Una bella festa missionaria per festeggiare i 50 anni di sacerdozio di padre Fernando Zolli

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Martedì 21 marzo 2023
Il comboniano p. Fernando Zolli ha celebrato domenica scorsa, a Firenze, il suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio missionario. Come lui stesso afferma, “è difficile sintetizzare 50 anni di vita e di impegno missionario e presbiterale”. Padre Fernando, nato il 17 febbraio 1948 a Troia (Italia), è stato ordinato sacerdote il 18 marzo 1973. Come missionario ha lavorato in Brasile, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Curia generalizia a Roma, e dal 2007 in Italia. Qui ci racconta, brevemente, come è sato il suo “servizio al Vangelo” e alla missione nello spirito della Famiglia comboniana. E ancora, dice,
“sono disponibile a quello che mi sarà proposto dall’Istituto e continuare ad essere missione sempre ovunque e comunque. Aiutatemi a restare fedele a questa promessa.

I miei 50 anni di sacerdozio missionario

P. Fernando Zolli, missionario comboniano.

In questi 50 anni di servizio missionario come presbitero, sono tanti i volti che mi vengono davanti, luoghi, incontri, qualche scontro, gioie, dolori, ansie, lotte, viaggi, situazioni di conflitto, di guerra e di pace, letture, studi e approfondimenti, celebrazioni e gesti, la cura dei deboli, il sogno di un mondo nuovo con i segni già presenti…

Tutto racchiuso in quadro con chiaroscuri significativi e sempre più armonioso, perché il Maestro che lo sta dipingendo continua a sorprendermi e a ben mescolare i colori, facendomi innamorare sempre più della vita, delle novità, e tendere a contemplare e gioire già da adesso per i segni del Regno.

Sono nato e cresciuto in un contesto di cultura contadina, al ritmo del tempo e della natura, immerso in una rete di relazioni autenticamente umane, respirando la religiosità popolare, trasmessa e vissuta da mia mamma Antonietta, da mia nonna Rosa e dalle pie donne del vicinato, come la signora Marietta “o lecces” ho assimilato alcune caratteristiche che la generosità della nostra terra regala: un atteggiamento di dolcezza come il nostro olio, un tatto di bontà come la fragranza del pane troiano, e la robustezza del nostro  vino “Nero di Troia”.

L’educazione ricevuta in famiglia, nei seminari di Troia e Benevento mi hanno preparato a sognare e allargare lo sguardo; nella semplicità, mi hanno aperto al mondo. Non dimentico i racconti di papà Leonardino, che mi parlava dell’India, dove trascorse alcuni mesi di prigionia e del viaggio avventuroso nel canale della Manica per raggiungere l’Inghilterra….

A 21 anni, durante il periodo di studio di Teologia. ebbi una forte crisi sulla opportunità di impegnare la mia vita in un servizio presbiterale nella diocesi di Troia. Quella brava persona, che il Signore mise sul mio cammino, Mons, Raffaele Castielli, seppe leggere le mie inquietudini e mi propose di fare una ricerca biblica e pastorale sui quattro viaggi paolini. La figura di Paolo Apostolo mio affascinò e dalla inquietudine passai ad uno stato di attesa. Poi il lampo, scelsi la missione. Mons. Raffaele, mi disse che poteva essere una chiamata buona per me e aggiungeva sempre: “certe anime, hanno bisogno di vette altissime per mettersi in movimento e bruciare tutte le loro scorie e incertezze”. Proprio così! Quando la decisione divenne più solida, mi consigliò di chiedere ai Missionari Comboniani di accogliermi.

Mi è difficile sintetizzare 50 anni di vita e di impegno missionario e presbiterale, indicherò alcune parole chiavi che aiutano a descrivere il mio servizio al Vangelo nello spirito della Famiglia Comboniana.

1. Gratitudine e ottimismo

Confesso che con le prove che ho dovuto affrontare non pensavo di arrivare a questo traguardo: le lotte e le minacce avute in Brasile per un lavoro di solidarietà e appoggio ai senza terra e i senza tetto; la guerra in Congo, dove ho vissuto periodi di angoscia, di paure e di pericoli; la malattia; il Covid-19, quando ho avuto la sensazione di non farcela… Mi portano ad affermare che sono senza dubbio un “privilegiato”, e ancora oggi rimango attonito e stupito dinanzi a questo miracolo che sperimento in me  ogni giorno; perciò mi ripeto che: chi riceve tanto, deve donare sempre di  più. La vostra presenza e il vostro affetto e appoggio, oggi, mi tolgono ogni alibi nel prendermi cura del debole e del povero e mi incoraggiano a continuare a celebrare il mio rendimento di grazie anche nel periodo della anzianità.

2. Cambiamento

Sono figlio del Vaticano II, che ebbe inizio quando avevo 14 anni; negli anni successivi, durante lo studio della Filosofia e Teologia e la mia formazione, ebbi la fortuna di comprendere il bello del passato e la novità del Concilio. Sono anche figlio di quel periodo che in Italia fu chiamato dei “sessantottini”, nel 1968 avevo 20 anni, partecipavo alle manifestazioni giovanili di contestazione, contro ogni guerra e discriminazione; assetati di relazioni più autentiche e di libertà. Accolsi con entusiasmo le proposte di “Aggiornamento” e di “Rinnovamento” che mi hanno accompagnato nei primi anni di servizio missionario. In Brasile vissi un periodo di capovolgimento sociale e politico; difatti il paese stava passando da un regime dittatoriale e militarizzato alla Democrazia; inoltre, l’approfondimento della Teologia della liberazione, mi portarono ad adottare nuovi paradigmi di riferimento per la missione e la necessità e urgenza di un cambiamento. La dimensione sociale nell’Evangelizzazione prese largo spazio nel mio impegno: partecipavo alle lotte operaie nelle città o quelle dei “boias frias” in zona rurale; occupazioni di estensioni di terre non coltivate e mantenute inattive per la speculazione; appoggiai lotte sindacali rurali per una riforma agraria.  Il passaggio dal Brasile alla R. Democratica del Congo fu per me espressione di un grande cambiamento nell’approccio dell’Evangelizzazione; difatti ritenevo che la dimensione sociopolitica-economica, privilegiata in Brasile, doveva necessariamente articolarsi con la dimensione culturale e religiosa dei poveri; partendo dalla loro visione del mondo e dal loro amore alla vita e la loro resilienza nella ricerca del ben vivere, si poteva andare ancora più in profondità nella proclamazione e nell’accoglienza del Vangelo.  Lo stesso processo avviato con la Ratio Missionis (2003), nella mia età matura, auspicava per l’Istituto dei Comboniani un cambiamento di paradigma e di stile di missione, più adatto alle urgenze e le sfide della modernità e post-modernità. La nascita del Gruppo Europeo di Riflessione Teologica (GERT, 2002) fu lo strumento per approfondire, discernere e proporre nuovi modi di essere missione, anche in Europa. L’importanza del Fondo Comune Totale per dare a tutti e a tutte le stesse opportunità di lavoro e di mezzi. L’Animazione Missionaria, intesa come presenza, in collaborazione con le Chiese Locali in contesti di evangelizzazione anche in Italia e in Europa.

IL cambiamento, tuttavia, va sempre proposto, mai imposto; ma sostenuto e alimentato e, grazie a Dio, oggi abbiamo Francesco, che con fermezza e dolcezza ci propone un modello di Chiesa in uscita, in forma sinodale.

3. Prossimità

La prossimità vissuta nella dinamica di vivere tra e con i poveri, come ospite; allo stesso tempo saper accogliere tutti come fratelli e sorelle nella propria casa. L’immersione nella vita della gente e l’ascolto del grido del povero e del debole mi hanno aperto il cuore e la mente per una scelta di parte, In linea con lo stesso carisma comboniano, cercando di “fare causa comune” con le persone che ho incontrato. Nell’accoglienza ho imparato ad essere pronto a promuovere il dialogo tra le differenze, Un impegno non facile, perché non deve escludere i dissensi né i conflitti, ma promuovere la reciproca comprensione, per mezzo dell’ascolto e del rispetto dell’altro, sempre con gentilezza e con benignità. Un po’ nel senso che ci spiega papa Francesco, quando dice che il tempo è superiore allo spazio,

Nella comunità, a Firenze dal 2009 abbiamo accolto più di 90 presbiteri che vengono in Italia da ogni parte del globo, per approfondire gli studi teologici e biblici o come fidei donum. Da alcuni anni la nostra comunità accoglie anche detenuti per permessi premi o per periodi prolungati ai domiciliari, perché possano trovare una ambiente familiare e tessere relazioni che li aiutano a reinserirsi nella convivenza sociale e lavorativa. Accoglie anche qualche studente africano, presentato dal Centro La Pira. La comunità accoglie gruppi giovanili e di impegno sociale e caritativo, parenti, amici e benefattori.

4. Ministerialità

Devo riconoscere che gli anni trascorsi in Brasile, soprattutto nel Coordinamento della pastorale diocesana di São Mateus, fu una scuola straordinaria che mi ha formato per la promozione di una chiesa tutta ministeriale, a partire dalle Comunità Ecclesiali di Base (CEB) o Comunità Ecclesiali Viventi (CEV) come preferivano chiamarle in Africa.  Promozione di ministeri intra ecclesiali e quelli sociali. Chiesa come Popolo di Dio, in Brasile; e Chiesa Famiglia di Dio in Africa; modelli con accenti culturali diversi e sensibilità locali, ma con lo stesso scopo di condurre tutti alla comunione, alla condivisione di vita e di fede, al coinvolgimento e alla partecipazione, condizione fondamentale per vivere la propria adesione al Vangelo, in forma sinodale e verso le periferie esistenziali.

5. Resilienza

La malattia che ha scombussolato la mia esistenza è stata una chiamata nella chiamata. Proprio nel momento della maturità (a 52 anni), quando potevo parlare con più autorevolezza e competenza acquisita nella prassi; ecco, la malattia portò via la mia voce.

Ho impiegato del tempo e ce ne vorrà ancora tanto per farmi comprendere che nella vita non esiste il caso. Tutto contribuisce alla realizzazione di un piano che si chiarisce solo nel tempo. Nel momento della prova, anche io ho avuto il mio cireneo. Anzi tre: mio fratello Franco, che per tredici giorni rimase al mio capezzale nell’ospedale di borgo Roma a Verona; mia sorella Pina e una mamma catechista della parrocchia di Sainte Anne, a Isiro-Congo. Nel dramma dei primi mesi, Pina, vedendomi confuso e prostrato mi disse; “ma tu, non hai consacrato tutta la tua vita alla missione? Questa vita non ti appartiene più, l’hai donata” … E la catechista, incrociandomi nel cortile della parrocchia, mi salutò e mi disse: “Padre, ora che sei tornato tra noi, la tua voce grida più forte di prima”, alludendo all’efficacia della testimonianza di fede e di coraggio.

Lo riconosco, sono “capa tosta”, Se mi viene in mente di percorrere sentieri nuovi, mi piace arrivare in fondo. Questo mi ha procurato malintesi, rifiuti, critiche distruttive, freddezze nei rapporti… Dovrò ancora lavorare per addolcire sempre più il mio carattere e come dicono in Brasile, comprendere che a volte è meglio dare gli anelli piuttosto che le dita; saggezza popolare!

Ebbene, sono qui davanti a voi, Oggi, con più coscienza di prima, rinnovo il mio SI al Signore e alla Missione; certamente non più con la forza di un quarantenne o cinquantenne. Capisco che a 75 anni suonati devo mettermi da parte, non in disparte. Aveva ragione il profeta Gioele: “i vostri anziani faranno dei sogni” ed io continuo a sognare ad occhi aperti, soprattutto sento il desiderio di passare il testimone della missione, a carattere comboniano, vivo e luminoso ai giovani confratelli e consorelle, alla famiglia tutta, specialmente ai laici e alle laiche.

Pregate per me. Sono disponibile a quello che mi sarà proposto dall’Istituto e continuare ad essere missione sempre ovunque e comunque.

Aiutatemi a restare fedele a questa promessa.

GRAZIE

Fernando Zolli