I Consigli Generali dei Comboniani e delle Comboniane pregano insieme in Vaticano

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Venerdì 20 maggio 2022
Ieri i Consigli Generali delle Suore Missionarie Comboniane e dei Missionari Comboniani si sono recati alla Cappella polacca, nella cripta della Basilica di San Pietro in Vaticano, per celebrare l’Eucarestia insieme, ringraziando per il cammino fatto come famiglia comboniana durante questo sessennio e affidando al Signore e alla Madonna i loro Capitoli Generali che si svolgeranno a giugno, quello dei Comboniani, e a ottobre, quello delle Comboniane. Nella Messa, presieduta da P. Tesfaye Tadesse, la riflessione è stata fatta da Sr. Eulália Capdevila Enríquez, consigliera generale delle comboniane. “Siamo venuti presto qui, questa mattina, in pellegrinaggio alla tomba di Pietro, per affidare alla sua intercessione i nostri Capitoli Generali”, ha detto Sr. Eulália. Qui di seguito presentiamo un riassunto del suo intervento.

“In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro».” (At 15,7-21)

Sono di Pietro le parole che abbiamo ascoltato nella prima lettura, parole con sapore missionario, parole di orizzonte ampio, quello dell’amore universale di Dio. Parole che non ci lasciano indifferenti, noi che la chiamata ha portato all’incontro di popoli altri, di culture diverse, di mondi lontani, come quelli che incontrò l’apostolo stesso.

La Chiesa ha custodito per secoli la memoria di Pietro in questo luogo della sua morte, in questo punto in cui il suo corpo è stato sepolto. Ci sono tante pietre qui, le abbiamo viste nei diversi livelli di costruzione delle chiese sovrapposte, e le ossa di Pietro rimangono incastrate fra la terra, i mattoni e il marmo secolare. Ma lui è Cefas, pietra porosa, che Gesù ha trasformato in roccia fondante della Chiesa, segno della sua comunione. Parte delle sue ossa sono state consegnate da Papa Francesco a Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, e riposano oggi anche in una terra come la Turchia, di minoranza cristiana, gesto stupendo di unità e di fratellanza universale.

Ma per noi... quale segno oggi?

Pietro, uomo che ha toccato il fondo, per poi essere trasformato. Pietra porosa, traballante, ha saputo abbracciare la sua vulnerabilità e si è affidato a Cristo, lasciandosi trasformare da Lui. Stringendosi al Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche lui, Pietro, è stato impiegato come pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale (cfr. 1Pt2, 4-5).

Pietro, che mentre toccava il fondo e prendeva in mano la sua vulnerabilità, non ha negato lo sguardo a Gesù, e in quell’incrocio di occhi con il suo Maestro, mentre un gallo cantava, ha ricevuto la grazia di poter essere amato fino alla fine.

“Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. E questa è l’ultima cena di Gesù. Le sue ultime parole, il grande comandamento che consegna ai suoi.

Quale ultima parola desideriamo consegnare ai nostri Istituti, al termine dei nostri mandati? Mentre facciamo il bilancio finale, non ci resta che consegnare noi stessi in un atto di amore di fronte anche alla vulnerabilità che oggi sperimentiamo, in quest’epoca di rapidi cambiamenti, complessa e sconvolgente. Chiamati anche noi a cambiare ma, soprattutto, ad entrare senza paura in una trasformazione di noi stessi, come individui, come comunità, come Istituti, come Vita Religiosa.

E non dimentichiamoci, mentre siamo in questa imponente basilica di San Pietro, che siamo anche noi “come pietra nascosta sotterra, che forse non verrà mai alla luce, ma che entra a far parte del fondamento di un nuovo e colossale edificio che solo i posteri vedranno spuntare dal suolo ed elevarsi a poco a poco…”. In fede consegniamo tutti i nostri sforzi, le fatiche e le gioie di questi anni di servizio ai nostri Istituti, anche se oggi non possiamo che vedere un piccolo progresso e la strada da percorrere ci sembra ancora così lunga. Comboni, come Pietro, si è lasciato stringere dal Cristo per diventare oggi pietra viva della Chiesa. Chiediamo anche noi la grazia di diventare pietre vive in Cristo.