La liturgia di Natale commemora l’apparizione nel mondo del Figlio di Dio, la sua nascita a Betlemme,. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Natale del Signore
Oggi è nato il Messia
A Betlemme l’inizio della salvezza
Notte: Isaia 9,1-3.5-6; Sal 95/96; Tito 2,11-14; Luca 2,1-14
Aurora: Isaia 62,11-12; Sal 96/97; Tito 3,4-7; Luca 2,15-20
Giorno: Isaia 52,7-10; Sal 97/98; Ebrei 1,1-6; Giovanni 1,1-18
La liturgia di Natale commemora l’apparizione nel mondo del Figlio di Dio, la sua nascita a Betlemme,. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il problema fondamentale del Natale oggi non è più quello di sapere il “come”, ma il perché di quest’evento; cioè di scoprire il motivo reale dell’incarnarsi del Verbo di Dio, di capire il significato dell’evento Gesù Cristo. Si tratta, in un altro modo, di ritornare sulla vecchia problematica del Cur Deus Homo?
Nel Nuovo Testamento l’incarnazione del Figlio di Dio appare come un mistero di amore; è il parossismo dell’amore di Dio per l’Umanità; il bambino Gesù è l’amore divino divenuto visibile. L’intenzione primordiale del Padre in Cristo consiste quindi, anzitutto, nell’inserzione personale di Dio stesso nella famiglia umana e nella sua storia; la quale inserzione pone Dio al livello e alla portata dell’uomo, di ogni uomo. Dunque il presupposto immediato dell’incarnazione del Verbo di Dio non è l’aspetto negativo di peccato del mondo da togliere, ma quello positivo dell’avvicinarsi di Dio all’uomo in una autocomunicazione immanente, ricreatrice e riparatrice, che ha come corollario diretto l’adozione dell’umano.
Tuttavia, in questa adozione stessa l’essenziale non viene posto sulla redenzione come tale, ma sulla deificazione dell’uomo. Dio si fa uomo perché siamo divinizzati. In altre parole: stando Figlio di Dio, Gesù è venuto farsi figlio dell’uomo e darci a noi che eravamo figli degli uomini di diventare figli di Dio. “A quanti l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Si tratta di un “ammirabile scambio tra l’umanità e la divinità di Cristo. La nostra debolezza è assunta dal Verbo di Dio, l’uomo mortale è innalzato alla dignità perenne e condivide ormai la vita immortale. Quindi in Gesù Cristo Dio è diventato un parente, un fratello e un amico dell’uomo. Cioè tutti gli uomini, in Gesù Cristo, appartengono alla stessa famiglia divina.
Nel giorno in cui facciamo memoria di questo mistero di amore, può gioire il santo, perché si avvicina il premio; può esultare il peccatore, perché gli è offerto il perdono; può riprendere coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita. Infatti, nella memoria celebrativa o liturgica partecipiamo alla ripetizione di questi eventi che si rinnovano e si attualizzano per noi, nell’oggi della Chiesa, con tutti i loro effetti. Il che significa che il Natale è un mistero sempre nuovo che non invecchia mai. La parola “incarnazione” proviene dal brano di prosa ritmica che fa il prologo al quarto vangelo. Al suo centro si trova l’espressione “e la parola si fece carne”. Il suo corrispettivo si trova nel prologo della Lettera agli Ebrei, dove viene affermato con forza, rispetto al Padre, che la parola di Dio per noi ora è il Figlio, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza”. Il brano di Isaia, nella prima lettura, prepara questa duplice professione di fede cristiana nella forma di un annuncio gioioso di salvezza. Il poeta- profeta adopera l’immagina d’arrivo di un messaggero di buone notizie che corre veloce sui monti e va fino a Gerusalemme, e proclama: “Regna il tuo Dio”. A questa buona novella tutte le sentinelle che stanno sulle mura gridano di gioia. E all’orizzonte esse vedono già la carovana di quelli che ritornano dall’esilio. Ciò che conta di più, è il significato religioso di questo evento, cioè il suo preludio a Natale. Dio, ancora una volta, come nel primo Esodo, ha liberato il suo popolo; come la sua fedeltà travalica i confini di un popolo, perciò l’annuncio della salvezza ora assume accenti universali.. Con Natale, la nuova esperienza di Esodo, descritta da Isaia, avviene in un contesto universale. Quindi le Parole di un tempo di Leone Magno conservano la loro attualità: “Riconosci, perciò, o cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler ritornare alla vile condizione di un tempo con una condotta indegna. Ricorda chi è il tuo Capo e di quale corpo sei membro. Ricorda che strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio”. Possiamo vivere ormai nella luce di un Natale perenne; e possa il Figlio di Dio, nato a Betlemme, rimanere sempre con noi, per renderci simili a Lui.
Don Joseph Ndoum
Il Ciclo di Natale
La festa del Natale o la solennità della venuta del Signore in mezzo agli uomini non vide la luce che nel IV secolo, soprattutto allo scopo di combattere e Cristianizzare le feste pagane del solstizio d'inverno. Lo Stesso accadde per l'Epifania in Oriente (Egitto, Arabia) dove il solstizio era festeggiato il 6 gennaio. In effetti, la chiesa primitiva non ha conosciuto che una sola festa: il giorno di Cristo Signore, la Pasqua ebdomadaria e annuale. La comparsa della festa del Natale Christi (anniversario della nascita di Cristo) consisteva meno nel commemorare un anniversario in senso stretto che nel combattere la festa pagana del Sol im/ictus (sole vittorioso), ultima resistenza del paganesimo. La scelta della data, cosi come le allusioni esplicite dei Padri al simbolismo di Cristo sole di giustizia (cf. Ml 3,20) e luce del monde (cf. Gv 8,12) non permettono di avere incertezze su quella che fu l’intenzione della chiesa: opporre una festa cristiana a quella di una divinità pagana.
Fu san Leone Magno che approfondi in modo definitivo la teologia liturgica del Natale, visto che la chiesa non celebrava nella liturgia che un solo mistero: il mistero pasquale. Secondo lui, e contrariamente a sant'Agostino, il Natale è un mistero. Ma non è un mistero particolare, distinto e indipendente da quello di Pasqua; piuttosto, Natale mette in contatto con le primizie del sacramento pasquale del quale costituisce, in effetti, l'inizio del mistero, e prepara a meglio comprendere la Pasqua, mostrandoci nel redentore il figlio stesso di Dio fatto uomo. Di più, Natale ci aiuta meglio a vivere il mistero pasquale, giacché è la nascita umana del figlio di Dio che viene, per cosi dire, a mettere alla nostra portata il modello trascendente della nostra Filiazione soprannaturale. Sul piano liturgico, la festa di Natale implica una caratteristica unica. Vi si celebra la messa quattro volte: la messa della notte, quella dell'aurora, quella del giorno, le quali sono precedute dalla messa della vigilia, alla sera del 24 dicembre.
La liturgia della Parola culmina nella lettura del prologo di san Giovanni nella messa del giorno: “Il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1,14)”. Tutti gli altri testi lo preparano o lo riecheggiano. Se Dio si è fatto uomo, infatti, è perché l'uomo diventi partecipe della natura divina, perché egli si “divinizzi” Egli ha preso la nostra umanità per farci partecipare alla sua divinità. Questo e l’oggetto della colletta del giorno. I Padri della Chiesa, a partire da Leone Magno, ne parlano in termini di “mirabile scambio” (admirabile commercium) di partecipazione reciproca. festa del Natale rinnova allora per noi il sacro giorno del natale di Gesù con i suoi frutti.
I tre giorni che seguono la festa del Natale festeggiano successivamente santo Stefano san Giovanni e i Santi Innocenti.
Anche il Natale fu dotato di un ottavo giorno consacrato inizialmente a onorare la maternità divina della madre del Signore.
La domenica dopo Natale (o il 30 dicembre) si celebra la Santa Famiglia di Gesù Maria e Giuseppe il modello della vita familiare per i cristiani. Questa festa è collegata all’ottava di Natale.
La liturgia del Natale si inserisce anche in un insieme di tradizioni popolari, delle quali la venerazione del presepio e la più significativa. Il presepe rinvia, a sua volta, alla grotta e alla mangiatoia dove nacque Gesù. Questa è la caratteristica per eccellenza della festa del Natale in Occidente. Quanto all’Epifania, essa non comporta alcun rito particolare.
Intorno alla rievocazione della visita dei magi al bambino Gesù, e la vocazione delle nazioni pagane che si celebra: esse sono associate alle medesime promesse degli ebrei e illuminati dal mistero della nostra salvezza. Questa è la festa dell'anniversario della chiesa. Quando la solennità dell'Epifania venne dotata di una ottava, come il Natale, si collegò a questo giorno la celebrazione del Battesimo del Signore. Questo e stato fissato alla domenica dopo il 6 gennaio o all'indomani, quando questa domenica è quella dell’Epifania. Nel Giordano lo sposo Celeste lava i peccati della sua sposa, la chiesa, e inaugura o istituisce il modello del battesimo cristiano. Questa e anche la manifestazione di Gesù come giglio di Dio all’inizio della sua missione che lo condurrà alla Pasqua.
Don Joseph Ndoum