Festivale della Missione 2025 – Periferie geografiche ed esistenziali

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Mercoledì 12 marzo 2025
Le periferie sono luoghi in cui il confine tra margine e centro si fa sottile, dove la distanza non è solo geografica, ma spesso sociale, economica ed esistenziale. Sono spazi in cui le difficoltà convivono con la forza delle comunità, in cui il bisogno di raccontare si mescola alla necessità di essere ascoltati. [Festival della Missione]

Dalle periferie al centro: Le periferie, i volti prossimi che le abitano e le realtà che le supportano, saranno i protagonisti della giornata di apertura del Festival di ottobre. Un pellegrinaggio laico che partirà dalle periferie torinesi per arrivare nel cuore della città: diverse realtà territoriali – tra cui Salesiani, Sermig, Gruppo Abele, Pastorale Migrantes e CAM – cammineranno insieme fino alla chiesa di San Filippo Neri, portando il proprio volto prossimo sotto forma di immagini, disegni, parole, in un gesto simbolico ma concreto per sottolineare la volontà di riportare le periferie al centro.

Brancaccio oltre la periferia

Esistono storie che nascono per caso e diventano destini. Così è stato per Francesco Faraci e Brancaccio, quartiere palermitano difficile, crudo, ma straordinariamente vivo. Un incontro inatteso con un ragazzo del posto, un invito a varcare la soglia di case e le esistenze che le abitano. Da allora, per oltre due anni, Faraci ha camminato ogni giorno per le sue strade, entrando in punta di piedi nelle vite dei suoi abitanti, stringendo legami, e diventando parte di una comunità. 

Le fotografie di Faraci, che saranno esposte in gigantografie durante il Festival della Missione, restituiscono storie che si intrecciano con la sua. Brancaccio per lui è stato un ritorno a casa, un viaggio nella propria memoria, nei luoghi e nei volti che somigliano alla sua infanzia. 

«Per me Brancaccio è stata una storia d'amore», racconta Faraci. «Un amore che mi ha cambiato come uomo prima ancora che come fotografo». Un amore che ha significato coinvolgersi profondamente, fino a essere riconosciuto come “uno di noi” dai ragazzi del quartiere. Brancaccio è stato anche l’incontro con Don Maurizio, una figura di riferimento, una guida, una presenza che ha segnato profondamente il percorso umano e professionale di Faraci. «Ci siamo conosciuti quasi litigando», ricorda. «Lui pensava fossi uno dei tanti venuti a Brancaccio per prendere senza dare nulla. Ma quando ha visto il rapporto che avevo con la gente, ha cambiato idea. Da quel momento è nata un'amicizia che mi ha cambiato la vita». 

Brancaccio è anche questo. Non è solo un quartiere ai margini, “ad alta densità mafiosa”. È il quartiere di Don Puglisi, di Don Maurizio, di chi lotta ogni giorno. Faraci lo ha fatto con la fotografia e con la vita, scegliendo di mischiarsi, di “corrompersi” in senso buono, di immergersi fino a non essere più un estraneo. «Chi ha il privilegio di avere voce ha la responsabilità di usarla per chi non ce l'ha», dice. «Non puoi solo prendere, devi restituire, difendere, prenderti cura di chi scegli di raccontare». Il legame con Brancaccio è diventato anche un libro, “Brancaccio. Le viscere di Palermo”: «Non cambierà mai niente, ma per questo bisogna continuare a lottare».

Era stato proprio Don Maurizio a raccontare l’ultimo progetto, sostenuto dal Festival: un mural in memoria di don Pino Puglisi e fratel Biagio su un terreno confiscato alla mafia. «Vogliamo dare un segno fortemente simbolico – spiegava Don Maurizio – non soltanto al nostro territorio, ma per affermare che una terra può essere liberata solo da uomini liberi». Qui è possibile rivedere l’intervista.

Festival della Missione