Ricordando Fr. Romano Maran, un vero comboniano “santo e capace”

Immagine

Sabato 20 aprile 2024
Fr. Romano Maran è nato a Selvazzano (diocesi di Padova) il 1° agosto 1923 ed è deceduto ultracentenario nella nostra comunità di Castel d’Azzano, giovedì scorso 11 aprile 2024. Sabato 13 aprile abbiamo celebrato il suo funerale. Diversi confratelli di altre comunità, familiari, amici e qualche consorella comboniana si sono uniti a noi, riempiendo la nostra cappella. Diversi sono stati gli interventi di apprezzo e stima per la testimonianza di vita che ci ha dato Fr. Romano. P. Giovanni Munari, il nuovo superiore della comunità, ha presieduto l’Eucaristia e P. Renzo Piazza ha tenuto l’omelia che trovate qui sotto. Fr. Maran è stato seppellito nel Cimitero Monumentale di Verona dove riposano tanti dei nostri confratelli.

Riprendo alcuni cenni biografici presentati in occasione della celebrazione del suo centesimo compleanno.

Fr. Romano Maran con il Superiore Generale Padre Tesfaye Tadesse
in occasione della celebrazione del suo centesimo compleanno.

Fr. Maran nacque a Selvazzano, provincia di Padova. Crebbe in seno a una famiglia cristiana, dove imparò a pregare e a lavorare. A 15 anni cominciò a sentire il primo desiderio di farsi missionario. A 19 anni, nel 1942, entrò nel noviziato dei Missionari Comboniani a Venegono Superiore (Varese), dove fece la prima professione religiosa il 7 ottobre 1944. Erano anni di guerra, ed erano bloccate tutte le partenze per l’Africa.
Finalmente, nel 1947 fratel Romano poté partire per il Sudan, dove lavorò per 17 anni: dapprima nel nord (1947-1956 – a Khartoum, dove nel 7 ottobre 1950 fece i voti perpetui), poi nel sud del paese (1957-1964). Anch’egli conobbe lo straziante dolore dell’espulsione, quando, fra il 27 febbraio e il 9 marzo 1964, numerosi missionari e missionarie furono dichiarati “persone non grate” dal governo di Khartoum e costretti ad abbandonare le loro missioni, con la sola accusa di diffondere il Vangelo e di aiutare la gente più bisognosa.
Dopo una sosta di tre anni in Italia, fratel Romano partì per l’Uganda, dove trascorse altri 16 anni (1967-1983). La terza tappa, in Malawi-Zambia, fu la più lunga: dal 1984 al 2009.
Fr. Romano aveva 86 anni quando rientrò in Italia, “carico” di ben 58 anni di attività missionaria in Africa. Visse dapprima nella Casa Madre dei Comboniani a Verona, per poi passare a Castel d’Azzano, presso il Centro “Fratel Alfredo Fiorini”, per missionari comboniani ammalati e anziani.
Favorito da una buona lucidità mentale e di una discreta salute, dedica il suo tempo alla preghiera di giorno e fino a tarda sera, alternando Rosari e lunghi periodi di adorazione davanti a Gesù nell’Eucaristia. Dice: «La missione non è mai finita. Ognuno se la porta nel cuore. E io la presento ogni giorno, nella preghiera, al Signore – che è il Padrone della Messe – perché susciti nuove vocazioni per le missioni e aiutare tutti i missionari nell’arduo ma entusiasmante lavoro dell’evangelizzazione».

In quella occasione Fr. Romano ha riassunto così la sua lunga vita: “100 anni di vita… 100 anni di carità e misericordia…”

Fr. Romano ci lascia una bellissima eredità. Abbiamo avuto ed abbiamo tuttora nella nostra comunità delle testimonianze di confratelli pienamente identificati con la loro vocazione missionaria che, dopo aver donato tutta la loro vita alla missione, adesso la dedicano totalmente alla preghiera. Fr. Romano è stato uno di questi, forse il più eloquente. Quanto mi impressionava la sua posizione adorante davanti a Gesù Eucaristia! Rimaneva tutto il tempo in ginocchio, in un atteggiamento di profonda concentrazione.

Fr. Romano era piuttosto silenzioso, anche per le sue difficoltà uditive, ma diverse volte ha chiesto la parola in chiesa per condividere qualche sua esperienza ed invitarci a lodare il Signore con lui. Non era una persona introversa. Diverse volte, si è avvicinato a me per incoraggiarmi a “portare la mia croce”. Si prestava anche a spingere qualche carrozzina, fin quando l’hanno sconsigliato.

La missione gli è rimasta profondamente radicata nel cuore, in modo speciale i poveri. I “100 anni di carità e misericordia…”, come lui aveva definito la sua vita, non sono stati solo dono di Dio verso di lui, ma pure dono suo verso il prossimo.

Quando alla sera dopo cena mi portavano a fare un giro in carrozzina attorno alla casa, mi suscitava grande tenerezza vederlo sul balcone della sua camera cantare i canti del nostro libretto. Era stonato, ma pienamente sintonizzato con i sentimenti del suo cuore. Peccato che, una sera, il compagno di stanza, un po’ “perso”, gli ha chiuso dietro la tapparella. Ha dovuto rinunciare a quel momento di boccata d’aria… canora.

Fr. Romano amava la vita e ci teneva a mantenersi in buona forma. Ci invitava a ringraziare Dio con lui quando superava qualche dolore o malanno. Come pure rimproverava il Signore ad alta voce, nei suoi lunghi colloqui, seduto davanti al grande crocifisso in stanza sua, dice P. Luciano Perina. Ancora qualche settimana fa, dopo la rottura della gamba che l’ha costretto a spostarsi in carrozzina, continuava gli esercizi camminando appoggiato alle parallele della sala di fisioterapia, facendo pure degli esercizi di contorsioni dorsali, con grande meraviglia dei fisioterapisti.

Condividendo dei ricordi su Fr. Maran, P. Luciano commentava che guardando a queste figure di comboniani possiamo ben constatare che il nostro istituto ha davvero delle “radici sane”. Ringrazio il Signore per questi anni di convivenza comunitaria con questo confratello in cui ho visto rispecchiato quel missionario “santo e capace” che sognava Comboni.

P. Manuel João Pereira Correia, MCCJ

Funerale di Fr. Romano Maran
Omelia di P. Renzo Piazza
13 aprile 2024

Ci è stato insegnato che lo scopo della Chiesa è triplice: Annunciare la fede, celebrare la fede, vivere la fede. Gli apostoli dopo la resurrezione di Gesù annunciano la fede in Cristo morto e risorto. I primi credenti, riuniti in comunità, celebrano la fede, ritrovandosi a pregare nel tempio e spezzando il pane nelle loro case. Coloro che sono venuti alla fede, sono attenti ai poveri e ai bisognosi: condividono quello che hanno e tra di loro nessuno è povero.  Vivono la fede e la traducono in pratica nella carità. 

L’aiuto ai poveri è anche causa di attrito nella primitiva comunità, poiché nella distribuzione dei viveri venivano trascurate le vedove degli Ellenisti. Dalla riflessione e dalla preghiera nasce la soluzione: saranno i diaconi che si occuperanno della carità e dei poveri, mentre gli apostoli si dedicheranno alla preghiera e dell’insegnamento della Parola. 

Nell’attività pastorale dei missionari comboniani, da sempre sono apparse queste due forze: da una parte la preoccupazione per l’annuncio del vangelo e la preghiera, dall’altra l’attenzione ai poveri, la carità, la scuola, la cura degli ammalati. Se per il primo compito sono stati i sacerdoti i protagonisti, per l’attività della carità senza dubbio sono stati i fratelli missionari i principali artefici, con i loro molteplici servizi. 

Fr. Romano, nel mondo comboniano è stato un piccolo “fenomeno”: cento anni, otto mesi e 10 giorni di vita:  il più anziano tra tutti quelli che sono vissuti in questa comunità. (Ha battuto di cinque giorni il record il padre Alessandro Zanoli…). Quasi 80 anni di vita consacrata a Dio, di cui 58 trascorsi in Africa, tra Sudan, Sud Sudan, Uganda e Malawi- Zambia. E’ l’ultimo degli espulsi dal Sudan del 64 che hanno abitato in questa casa (PP. Rosanelli, Bolzonella, fr. Virginio Manzana e fr. Romano). 

Una volta i fratelli come lui venivano definiti fratelli ad ommia, cioè capaci di tutte le attività concrete di cui la missione aveva bisogno: l’insegnamento tecnico, le costruzioni, le riparazioni, l’orto, la cucina, il mantenimento dei fabbricati…

Qualche anno fa, il gesuita padre Silvano Fausti, aveva trascorso qualche mese nelle missioni comboniane in Mozambico. Riflettendo sulla prima lettura di oggi, che mette in risalto i pilastri della vita missionaria, così scriveva: “Ho l’impressione che i comboniani assomiglino di più ai diaconi della chiesa primitiva che agli apostoli. Si lasciano prendere dalle attività della carità, più che dalla preghiera e dalla predicazione del vangelo”. Romano Maran, missionario e fratello, pur impegnato in molteplici servizi, aveva messo Gesù Cristo e la preghiera al centro della sua vita.

“Chiamava Gesù il suo amico e aveva una speciale devozione per Gesù crocifisso”: così ci ha scritto un confratello. Anche noi siamo testimoni che effettivamente fr. Romano teneva sempre gli occhi fissi in Gesù Cristo. Lo amava teneramente. Dedicava molto tempo a stare con lui. Teneva un grande crocifisso vicino al suo letto. Quando entrava in chiesa, anche se aveva più di 90 anni, faceva sempre una profonda genuflessione. Si sedeva sul suo banco e rimaneva per un tempo prolungato a contemplare il tabernacolo.  “Per gli uomini retti, bella è la lode”, ci ha detto il Salmo poco fa. 

Un giorno mi aveva detto: “Ho preso la preghiera come mio lavoro missionario. Questo me l’ha suggerito lo Spirito Santo. Spero che il Signore accetti anche questo mio sacrificio”.E aggiungeva: “Poiché ora non riesco più a leggere, allora dedico 45 minuti per ripetere tutte le preghiere che ho imparato a memoria”.

Dopo di questo recitava le Lodi con la comunità.  Dopo la colazione ascoltava una messa alla radio. Alle 17, sempre alla radio, seguiva il rosario, i vespri e la Messa. A questo seguiva la sua partecipazione  alla messa della comunità. “Speriamo che con tre Messe il Signore mi perdoni per tutto quello che non l’ho pregato quando mi trovavo in missione”, concludeva.

Tutte le sere concludeva la sua giornata con un lungo tempo davanti al tabernacolo e al Cristo Crocifisso. Alternava preghiere, rosario e canti, da solo… Alla fine faceva una carezza alla croce, la sbilanciava un po’ e al mattino seguente il buon Fr. Abele la rimetteva a piombo…

Ho avuto modo di assisterlo all’ospedale e di ascoltarlo quando la febbre lo faceva un po’ farneticare. Anche in questa situazione si esprimeva ricordando l’essenziale della sua vita: amare e servire Gesù, per essere per sempre con lui. Poiché tardava a ristabilirsi, ho suggerito alla dottoressa che lo curava di dimetterlo presto, perché ritrovando il suo modo di pregare ordinario, avrebbe ritrovato anche la sua salute…  E così fu.

Portava la missione nel cuore e continuava a intrattenere buone relazioni con i confratelli con i quali aveva condiviso la vita missionaria. Un giorno ha avuto tra le mani una piccola somma e si è preoccupato che fosse inviata per i bambini dell’asilo di Lunzu, perché avessero un pasto caldo. 

Quando ha festeggiato i 100 anni le sue condizioni di salute non erano molto buone. Tuttavia aveva preparato un intervento da fare in pubblico per ringraziare Dio per quanto aveva operato nella sua lunga e bella vita. La vigilia della grande festa fr. Romano si mise a piangere come un bambino. Disse che non ricordava quello che aveva previsto di dire il giorno dopo, per l’occasione. Come si poteva far festa senza ringraziare degnamente il Dio della vita?

Fr. Romano è morto nel sonno, senza soffrire. Poche ore prima aveva ricevuto l’Eucarestia, il Pane per l’ultimo viaggio. Mi ha sorpreso la serenità del suo volto nella bara: bello e disteso. “Guardate a lui, sarete raggianti, il vostro volto non arrossirà”, dice il Salmo. Chi ha contemplato a lungo il volto di Dio, ne rimane trasfigurato.  Non ci sono tracce della morte sul volto di Fr. Romano: si è addormentato nel Signore. 

La vita terrena di fr. Romano termina con il racconto dei discepoli che salgono nella barca e si avviano verso l’altra riva del mare. Era buio, il mare era agitato e soffiava un forte vento. I discepoli avevano paura, finché non arrivò Gesù a rassicurarli: “Sono io, non abbiate paura”. Allora vollero prenderlo sulla barca e subito la barca toccò la riva.  

Nella notte tra mercoledì e giovedì Fr. Romano scese al lago e salì sulla sua barchetta. “Non tirava un alito di vento; il lago giaceva liscio e piano e sarebbe parso immobile se non fosse stato il tremolare e l’ondeggiar leggero della luna…” L’amico Gesù si avvicinò e salì sulla barca con grande gioia di Fr. Romano. E subito la barca toccò la riva. 

Così si è concluso il viaggio di Fr. Romano: tra le braccia di un amico che lo ha amato, ha dato la vita per lui ed è venuto a cercarlo nel cuore della notte. 

Fr. Manzana, P. Bolzonella, Fr. Maran, P. Rosanelli, P. Zanoli.

Testimonianza dei nipoti

Zio Romano,
Ora sei in pace nella tua tanto amata Africa. Raccontavi che ci ritornavi tutte le notti appena il sonno ti avvolgeva, la tua vita riprendeva lì nel cuore di quel continente che hai tanto amato e che ti ha amato. 

Ora che i tuoi occhi si sono chiusi per sempre, ti immaginiamo fra i tuoi fratelli moretti, le tue capre, galline, elefanti, leoni e serpenti con la tua veste bianca a dirigere come un maestro d’orchestra la vita di ogni villaggio che ti ha sempre accolto a braccia aperte. 

Ora sei nella tua tanto amata Africa. 

Prenditi il tempo per fare quello che non hai più potuto fare.

Riposa in pace, zio Romano e continua a pregare per noi.

I tuoi nipoti e pronipoti

[comboni2000]