Lunedì 1 luglio 2024
L’Assemblea generale dell’Animazione Missionaria ha avuto luogo a Roma dal 22 al 26 aprile 2024, con la partecipazione dei responsabili di settore (di 21 circoscrizioni), dei referenti continentali e di osservatori della Famiglia Comboniana. Pubblichiamo qui di seguito l’intervento di Fr. Alberto Parise sul tema “Animazione missionaria ed ecologia integrale”. [
Segretariato generale della missione]

La connessione tra missione ed ecologia integrale

La connessione tra missione ed ecologia integrale potrà non sembrare evidente a prima vista. Qualcuno potrebbe domandarsi cosa c’entri l’ecologia integrale con la l’evangelizzazione e l’animazione missionaria. Il magistero di papa Francesco, che riprende e attualizza la teologia del Vaticano II, è il punto di partenza per rispondere a tale interrogativo.

Il Concilio aveva mostrato il fondamento teologico della missione, che è “missio Dei” – un’iniziativa trinitaria – e mostrato come la chiesa sia per sua natura missionaria (AG 1) essendo “in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1). Il messaggio dell’Evangelii gaudium – che segue lo schema di Lumen gentium – è che la chiesa assolve la sua missione tanto con l’annuncio diretto di Cristo, quanto con la promozione dell’unità del genere umano e della pace universale.

L’evangelizzazione avviene in contesti storicamente e culturalmente caratterizzati: l’annuncio deve tenere conto delle particolari circostanze storico culturali e per questo il magistero della Chiesa è particolarmente attento ai segni dei tempi. Non sono gli eventi come tali o le condizioni sociali a costituire i segni dei tempi, bensì il rapporto che essi hanno in ordine al Regno di Dio e quindi le indicazioni che essi danno per ricercare i luoghi dove l’azione di Dio si può esprimere come salvezza. Essi si riferiscono all’azione di Dio in ordine alla venuta del suo Regno espressa nella storia attraverso i suoi testimoni.

Nel magistero di papa Francesco, tematiche come la interconnessione del tutto; la globalizzazione economica, con la crescita delle diseguaglianze e dell’indifferenza; la diffusione di sempre più distruttivi conflitti, che oramai costituiscono una terza guerra mondiale a pezzi; la crisi climatica ed ambientale, prodotto di un sistema di sfruttamento ed esclusione che ci ha portati molto vicino ad un punto critico di non ritorno; la realtà delle migrazioni, tra aspirazioni ad una vita dignitosa e condizioni invivibili che spingono milioni di persone a lasciare la propria terra, sono segni dei tempi nei quali l’invito dello Spirito a costruire un popolo di Dio, solidale, fraterno e inclusivo, si fa sempre forte.

L’evangelizzazione oggi non può ignorare che «tutto nel mondo è intimamente connesso» (LS 16). Secondo il principio dell’incarnazione, l’annuncio di Cristo risorto, l’annuncio del Regno di Dio, non avviene in uno spazio neutro, asettico, ma in un mondo che sta attraversando una profonda crisi, complessa e configurata come l’insieme di varie crisi interconnesse: crisi climatica, sanitaria, geopolitica, socio-economica e così via.

L’evangelizzazione ha molto da dire in relazione alle situazioni esistenziali e planetarie del nostro tempo. L’ecologia integrale – così come è intesa nella Laudato si’ – è la risposta evangelica, l’annucio di Cristo risorto ad un mondo che ha smarrito la strada e si sta precipitando verso un baratro.

IL XIX Capitolo Generale e l’ecologia integrale

Il XIX Capitolo Generale ha espresso un sogno missionario, che tratteggia la visione di un orizzonte verso cui tendere e indirizzare il percorso dei comboniani (AC ’22, 28):

Sogniamo uno stile missionario più inserito nella realtà dei popoli che accompagniamo verso il Regno, capace di rispondere al grido della Terra e degli impoveriti. Uno stile missionario che si caratterizza anche per stili di vita e strutture più semplici all’interno di comunità interculturali dove testimoniamo la fraternità, la comunione, l’amicizia sociale e il servizio alle Chiese locali, attraverso pastorali specifiche, la collaborazione ministeriale e percorsi condivisi.

Carismaticamente, questo sogno riflette il fare causa comune con i popoli esclusi e marginalizzati e, nella consapevolezza odierna – in cui percepiamo che tutto è connesso – della Terra che soffre. Anche se nel mondo di oggi il criterio geografico della missione non è più decisivo come in passato, la dimensione ad gentes rimane centrale nella missione dell’Istituto, assumendo un accento più marcatamente antropologico. Ecco allora l’invito a una sempre maggiore inserzione nella vita e realtà dei popoli, animata da un profondo senso di compassione che manifesta il cuore di Gesù.

È proprio il carisma comboniano, dunque, che ci chiama a rispondere al grido dei popoli e della terra, lungo percorsi di conversione ecologica. In particolare, il Capitolo ha dato una linea guida (AC ’22, 30) per i prossimi 6 anni, che ci indica il cammino dell’Ecologia Integrale:

In risposta alle sfide del cambiamento d’epoca che viviamo e alla luce della Parola di Dio, assumiamo l’Ecologia Integrale come un asse fondamentale della nostra missione, che mette in connessione la dimensione pastorale, liturgica, formativa, sociale, economica, politica e ambientale.

Qui si sottolineano due aspetti della conversione ecologica: quello spirituale e quello ministeriale. Innanzitutto, si tratta del frutto di un discernimento evangelico, guidato dalla Parola di Dio. Non vediamo la conversione ecologica come un progetto umano e, per di più, appiattito sulla dimensione ambientale della realtà. Ma è il cammino di fede, in risposta agli inviti dello Spirito, di chi ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica.

Inoltre, è una conversione pastorale verso un approccio ministeriale che parte dalla consapevolezza che tutto è connesso. Ci invita a superare la frammentazione dei nostri impegni e servizi, approdando a pastorali specifiche, dedicate a particolari gruppi umani – soprattutto secondo le priorità continentali (AC ’22, 31) – che connettano le dimensioni pastorale, liturgica, formativa, sociale, economica, politica e ambientale.

Nella esortazione apostolica Ecclesia in Africa, Giovanni Paolo II affermava:

«L’evangelizzazione ha per scopo di “trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa” (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 18). Nell’unico Figlio e attraverso di Lui, saranno rinnovati i rapporti degli uomini con Dio, con gli altri uomini, con la creazione tutta intera. Per questo l’annuncio del Vangelo può contribuire all’interiore trasformazione di tutte le persone di buona volontà che hanno il cuore aperto all’azione dello Spirito Santo» (EiA 55).

Questa affermazione sottolinea che l’evangelizzazione è la dinamica fondamentale, dal nostro punto di vista, della conversione ecologica, risposta alle sfide epocali che viviamo oggi. Iniziativa trinitaria, l’evangelizzazione chiama anche noi a una costante conversione e a procedere con la Chiesa in un cammino di conversione ecologica.

Per questo, il Capitolo ha assunto l’impegno di

aderire alla Piattaforma di iniziative Laudato si’, promossa dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede (Laudato si’ Action Platform – LSAP) ai vari livelli (comunità, Circoscrizioni, Istituto). (AC ’22, 30.1)

Animazione missionaria ed ecologia integrale

Daniele Comboni è stato un grande animatore missionario. Nella situazione del suo tempo, in cui c’era una chiara distinzione tra la chiesa europea che inviava missionari e una realtà africana in cui la chiesa non era ancora presente, l’animazione missionaria di Comboni in Europa era volta al sostegno dell’azione evangelizzatrice in Africa, stimolando la preghiera per la missione, le vocazioni missionarie e la donazione di mezzi economici per sostenere le varie attività missionarie. Ma c’è di più. Comboni era anche molto impegnato nella denuncia dei mali e del peccato strutturale che affliggeva le popolazioni africane, come, ad esempio, lo schiavismo. Se parte del suo lavoro missionario sul campo riguardava la liberazione degli schiavi, in Europa si batteva per spingere la politica ad eradicare tale piaga.

Da allora il mondo e la chiesa sono cambiati profondamente, e con ciò anche le visione di animazione missionaria. Oggi viviamo in un mondo globalizzato, in cui la chiesa è una realtà diffusa in ogni continente. Anzi, molto spesso la sua vitalità – almeno in termini di partecipazione popolare e vocazioni – sembra venire più dai paesi di recente evangelizzazione che non dalle nazioni tradizionalmente cristiane, come quelle europee.

La Regola di Vita comboniana, del dopo Concilio, aggiorna la visione tradizionale di animazione missionaria: l’animazione del popolo di Dio – perché riconosca le proprie responsabilità missionarie e prenda parte nell’evangelizzazione degli altri popoli – viene riconsiderata nella prospettiva della collaborazione tra le chiese1. I primi responsabili dell’animazione sono i pastori ed i loro collaboratori, mentre i comboniani offrono un un servizio specifico secondo il loro carisma2. Inoltre, lo stimolo della missionarietà della chiesa d’origine3 dei comboniani allarga l’orizzonte alle giovani chiese, da cui provengono le vocazioni. Ogni comunità comboniana – a prescindere da dove si trovi – deve essere un centro di animazione e di spiritualità missionaria per la chiesa locale4. Quindi non c’è più una separazione tra il servizio di evangelizzazione e quello di animazione missionaria, a seconda del continente o Paese in cui ci si trova.

In continuità con il carisma comboniano, inoltre, la Regola di Vita riafferma l’importanza dell’animazione missionaria nel riconoscere, alla luce del Vangelo, situazioni di ingiustizia e sfruttamento nelle relazioni socio-economiche tra i vari Paesi e ogni tipo di oppressione anche all’interno di essi5. Ed è qui che entra, in senso carismatico, il tema dell’ecologia integrale.

In sintesi, rimane l’impostazione tradizionale che prevede l’animazione delle comunità cristiane nella preghiera per la missione; nella promozione della collaborazione con i propri missionari all’estero; nella condivisione dei beni materiali attraverso varie forme di supporto economico; nella promozione di vocazioni missionarie6 e nella ricerca di mezzi materiali per il sostegno dell’Istituto e delle sue attività7. Ma si carica di nuovi significati ed espressioni nel nuovo contesto ecclesiale e globale. In particolare, l’aspetto dell’ecologia integrale ha delle notevoli ripercussioni sul servizio di animazione missionaria: la dissoluzione del confine tra animazione missionaria ed evangelizzazione; il concretizzarsi di nuove forme di sostentamento della missione; un punto di partenza per raggiungere persone e contesti che si stanno allontanando dalla chiesa e una più ampia dimensione della preghiera missionaria.

1. La dissoluzione del confine tra animazione missionaria ed evangelizzazione

Al cuore del carisma comboniano sta la visione della “rigenerazione dell’Africa con l’Africa”, cioè del fatto che i protagonisti della missione in Africa dovessero essere gli stessi africani. Già in questa intuizione emerge una visione di missione in cui evangelizzazione ed animazione missionaria della chiesa locale sono due facce della stessa medaglia.

Nel continente europeo, una delle priorità da tempo riconosciute è quella della pastorale specifica con i migranti. Da un lato si tratta di un servizio missionario diretto, dall’altro di un’animazione delle comunità cristiane per l’accoglienza, la protezione, la promozione e l’integrazione dei migranti. Ma i confini tra evangelizzazione e animazione missionaria sono sempre più incerti. Si veda, ad esempio, il caso dell’iniziativa presa con la diocesi di Padova a partire dal 2016, quando il sistema di accoglienza in Italia era vicino al collasso. La diocesi aveva fatto la scelta di un impegno attraverso l’accoglienza diffusa, ma non aveva rinunciato ad una presenza pastorale nei centri di prima accoglienza gestiti da cooperative sociali. Si era formata un’equipe pastorale, guidata da p. Lorenzo Snider (SMA) che metteva assieme vari agenti pastorali, religiosi e laici, della diocesi – tra cui anche dei comboniani della comunità di Padova. Questa equipe ha cominciato a visitare i migranti in due grandi centri di accoglienza nella bassa padovana, dando poi vita ad un gruppo – chiamato “Rinascita” – formato da migranti di vari paesi, in prevalenza africani, e di varie denominazioni cristiane o nessuna. La cura pastorale consisteva in un accompagnamento spirituale e di preghiera, includendo anche sessioni di lettura popolare della Bibbia; un catecumenato che ha portato a vari battesimi e a una integrazione dei richiedenti asilo nelle comunità cristiane; un’assistenza per le pratiche legali di richiesta d’asilo e per l’avviamento al lavoro, attraverso una rete di contatti con professionisti e imprenditori. Ma soprattutto, valorizzando la sua grande vitalità e capacità di celebrazione attraverso un coro liturgico, Rinascita si è proposto sul territorio come gruppo di animazione liturgica domenicale nelle parrocchie, nella quale si faceva anche spazio ad una testimonianza diretta dei richiedenti asilo. Questa animazione ha avuto un impatto sorprendente: non solo in termini celebrazioni liturgiche gioiose e coinvolgenti, ma anche per aiutare le comunità cristiane a superare i pregiudizi, la disinformazione e la paura instillate da alcune forze politiche, nonché l’atteggiamento diffidente e chiuso verso i migranti nella regione. Come definiremmo questo tipo di realtà? Evangelizzazione o animazione missionaria?

Un altro esempio interessante è quello di Ecopax in Messico. Lì la questione sociale è quella della violenza, a cui l’iniziativa risponde con una missione sociale di pace che si ispira ai principi missionari di Daniele Comboni. Il movimento Ecopax offre spazi di riflessione, formazione e accompagnamento per la promozione della pace nelle persone e in tutti gli ambiti possibili, portando assieme Laici Missionari Comboniani, operatori pastorali parrocchiali e operatori pastorali specifici come quelli afro, giovanili e universitari, ma anche persone che, pur non appartenendo o partecipando ad alcuna struttura ecclesiale o sociale, si sentono chiamate a fare qualcosa perché la pace prenda piede dove vivono e convivono. Così cresce la consapevolezza che la pace non è solo il desiderio più profondo di ogni essere umano, ma è anche una dimensione essenziale del Regno di Dio e, quindi, del Vangelo. Questa iniziativa, a lungo termine, cerca una trasformazione sociale coinvolgendo le comunità cristiane nella missione sociale e nella trasformazione culturale ispirate dal Vangelo. Anche in questo caso: è animazione missionaria o evangelizzazione?

2. Nuove forme di sostentamento della missione

Un punto di forza per il sostentamento dell’Istituto e delle sue attività è sempre stato il sostegno popolare in Europa. Grazie alla generosità di migliaia e migliaia di fedeli, in gran parte dai ceti più semplici, la missione ha trovato un importante sostegno per un’intera epoca. Tuttavia, con il processo di secolarizzazione in Europa e con il cambiamento della geografia delle vocazioni, questa fondamentale fonte di sostentamento economico sta volgendo al termine. Una delle sollecitazioni ad avviare l’animazione missionaria nel sud del mondo è proprio quella di mobilitare delle risorse a sostegno della missione. In anni recenti, ad esempio, diverse province in Africa hanno preso in considerazione la possibilità di amministrare qualche parrocchia ben consolidata, che abbia già raggiunto una propria auto-sostenibilità e sia in grado di contribuire anche economicamente alla missione. Ma l’esperienza – nel contesto dell’ecologia integrale, che lo ribadiamo, non significa solo ambiente, ma tutte le dimensioni della realtà – ci mostra che ci possono essere altre strade molto interessanti.

Un caso di ecologia integrale, ad esempio, è quello della Verona Huruma Savings and Credits Cooperative (VH Sacco), i cui albori risalgono al 1991 con la formazione di un gruppo informale di risparmio di 15 persone che che si ritrovavano regolarmente in una delle piccole comunità cristiane della missione comboniana di Kariobangi, nei bassifondi di Nairobi, più precisamente nella zona di Huruma. Il gruppo di Huruma funziona bene e cresce, tanto che nel 1994 si trasforma in Huruma Self-help Group, un gruppo di mutuo soccorso formalmente costituito. Nella convinzione, basata sull’esperienza, che anche piccole somme possono fare la differenza nella condizioni di vita delle periferie di Nairobi, il gruppo riscuote un rapido successo grazie al grande capitale sociale di fiducia e integrità dovuto al contesto parrocchiale. Infatti, in Kenya molte esperienze di questo tipo sono tristemente fallite e questo può rendere le persone diffidenti verso le forme cooperativistiche. Ma non in questo caso. Il gruppo riesce ad operare una grande mobilitazione dei residenti della zona, che si uniscono a questa associazione per proteggere il risparmio familiare e favorire l’accesso ai crediti. Questa iniziativa rende accessibili tali servizi ad un’ampia parte della popolazione che non è in grado di ottenerli dal settore bancario formale, in quanto ha un reddito minimo, non stabile e vive in condizione di grande vulnerabilità.

La parrocchia rimane al centro di questo percorso e la comunità cristiana si fa interprete di questo missione sociale. L’amministrazione e la gestione delle attività sono responsabilità del gruppo stesso, ma gli uffici del progetto e la cultura, la spiritualità dei soci – il capitale “sociale” – vengono offerti, curati, accompagnati dalla parrocchia. Questo modello ha un successo tale che nel 2013, in forza alla grande espansione del gruppo, avviene un importante salto di scala: il progetto si trasforma in Sacco (cooperativa di risparmi e crediti), quindi con la possibilità di fare anche investimenti. Nel 2017, c’è un ulteriore passaggio: dalla dimensione locale si passa alla scala nazionale, sempre mantenendo la propria identità missionaria: Verona Huruma Sacco è un gruppo inclusivo, che accoglie persone di diverse confessioni religiose, ma continua ad essere motivato e nutrito dalla spiritualità comboniana8.

Inoltre, la dimensione sociale della attività della cooperativa emerge anche nei piani di assicurazione e finanziamento delle spese sanitarie, un programma di borse di studio per i bambini e ragazzi bisognosi, un programma di responsabilità sociale d’impresa, che si rivolge ai bisogni dei più bisognosi e, fin dal principio del cammino del gruppo, un sostegno economico alla parrocchia comboniana, riconoscimento per i valori evangelici e per il capitale sociale di fiducia e integrità che promuove. La spiritualità – aperta, che accoglie tutti senza badare alle appartenenze ed affiliazioni socio-culturali e religiose – non è un aspetto secondario del percorso di questa organizzazione.

La capacità di rispondere ai bisogni di chi normalmente rimane escluso dai circuiti economici formali e l’impatto sociale delle sue attività che testimoniano l’importanza di questa iniziativa. A tutt’oggi ci sono molti gruppi missionari e associazioni cattoliche che sostengono microprogetti nel sud del mondo, come espressione di solidarietà e di fede cristiana. Questa iniziativa dimostra che è possibile avere iniziative simili, auto-sostenibili, anche nel sud del mondo. Dal punto di vista della sostenibilità della missione, inoltre, questo scenario ci indica delle possibilità interessanti: un percorso di “evangelizzazione” dell’economia, oramai non solo a livello locale ma addirittura nazionale, che può coinvolgere la Chiesa, offrendole anche delle opportunità di investimento a fianco della gente che accompagna.

Un’altra esperienza interessante è quella della Comboni Alliance for Social Entrepreneurship (CASE), un’opera comboniana che si propone di facilitare la nascita e la crescita di imprese sociali nel contesto delle missioni comboniane nel continente. L’iniziativa si propone di animare comunità cristiane e gruppi giovanili affinché diventino evangelizzatori dell’economia – come auspicano la Evangelii gaudium ed il movimento Economia di Francesco – promuovendo anche la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale.

L’idea di fondo è che un’impresa sociale è uno strumento per risolvere problemi comunitari, per costruire il bene comune. Ovunque le comunità missionarie si trovano fronteggiare seri problemi sociali che sono anche un banco di prova per l’annuncio evangelico. CASE propone di impegnarsi con i giovani del posto, valorizzandone potenziale e creatività, per la soluzione di tali problemi, creando occupazione e soluzioni sociali partecipate e innovative. Grazie ad una formazione mirata, i giovani imparano ad identificare opportunità generate dai problemi sociali ed a progettare ed avviare soluzioni sostenibili. Oltre alla formazione, CASE può offrire un accompagnamento umano e professionale, collegare i giovani ad un ecosistema delle imprese sociali, mettere a disposizione un polo di innovazione sociale e sviluppo, facilitare l’accesso a finanziamenti e l’avviamento di nuove imprese.

Si tratta di un’esperienza ancora agli inizi, ma che già mostra riposte interessanti in diversi paesi africani, come la Repubblica Centrafricana, il Ciad, il Togo, l’Uganda, il Benin. La proposta di CASE aiuta a fare un passaggio importante, a superare la sindrome di dipendenza e il senso di impotenza, a facilitare un cambio di mentalità. La gente comincia a riscoprire la propria forza e potenziale, la possibilità di prendere l’iniziativa e cambiare la propria situazione, a tradurre la propria fede in impegno per la vita, trasformando la propria comunità. È emblematica la reazione di un gruppo di giovani in Centrafrica, che anziché sognare di andarsene dal proprio paese ora vuole acquisire le competenze per trasformarlo: è una delle attualizzazioni del sogno di Comboni per la rigenerazione dell’Africa con l’Africa. Cambia il modo di vedere e rapportarsi alla realtà, in modo ispirato dal Vangelo e sostenuto da una viva spiritualità. Al tempo stesso, comincia a cambiare anche la visione dei missionari: alcuni cominciano a riconoscere che ci sono risorse locali che possono essere utilizzate per sostenere la comunità ed il lavoro pastorale, in collaborazione con la gente. A livello di circoscrizione, inoltre, si comincia a parlare della possibilità di un qualche impegno di investimenti ad impatto sociale, contribuendo così ad iniziative che trasformano la realtà locale, unendo al ritorno economico quello sociale ed ambientale. Ma per questo c’è bisogno di una ricerca, di una sperimentazione per identificare, sviluppare ed adattare dei modelli replicabili.

Naturalmente queste esperienze sono tutt’altro che facili e comode, farle funzionare è molto laborioso e bisogna affrontare grandi difficoltà. Bisogna crederci, avere fede e non scoraggiarsi; anzi, nella visione di Comboni stesso, proprio queste “croci”, che sono il prezzo da pagare per la fedeltà alla missione, sono un segno dell’origine spirituale di queste opere.

3. Un punto di partenza per raggiungere persone e contesti che si stanno allontanando dalla chiesa

Il continente europeo sta sperimentando un cambiamento epocale: il cristianesimo sociologico è arrivato al capilinea ed è sempre più difficile raggiungere con il messaggio evangelico la società, soprattutto i giovani. In genere non si tratta di ostilità, nonostante in certi casi sia cresciuta una certa sfiducia nella chiesa dovuta agli scandali ed allo scarso rinnovamento pastorale; quanto piuttosto di indifferenza, disinteresse. In passato, le parrocchie erano il nostro luogo privilegiato di incontro con la gente e con i giovani. Ma, salvo importanti eccezioni, molto spesso anche le parrocchie fanno esperienza di una sempre più debole partecipazione, soprattutto delle nuove generazioni. Una delle grandi sfide della missione oggi in Europa è, infatti, quella di ricostruire un rapporto con i territori. Constatiamo che le tematiche legate all’ecologia integrale sono una grande opportunità per rilanciare la nostra presenza territoriale. Ci sono varie esperienze positive in questo senso: programmi di sensibilizzazione nelle scuole, lo sviluppo di percorsi Laudato si’ nei giardini o parchi delle nostre comunità – come qui a Roma, per esempio – la partecipazione e supporto ad iniziative giovanili come Arte Migrante9, che creano degli spazi liberi di incontro, di condivisione e creatività portando assieme gruppi che altrimenti difficilmente si incontrano (giovani, migranti, persone senza fissa dimora, anziani, studenti ecc.). Inoltre, queste esperienze ci insegnano che il nuovo linguaggio per un’animazione missionaria con le nuove generazioni non passa solo per i social networks, ma anche attraverso la partecipazione ed il linguaggio espressivo delle arti.

La partecipazione a questi spazi, con giovani cristiani – che non vogliono sentirci solo parlare di missione, ma vederci in missione – diventa una efficace testimonianza ed animazione missionaria, oltre che, anche in questo caso, un vivere la missione in Europa, raggiungendo persone lontane, costruendo un rapporto di fiducia, condividendo il messaggio di fede quando se ne presenta la possibilità.

4. Una più ampia dimensione della preghiera missionaria

Comboni ha spesso insistito sulla forza della preghiera missionaria, il mezzo più sicuro e infallibile per riuscire nelle opere di Dio, e sul confidare in Dio. La preghiera è un aspetto fondamentale della missione. L’animazione missionaria in relazione all’ecologia integrale apre nuove possibilità anche in relazione alla preghiera missionaria. Un’esperienza significativa è stata quella della campagna di preghiera in vista e durante le COP28 sul clima, tenutasi a Dubai a dicembre 2023. Sull’onda dell’esortazione apostolica Laudate Deum, che chiamava i leader mondiali a dare prova di coraggio e di autentica conversione ecologica, le comunità cristiane sono state invitate ad accompagnare il processo con una intensa preghiera, nella consapevolezza che Dio può toccare i cuori e le coscienze umane. L’impegno per l’ecologia integrale, infatti, non è una questione semplicemente sociale, ma allo stesso tempo teologica, come spiega papa Francesco nella Laudato si’. Dal punto di vista della Evangelii gaudium, anzi, è un’azione propriamente missionaria, indirizzata alla costruzione dell’unità del genere umano, partendo da una crisi epocale che coinvolge tutti, per cui siamo tutti nella stessa barca e condividiamo un destino comune. La presenza missionaria nel movimento globale per il clima è una testimonianza del Vangelo che non mira a fare proselitismo, ma a promuovere il Regno, nella consapevolezza che la Chiesa cresce per attrazione e che la presenza fraterna e il donarsi per il bene comune, la dignità umana, la giustizia sociale e climatica risulta significativa agli occhi dell’umanità, specie quella sofferente. Senza una solida spiritualità e fede nella presenza di Dio nella storia, nella sua provvidenza, nell’importanza di discernere l’azione dello Spirito per assecondarla e lasciarci coinvolgere in ciò che sta operando, ci si lascerebbe andare allo sconforto. Alimentare la preghiera missionaria per la pace, per la conversione ecologica, per un mondo più giusto e fraterno è una forma di animazione missionaria di fondamentale importanza.

Lo sviluppo di alcuni programmi pastorali per l’ecologia integrale

Il XIX Capitolo Generale ha dato mandato di «approfondire i documenti del magistero sociale della Chiesa e promuovere la riflessione teologica su queste realtà, alla luce della Parola di Dio» (AC’22, 29.2), lasciandoci interpellare dai documenti di papa Francesco, come Evangelii gaudium, Laudato si’, Querida Amazonia e Fratelli tutti. Questa dimensione formativa deve ovviamente riflettersi poi nell’integrazione della nostra pratica ministeriale. Il Segretariato Generale della Missione, a questo proposito, in collaborazione con referenti GPIC di alcuni continenti, sta preparando dei programmi pastorali contestualizzati per un’animazione missionaria basata sulla Laudate Deum (in America) e sulla Laudato si’ (in Africa). Questi programmi, basati sulla metodologia del ciclo pastorale, hanno l’obiettivo di sensibilizzare le comunità cristiane all’ecologia integrale – alla luce della Parola di Dio e del magistero della chiesa – per integrarla nel loro cammino di fede, e di renderle protagoniste nel processo di conversione ecologica.

Un’altra iniziativa è quella promossa da CASE per le comunità cristiane in Africa, in particolare per i giovani, che hanno un enorme potenziale di energia, creatività e capacità di sognare un futuro diverso. Allo stesso tempo, tutta questa energia può andare sprecata, con i giovani che si sentono emarginati in termini di accesso alle opportunità di lavoro, rappresentanza e partecipazione, e impantanati in alti livelli di povertà. CASE propone ai giovani l’iniziativa dei Club 3Zero, ideata e promossa dal Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, che si propone di creare un mondo a tre zeri: zero emissioni nette di carbonio, zero concentrazione di ricchezza per porre fine alla povertà e zero disoccupazione liberando l’imprenditorialità in tutti. Ma, nella versione missionaria promossa da CASE, l’iniziativa si basa sulla metodologia del ciclo pastorale.

L’obiettivo è quello di creare un impatto positivo all’interno della comunità ecclesiale, affrontando le sfide sociali e ambientali attraverso la responsabilizzazione dei giovani e contribuendo al benessere delle parrocchie e delle comunità locali. Ciò comporta l’offerta di formazione, risorse e sostegno per dotare i giovani delle competenze e delle conoscenze necessarie per la trasformazione sociale. CASE organizza e forma i giovani, e facilita l’accesso alle risorse e al sostegno necessari per proporre innovazioni sociali che stimolino il cambiamento. Mettere i giovani al centro dello sviluppo ha dimostrato di essere una soluzione ad alcune delle sfide più pressanti della società, tra cui la disoccupazione, la povertà e il degrado ambientale.

Conclusione

Alla luce del cambiamento epocale che stiamo vivendo e del magistero di papa Francesco, abbiamo visto che evangelizzazione e animazione missionaria sono così interconnesse e sovrapposte che diventa sempre più difficile distinguerle. Anche per questo motivo, non si può più guardare all’animazione missionaria come un compito a se stante, o da delegare a degli incaricati. Certamente, come afferma la Regola di Vita, è importante acquisire delle competenze specifiche, ma ciascun missionario è chiamato ad essere un animatore missionario attraverso il proprio ministero e ciascuna comunità un centro di animazione e spiritualità missionaria nella chiesa locale. Le forme “classiche” dell’animazione missionaria rimangono valide, ma si stanno arricchendo, assumendo anche forme nuove e orizzonti più ampi: il riconoscimento dell’ecologia integrale come un asse fondamentale della nostra missione (che mette in connessione la dimensione pastorale, liturgica, formativa, sociale, economica, politica e ambientale) apre interessanti opportunità anche in relazione al sostentamento della missione, alla preghiera missionaria ed all’offerta di programmi pastorali di animazione missionaria.

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1 Cf. RV 72-73.
2 Cf. RV 73.
3 Cf. RV 72.2.
4 Cf. RV 75.
5 Cf. RV 73.3.
6 Cf. RV 73.1.
7 Cf. RV 78.2.
8 Il nome ufficiale dei missionari comboniani in Kenya è “Verona Fathers”, riferimento che i soci hanno voluto rimanesse nel nome ufficiale della cooperativa di risparmi e crediti. Oramai, la cooperativa comprende oltre 15 mila soci, di diversa estrazione sociale ed offre un’ampia gamma di servizi: anzitutto la raccolta di risparmi (nella forma di quote di capitale della cooperativa, che quindi si possono ritirare solo uscendo dalla cooperativa) e varie modalità di prestiti agevolati.
Gli investimenti finanziari e immobiliari sono diventati una parte importante del bilancio. In particolare, gli investimenti in terreni e immobili residenziali rendono accessibile questo mercato ai soci, grazie a tassi equi e di lungo periodo, oltre che alle economie di scala. Questo fattore ha contribuito in maniera significativa all’apertura della cooperativa oltre ai confini di Kariobangi-Huruma.
9 Arte Migrante organizza serate aperte a tutti, con l’intento di creare inclusione attraverso la libera espressione creativa: partecipano studenti, migranti, persone senza fissa dimora, lavoratori e disoccupati, giovani e anziani. Le serate si dividono in tre momenti: 1. Presentazioni seduti in un grande cerchio; 2. cena condivisa, porta e offri; 3. Le condivisioni: chi vuole può mettersi in gioco con quello che sa fare: canti, balli, giocoleria, teatro, musica, poesia, ecc.
Il segreto della popolarità di Arte migrante, un movimento che si sta diffondendo a macchia d’olio, sembra essere nella combinazione di vari elementi, più precisamente:
= Risponde ad un bisogno relazionale dei giovani (cf. paura della solitudine, pressione della cultura dominante di competizione che divide dagli altri e fa dubitare di sé o passare sopra agli altri).
= Propone attività pratiche, immediate, che offrano la possibilità di sentirsi protagonisti e di praticare un diverso stile di vita (i giovani così si riappropriano della capacità di rispondere al proprio bisogno in modo autonomo e condiviso).
= Il clima di accoglienza, inclusione, fraternità e dialogo, che fa sentire sicuri, a casa.
= Libera le energie, permette di esprimersi ed esporsi senza timore di essere giudicati.
= Si basa su strutture leggerissime e circolari [relazioni orizzontali, poche regole e semplici… e non ci sono nemmeno le sedie!];
= Si espande grazie a sussidiarietà e iniziative locali autonome ‘ispirate a’ e ‘in rete con’ altre che le modellano. A questo proposito, va anche notata la grande facilità e libertà di ingresso e di uscita: non è un dettaglio secondario in quanto i giovani vivono diverse appartenenze e spazi molto strutturati ed esigenti possono essere percepiti come limitanti il bisogno di continuare a muoversi tra spazi diversi.
= Un manifesto semplice che interpreta i valori delle nuove generazioni e li esprime in modo diretto, gioioso (non come un “pesante dovere”): questo offre un orizzonte di senso in cui inquadrare la propria esperienza di Arte Migrante.

Fr Alberto Parise MCCJ
Segretariato generale della missione