Il Comboni animatore delle chiese locali in Europa: la missione "ad gentes" continua. Come? Dove?

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(Articolo pubblicato sull'Osservatore Romano)

Il 2 marzo 2003 il settimo successore del Vescovo Daniele Comboni nella sede di Khartoum, Mons. Gabriel Zubeir Wako scrisse:
"Nello spirito del vescovo il Beato Daniele Comboni rivolgo questa lettera aperta a tutti. Ma in modo particolare intendo indirizzarla ai miei fratelli nell’Episcopato di tutto il mondo e a tutte le donne e gli uomini che hanno seguito con amore la tragica guerra che ha segnato il Sudan e in particolare le regioni del sud che sono state le più colpite e che sono tuttora le meno sviluppate del paese… È in questo contesto che oggi voglio rilanciare la campagna per un’Università Cattolica in Sudan".

Il resto della lettera è un susseguirsi di motivazioni presentate con ardore e mirate a "coscientizzare le chiese alla situazione Sudanese". Quest’appello dell’attuale Arcivescovo di Khartoum, richiama alla mente l’entusiasmante animazione missionaria di Daniele Comboni nelle varie Chiese locali nell’Europa del suo tempo. Daniele Comboni ha osato sognare il "Piano per la Rigenerazione dell’Africa" (1864) che lui percepì come ispirato da Dio. Con coraggio contattò personalmente molti dei vescovi al Concilio Vaticano I. Consegnò loro il "Postulato" assieme alla lettera circolare a tutti i Padri Conciliari. Lo mandò alla Congregazione di Propaganda Fide; lavorò tanto da farlo sottoscrivere dal Papa come argomento da trattarsi in Concilio. Era giunta l’ora dell’Africa e bisognava intervenire presto e con efficacia. Attraverso il Concilio tutta la Chiesa Cattolica si sarebbe impegnata in un intervento massiccio per "l’Evangelizzazione dell’Africa".
"Vi furono e ci sono ancora oggi degli uomini che senza paura dei pericoli, percorrono arditamente quelle aride e sconfinate regioni, spinti dal desiderio della gloria umana e dell’avidità del guadagno. Quanto è più conveniente che gli operai cattolici affrontino le stesse fatiche per educare alla fede di Cristo le infelicissime popolazioni di quelle terre e provvedere così alla loro salvezza eterna". Purtroppo il Concilio Vaticano I non poté far nulla per quel continente perché fu sospeso a causa degli avvenimenti politici con la presa di Porta Pia. La storia umana della chiesa, talvolta inceppa anche i tempi della storia della salvezza.

Daniele Comboni ha viaggiato in lungo e largo tutta l’Europa; ha letteralmente "tempestato" re, imperatori, regine, la stessa curia romana, associazioni cattoliche e laiche, personalità varie portando concretamente ed in una maniera molto efficace l’urgenza dell’evangelizzazione dell’Africa. Dall’ottobre del 1864 al 7 marzo 1880 Comboni intraprese sei viaggi per coscientizzare l’Europa e la Chiesa Cattolica sull’estremo ed urgente bisogno di assumere in proprio la responsabilità di far brillare per Cristo e nella Chiesa questa "perla nera dell’Africa", la più dimenticata e la più abbandonata.  

Lo scopo dei suoi viaggi fu quello di suscitare una partecipazione motivata ed efficace di tutti i cattolici del mondo alla soluzione del problema dell’Africa. Vedeva nella sua azione missionaria un valido strumento per far conoscere il suo Piano per la rigenerazione di questo continente. Il Comboni era un uomo molto pratico. Ovunque andava chiedeva sussidi per conferire stabilità alle proprie istituzioni; promuovere vocazioni e suscitare e mantenere fruttuosi contatti con persone e associazioni.

Nel primo viaggio (ottobre 1864 - giugno 1865) spese tutto il suo tempo per far conoscere il Piano quale strumento valido alla soluzione del problema urgente dell’Africa nera. A tutti spiega che è necessaria una partecipazione generale di tutti i cattolici del mondo.

Di breve durata il secondo viaggio (ottobre-novembre 1866): arriva alla Chiesa di Londra, retta dal card. Vaughan, e concepisce la segreta intenzione di fondare un proprio istituto. Condivide i suoi pensieri anche col vescovo di Verona.

Luglio1868 - febbraio 1869: convinto che la preghiera ha da sostenere l’attività missionaria si porta al santuario della Salette, dove consacra la Nigrizia alla Vergine; visita la tomba del Curato d’Ars; ovunque passa chiede la presenza orante di claustrali per riuscire a "portar la luce della fede nell’interno dell’Africa".  

Dal dicembre 1870 all’ottobre 1871 punta sulla Russia, ma si ferma a lungo a Vienna. Da qui con un’intensa corrispondenza mira a orientare l’opinione pubblica dei cattolici per far risorgere il vicariato apostolico dell’Africa centrale. Interviene al "Katholickentag" di Magonza (14 settembre 1871) lanciando il suo motto "O Nigrizia o Morte".

Nel suo penultimo viaggio dopo la consacrazione episcopale (agosto- novembre 1877) darà una conferenza missionaria molto commovente a Notre-Dame des Victoires a Parigi. Riparte per il Sudan. Di rientro in patria, sfibrato dalle febbri tropicali, compie una serie di visite a varie città italiane (1879-1880). Fa visita a Sua Eccellenza mons. G. Massaja, da poco espulso dall’Etiopia, per "attingere presso il veterano delle africane battaglie una scintilla di quello zelo apostolico" prima di ritornare definitivamente a Khartoum dove muore il 10 Ottobre 1881.

Il suo epistolario è fittissimo; ad esso ricorro – riferendo il numero della lettera – per comprendere il suo animo. I suoi rapporti a Propaganda Fide, al Vescovo di Verona, alle associazioni di sostegno sono precisi, illuminanti e hanno sempre il sapore dell’esperienza diretta. Hanno la freschezza dei rapporti narrativi. In una sua lettera dice di aver scritto più di 1347 lettere in cinque mesi (2460) e che ne ha più di 900 da scrivere nelle cinque parti del mondo (3334). Comboni pensava anche alla possibilità di andare in America. La motivazione dei suoi viaggi è sempre l’animazione missionaria. E molto seriamente dice che bisogna scrivere molte lettere per cavare dalla "barba di S. Giuseppe aiuti pecuniari" (5084).

Il Comboni fa pregare per l’Africa. Si può dire che in ogni suo documento c’è questa richiesta di preghiera. Ed è riuscito ad interessare 200 conventi e monasteri che pregano (1888). "In Francia, in Belgio, in Germania, in Italia, ho più di 200 case religiose che pregano il buon Dio che io riesca a portare la luce della santa fede nell’interno dell’Africa, ove già più volte fui vicino alla morte e ove più di 30 missionari di fatto sono morti".

Comboni usò tutti i mezzi allora a sua disposizione quali la stampa, giornali e periodici. Ricordiamo ancora il Piano che scrive in pochi giorni e d’intuito (1864). Lo fa stampare e distribuire. Così pure prepara con cura il Postulato per i Neri dell’Africa e la lettera Circolare ai Padri Conciliari ricordati sopra. Lo distribuisce personalmente a molti perché facciano loro il suo grido: "La Chiesa Cattolica intervenga". Manda articoli e informazioni; chiede abbonamenti e si coinvolge nella fondazione di un periodico (1510). "Esso sarà il giornale che farà conoscere al pubblico l’Opera per la rigenerazione dell’Africa". Gli Annali, le Gazzette, i Bollettini, i Giornali locali che il Comboni riceveva e a cui mandava articoli di vario interesse erano più di una quarantina.

Nel suo impegno per l’Africa il Comboni ha sempre di mira tutti gli aspetti dell’Animazione Missionaria: vocazioni, preghiere, aiuti… ma sopratutto far conoscere l’Africa nei suoi problemi concreti. In particolare esalta sempre la grandezza della vocazione missionaria; sottolinea quindi con entusiasmo e forza la promozione vocazionale. Scrive: "Lascio poi che il mio sguardo scorra sulla parte eletta del gregge di Gesù Cristo e contemplo i più fiorenti seminari delle preminenti diocesi del mondo cattolico, e vorrei scegliere tra di loro i giovani più forti, i fiori e le speranze del sacerdozio, per spronarli a volgere con un gesto eroico le spalle al mondo, a lasciare la loro patria e a correre in aiuto di quegli infelici, a spezzare le catene della loro schiavitù e a portar loro la lieta novella, la fede cattolica" (1544). Invita ordini religiosi, istituti, diocesi a mandare sacerdoti, chierici, laici artigiani per salvare l’Africa, che "languisce quasi abbandonata nella sua miseria, senza Pastore, senza Apostoli, senza Chiesa e senza Fede".

Ritengo importante sottolineare – brevissimamente e senza pretesa di completezza – questo percorso di animazione voluto dal Beato Daniele Comboni per spingere le Chiese d’Italia e d’Europa verso nuovi impegni di comunione e fraternità con il mondo africano. A distanza di 122 anni dalla sua morte questa nostra Italia, l’Europa e le chiese vivono in situazioni talmente diverse e complesse che fare un tentativo di lettura della realtà alla Comboni sembrerebbe quasi presuntuoso, ma non ci farà del male.
La Chiesa del vecchio continente europeo è messa duramente alla prova da difficoltà e problemi che si acuiscono sempre più col passar del tempo, quali la mancanza di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, i disagi della famiglia, dei giovani, la perdita dell’identità cristiana da parte di molti, i disoccupati, gli emarginati, gli immigrati, la salute, il dolore e la sofferenza, una vita pubblica minata dagli interessi personali, corruzione e menefreghismo. Le sfide sono enormi: la ricerca affannosa per mettere basi ferme sulla partecipazione intelligente ed efficace dei laici alla vita della Chiesa, i nodi del dialogo ecumenico e interreligioso, la presenza sul territorio di diverse culture, religioni, la sofferenza delle nostre comunità cristiane nel riscoprire la loro identità battesimale continuamente sfidata da mille eventi ed esposta ad altrettante proposte diverse da quelle cristiane, o addirittura ad esse opposte, sui problemi della giustizia, della pace, dell’ambiente… In una parola quale annuncio? Come evangelizzare?
Allo stesso tempo assistiamo alla presenza di nuove forme e modi di vivere una vita cristiana veramente reale, di un rinnovato e molto ampliato impegno missionario dei laici, un desiderio più intenso per scoprire come meglio percepire la presenza dello Spirito che certamente lavora nei cuori degli uomini e delle donne di oggi e costruisce il Regno di Dio; di attenzione soprattutto ai poveri, agli emarginati, ai disabili, agli esclusi ecc…

Con la canonizzazione del Beato Daniele Comboni il suo carisma diviene ricchezza della Chiesa universale e in particolare della chiesa che vive in Sudan e delle chiese locali dell’Europa. Quindi ci si deve confrontare con la sua capacità di intuizione, la sua passione apostolica, il suo spirito di comunicazione e sopratutto il suo amore per i più abbandonati, i più bisognosi. La chiesa in Africa cresce, l’evangelizzazione continua il suo corso con rinnovati metodi e soggetti di annuncio diversi.
Ma forse oggi il Comboni sentirebbe con nuova passione che il continente da rigenerare è proprio l’Europa.

Prendiamo alcune sfide, realtà del nostro mondo moderno.

La globalizzazione
Tanto è stato detto pro e contro. Conosciamo i suoi vantaggi e gli svantaggi. Conosciamo le grandi sofferenze sotto cui soccombono milioni di esseri umani a causa di una globalizzazione del nuovo capitalismo liberale riservato ai popoli privilegiati già ricchi. Daniele Comboni userebbe tutti i mezzi di comunicazione oggi esistenti per far conoscere i problemi reali causati da quella globalizzazione spregiudicata ed egoista che rende continenti interi oggetti di sfruttamento. La mancanza di un’informazione giusta e serena dei fatti e degli eventi, è la prima cosa da combattere. Comboni scriveva e riportava con perseveranza e insistenza; si informava di persona e lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Per lui era importantissimo che tutti sapessero allora che c’era un’Africa predata, sfruttata dai governi, schiava e quindi nella necessità di essere "salvata". L’impegno missionario di offrire una controinformazione per svelare "l’impero" è una sfida da mantenere sempre viva, realistica e propositiva di altre maniere di sognare la vita soprattutto per coloro la cui vita è continuamente minacciata dalla guerra, dalla fame, dalla miseria, dalle malattie… Oggi non si fa abbastanza per far conoscere la brutalità antievangelica di tante iniziative nel mondo dell’economia e della finanza.

La schiavitù
Comboni vide che nella sua Africa era in pieno esercizio la schiavitù. Gli ripugnava da morire vedere esseri umani vivere ed essere trattati in quella maniera. Aveva il coraggio di andare in un mercato, pagare il prezzo del riscatto e liberare tutti quelli che poteva; richiamava le autorità alla loro responsabilità di combattere e fermare la tratta degli schiavi. Collaborava con le autorità anche se era cosciente che le autorità erano non piccola parte del problema. La sua denuncia è chiara, punta il dito contro quelle nazioni europee che favoriscono la tratta perché il Comboni sa che la tratta è una sorgente di guadagni enormi per le nazioni e per i mercanti. Passa poi all’azione. Dà delle disposizioni ai suoi missionari, decisi a dare la propria vita per riscattare gli africani schiavi, perché operino in loro favore contro la tratta. Oggi la piaga della prostituzione, dei bambini soldato e del lavoro duro e nero dei bambini sarebbe oggetto della sua pastorale e impegno sociale. E tutto questo per dare dignità e riconoscimento alle persone. Perché di questo si tratta: liberare per educare ed educare per liberare e diventare agenti di liberazione. E su questa base sviluppare la proposta di vita cristiana, per al crescita della persona nella sua reale e più profonda dignità: essere figli di Dio.

Il Comboni evangelizza gli schiavi, li istruisce, li educa. Per il Comboni il campo del più intenso lavoro del missionario è tra gli schiavi, che nelle sue missioni costituiscono la maggioranza della popolazione. Deve essere usata molta prudenza e fermezza prima di dare il battesimo a degli schiavi liberati. Malbes è un villaggio voluto dal Comboni ed è formato da famiglie di schiavi liberati. Costituisce per loro e per gli schiavi nel Vicariato un fondo in denaro. Scrive una lettera pastorale sulla tratta degli schiavi. Condanna ufficialmente la cooperazione dei cattolici alla tratta, come pure la collaborazione alla vendita delle armi. Vuole dare una formazione a tutti gli schiavi perché siano protagonisti del loro destino.
Nel nostro tempo si sono sviluppate varie forme di schiavitù. Il Comboni le enumererebbe tutte, risalirebbe alle loro cause più lontane e farebbe un piano come lo ha fatto nel caso di una popolazione della Nubia che fece ricorso a lui perché venisse abolita la tratta nei monti Nubiani. Come fece allora si metterebbe in contatto con tutte le autorità per liberare il mondo da tanta ignominia. Anche se non sappiamo quale ascolto troverebbe oggi presso tante autorità.

L’immigrazione moderna
Sia in Europa che in Africa Comboni è sempre stato in contatto con gli "stranieri" in senso largo della parola. Li trovò in Europa presso Istituti e famiglie. Erano praticamente tutti schiavi liberati che venivano portati in Italia per essere educati. Era suo sogno che un giorno queste persone ben formate potessero poi ritornare ai loro paesi e iniziare scuole e offrire altri servizi. In particolare in Egitto, Comboni vide una magnifica possibilità di preparare africani per mandarli poi di ritorno in Africa non solo ad evangelizzare e fondare scuole, ma anche lavorare per lo sviluppo e il progresso.

Altre aree di cura apostolica sarebbero il dialogo interreligioso – particolarmente con l’Islam – e l’ecumenismo; la povertà e la fame nel mondo, le guerre, l’animazione missionaria dei movimenti ecclesiali, laici in missione, l’offrire il meglio della cultura cristiana europea. Gli darebbe fastidio, come in passato, la chiusura a bozzolo degli istituti religiosi nella Chiesa. Sente la necessità di aiutare le comunità cristiane perché sostengano la crescita umana e cristiana delle chiese di missione. Comboni ha sempre cercato la collaborazione delle chiese e l’ha fatto, ma ora dice con forza che è necessario rompere ogni "ghettismo", di uscire e rendersi sempre più disponibili ad aiutare le chiese locali a prendere in mano, con l’aiuto dei missionari, la loro responsabilità di evangelizzazione. Già avviene in diverse maniere molto arricchenti, ma bisogna sfondare sulla comunità cristiana affinché si renda conto che è soggetto di missione e che è responsabile dell’annuncio del vangelo a trecentosessanta gradi in tutti e sei i continenti. Comboni voleva famiglie cristiane che diventassero evangelizzatrici. Molte famiglie già sentono, non solo per solidarietà con i poveri, l’urgenza di promuovere nuovi stili di vita cristiana per portare giustizia, pace, dignità, impegno cristiano orante, fiducioso e coraggioso nei paesi in via di sviluppo.

La chiesa italiana si è resa conto delle innumerevoli possibilità in questo campo. Gli eventi nella loro complessità la stanno scuotendo per "svegliarla" sempre più alla missione, proprio in casa sua. Dio saprà far sorgere nuovi carismi per la missione perché il mondo, l’umanità come tale, è diventata oggetto e soggetto di missione: l’umanità è cresciuta!

A Gesù salga la nostra preghiera di grazie per il dono del Beato Daniele Comboni, nuovo santo; e allo Spirito santo rivolgiamo l’invocazione perché venga in aiuto alla nostra debolezza e ci rinnovi con la grazia della sua creatività e il coraggio dell’annuncio della Parola, fatta vita.

Un impegnativo progetto per i cristiani del terzo millennio.

X P. Flavio Roberto Carraro
Vescovo di Verona

Mons. P. Flavio Roberto Carraro