Lunedì 1 dicembre 2014
Quest’anno per i missionari comboniani nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) ricorre il cinquantesimo anniversario della loro presenza nel Paese. Il loro fondatore, Daniele Comboni, diceva spesso che “le Opere di Dio nascono ai piedi della Croce”. La croce e il martirio ha segnato e reso fecondo l’inizio della loro presenza in Congo. Oggi i Comboniani ricordano il martirio dei suoi quattro confratelli a Isiro (RDC), 50 anni fa: P. Antonio Zuccali, P. Evaristo Migotti, P. Remo Armani, e P. Lorenzo Piazza. Ancora oggi ricorre la festa della beata congolese Anuarite Maria Clementina Nengapeta, vergine e martire.


Invitati da Mons. De Wilde vescovo di Isiro Niangara (Nord est del Congo) i primi otto missionari comboniani arrivarono in questo grande Paese alla fine del 1963 e l’inizio del 1964.

Tutti avevano lavorato nelle missioni del Sud Sudan da dove erano stati espulsi, perché testimoni scomodi, a causa della guerra di repressione del governo di Kathoum verso il Sud del paese. Ma proprio in questo periodo nel Congo era scoppiata e si stava propagando velocemente nel nord est la ribellione “Mulelista”.

I nostri otto missionari che venivano da un’esperienza di sofferenza in Sud Sudan, si trovarono presto a condividere le sofferenze della gente delle loro nuove missioni. I cristiani del posto dicevano loro: “Noi sappiamo per quale ragione siete venuti, quando tutti gli altri stranieri se ne vanno. Loro amavano le nostre miniere, voi amate le nostre anime!”

I ribelli Simba dopo aver preso tutta la regione del nord est instaurarono la “Repubblica popolare del Congo con capitale Stanleyville (Kisangani). Compiendo massacri lungo il cammino giunsero ben presto a Isiro dove il 23 dicembre “64, uccisero diversi missionari tra cui P. Remo Armani. Dopo alcuni giorni  fu la volta della  Missione di Rungu (65km da Isiro). Qui ci sono quattro missionari: P. Lorenzo Piazza, P. Antonio Zuccali, Fr. Carlo Mosca e P. Evaristo Migotti, Friulano di Tomba di Mereto. Solo Fr. Carlo ne uscirà vivo e da lui sappiamo cosa accadde quel 30 novembre. Su consiglio della gente si erano ritirati in foresta a poco più di un chilometro dalla missione su consiglio dei cristiani.

“Era pomeriggio, il nostro guardiano venne a chiamarci così siamo usciti (eccetto P. Antonio che si era addentrato di più e che uscirà il giorno dopo) dalla foresta, prendendo il sentiero che porta alla missione. I ribelli erano là. C’erano dei camion. Ci minacciavano con le armi. Ma qualcuno ci ha detto “Non abbiate paura. Non vogliono ammazzarvi”. Ci hanno tolto gli orologi e tutto quello che avevamo. Ci hanno lasciato solo una coperta. Siamo stati condotti dal comandante. Hanno registrato i nostri dati e poi ci hanno rinchiusi in una capanna. Un ufficiale venne a dirci che saremmo stati condotti a Paulis (attuale Isiro), come i padri di Niangara e liberati in seguito.

Qualche ora più tardi arrivò il maggiore Olenga. Aveva l’aria di un posseduto e sbraitava: ‘Ci sono dei belgi? Gli Italiani, aggiunge, li uccideremo domani’. Un po’ più tardi si è presentato davanti alla nostra prigione gridando: ‘La vostra ultima ora è arrivata!’ Domandano ancora dei soldi a P. Lorenzo Piazza, ma non avevamo più niente. Quello che possedevamo era già stato dato o era stato rubato. Dopo averci tolto scarpe e calzetti ci hanno caricato su di una camionetta e ci hanno portato verso il fiume Bomokandi, che scorre a due chilometri dalla missione. Eravamo in sei: tre domenicani e noi tre comboniani. I Simba che ci scortavano era cinque o sei. Noi eravamo veramente tranquilli: la serenità si vedeva sul viso di ognuno. Nessuno parlava. La Grazia del Signore ci dava conforto. Erano circa le 22, era buio. Era una notte senza luna e molto scura. I ribelli hanno attraversato il ponte poi sono fatto inversione fermandosi all’inizio del ponte verso Rungu, con i fari accesi. Mi hanno fatto scendere per primo e sedere sul bordo della strada a qualche passo dal ponte, girato verso la foresta. Prima di tirare un solo colpo di fucile (le loro munizioni scarseggiavano), il capo del gruppo di ordinò: “Fammi vedere la faccia!” Senza dire una parola ho obbedito. E’ partito un colpo, e ho sentito un forte dolore alla spalla sinistra vicino al collo. Ho avuto un istante di indecisione; se mi fossi girato avrei ricevuto un secondo colpo. Avevo la mente limpida. Ho avuto l’ispirazione di lasciarmi cadere sulla destra come fossi morto. Nel frattempo il sangue usciva a flotti dalla ferita. Dopo di me hanno fatto scendere i tre padri domenicani e li hanno uccisi alla mia destra. P. Lorenzo era seduto alla mia destra. Un colpo l’ha colpito in piena testa ed è caduto senza emettere nessun grido.

L’ultimo ad essere fucilato fu P. Evaristo Migotti. Sceso dalla camionetta, e visto che il bordo della strada era ingombro di cadaveri, domandò con la sua abituale semplicità: “Wapi?” (dove?) come per domandare: “Dove devo mettermi?”

L’hanno fatto sedere vicino al ponte e un colpo è partito.

Il triste lavoro dei Simba era finito, e se ne sono allontanati velocemente.

Sentendo i colpi dei fucili, partiti i Simba dei curiosi si sono avvicinati. In seguito quattro uomini prendendoci per le vesti ci hanno trascinato i cadaveri e me trascinato al centro del ponte e ci hanno gettato nelle acque del Bomokandi.

Dopo altre peripezie e piuttosto mal messo Fr. Carlo sarà liberato dai paracadutisti belgi. P. Antonio verrà ucciso il 2 dicembre sul ponte del fiume Rungu vicino alla missione. Gli altri tre comboniani della missione di Ndedu furono fatti prigionieri e dopo mesi di torture, privazioni e minacce, verranno liberati per l’intervento di un greco e di mons Baroni vescovo di Khartoum.



Festa della beata congolese
Anuarite Maria Clementina Nengapeta
1 dicembre 1964

 

Anuarite è un fiore stupendo della foresta congolese, incantevole per bellezza e semplicità. Innamorata di Gesù è morta per essergli fedele, colpita barbaramente con brutalità estrema da un capo dei Simba, ubriaco di alcool, di droga e di violenza. Ma come Gesù sulla croce, e con le stesse parole, perdona con amore e dolcezza colui che l’uccide. Era il primo dicembre 1964, a Isiro in Congo.

È l’ultimo atto di assimilazione a Gesù di Anuarite Maria Clementina che, senza conoscere gli stimoli della città, ha saputo cercare Gesù con passione e costanza durante tutta la sua vita per immedesimarsi in Lui. Giovanissima, e contro la volontà materna, era partita per il convento e non ha mai cessato di seguire Gesù. «Non mi sono consacrata a Lui per scherzo», dirà alla mamma che vuole distrarla dalla sua vocazione.

Per seguire Gesù superava i più radicati limiti culturali divenendo, senza volerlo, una vera innovatrice. Cercava, come Gesù, la pecorella smarrita attirandosi i biasimi delle consorelle e le riprovazioni delle superiore. In un momento di riflessione si chiedeva: «perché sono entrata in convento? Per far piacere alle sorelle o alle superiore? No! Sono ma solo per Gesù». “Solo Gesù” diventa la sintesi della sua maturazione spirituale, vissuta con semplicità e perseguita con fedeltà eroica fino al martirio.

Aggrappata a Gesù vive sempre più intimamente la comunione con lui, col suo amore e si sente veramente la sua sposa. Così, al colonnello che la sollecitava di accondiscendere al capo Simba da cui avrebbe avuto vantaggi e protezione, lei fa osservare: «Hai affidato la tua fidanzata ai genitori perché la custodiscano bene, per te. Anch’io devo conservarmi tutta per Gesù». Ecco cosa segnerà, di fatto, la sua fine, la volontà di essere tutta di Gesù.
P. Elio Farronato