Mercoledì 15 aprile 2020
La perdita di un confratello è sempre un momento difficile. Più ancora al tempo del coronavirus, quando anche l’estremo saluto viene ridotto alla forma più semplice e breve per arginare il rischio del contagio da COVID-19. Così, rispettando le norme vigenti, i missionari comboniani della comunità della Curia Generalizia hanno celebrato oggi la Messa di addio di Mons. Camillo Ballin, Vicario Apostolico dell’Arabia Settentrionale, deceduto il 12 aprile a Villa Speranza a Roma. Dopo il vangelo del giorno, P. Claudio Lurati ha condiviso “un ricordo”, così lo ha chiamato, di mons. Ballin. Dopo la Messa, è arrivato il carro funebre con la salma ed ha avuto luogo una breve e semplice celebrazione delle Esequie presieduta dal Superiore Generale, P. Tesfaye Tadesse. Il feretro, una volta benedetto, è partito per il cimitero di Fontaniva, terra natale del vescovo, dove la famiglia darà l’ultimo saluto al caro mons. Camillo in forma privata.
MONS. CAMILLO BALLIN
UN RICORDO
Mons. Camillo Ballin ha dedicato la sua vita a quella porzione di mondo che va dal Golfo Persico a Khartoum, passando per l’Egitto e la Terra Santa. Caratteristica comune di queste terre è l’uso della lingua araba. Ed è proprio con lo studio dell’arabo che è iniziato questo viaggio nel lontano 1969 a Zahle in Libano.
Dal 1972, e per i diciotto anni successivi, P. Camillo ha lavorato in Egitto come Parroco di S. Giuseppe a Zamalek (Cairo), come superiore provinciale e come insegnante. E’ stato anche il tempo per un apprendimento approfondito della lingua araba e della tradizione liturgica della cristianità orientale. In quegli anni ebbe grande parte nella nascita di varie comunità Neocatecumentali al Cairo.
Successivamente in Sudan, nel cuore dell’Africa Centrale, trascorse sette anni e lì emerse una delle sue qualità più apprezzate: l’intraprendenza in ambito accademico. Diede vita al Catholic Teachers Training Centre, un programma universitario con riconoscimento governativo per formare gli insegnanti di religione cristiana nelle scuole. Quest’opera continua ancora oggi e svolge un ruolo fondamentale per la locale comunità cristiana.
Di quegli anni a Khartoum si conserva una foto del 1993, quando p. Camilo fece da traduttore nell’incontro tra Giovanni Paolo II ed il Presidente della Repubblica Omar el-Beshir.
Tra il 1997 ed il 2000, P. Camillo ottenne un dottorato al Pontificio Istituto Orientale, con uno studio sulla Mahdia ed i missionari. La ricerca divenne successivamente un libro “il Cristo ed il Mahdi” (Ed. Emi) che costituisce un punto di riferimento fondamentale nello studio storico di quell’epoca per il lavoro scrupoloso sulle fonti storiche e per l’approccio disincantato rispetto ad una vicenda complessa, dolorosa ed eroica allo stesso tempo.
I cinque anni successivi, P. Camillo li trascorse al Cairo, come direttore di Dar Comboni for Arabic Studies, una scuola di lingua e cultura araba per personale destinato a lavorare nel mondo arabo.
Fu lì che s’incontrarono le nostre strade. All’epoca ero Superiore della Delegazione d’Egitto. Fu una collaborazione molto intensa e proficua. L’intraprendenza di P. Camillo ancora una volta diede i suoi frutti: l’elaborazione di un metodo di studio della lingua araba ancora oggi in uso a Dar Comboni e il riconoscimento dello stesso Dar Comboni come Istituto Pontificio.
In P. Camillo e nella sua competenza ho sempre trovato un grande sostegno e tanta disponibilità per le situazioni che di volta in volta si presentavano, fino al luglio 2005 quando giunse la sua nomina a Vicario Apostolico del Kuwait.
Questa rappresentò per lui – ma anche per noi che lo abbiamo accompagnato negli anni successivi – un’altra audace apertura. Si trattava non solo di abituarsi a chiamare P. Camillo “Monsignore”, ma anche di aprire gli occhi alla scoperta della “cristianità del Golfo”, cioè la realtà di milioni di cristiani che vivono per lavoro nei paesi del Golfo Persico e che con coraggio e freschezza esemplare vivono la loro fede.
Nel 2011, i confini delle giurisdizioni ecclesiastiche del Golfo vennero ridisegnati. Mons. Ballin, da Kuwait City si trasferì in Bahrein e alla sua cura pastorale vennero affidati anche il Bahrein, il Qatar e l’Arabia Saudita. In Bahrein avviò un rapporto molto proficuo con le autorità civili. Gli venne riconosciuta la cittadinanza Bahreinita e concesso il terreno per la costruzione della nuova cattedrale. Era questo un grande progetto per cui Mons. Ballin si è speso molto e che ora è giunto ad uno stadio molto avanzato di realizzazione, ma di cui non vedrà il compimento.
La principale occupazione di Mons. Ballin era la visita alle comunità cristiane che risiedevano in questi paesi. Credo che al mondo esistano poche altre realtà ecclesiali con una complessità linguistica, culturale e liturgica simile a quella del Vicariato dell’Arabia Settentrionale. Essere pastore e promuovere l’unità per un gregge così internazionale è stato un compito impegnativo. Mons. Ballin lo ha vissuto ispirandosi al suo maestro S. Daniele Comboni ed esortando continuamente i suoi fedeli a considerare la loro condizione come un’opportunità missionaria di annuncio del Vangelo in quel contesto di frontiera.
Ai primi di febbraio di quest’anno, durante una visita alle comunità di Riyadh in Arabia Saudita, è emerso all’improvviso il male che ha marcato gli ultimi giorni di Mons. Ballin. Rientrato in Italia e ricoverato all’Ospedale Gemelli, ricevette subito una diagnosi che non lasciava molto spazio alla fantasia.
Tra il primo ed il secondo ricovero al Gemelli, Mons. Ballin trascorse quasi un mese nella Casa Generalizia dei Missionari Comboniani. Nel riposo forzato si faceva gradualmente strada la consapevolezza che era giunto il momento di “consegnare tutto”. Mai un lamento, ma un cammino silenzioso e sereno perché chi ha donato e ricevuto tutto non vive l’affanno neanche nel momento estremo.
P. Claudio Lurati
I Missionari Comboniani sono grati per i messaggi di condoglianze per la scomparsa di Mons. Camillo Ballin MCCJ arrivate fino al giorno 15 aprile alle ore 10:00: