Roma, domenica 14 ottobre 2012
I missionari si sono dedicati da sempre alla liberazione dei più poveri ed abbandonati. Cristo risorto li invia e li attende tra le vittime, perché, riconoscendolo presente, i poveri alzino la testa e la voce e ricostruiscano relazioni a misura dei loro sogni. Nella foto: Mons. Michele Russo, vescovo comboniano di Doba-Ciad.
Ottobre 2012: il vescovo Michele Russo, missionario comboniano, viene espulso dal Ciad, uno dei più poveri paesi africani. In una delle sue omelie, aveva provocato il governo riguardo ai profitti del petrolio: nell’opinione del vescovo, non c’è trasparenza nella destinazione del denaro, ci sono sospetti di arricchimento illecito di pochi, mentre gli impatti socioambientali ricadono sullo strato più povero della popolazione. Il governo del Ciad considera che il missionario “si è dedicato ad attività incompatibili con il suo ruolo”.
Luglio 2012: in Perù, il responsabile dei missionari comboniani per Giustizia e Pace, p. Juan Goicochea, denuncia centinaia di conflitti socioambientali nel suo paese, legati alla resistenza dei popoli peruviani contro le imprese minerarie. In tre giorni di violenza nella regione di Cajamarca, ci sono stati 5 morti e vari feriti. Un altro padre, Marco Arana, è stato imprigionato e torturato. La chiesa peruviana ha negoziato attivamente con il governo per trovare una via d’uscita nel dialogo con le comunità di Cajamarca. In novembre, una delegazione di Vivat (ONG dei missionari/e che denunciano all’ONU le violazioni dei diritti umani e cercano di garantire protezione alle vittime) visiterà la regione in solidarietà.
Brasile: nella regione più ricca al mondo di giacimenti di ferro, Carajás, i Missionari Comboniani Brasile Nordest dal 2007 stanno denunciando innumerevoli violazioni dei diritti socioambientali di popolazioni tradizionali, indigene, comunità rurali ed urbane. La rete “Justiça nos Trilhos”, fondata dai comboniani ed altri movimenti, affronta ogni giorno diversi conflitti per via delle operazioni di quella che è stata eletta la “peggior multinazionale del mondo” in 2012, la compagnia mineraria Vale S.A. Malgrado tutto, il governo brasiliano continua finanziando gli investimenti di Vale e ‘benedicendo’ i suoi progetti aggressivi di espansione.
Le industrie estrattive di minerali e petrolio stanno intensificando mondialmente i loro investimenti e grandi opere, per approfittare in pochi anni, ad un ritmo violento e distruttivo, della congiuntura favorevole di prezzi e della fame di materie prime. In molte regioni del mondo, il boom dell’estrazione calpesta i diritti delle comunità locali, aggredisce l’ambiente e gli equilibri fino a quel momento stabiliti nei ritmi di vita e nelle relazioni tradizionali. I governi locali appoggiano questa politica economica dettata da grandi multinazionali, illusi che il ‘progresso’ che si installa nelle regioni ricche di giacimenti sia permanente e installi un ciclo progressivo di crescita. Fino a prova contraria, il destino di ogni progetto estrattivo è stato abbandonare i territori non appena cominciassero a scarseggiare le risorse naturali e trasferire gli investimenti in nuove regioni da aggredire. Alle popolazioni locali avanzano solo i crateri e i castelli nel deserto di infrastrutture e città costruite durante il picco della produzione.
Da sempre, i missionari si sono dedicati alla vita e liberazione dei più poveri ed abbandonati. Cristo risorto li invia e li attende tra le vittime, perché, riconoscendolo presente, i poveri alzino la testa e la voce e ricostruiscano relazioni a misura dei loro sogni.
Osservando queste grandi opere estrattive, i missionari riconoscono che vi si trova una forma cinica di ‘razzismo ambientale’: le vittime degli impatti socioambientali sono sempre i più poveri ed esclusi. I popoli del sud del mondo, ove sono installati i progetti più aggressivi ed inquinanti; le comunità delle periferie urbane, che ricevono gli scarti della produzione e convivono diariamente con la pattumiera del progresso; i popoli indigeni, le comunità tradizionali ed i piccoli produttori rurali, che vengono sempre più isolati dall’avanzare del deforestamento, dalla concentrazione delle terre, dallo sfruttamento di miniere e giacimenti.
Affrontare il razzismo ambientale, in nome di Cristo risorto, sconvolge i parametri di crescita e di futuro e spinge i missionari/e ad assumere posizioni sempre più coraggiose: no all’aggressione sfrenata delle industrie estrattive, no alla complicità degli Stati per un progresso che continuerà ad essere di pochi. Sì alla vita delle comunità che determinano la loro propria gestione dei territori, dei beni e del futuro.
Ci sembra, questa, una nuova ed efficace lettura delle beatitudini di Gesù nel mondo affamato di oggi.
P. Dario Bossi