Casa Generalizia di Roma: Fare memoria è sempre accettare nuove sfide

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Venerdì 2 giugno 2023
Il 1° giugno è una ricorrenza significativa per i Missionari Comboniani: è l’anniversario della nascita dell’Istituto per le Missioni della Nigrizia, fondato da San Daniele Comboni a Verona il 1° giugno 1867, assieme all’Opera del Buon Pastore, allo scopo di realizzare il suo Piano per la rigenerazione dell’Africa. Dopo aver cercato, invano, di coinvolgere vari istituti religiosi in un’impresa che fosse davvero “cattolica” – cioè dell’intera chiesa – e avesse come scopo una sorta di “assedio” dell’intero continente, non per conquistarlo alle brame egoistiche dell’Occidente, ma per portarvi il Vangelo, Comboni si vide costretto a fondarne uno di suo.

Le tre comunità presenti nella Casa Generalizia di Roma, come da tradizione, hanno voluto solennizzare la ricorrenza con una celebrazione eucaristica comune. Ciò è stato possibile solo la sera. La mattina, infatti, la maggioranza dei membri delle tre comunità è occupata in messe celebrate in varie comunità religiose vicine, o impegnata in corsi di studio nelle università romane.

L’Eucaristia è stata presieduta da padre Herreros Baroja Tomás, da poco nominato superiore della comunità della Curia, succedendo a padre Paolucci Torquato. Per padre Tomás è stata una sorta di “investitura”, o accoglienza ufficiale. Ad affiancarlo all’altare, il Padre Generale, padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie, e il Vicario Generale, padre David Costa Domingues. Sul presbiterio, ha fatto la sua bella figura anche padre Torquato, che s’è meritato un lungo applauso per il servizio a lungo reso.

Belle e dense di significato le parole pronunciate da padre Tomás, sia nell’introduzione alla celebrazione, sia durante l’omelia.

«Oggi vorrei invitarvi a “fare memoria” di tre eventi della storia del nostro Istituto, non solo quello della sua fondazione. Gli altri due sono complementari al primo: il 28 ottobre 1885, Mons. Francesco Sogaro, successore di Comboni, ottenne dalla Santa Sede la trasformazione dell’Istituto in Congregazione religiosa con il nome di Filii Sacri Cordis Jesu; il 7 giugno 1895, con il Decretum laudis della Santa Sede, furono ufficialmente approvate le Costituzioni».

Padre Tomás vede oggi questi tre importanti eventi – degni di continua anamnesi – riassunti – o sbocciati – nell’attuale Regola di Vita 10: siamo «una comunità di fratelli chiamati da Dio e consacrati a Lui mediante i consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza per il servizio missionario nel mondo, secondo il carisma di Daniele Comboni».

Padre Tomás invita poi i confratelli a riflettere: «Ma ciò che dobbiamo capire è che, in questo viaggio di 156 anni di vita dell’istituto, ci sono stati da parte nostra ripetuti adeguamenti a determinati momenti storici, ma soprattutto c’è stata anche costantemente la grazia di Dio, che si è anch’essa adeguata ai membri dell’istituto, ma non per assicurarli dalle loro deficienze, bensì per prenderli sulle proprie ali e farli volare in alto, come fa l’aquila con i suoi aquilotti, e insegnare loro a volare sempre più in alto». Quindi precisa: «Con questo, non intendo dire che tutto che è accaduto sia stato sempre conforme ai piani di Dio, ma che, “nonostante tutto”, Dio ci ha portato – e tuttora ci porta – avanti –, a volte costringendosi ad accelerare il passo, altre volte accettando con pazienza i nostri passi stanchi, ma sempre in attesa che noi diventiamo di nuovo capaci di avanzare più veloci».

Poi, mette in guardia: «Una ricorrenza annuale potrebbe scadere in routine, o essere avvertita come mero obbligo, o un’occasione per una bella abbuffata. La ricorrenza che oggi celebriamo non deve essere niente del genere. Deve invece essere un “commemorare”, come faceva il popolo di Israele nella celebrazione annuale della Pasqua. La cena rituale trovava la sua vera cornice nelle parole che si proclamavano. Ed era il più giovane membro della famiglia a porre la domanda fondamentale: “Perché questa cena è diversa dalle altre?”. Anche noi dobbiamo porci tale domanda questa sera, e dovremmo tutti saper rispondere in modo corretto. Tra di noi, qui, ci sono membri giovani, provenienti da ogni parte del mondo. Pure loro devono avvertire che questa ricorrenza è davvero speciale: in quel lontano 1° giugno cominciò per noi una storia unica e speciale, quella della nostra vocazione missionaria, che ha conosciuto successivi cambiamenti, ma rimane fondamentalmente la stessa».

Una vera “commemorazione” comporta l’accettare che siamo il frutto di quella “nascita” e di tanti successivi sviluppi e trasformazioni. Ci siamo sempre sentiti missionari ad extra e ad gentes: dapprima, perché convinti che Extra Ecclesiam nulla salus e sospinti dal desiderio di salvare chi “giaceva nelle ombre di morte”; poi, quando lo Spirito ci portò a fare la scelta della vita consacrata come modo oltremodo buono per essere migliori evangelizzatori (“Cenacolo di Apostoli” ci aveva già sognato Comboni); più tardi, quando cogliemmo nuovi paradigmi o modelli di missione, che sembrarono innestarsi perfettamente nel “carisma originale”. Non aveva forse Comboni parlato di “rigenerazione”, “consolazione”, “liberazione” dei popoli africani? E perché non anche di altri gruppi umani che avremmo incontrato in situazioni simili a quelle degli africani nel XIX secolo?».

Tomás ha continuato: «Quando celebriamo una ricorrenza come quella di oggi, facciamo “memoria” – riattivandola – di ciò che hanno vissuto i nostri “antenati”, che sono stati veri protagonisti di eventi segnati dal loro tempo. Ricordare il passato ci aiuta a scorgere un filo rosso che unisce i successivi momenti. Solo così “capiamo” il presente e non abbiamo paura del futuro. Non si tratta, a dire il vero, di “prefigurare con certezza il futuro”, ma di lanciarsi nel futuro con speranza e fiducia, perché è così che opera lo Spirito di Dio: “Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va; così è per chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3:8).

Certi che gli eventi passati della nostra storia sono stati “suggeriti” dallo Spirito, continuiamo a esporci al vento dello Spirito, perché ci “sospinga”, come fa il vento con le vele un veliero… Ed avremo il coraggio di riascoltare sempre l’invito di San Giovanni Paolo II: “Duc in altum!”. Andate oltre! E oseremo sempre lasciarci trasportare dallo Spirito di Dio, con ragione, prudenza e misura, ma anche con l’audacia che la nostra missione necessariamente richiede».

Rifacendosi al brano evangelico letto, padre Tomás ha concluso incoraggiandoci a fare come Bartimeo, il cieco incontrato da Gesù all’uscita di Gerico. «Come Bartimeo, dovremo sempre avere il coraggio di “gridare”, senza mai arrenderci: “Signore, che io veda”. Sì, vedere dove lo Spirito ci sta spingendo, e non smettere mai di seguire Gesù lungo la strada, dovunque essa ci porti: sempre discepoli-missionari, pronti a gridare a tutti: “Accanto a te passa Gesù il Nazareno”».
P. Franco Moretti