Giovedì 19 maggio 2022
P. Eugenio, il Signore Gesù domenica ti ha detto che era tempo di venire in disparte a risposarti un po’, in sua compagnia. La terra promessa per te e per noi è stare con Lui per sempre. Tu ci hai preceduti. Questi ultimi anni per te sono stati una purificazione dura e laboriosa per quanto ti è successo, per i problemi di salute e il decadimento del tuo corpo. Hai dovuto stringere i denti, sopportare pazientemente.
P. Eugenio Palla è deceduto improvvisamente domenica mattina (15 maggio). Si era risvegliato normalmente ma come tardava a presentarsi a colazione gli operatori sono andati in stanza a chiamarlo e l’hanno trovato morto, disteso sul letto, stroncato da un infarto. Aveva 84 anni. Tutti siamo rimasti sorpresi e scioccati dalla notizia. Niente faceva prevedere un simile epilogo, dato che da un certo tempo le sue condizioni di salute erano visibilmente migliorate.
P. Eugenio era a Castel d’Azzano dal 2016.
Un tipo gioioso, comunicativo, entusiasta, generoso e tenace, anche se la malattia l’aveva reso un po’ taciturno negli ultimi tempi. Questa mattina (17 maggio) abbiamo celebrato il funerale, presieduto da P. Renzo Piazza, superiore della nostra comunità di Castel d’Azzano. Alla Messa oltre a un nutrito gruppo di parenti, vi erano una dozzina di confratelli delle comunità più vicine, due suore comboniane e alcuni amici di P. Eugenio. È stato seppellito nel cimitero di Verona.
P. Eugenio Palla è nato il 14.12.37 a Pieve di Livinallongo (diocesi di Belluno-Feltre); noviziato a Gozzano (1959-1961) e primi voti il 9.9.61; studentato a Verona (1961-1965); voti perpetui il 9.9.64 e ordinazione sacerdotale il 27.6.65; destinazioni: Italia 65-68; Burundi 69-77; Curia 77-80; Centro-Africa 80-87; Ciad 87-99; Italia 00-05; Ciad 05-10; I 10-22.
Funerale di P. Eugenio Palla
17 maggio 2022
Le esequie di un confratello sono occasione di parlare anzitutto di Gesù risorto, l’autore della vita e delle opere belle da Lui compiute nell’esistenza del defunto; occasione di ricordare che il confratello è stato lo “strumento eletto” nelle Sue mani per compiere la Sua opera; momento di preghiera umile per chiedere grazia e affidare alle mani del Padre della vita l’intera esistenza del confratello. Oggi aggiungo qualcosa di personale, visto che il Signore mi ha dato di vivere assieme al P. Eugenio in tre epoche diverse della mia vita.
Nella mia memoria lo trovo 60 anni fa, nel 1962, ad Asiago, come prefetto dei ragazzi del mese di prova. Penso sia l’unico di quel gruppetto di “prefetti” che è diventato sacerdote e ha perseverato fino ad oggi. Durante le medie, nel nostro seminario di Muralta vi era l’abitudine di assegnare ad ogni seminarista un diacono comboniano perché pregasse per lui nell’imminenza del sacerdozio. A me, nel 64-65 fu affidato il diacono Palla Eugenio; l’anno successivo, Giuseppe Dalla Vecchia…
Diventato sacerdote nel 1965, P. Eugenio fu promotore vocazionale a Pordenone. Ricordo che durante le sue visite sapeva trasmettere gioia ed entusiasmo missionario a noi ragazzi. Nel 1969 partì per il Burundi e vi rimase 8 anni, fino alla dolorosa espulsione del 1977. (P. Tonino qui presente, ha condiviso quegli anni con lui). Per tre anni fu formatore nello scolasticato di Roma (“Uomo semplice e disponibile”, ci dice P. Zendron). Sarà poi per 7 anni in Centrafrica, dall’80 all’ 87. A Bangui ebbe qualche problema a sopportare il rumore assordante delle musiche notturne dei bar vicini alla parrocchia… e così passò in Ciad, nella missione di Moissala, dove era appena partito il P. Franco Noventa (anche lui presente in mezzo a noi). Rimarrà in Ciad per 16 anni, lavorando nelle diocesi di Sarh e Doba e Lai. Dopo una pausa di qualche anno in Italia a Thiene e a Messina, ripartì per il Ciad nel 2005.
La sua esperienza missionaria si concluse nel settembre 2009, da ammalato, con un viaggio avventuroso e drammatico da Moissala a Sarh e da Sarh a N’djamena di 800 km. Di quel viaggio ricordo la sua sofferenza e la mia ansia di arrivare presto a destinazione; una sosta in piena brousse per riposare un po’, con il P. Eugenio dolorante, in ginocchio sotto un arbusto spinoso per riposarsi; un temporale tremendo che marcava la fine della stagione delle piogge e l’arrivo nella nostra casa di N’djamena con il cortile totalmente allagato e l’impossibilità di raggiungere la casa a causa di un albero sradicato dal vento. Abbiamo dovuto percorrere a piedi, con difficoltà, in mezzo all’acqua gli ultimi metri che ci separavano dalla destinazione.
Ricordo anche il viaggio in aereo verso Parigi. Se i dolori allo stomaco erano diminuiti, era cresciuta l’amarezza per dover lasciare la missione per sempre. Fu un viaggio bagnato dalle lacrime e marcato da qualche singhiozzo, soffocato. Siamo così arrivati agli ultimi anni in Italia, vissuti a Trento, in Casa Madre e a Castel d’Azzano.
Cosa dire di lui come missionario?
“Hai marcato la storia comboniana del Ciad” ha scritto un confratello africano. “Grazie per il tuo servizio prestato al Ciad”; “La Parrocchia Santa Trinità di Moissala ti rimpiange”. “Bom Palla, ricordo nella mia infanzia, quando con amore, a casa mia, mangiavi con me la polenta, il mais grigliato e i giri per la parrocchia”; “Ricordo quando raccoglievi i frutti della parrocchia perché fossero distribuiti ai malati…”.
Di sicuro è stato marcato dalla missione che è stata la ragione della sua vita, per la quale ha dovuto soffrire e soffrire molto. L’espulsione dal Burundi in primo luogo; i cambi di paese, le lingue nuove, la cultura diversa; il clima e il disagio dell’insicurezza. Pur avendo avuto incarichi di responsabilità (è stato Vice Provinciale del Centrafrica), non è stato un teorico della missione, ma un autentico operaio del Vangelo. Per lui il rapporto personale e lo stare con la gente erano il centro delle sue preoccupazioni.
Era contento e orgoglioso se il lavoro pastorale dell’annuncio della Parola e la celebrazione dei Sacramenti era accompagnato dalla fatica fisica, dallo sforzo, dal sudore abbondante o da incidenti di percorso (18 forature in un mese; il traghetto, le impantanate fotografate…). A Moissala era responsabile del settore al di là del fiume: ogni volta che usciva doveva caricarsi sulla bici la tanica di benzina da 20 litri, passare il fiume in piroga, fare 2 km su sentieri fangosi prima di raggiungere l’auto… e poi le strade dissestate e polverose.
Il suo carattere
Se a qualcuno appariva come un orso montanaro, in realtà era sensibilissimo nelle relazioni personali. Forse “ostinato e contrario” nelle riunioni comunitarie. Difficile per lui accettare il parere degli altri o le decisioni della comunità. (“Bisogna semplificare”, ripeteva. Sotto sotto voleva dire: “Bisogna fare come dico io…”). Nelle riunioni comunitarie, dopo essere arrivati ad accordi frutto di dialogo, di pazienza e buona volontà, all’indomani faceva di testa sua e generalmente il contrario di quanto pattuito e deciso il giorno precedente.
La mamma e le mamme
Caterina, la mamma di P. Eugenio, è stata probabilmente la mamma più longeva tra le mamme dei comboniani (104 anni…). P. Eugenio la ricordava spesso e portava per lei un amore profondo. Ha esteso il suo affetto anche alle mamme di altri confratelli: “Padre Eugenio era il mio parroco e conosceva molto bene i miei genitori, che visitava regolarmente perché mio papà era il suo catechista e io avevo sperimentato la loro familiarità. Conoscendomi in famiglia, padre Eugenio mi ha introdotto alla prova di ingresso al seminario minore di Donia/Ciad (Abbé Donatien)”.
“Era molto amico della mia mamma, che visitava dalla comunità di Trento”, ha scritto P. Claudio Zendron. E io aggiungo: “Quando era a Thiene, veniva a visitare regolarmente la mia mamma e non veniva mai a mani vuote…”.
Mi sono chiesto quale passo del vangelo poteva sintetizzare la sua vita donata ai fratelli. Ho pensato al Vangelo che abbiamo appena ascoltato: la compassione di Gesù per le folle e l’invito al riposo per gli apostoli. La missione di Gesù nasce dalla sua compassione e dal suo coinvolgimento nella povertà e nel dolore degli uomini. P. Eugenio sapeva compatire, si lasciava intenerire, e agiva di conseguenza. Come Gesù ha dedicato molto tempo all’annuncio della Parola, alla formazione dei collaboratori, a stare con la comunità. “Quello che facciamo bene, diventa una scuola di vita per la gente”, soleva ripetere. E dava molto tempo all’ascolto…
P. Eugenio, il Signore Gesù domenica ti ha detto che era tempo di venire in disparte a risposarti un po’, in sua compagnia. La terra promessa per te e per noi, è stare con Lui per sempre. Tu ci hai preceduti. Questi ultimi anni per te sono stati una purificazione dura e laboriosa per quanto ti è successo, per i problemi di salute e il decadimento del tuo corpo. Hai dovuto stringere i denti, sopportare pazientemente.
È bello allora ascoltare con te e per te le parole del vangelo e dell’Apocalisse: «Beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono». Buon riposo, P. Eugenio! E mentre stai con il Signore Gesù risorto, non dimenticarti di quanti ti hanno voluto bene e hanno creduto in Lui grazie alla testimonianza della tua vita offerta per amore.
P. Renzo Piazza
[comboni2000]