Giovedì 19 aprile 2018
Erano stati 13 i morti a Columbine nello Stato del Colorado; 26 a Sandy Hook nello Stato del Connecticut; e 17 alla Marjory Stoneman Douglas in Florida. Negli ultimi vent’anni dal 1999 ad oggi 2018 ci sono stati più di duecento assalti di massa (mass shootings) che nel tempo, crescendo in numeri, hanno definito in maniera inequivocabile la continua ecatombe che gli USA stanno vivendo e lo schock e i traumi che queste vittime vivono nelle scuole ma anche in molti luoghi pubblici dove sono successi. Negli Stati Uniti, i nomi di luoghi o scuole sono sempre ricordati con i numeri di morti o di feriti che questi attacchi hanno causato. Ciò che non dicono i numeri dei morti o feriti sono i danni collaterali di questa crisi, prevalentemente americana. I numeri comparati ad altre nazioni a livello universale parlano chiaro: non esiste al mondo un altro paese più incline alla violenza e uccisioni con le armi nei confronti dei propri cittadini.
Adesso basta. Noi siamo il cambiamento
187.000 STUDENTI E 193 SCUOLE
Cominciando con la scuola di Columbine nel 1999 ad oggi, sono stati più di 187.000 studenti di 193 scuole primarie e secondarie che hanno subito e sperimentato spari e attacchi nei loro campus durante le ore di lezione. Gli attacchi nelle scuole comunque rimangono ancora un evento raro perché rappresenta soltanto una piccola percentuale dell’epidemia di violenza delle armi nel paese. Il fenomeno è molto più vasto rispetto agli attacchi nelle scuole soltanto. Ogni giorno e ad ogni ora, ci sono ragazzi o giovani feriti o uccisi. Si calcola che nel paese, 96 persone muoiono ogni giorno per la violenza d’arma da fuoco. Ormai molti genitori, insegnanti e psicologi dicono che le scuole non sono più luoghi sicuri dove mandare i propri figli a studiare. Come dice lo psicologo Bruce D.Perry, un esperto in traumi per bambini e adolescenti: “Non si può più dire e pensare che mandare i figli a scuola siano luoghi protetti e sicuri. Ora anche i figli della classe media e alta borghesia non sono e non si sentono più al sicuro”.
Ed è il caso dei giovani della scuola Marjory Stoneman Douglas, Parkland in Florida dove si è consumato il 14 Febbraio 2018, giorno di San Valentino, l’ultimo degli attacchi omicidi di massa che hanno imperversato in diverse scuole del paese dal 1999. È una scuola per bianchi e latinos di classe media e alta borghesia dove non si era registato in passato nulla del genere. Nessun african-american nella loro lista delle vittime o feriti.
L’omicida, ex studente presso la scuola ed espulso da circa un anno, è un giovane bianco, 19 anni, Nikolas Cruz con problemi vari personali e familiari. Freddamente ha portato a termine questo attacco in 6 minuti e 20 secondi scaricando diversi caricatori sulla folla dei suoi coetanei inermi e terrorizzati. E non è riuscito ad usarli tutti come era intenzionato a fare. Usava il famigerato AR 15, un mitragliatore a carica automatica che spara 45 proiettili al minuto. Questo mitra è stato usato in tutte le stragi degli ultimi anni sia nelle scuole americane ma anche in altri eventi pubblici. Un arma che dovrebbe essere usata soltanto dai militari per le potenzialità di violenza che può causare ma che viene venduto regolarmente ai tutti gli acquirenti nei migliori negozi sportivi e grandi magazzini anche a giovani di 18 anni.
LA PUNTA DELL’ICEBERG
Proprio da questi giovani vittime di Parkland, Florida è venuto il grido di rivolta che sta cambiando lo spirito e la voglia di “combattere” questa staticità su questo immane problema nazionale che sta decimando le giovani generazioni e il futuro del paese da oltre 20 anni. Questa è soltanto la punta di un iceberg che è molto più grande che denota un grande malessere nella società americana non solo nera e latino-americana ma soprattutto bianca e anche di classe più agiate. Una società che è basata sulla violenza ai vari livelli che è sempre più difficile da contenere anche dai vari organi di polizia, sicurezza e protezione in ogni stato degli USA. Oltre ai gravi disagi psichici, traumi, malattie e le migliaia di suicidi che questa società violenta, competitiva e consumista in ogni cosa sta provocando annualmente non solo alle nuove generazioni ma anche a quelle più adulte. Un segno di un declino di valori umani e assoluti che degenerano in una crescita di intolleranza, ingiustizie, razzismo, violenza e incarcerazioni e uccisioni deliberate da parte della polizia e anche di singoli cittadini che sono sempre più armati con le ultime novità sul mercato.
I “mass shootings” assalti di massa a scuole prevalentemente bianche attraggono l’attenzione maggiore di Tv, radio, giornalisti, politici e avvocati. Ma una recente ricerca del quotidiano Washington Post, ha mostrato che gli assalti, ferimenti e uccisioni sono tre volte maggiori nelle scuole di ragazzi e giovani african-americans (16,6% del totale degli studenti). E sono due volte maggiori in quelle prevalentemente di latino-americani (19,5% del totale studenti). I dati ci mostrano come le comunità minoritarie sono quelle più martoriate e a rischio rispetto a quelle bianche. Ma l’attenzione e informazione nazionale è sopratutto rivolta a quelle di razza, colore e cultura bianca. È un trend che è chiaro negli ultimi 20 anni di questi atti violenti e disastrosi che accadono nelle istituzioni educative del paese che tentano di testimoniare inclusione, progresso, democrazia e libertà. Ma questi valori diventano privilegi solo per alcuni e non per tutti. Molte delle sparatorie che avvengono in scuole di african-americans o latinos, in genere non vengono riportate dai giornali o media houses e se avviene lo si fa in maniera più superficiale.
Sempre in base a questa ricerca, in media ci sono state 10 sparatorie all’anno, dal 1999 nella scuola di Columbine, con un minimo di 5 nel 2002 ad un massimo di 15 nel 2014. Un crescendo straordinario se si pensa che soltanto in questi primi tre mesi dell’anno 2018 sono già state 11 sparatorie, l’ultima alla metà di Marzo nella Great Mills High school in St. Mary County nel Maryland, qualche settimana dopo quella a Parkland in Florida. È stata uccisa una ragazza di 16 anni dal suo ex fidanzato, diciassettenne, che si è suicidato subito dopo. Sono state eseguite in 36 stati su 50 degli Stati Uniti d’America, sia nelle grandi città, in quelle più piccole, nelle campagne e nelle periferie.
In un’altra ricerca specializzata si riportano che solo nelle scuole dal 2005 al 2018 (Parkland, Florida) ci sono stati 526 morti e 1424 feriti e diverse centinaia di assalti. Con un andamento sempre in crescendo in base anche al tipo di arma usato, sempre più aggiornato e letale. E sempre più con killers solitari.
MILIONI DI ARMI
Dobbiamo tenere conto che negli STATES ci sono oltre 357 milioni di armi (Fonte: Congressional Research Service) che sono nelle mani dei cittadini e non dell’esercito. Negli USA ci sono 320 milioni di cittadini e rappresentano il 4,4 % della popolazione mondiale. Ma i cittadini americani posseggono il 42% delle armi mondiali acquistate da singoli cittadini. Ma un dato richiama l’attenzione: soltanto il 20% della popolazione americana ha circa il 65% del totale delle armi nel paese. Ciò significa che ora ci sono meno persone che hanno armi rispetto a qualche anno fa ma le stesse ne hanno molte di più e sono diventate sempre più pericolose.
Armi leggere a mano e anche superautomatiche, e di ultima produzione e sempre più letali e sofisticate. E siccome il business delle armi ha un grande fatturato di miliardi ogni anno la NRA (National Rifle Association) continua a sponsorizzare la vendita di nuove armi leggere nel paese. Ma la stessa organizzazione e più importante lobby armiera mondiale esporta da sempre miliardi di dollari in armi leggere e pesanti in tutto il mondo. Quando i cittadini si domandano chi porta le armi in Siria, Arabia Saudita, Libia, Africa e Medio Oriente e in altri parti del mondo non devono dimenticare che gli USA sono il primo produttore di armi mondiale, seguito quasi da vicino dalla sua grande “amica/nemica” Russia. Nell’era Trump e Putin si fa sempre più fatica a capire i limiti e i confini tra questi due leaders al potere. Quello che è certo, tutto questo va a discapito di una politica mondiale più attenta alla sicurezza mondiale, alla pace, allo sviluppo integrale delle persone, alla sana diplomazia, ad un bene comune e alla democrazia per tutti. Invece diventa sempre più pericolosa in tutti i vari ambiti economici, sociali, militari e ambientali. Non a caso recentemente Trump ha di nuovo sottoscritto un accordo con l’Arabia Saudita per un’altro miliardo di dollari di armi. E seguiva l’accordo stipulato nel Maggio 2017, nella sua prima visita all’Arabia Saudita da Presidente degli USA dove firmò un accordo colossale di “110 miliardi di dollari” per una commessa di armi. Ma che dovrebbero diventare “350 miliardi di dollari” nei prossimi 10 anni. Una potenza devastante per qualsiasi paese e continente al mondo! E proviamo ad indovinare dove andranno a finire queste armi nei prossimi anni? Chi le userà? Il Medio Oriente e l’Africa sono sempre il target preferito di una politica mondiale americana e dei suoi alleati sauditi che combattono le proprie guerre sia militari ma anche economiche in queste due aree del mondo tra le più martoriate e abbandonate dell’universo. Guerre per procura per il controllo di popoli e nazioni e soprattutto delle grandi risorse naturali che abbondano in questi continenti contro il potere militare ed economico di Russia e Cina.
NAZIONE A STELLE E STRISCE
Ma ciò ci rivela come nella storia “la nazione a stelle e strisce” sin dalla fondazione dello Stato 250 anni fa abbia basato fortemente il loro passato, presente e soprattutto il loro futuro sulle armi. Quasi una “vocazione” all’uso della violenza e delle armi insito nella propria storia ancestrale di conquista dei territori vergini del “famoso Far West” contro la decimazione degli Indiani d’America, la guerra di secessione, dell’uso di schiavi e poi l’abolizione della schiavitù del Sud del paese. Ma anche nel costruire quello che poi sarà un dominio mondiale americano nel mondo, sia politico, economico, culturale e sempre più militare.
E’ interessante notare come le morti per arma da fuoco, per incidenti relativi ad arma da fuoco rispetto a quelle avvenute durante le guerre degli Stati Uniti durante la sua storia di fondazione e le guerre condotte da propri soldati in altre parti del mondo siano nettamente superiori rispetto alle seconde. E anche con un lasso di tempo molto inferiore.
Infatti dal 1968 al 2015 ci sono stati 1,53 milioni di morti per incidenti da arma da fuoco nel paese. Mentre dal 1775 al 2017 sono morti in guerra dentro e fuori il paese 1,2 milioni di vittime (Fonte NBC: Centers for disease control and prevention, US Department of Veterans Affairs, www.icasualties.org).
Quindi gli interessi dell’NRA non si limitano solo alla vendita interna nazionale ma anche a quella internazionale. E non a caso l’NRA ha buoni rapporti con il Presidente Trump e molti parlamentari non solo Repubblicani ma anche Democratici perché questa associazione sponsorizza con milioni di dollari le campagne politiche dei candidati al parlamento nei vari stati americani. Poi si paga dazio aiutando l’NRA a ottenere ciò che è d’interesse comune, cioè il maggior profitto nella produzione e vendita di armi sia nel paese che all’estero. L’obiettivo è essere sostenuti nelle varie iniziative che i parlamentari “alleati e corrotti” si accingono a proporre ai vari livelli sia nazionali che dei loro rispetti stati di rappresentanza. Questa dinamica è stata quella che ha sempre messo al tappeto ogni iniziativa da parte dell’ex presidente Barak Obama e i Democratici nel periodo della sua presidenza. Non riuscivano a far passare nessun cambio ad emendamenti per un maggior controllo sulle armi leggere nel paese. Il dramma degli assalti di massa nelle scuole e pubblici come abbiamo visto continuava a crescere arrivando a dei livelli assurdi in questi tempi. Ma mai nessuno era riuscito a sbloccare questa situazione di immobilità. L’NRA era sempre stata capace di far passare il momento emotivo e di “motivare” sia i rappresentanti politici che i media sull’importanza delle armi per difesa personale e nazionale. Nonostante una ricerca dell’Università Columbia in USA abbia analizzato sistematicamente 130 studi eseguiti in 10 paesi diversi, compreso gli USA, che hanno confermato ancor di più come un maggior controllo delle armi nelle varie nazioni studiate ha portato a sempre migliori risultati di sicurezza. Sia nella diminuzioni di morti e feriti ma anche nella riduzione della vendita delle armi stesse e di conseguenza una maggiore sicurezza e stabilità per tutti.
WELCOME TO THE REVOLUTION
Centinaia di migliaia di dimostranti si sono radunati nella capitale Washington , Sabato 24 Marzo 2018, e in altre 800 città americane e nel mondo per protestare, chiedere azioni contro la violenza delle armi e maggior controllo e ricordare le morti non solo dei 17 amici studenti morti in Florida ma anche per quelle migliaia che sono morti innocentemente e chiedendo un futuro per le nuove generazioni.
Ho scelto di essere tra loro e con loro in questa manifestazione per eprimere la mia solidarietà e vicinanza in un momento importante di dolore ma anche di coraggio e voglia di riscatto. Di lotta comune per tutti i ragazzi, giovani e persone che sono state spazzate via da una violenza inaudita in tutto il paese che non riesce più a controllare le armi che produce, che usa e che esporta nel mondo. Come un boomerang che si ritorce contro, una società che condanna il proprio futuro annientando violentemente e coscientemente le future generazioni.
Queste centianaia di migliaia di giovani che sono venute a Washinton da tutto il paese ma anche quelle che hanno organizzato altre analoghe manifestazioni erano molto coscienti di ciò che stavano attuando e portando avanti. Adolescenti che hanno dovuto crescere in fretta per affrontare la vita che si è presentata in maniera violenta e fredda. La risposta molto forte stavolta, dopo tanti eccidi precedenti di questi ultimi vent’anni, è stata davvero veemente e determinata.
C’erano quasi 700-800 mila persone alla marcia di Washington in una giornata bellissima di sole e piena di entusiasmo e di colore. Tanta gente veramente e non di soli giovani e famiglie. Tanti banners e slogans con una creatività notevole e variegata. Ma con uno slogan unico: Enough is enough! Che l’immobilità e insensibilità dei politici non era più tollerata!
Il movimento di questi giovani sopravvissuti al massacro di Parkland/Florida era stato capace in un mese di coinvolgere tutte queste migliaia di persone dovunque. Milioni di persone si sono mosse in tutto il paese e all’estero.
Questa storica “Marcia per le Nostre Vite” è stata ideata e organizzata da loro per chiedere al Parlamento Americano di promuovere e approvare immediatamente leggi più restrittive sulla vendita e uso delle armi nella nazione a stelle strisce. Per fermare definitivamente l’epidemia di uccisioni e assalti violenti nelle scuole del paese, condannando bambini, adolescenti e giovani ad essere vittime sacrificate all’altare dell’idolo delle armi. Questa manifestazione è stata possibile anche attraverso la sponsorizzazione di persone come Winfrey Oprah, George Clooney e sua moglie Amal e altre celebrità americane che hanno donato a questi giovani intraprendenti molti fondi, per questa e altre iniziative. Per poter gridare le proprie paure e delusioni, ma anche i sogni, la speranza e il diritto alla vita al Presidente Trump, al Parlamento e al mondo che la vita è molto più importante delle armi e di qualsiasi assurdità di guerre e divisioni.
“Ai leaders, agli scettici e cinici che ci hanno detto di sederci, di stare in silenzio e di aspettare il nostro turno: Welcome to the revolution! Benvenuti alla Rivoluzione!” sono state le prime parole di Cameron Kasky, 17 anni, uno studente della scuola di Parkland di fronte a una marea di gente che in piedi davanti al Capitol Hill, Parlamento Americano in Pennsylvania Avenue salutava con un grandi applausi e con gioia alle parole che sarebbero seguite per tre ore ininterrotamente. “Da quando è iniziato questo movimento, molta gente mi ha chiesto se pensavo che da tutto questo sarebbe venuto qualcosa di buono. Guardatevi intorno….Noi siamo il cambiamento!!“ E ancora: “O rappresentate la gente o lasciate quel posto. O vi schierate con chi soffre oppure state attenti. I votanti stanno arrivando!” Un messaggio che sarà sempre più chiaro durante tutto il trascorrere dell’evento nei confronti dei politici in parlamento. E la folla rispondeva ripetutamente durante l’evento: “Vote them out!” “Non votateli più!”
4 MILIONI DI NUOVI ELETTORI
In effetti, per le ravvicinate elezioni di Novembre 2018 ci saranno 4 milioni in più di elettori nel paese e saranno proprio questi giovani che compiranno il loro 18° anno. Che potranno votare contro ciò che non accettano più: immobilismo perpetuo, lobby, business, corruzione e nessuna attenzione a chi sta soffrendo e non solo nelle scuole. La marcia in Washinton è stato un mix di attivismo politico, qualche canzone di famosi cantanti come Ariana Grande, Miley Cyrus, Demi Lovato, Common, Manuel Miranda molto conosciuti da questi adolescenti e giovani. Un esprimere la grande tragedia ed emozione dei traumi vissuti durante questi eventi terrificanti e violenti. Adolescenti, ragazzi e giovani che con grande freddezza a volte ma anche con tante emozioni e pianti raccontavano ciò che hanno vissuto e visto morire amici, fratelli e sorelle o persone che erano parte importante della loro vita. E sul palco ci sono stati solo loro, nessun adulto! Uno dietro l’altro una trentina di questi ragazzi e giovani che si sono susseguiti con discorsi davvero molto precisi e attenti, con tanta determinazione, passione e voglia di cambiamento. Le loro richieste sono state chiare e precise: abolizione delle armi automatiche di assalto, proibizione della vendita di caricatori ad alto numero di proiettili, alzare l’età per chi è autorizzato a comprare armi dai 18 ai 21 anni, un controllo maggiore di chi compra le armi, della loro stabilità mentale e storia personale. Ma Kasky afferma che questo non avverrà se i suoi coetanei sparsi in tutto il paese non si mobiliteranno perché questo possa avvenire. Ma sta avvenendo davvero!
SENTITE… STANNO GIA’ TREMANDO
David Hogg, 17 anni e studente di Parkland e tra gli organizzatori del movimento, ha detto alla folla assiepata davanti a Capitol Hill, che “… potete già sentire la gente al potere che sta tremando …” Riferendosi alle prossime elezioni di Novembre 2018. “Sono sempre stati abituati ad essere protettivi delle loro posizioni, la sicurezza dello status quo” ha detto prima di lanciare un avvertimento chiaro ai candidati che sono sponsorizzati per le loro campagne elettoriali dal NRA, National Rifle Association. “A questi politici aiutati dalla NRA che continua a sostenere il macello dei nostri ragazzi e del nostro futuro …. dico …. preparatevi a ricominciare da zero!”
Nonostante moltissimi sostenitori durante questi primi mesi, si registrano anche diverse voci contrarie all’abolizione di armi e cancellazione di amendamenti. Attacchi verbali a volte diffamatorie e offensive nei confronti di questo movimento spontaneo di giovani che allo stesso tempo sono state vittime di attacchi armati violenti e devastanti. Ma questi giovani sono andati avanti con coraggio e determinazione nonostante accuse false e contradditorie espresse da politici, presentatori di programmi Tv e dai leaders della NRA e suoi sostenitori.
L’NRA ha postato su facebook un messaggio lo stesso giorno della marcia dicendo che “…la “marcia per le nostre vite” è stata “orchestrata” da milionari che odiano le armi e dalle elites di Hollywood…. manipolando e sfruttando ragazzi secondo i loro piani per distruggere il Secondo Emendamento e togliendoci il nostro diritto di difenderci e difendere i nostri cari….”
Emma Gonzalez, 18 anni, è salita sul palco vestita come molte ragazze della sua età e ha raccontato dei “lunghi, strazianti, dolorosi e caotici momenti di quel pomeriggio di sole” e gli studenti che aspettavano fuori dalla scuola Stoneman Douglas durante il giorno degli spari dove tutti scappavano all’impazzata per trovare un luogo sicuro. Con le lacrime che gli scendevano dagli occhi, ma con determinazione, Emma è stata capace di rimanere in silenzio per più di 4 minuti dopo aver introdotto il suo discorso, rievocando così il tempo che Nikolas Cruz, il giovane killer, ha potuto portare a termine il suo attacco. In tutto 6 minuti e 20 secondi. E la gente in silenzio, piano piano iniziava a gridare ripetutamente “Never again…!” “Mai più…mai più!” Alla fine del suo silenzio poche parole: “Lottate per le vostre vite prima che sia qualcun altro a prendervi la vita!”
I GIOVANI DI PARKLAND E GLI ALTRI
I giovani della scuola di Parkland non hanno voluto soltanto rievocare la loro esperienza ma avevano invitato tantissimi giovani da diverse scuole del paese soprattutto quelle che avevano avuto esperienze dolorose come la loro. Ed erano tante! E quelle latino e afro-americane sono fra quelle che esperimentano maggiormente questi eventi violenti, uccisioni e ferimenti in maniera notevolmente maggiore rispetto a quelle di scuole per giovani bianchi. E anche questi giovani da diverse città e villaggi americani hanno mostrato tanta determinazione e unione di intenti con gli studenti delle altre scuole. Un unico grido di dolore che metteva tutti insieme per una lotta e bene comune. Perché la richiesta di sicurezza e protezione non è solo per le scuole dove studiano e dove dovrebbero essere in salvo da violenza e da atti criminali. Ma per molti di questi giovani l’andare e tornare a scuola è un pericolo quotidiano. Nella vita di tutti i giorni la lotta per la sopravvivenza contro le armi che uccidono è una via crucis inevitabile. Un male che è davvero più grande di ciò che si mostra al mondo.
Edna Chavez, 18 anni, una studentessa da Los Angeles, ha alzato la sua mano al cielo per salutare la folla in spagnolo e in inglese. Con un emozionante discorso, ha raccontato il trauma giornaliero delle violenze armate che ogni giorno vive la sua comunità. “Ho vissuto nel sud di Los Angeles da sempre e ho perso per la violenza delle armi molti delle persone a me più care.” Ha commentato. “Questo è normale. Normale al punto che ho imparato come schivare le pallottole prima ancora di imparare a leggere.” Edna ha perso suo fratello Riccardo ucciso da colpi di arma da fuoco. “Per decenni la mia comunità di Los Angeles South è diventata “famigliare” a questa violenza. È normale vedere candele per ricordare i morti. È normale vedere i poster di chi è stato ucciso per ricordarli. È normale vedere palloncini come ricordo. È normale vedere fiori per onorare giovani e ragazzi neri o latinos che sono stati uccisi da una pallottola”.
Come la più giovane tra gli studenti, Naomi Wadler, 11 anni, che come tutti gli altri giovani ha intrattenuto la grande folla con discorsi preparati da loro ma con grande eloquenza e capacità di espressione e competenza. Pochi minuti ciascuno ma ben preparati e studiati. Senza perdite di tempo o di gloriarsi personalmente. Ricordando i propri amici, professori e parenti uccisi e a volte piangendo con coraggio davanti a una folla silenziosa.
Naomi Wadler, la più giovane studentessa e afroamericana, ha voluto ricordare con un potente discorso alla nazione di soli 4 minuti, tutte le giovani donne afro-americane che sono sproporzionalmente rappresentate tra le vittime di violenza con le armi. La folla ha continuamente battuto le mani e sostenuto con ululati di gioia e di incoraggiamento. “Sono qui per riconoscere e rappresentare le ragazze e donne afro-americane le cui storie non arrivano ai titoli dei maggiori giornali nazionali, le cui storie non sono nelle headlines delle Tv. Rappresento le donne afro-americane che sono vittime di violenza armata che sono semplicemente statistiche invece di essere considerate vibranti e meravigliose ragazze e donne piene di potenzialità! Per troppo tempo questi nomi, queste giovani afro-americane sono state solo numeri. Sono qui per dire e gridare a tutti “Never again! Mai più, mai più!” anche per queste giovani donne!”
“Noi siamo ancora alle scuole elementari, ma sappiamo…conosciamo. Sappiamo che la vita non è giusta per tutti. E sappiamo ciò che è giusto e ciò che non lo è! Sappiamo anche che siamo qui all’ombra del Capitol Hill, Parlamento americano. E sappiamo bene che abbiamo anche noi sette anni davanti per avere il diritto di votare!”
I GIOVANI PRENDONO L’IMPEGNO NELLE LORO MANI
E così questa responsabilità pesante ricade sui giovani di oggi a condurre questa nuova lotta. Così come altri giovani di altre generazioni nel passato hanno preso su di sé responsabilità per forzare gli Americani a rendersi conto di assurdità, maledizioni e scelte di morte. Erano condotti dallo spirito di protesta. Quello spirito c’era quando nel 1960, studenti di quattro colleges hanno organizzato un sit-in a un pranzo per soli bianchi ai grandi magazzini di Woolworth a Greensboro, NC.
Lo stesso spirito c’era nel corso degli anni successivi quando studenti bianchi e neri viaggiarono insieme su pulman e treni verso il profondo Sud degli States violando le famose leggi segregazioniste Jim Crow. Lo stesso spirito ha ispirato nel 1963 a Birmingham, Alabama, quando studenti dalle elementari alle superiori marciarono insieme lasciando le loro classi protestando contro la segregazione razziale guadagnandosi l’appellativo di “I ragazzi della crociata del 1963”. E come non ricordare lo spirito che ha ispirato le marce e lotte di giovani contro la guerra in Vietnam e in Sud Est asiatico, contro le armi nucleari e il degrado dell’ambiente. Tanti giovani “Davide contro il solito Golia!” Il sogno e la creatività contro la forza e la violenza!
Così anche oggi questi giovani stanno prendendo nelle loro mani la responsabilità di scuotere e stimolare questo sistema, provocare le coscienze degli adulti, dei politici e della società troppo indifferente, passiva ad alzare anche un solo dito contro il terrore che potrebbe portare via le vite anche dei loro figli e nipoti. E aprire la mente e il cuore al di là dei propri confini geografici verso il mondo dove ci sono milioni di bambini, giovani, donne e anziani che vivono questi drammi quotidianamente senza aver visto giorni di pace, stabilità e sicurezza per il futuro di tutte le generazioni.
Qualcuno dice che questo movimento si scoglierà come neve al sole. Qualcun altro invece crede profondamente che questi ragazzi e giovani che rappresentano una generazione vittima di un ventennio di violenza e immobilità politica, siano una grande risorsa per il futuro del paese e anche per il mondo. Un ritorno dei giovani alla “coscienza politica impegnata” per cambiare status quo e un sistema che sta diventando un cancro che uccide lentamente una società americana alla deriva sempre più anche dai valori che ha sempre sbandierato orgogliosamente: democrazia, libertà, integrazione e apertura ai popoli del mondo.
Ma gli studenti di Parkland e i loro coetanei nel paese hanno già avuto un grande impatto e dei risultati in questo dibattito sulle armi e violenza. I parlamentari dello Stato della Florida, uno stato che è sempre stato un laboratorio per l’uso indiscriminato delle armi, hanno approvato nel mese di Marzo una prima legge per il controllo delle armi da oltre 20 anni che non avveniva. Questo provvedimento è stato possiible per la pressione degli studenti sopravvissuti del Stoneman Douglas Parkland/Florida. E qualche provvedimento si è già visto anche a livello di governo federale. Ma non è ancora abbastanza!
I giovani del movimento, continueranno a visitare tante altre scuole in giro per gli Stati Uniti per portare solidarietà e sostegno ai milioni di studenti che vivono le loro stesse esperienze e coordinarsi per rafforzare questo movimento che è agli inizi ma che ha prospettive di impegno di coscienza e politiche molto interessanti e vitali per il loro futuro. Ci sarà il 20 Aprile 2018 ancora una marcia nazionale per ricordare l’anniversario del primo attacco ad una scuola nel 1999 a Columbine nello stato del Colorado. Altre marce seguiranno in molte capitali dei 50 stati del grande continente nord americano.
I HAVE A DREAM: ENOUGH IS ENOUGH!
Quasi al termine dell’evento un’ospite speciale è stata introdotta da una delle giovani vittime dell’attacco a Parkland. L’ospite era Yolanda Renee King, 9 anni, giovane nipotina del grande e rimpianto pastore e attivista per la pace e contro il razzismo, Martin Luther King Jr.. E’ salita a sorpresa sul palco della marcia e ha citato il nonno Martin Luther dicendo di avere anche lei un sogno: “Enough is enough! Un mondo senza armi". Poco distante da lì, il National Mall dove il nonno, nell'agosto 1963, tenne il celebre discorso "I Have a Dream" auspicando la fine del razzismo negli Stati Uniti. "Mio nonno aveva un sogno, che i suoi quattro figli non fossero giudicati per il colore della loro pelle ma per il loro carattere. Io ho un sogno che questo sia un mondo senza armi", ha detto la bambina, trascinando per ben tre volte la folla in un urlo cantato insieme: "Spargete la voce che avete sentito, in tutto il paese, noi saremo una grande generazione!”
Sarà solo un sogno o diventerà sempre più una gradita realtà?
Padre Daniele Moschetti
Missionario comboniano