Sabato 10 ottobre 2015
Padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie (nella foto) conosce bene la faticosa realtà che vivono quotidianamente i missionari in tanti Paesi dell'Africa. Nato in Etiopia nel 1969, è il nuovo superiore generale dei Missionari Comboniani. Con lui uno sguardo missionario sul mondo in via di sviluppo, senza trascurare Europa e Nord America. Non nasconde i rischi che si corrono nel rapporto con i movimenti fondamentalisti. “Il rapporto con i movimenti fondamentalisti musulmani è difficile. Molti dei nostri fratelli cristiani hanno pagato con la vita e con il martirio la loro appartenenza a Cristo”.
[Intervista di Riccardo Benotti].

Padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie conosce bene la faticosa realtà che vivono quotidianamente i missionari in tanti Paesi dell’Africa. Nato in Etiopia nel 1969, p. Tesfaye è il nuovo superiore generale dei Missionari comboniani, eletto dalla quasi totalità dei capitolari riuniti a Roma per valutare il cammino realizzato finora e interpretare i segni dei tempi nella Chiesa e nel mondo. Tra gli incarichi ricoperti, è stato anche responsabile della formazione di base e delle province dell’Africa anglofona e del Mozambico.


Per la prima volta un africano è alla guida dei 1.800 missionari attivi in 40 Paesi…
“Quando parlava della sua opera, il nostro amato fondatore diceva che essa è ‘cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana’. Comboni aveva già coinvolto gli africani nella missione di evangelizzazione e molti di loro – sacerdoti, fratelli, suore e laici – fanno parte da decenni della famiglia comboniana. Il gruppo di origine africana sta crescendo all’interno del nostro Istituto. È normale, perciò, che anche noi partecipiamo alla vita della Congregazione. Da parte mia, assumo il servizio che mi è chiesto con spirito di grande responsabilità e con umiltà”.

Una ricerca del Pew Research Center sostiene che il cristianesimo è destinato ad abbandonare quasi del tutto Europa e Nord America. È un’ipotesi che condivide?
“Non penso che il cristianesimo sia destinato a sparire da Europa e Nord America, anche se molte persone mostrano in apparenza meno interesse per la religione. Allo stesso tempo, però, c’è gente che vive profondamente la fede. Il movimento di popoli e l’immigrazione hanno avuto un grande impatto sull’attività di evangelizzazione dei continenti: l’Europa e il Nord America, che accolgono tanti migranti, stanno attraversando una stagione di rinnovata vivacità sia come Chiesa sia nell’impegno dell’annuncio del Vangelo”.

Si prevede anche che l’Africa subsahariana diventerà nel 2050 il cuore del cristianesimo…
“Nel nostro continente africano il lavoro di evangelizzazione cresce in numero e profondità. Siamo contenti che, in Africa, il Vangelo sia proclamato e Gesù e il suo Regno predicati. In questo modo, la Buona Notizia diventa sempre di più grazia che converte e forza che dà speranza alle popolazioni per una trasformazione delle nostre società”.

L’Europa è diventata terra di missione?
“Il significato del termine missione ha avuto tanti sviluppi e mutamenti negli ultimi decenni. Nella Evangelii Gaudium, ad esempio, Papa Francesco ci ricorda con forza che ‘l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa’. Proprio di questo ha voluto riflettere, discutere e discernere il nostro Capitolo generale. In una visione globale di missione, dunque, l’Europa continua a essere un contesto di annuncio e di evangelizzazione”.

I comboniani sono presenti in tanti Paesi che vivono conflitti religiosi. È possibile un dialogo con i musulmani?
“Il prossimo 28 ottobre si celebra il 50° anniversario della dichiarazione conciliare Nostra Aetate. La Chiesa cattolica e le nostre comunità cristiane hanno percorso un lungo cammino nel solco del dialogo interreligioso, sia prima che dopo il Vaticano II. Oggi si può dire che il dialogo interreligioso non è un optional ma è obbligatorio. Con i nostri fratelli musulmani abbiamo un dialogo di vita che, in certi casi, si traduce in servizio comune a favore dell’umanità bisognosa e sofferente. Altri, tra noi, realizzano il dialogo nel campo dello scambio teologico e delle esperienze spirituali”.

Che cosa significa essere missionario?
“Durante il Capitolo generale abbiamo parlato della missione che è cambiata nei suoi concetti teologici, nella distribuzione geografica e nella composizione. Oggi nelle missioni siamo chiamati a servire nell’umiltà e ad assumere un nuovo ruolo: dobbiamo diventare più collaboratori, servitori, ‘compagni di cammino’ dentro le chiese locali e in relazione con sacerdoti, religiosi, religiose e laici, applicando una metodologia di evangelizzazione contestualizzata”.

Dove sono presenti i comboniani?
“Da Macao alla Repubblica Centroafricana, dall’Amazzonia al Sudan. I nostri confratelli sono impegnati in contesti difficili ed esigenti: in Sud Sudan, in Centrafrica, fra gli afro-discendenti e gli indigeni nelle periferie del continente americano, con gli immigranti di Castel Volturno o in altri luoghi d’Italia e d’Europa. Il mondo comboniano è, nel suo insieme, sano, forte e generoso nella missione”.

È spaventato dal calo delle vocazioni?
“Se da un lato registriamo un calo di vocazioni in Europa, dall’altro assistiamo a un aumento delle stesse in zone come l’Africa. Dio che pensa alla sua missione, che ha suscitato san Daniele Comboni e ha ispirato molti a camminare sulle sue orme, ci sta dando ancora nuove vocazioni nei diversi continenti in cui siamo presenti”.
Riccardo Benotti