Martedì 15 ottobre 2024
Della vita e delle opere di Monsignor Daniele Comboni si conosce già tanto. Non così di Bakhita Quascè. Che ebbe la fortuna (proprio come il suo nome significava) di incontrare e condividere, molto da vicino, quanto Dio andava tessendo nel ragazzo venuto da Limone sul Garda, e portato dal padre nella città scaligera affinché potesse continuare la sua preparazione scolastica. Anche per Daniele la fortuna aveva sorriso quando fu accolto da Don Nicola Mazza presso l’Istituto Fondamentale da lui fondato.

La Provvidenza era già al lavoro quando, il 6 gennaio 1849, in Verona, il diciottenne Comboni giurava ai piedi del Mazza di consacrare tutta la sua vita alla causa del Vangelo in Africa; e quando, sempre in Verona, il 6 gennaio 1854 la giovanissima nubana – giunta a Verona il 26 luglio 1853 all’età di circa otto anni, riceveva il Battesimo nella chiesa parrocchiale di San Paolo (quartiere Veronetta) ritenendo il suo nome ma in lingua italiana: Fortunata. Anche Bakhita-Fortunata era stata accolta da Don Nicola Mazza in una delle case-famiglia, da lui aperte per accompagnare il meglio possibile le giovani africane strappate dai loro cari e divenute vittime innocenti dell’abominio della schiavitù.

Rileggendo alcune pagine della loro vita, vissuta nello scorrere di vicende molto più grandi di loro, e dentro le quali hanno saputo mantenersi fedeli al disegno di Dio affinché l’Africa fosse rigenerata con l’Africa, è impossibile non scorgere in Daniele e Fortunata le colonne portanti di un edificio che noi, loro posteri, abbiamo la gioia di vedere brillare quale Perla Bruna nella corona della Chiesa Universale.

Di Fortunata abbiamo una sola lettera scritta a Mons. Daniele Comboni in data 6 agosto 1880. Fortunata gli comunica la sua grande gioia per l’evento della sua vestizione religiosa, avvenuta in El Obeid il 2 agosto. Così scrive:

“Eccellenza Illustrissima

       piena di giubilo vengo con queste mie meschine linie a significare a S. E. che finalmente, colla grazia del Signore, il giorno due di questo mese è stato giorno solenne della mia vestizione religiosa.

      Non potrà certamente immaginare eccellentissimo Monsignore quanta consolazione e quanta allegria ho provato nel mio cuore in quel felicissimo giorno. Degnissimo Monsignore e mio ottimo padre, quante infinite grazie mi ha concessi finora il nostro buon Dio! Dopo di avermi cavata dalla doppia schiavitù, ha voluto chiamarmi allo stato Religioso. Veramente mi sento rapita dalla meraviglia nella considerazione di così infiniti favori. Io mi conosco inabile di poter corrispondere a tanti benefici ricevuti da Dio, ma intanto mi procurerò di mettermi con tutto l’impegno per soddisfare puntualmente ai doveri del mio stato e di addoperarmi con maggior zelo per la salvezza dei miei connazionali, e spero che questi piccoli atti saranno accetti al Signore.

      Però dopo Dio devo a S. E. tutta la mia riconoscenza, poiché conosco molto bene quanto ha dovuto faticare, soffrire e tribolare per piantare questa nostra cara Congregazione, ma io non ho parole per esprimerle il sentimento di gratitudine, spero però che S. E. si degnerà farsi interprete di quei sensi che io non valgo a esprimere. Io nella mia pochezza non mancherò giammai d’innalzare preci al Signore acciocché Lo consoli, Lo benedica e Lo faccia ritornare presto fra noi pienamente glorioso.

Le chiedo in grazia che se mai avrà l’occasione di vedere la mia zia Rubelli di parteciparle i miei più affettuosi e sinceri saluti, e così pure al carissimo e ottimo Bahit).

      L’ossequio profondamente, Le bacio il S. anello, ed imploro genuflessa la santa benedizione, mi dichiaro nei SS. Cuori di G. e M.

Di S. E. Illustrissima Umil.ma Obb.ma figlia Quasce Fortunata”.

Quando in El Obeid, capitale del Kordofan, il 9 aprile 1882, festa di Pasqua, Fortunata diventerà Pia Madre della Nigrizia, Daniele Comboni aveva già terminato la sua corsa terrena, avvenuta in Khartum la sera del 10 ottobre 1881. Aveva cinquanta anni. A giro d’angolo sarebbe scoppiata in Sudan una enorme sommossa, conosciuta come Mahdia, che già aveva fatto sentire i suoi prodromi “da circa un anno”, e di cui lo stesso Comboni scriveva in una lettera a P. Giuseppe Sembianti, Responsabile dei suoi Istituti in Verona, il 13 agosto 1881.

Per il piccolo resto dei missionari e missionarie, ancora in lacrime per la perdita del Padre e Fondatore, e per le comunità a loro affidate, iniziava una lunga e penosissima Via Crucis. Sr Fortunata la vivrà dall’inizio del 1883 fino al 7 novembre 1885, quando assieme a Sr Maria Caprini, compagna di fuga, arriverà al Cairo.

Le sue molte sofferenze non erano finite, un altro calice amaro le si presentava quando, nel 1898, studenti arabe nella scuola femminile di Assuan, si rifiutarono di avere per insegnante una Istitutrice Africana. Sr Fortunata dovette cambiare comunità. In quel frangente, le sue Consorelle non capirono la gravità di tale evento. Il Piano della Rigenerazione dell’Africa con l’Africa veniva tradito, e lei lo aveva capito.

La sera del 12 ottobre 1899, suo giorno onomastico, nella comunità della Gesira, un infarto stroncava la sua vita. Aveva 53 anni. Oggi, 12 ottobre 2024, ricordiamo il 125mo del suo ritorno all’altra riva della vita.

Daniele Comboni ora riposa nella Cappella di Casa Madre dei Missionari Comboniani, in Verona. Sarebbe bello (forse pure doveroso) che Sr Fortunata Quascè, la giovanissima nubana portata dalle misteriose ali della Provvidenza sulle sponde dell’Adige, lei che per prima conobbe, e più di tutte le Pie Madri della Nigrizia, visse con il Padre e Fondatore, possa riposare nella Cappella delle Suore Missionarie Comboniane, in Verona.

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