Lunedì 6 giugno 2022
Ieri mattina, Domenica di Pentecoste, si è ufficialmente aperto il XIX Capitolo Generale dei Missionari Comboniani nella loro Casa Generalizia a Roma. Il primo atto è stata la celebrazione eucaristica, presieduta da Padre Tesfaye Tadesse, Superiore Generale, durante la quale si è svolto il giuramento solenne dei capitolari.
Subito dopo i missionari si sono ritrovati in aula. Qui P. Tesfaye ha dato avvio ai lavori del Capitolo con una preghiera e un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla sua preparazione. Inoltre, ha fatto sapere che sono arrivati diversi messaggi augurali tra cui quelli di diversi cardinali e vescovi, delle Suore Comboniane, delle Secolari Comboniane e dei Laici Missionari Comboniani.
Di seguito, P. Pietro Ciuciulla ha letto la Lettera di indizione del Capitolo e Fr. Alberto Lamana ha fatto l’appello nominale dei sessantanove partecipanti. Tutti erano presenti. L’assemblea ha poi confermato, per alzata di mano, che non vi erano contestazioni particolari relative all’appello fatto, incluso i quattro osservatori scelti dal Consiglio Generale.
Terminate le suddette formalità, Padre Tesfaye ha dichiarato ufficialmente aperto il XIX Capitolo Generale, che si terrà fino al 30 giugno, e che ha come tema “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5).
Letture della Messa del giorno:
Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26
La parola di Dio che abbiamo ascoltato oggi provoca in me tanti sentimenti; vorrei quindi presentarne alcuni. Mi sento di pregare lo Spirito Santo affinché ci dia, fra le moltissime grazie, anche questi tre tipi di grazie. 1. Con riferimento al Vangelo, preghiamo per la grazia di crescere nell’amare Dio. 2. Riguardo alla seconda lettura, preghiamo per la grazia di camminare nell’umiltà, fiduciosi nello Spirito Santo. 3. La prima lettura mi suggerisce anche di pregare per la grazia di capirci reciprocamente e di capire insieme le cose di Dio.
1. La grazia di crescere nell’amare Dio
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti... Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,15-16).
Prima di tutto questa parola di Dio mi provoca a fare un atto di esame di coscienza all’inizio di questo Capitolo: amo Dio come individuo e amiamo Dio come comunità? Crediamo che durante il Capitolo tratteremo le cose della Missio Dei, ma quanto, noi stessi, siamo di Dio? Quanto discepolato viviamo? Grazie ai doni ricevuti e alla missione offerta e arricchita, da anni camminiamo con il popolo di Dio nella missione e servendo nei diversi ministeri; quanto si vive tutto questo per amore, che non è sentimento del momento, ma convinzione di cuore? Guardando alla vita del nostro Istituto, si può dire che c’è molta generosità con Dio e con la missione; ma ogni tanto bisogna fare l’esame di coscienza, soprattutto adesso all’inizio del Capitolo Generale, bisogna chiedersi se siamo persone guidate dallo spirito della carne, dallo spirito mondano o dallo Spirito di Cristo, dalla mentalità di Dio? Siamo abitati dallo Spirito di Dio, anzi, lasciamo che lo Spirito abiti in noi?... non dico che non pecchiamo, è ovvio che pecchiamo, però chi è discepolo e discepola, tratta anche il peccato individuale e collettivo della società in un modo illuminato dallo Spirito di Dio.
Partecipare a questo Capitolo è un gesto d’amore a Dio che ci ha chiamati e alla sua missione. Io vengo perché credo che Dio mi abbia invitato a trattare le cose che credo appartengano a Dio e alla sua missione e perché amo il nostro Istituto, che cerco di servire nella sua vita interna e nella sua missione esterna nella Chiesa e nel mondo. Durante il Capitolo parleremo della nostra vita come Istituto, però al centro dovrebbe esserci soprattutto la missione che abbiamo ricevuto come dono; siamo chiamati a lasciarci migliorare per la missione, a mettere la nostra vita, le nostre capacità e le risorse che riceviamo al servizio della missione, nella condivisione e nello spirito di camminare insieme con il popolo di Dio. Tutti vogliamo viverlo come risposta all’amore ricevuto da Dio e imparato dal Cuore di Gesù. Dal nostro Capitolo vogliamo dire che amiamo la missione e che la nostra forza per la missione è quell’amore che Dio ha per tutti, tutti siamo partecipi dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi (Rm 5,5;8,11).
2. La grazia di camminare nell’umiltà fiduciosi nello Spirito Santo
Abbiamo ascoltato nella seconda lettura di oggi (Rm 8,8-17): “Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria”.
Lo Spirito Santo ci aiuterà, ci insegnerà e ci ricorderà, di nuovo metterà nel nostro cuore quello che Dio vuole. Noi siamo in cammino, per questo facciamo il Capitolo, se tutto è chiaro e perfetto non c’è bisogno di fare un Capitolo. Il Capitolo non può essere diverso dall’Istituto, che non è perfetto ma cammina con gioia e nell’umiltà, lavorando e servendo. Dobbiamo convincerci che non conosciamo tutto, che non ci ricordiamo tutto e che abbiamo bisogno che lo Spirito di Dio ci aiuti, per questo siamo qui.
Il nostro Capitolo Generale, come tutti gli altri Capitoli Generali, sarà un grazia e un’occasione per fare il punto sulle nostre realtà nella Chiesa e nel mondo di oggi, ma è anche un’occasione per ripartire, perché crediamo che il Signore della vigna che ci ha detto “Io sono la vite e voi i tralci”, ci vuole ancora suoi discepoli e missionari e noi vogliamo vivere con creatività la nostra chiamata ad annunciare Cristo, lasciandoci formare continuamente, impegnandoci con molta creatività laddove siamo chiamati nella ministerialità, nella vita dei nostri fratelli sorelle, soprattutto fra quelli che soffrono e sono nella periferia della società. Desideriamo anche organizzarci meglio nell’amministrare bene le persone che siamo e le risorse che ci vengono date per la missione. In tutto questo lo Spirito Santo ci guiderà e ci sosterrà anche nella sofferenza.
San Daniele Comboni ci scrive descrivendo la fede del grande missionario sloveno P. Ignazio Knoblecher, che ha servito come Provicario Apostolico in Sudan e che da giovane ha affrontato molti problemi, prima di morire a 39 anni mentre era in viaggio verso Napoli, nel 1958:
“Abbattuto da questi terribili colpi l'anima generosa di Knoblecher non si scoraggiò. Il suo spirito che non viveva che di Dio, lo sostenne con la fede, nelle circostanze più spaventose; egli aveva posto tutta la sua confidenza in Dio seguendo l'insegnamento dello Spirito Santo: iacta curam tuam in Domino et ipse te enutriet [getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti sosterrà” Sal 55,22)]” (Scritti 2087).
“Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole; noi ci spendiamo con dedizione ma senza pretendere di vedere risultati appariscenti. Sappiamo soltanto che il dono di noi stessi è necessario. Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui. Per mantenere vivo l’ardore missionario occorre una decisa fiducia nello Spirito Santo, perché Egli «viene in aiuto alla nostra debolezza» (Rm 8,26)… È vero che questa fiducia nell’invisibile può procurarci una certa vertigine: è come immergersi in un mare dove non sappiamo che cosa incontreremo. Io stesso l’ho sperimentato tante volte. Tuttavia, non c’è maggiore libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera. Egli sa bene ciò di cui c’è bisogno in ogni epoca e in ogni momento. Questo si chiama essere misteriosamente fecondi!” (EG 279-280)
3. La grazia di capirci reciprocamente e di capire insieme le cose
Vogliamo vivere il nostro Capitolo nella comunione con tutti, nella fraternità e nell’impegno per la comune missione nel mondo di oggi. Tutto questo lo desideriamo per noi, per la Chiesa e per il mondo di oggi lacerato dalle guerre, dall’odio e dalla rivalità. Ascoltando questa parola di Dio descritta da Luca nella prima lettura, vediamo che lo Spirito di Dio, che è un dono gratuito di Dio, viene e ci fa comunità, Chiesa e cenacolo, dove ci capiamo anche se parliamo lingue diverse e ci esprimiamo in modi differenti. Parliamo nelle nostre lingue e gli altri ci capiscono, noi capiamo gli altri e, con il popolo di Dio, viviamo la missione e camminiamo insieme.
È lo Spirito Santo che mi fa relazionare con Cristo Gesù e mi aiuta nella mia vita di discepolato, è lo Spirito Santo che rende attraente per me san Daniele Comboni e il suo carisma, è lo Spirito Santo che mi provoca dai segni dei tempi e dai segni dei luoghi e delle realtà di sofferenza per fare di me non un salvatore dei miei fratelli e sorelle, ma uno che cammina con loro, che fa il sinodos con loro, seguendo l’esempio del Buon Samaritano, che usa tutto quello che ha, il suo tempo e i suoi soldi, per facilitare la guarigione del fratello ferito, della sorella maltrattata.
“Lo Spirito del Signore riempie l’universo; egli, che tutto abbraccia, conosce ogni linguaggio” (Sap 1,7). Che Maria nostra Madre ci ottenga la grazia di accogliere lo Spirito Santo nella nostra vita e di lascarlo fecondare la nostra vita consacrata per la missione di Dio. Siamo aiutati da Maria nostra Madre, da san Daniele Comboni e da moltissimi fratelli e sorelle che sono vicini a noi e che pregano per noi.
Nel pomeriggio alcuni capitolari hanno fatto una partita a calcio per rilassarsi.