura prova i nostri nervi: tra Gebeit e Suwakin, siamo stati bloccati per un’ora, di notte, sul ciglio di un’arteria stradale frequentata solo da grossi e potenti camion che viaggiavano a grande velocità e ti facevano trasalire al loro passaggio. Fu l’ultima “prova” della giornata. Comunque, alla fine, tutto è andato bene… con l’intercessione di San Daniele Comboni.

“Agli estremi confini del mondo”

Partiti da Port Sudan al mattino, siamo arrivati a Gebeit dopo le 2:00 del pomeriggio. La mia prima impressione è stata: «Ma sono davvero arrivato, per dirla con Luca, “agli estremi confini della terra” (Atti 1,8)». Poi, dopo aver spulciato la guida che avevo preso con me e letto alcune pagine in cui si racconta la storia di questa località, e trovandomi ora sul posto di persona, ho dovuto ricredermi. Alcuni – anzi, molti – sono arrivati prima di noi tra queste montagne, e non nel recente passato, ma mille e cinquecento anni prima di Cristo. A fare cosa? A cercare oro![4]

La corsa al prezioso metallo, in queste montagne del nord Sudan, a ridosso dell’Egitto, non ha mai avuto interruzioni dal tempo dei faraoni. Anzi, negli ultimi anni c’è stato un grande incremento. E la “storia” si illumina: accaparrarsi le ricchezze di questo grande paese è la causa principale della guerra in corso, voluta e finanziata dai ricchi paesi del Golfo. È proprio vero che chi ha molto vuole avere sempre di più!

Ma un missionario comboniano come me, “figlio” di Comboni, che sull’esempio del Fondatore guarda a questo paese «al puro raggio delle Fede», il vero oro di questa terra è costituito da tanti fratelli e sorelle «appartenenti alla sua stessa famiglia»[5]. Ed ecco, allora, che nella mia omelia ho incoraggiato questo “piccolo gregge” a rimanere fedele al Pastore, e ho anche ringraziato sinceramente il catechista Tarcisio per aver mantenuto in vita per tanti anni quest’embrione di Chiesa. Poi li ho invitati tutti a preparare i loro bambini, sia grandi che piccoli, al battesimo e alla prima comunione, «perché è così che cresce la Chiesa».[6] E chissà che per Natale non si possa tornare in questo avamposto della parrocchia per l’amministrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Terminata la celebrazione della messa, Tarcisio mi ha detto alcune parole che non potrò mai dimenticare. Prima mi ha ringraziato della visita, poi ha aggiungo: «Questa notte dormiremo tranquilli, perché ci hai portato Gesù».

P. Norberto Stonfer
Port Sudan, 11 ottobre 2024

 

[1] Abdel Fattah al-Burhan, Generale in capo dell’esercito sudanese, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio con un drone durante una cerimonia di laurea militare, Cinque persone, tra cui alcuni studenti e un ufficiale, sono state uccise. Gebeit è diventata la capitale temporanea del governo sudanese e sede di molti ministeri governativi e ambasciate straniere da quando, nell’aprile 2023, è cominciata la guerra che ha devastato la capitale Khartoum.

[2] Il 27 novembre 1880, da Napoli, con la grinta di sempre, Mons. Comboni salpò per il suo ottavo e ultimo viaggio in Africa, a fianco dei suoi missionari e missionarie, deciso a continuare la lotta contro la piaga dello schiavismo e consolidare l’attività missionaria con gli stessi africani.

[3] «Il Missionario deve essere disposto a tutto: alla gioia e alla mestizia, alla vita, e alla morte, all’abbraccio, e all’abbandono» (Daniele Comboni, Scritti, 218). «La vita del Missionario è un misto di dolore e godimenti, di affanni e speranze, di patimenti e conforti» (Ibid. 313).

[4] L’estrazione dell’oro dalle vene di quarzo nella zona risale al periodo del Nuovo Regno d’Egitto, ossia, all’epoca di massima espansione dell’influenza egizia.

[5] «Il cattolico avvezzo a giudicare delle cose col lume che gli piove dall’alto, guardò l’Africa non attraverso il miserabile prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della sua Fede; e scorse colà una miriade infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comun Padre su in cielo» (Scritti, 2742).

[6] Ecco come recita la Colletta della Messa di San Daniele Comboni: «Dio, Padre di tutte le genti, che per lo zelo apostolico del santo vescovo Daniele hai esteso la tua Chiesa tra i popoli dell’Africa, concedile, per sua intercessione, di crescere nella fede e nella santità, e di arricchirsi sempre di nuovi figli, a gloria del tuo nome».

Storia di Gebeit o Jubayt

Google Maps / Wikipedia.

Gebeit o Jubayt (in arabo: جبيت) è una piccola città nel Sudan orientale. L’area della miniera è costituita da voluminose rocce vulcaniche e sequenze vulcaniche e clastiche minori. L’estrazione dell’oro dalle vene di quarzo nella zona risale al periodo del Nuovo Regno d’Egitto. Un grande insediamento del Nuovo Regno si trova a nord-est della miniera principale di Gebeit a Wadi Gebeir-Shariq, che comprende 15 edifici e numerosi mulini ovali e pietre a incudine.

L’attività mineraria fu ripresa sotto gli inglesi nel 1903, dopo una valutazione da parte della Royal Geographic Society nel 1896. La produzione totale di oro, quando le operazioni cessarono nel 1956, era di circa 4.200 kg da 63,5 grammi per tonnellata (g/t) di minerale. Poi, la britannica Minex Mineral (Sudan) ha operato per un certo periodo fino al 1990. Negli anni 2000 era ancora in corso un’estrazione arcaica di minerale da parte dei minatori che vivevano nel villaggio improvvisato. (Wikipedia).

Con Nuovo Regno si intende il periodo della storia egizia che comprende le dinastie XVIII, XIX e XX, secondo la cronologia di Manetone. Il Nuovo Regno è il momento di massima espansione dell’influenza egizia, al punto che talvolta si tende a parlare di impero. La Massima estensione territoriale del Nuovo Regno è stata nel XV secolo a.C. (Wikipedia)