Venerdì 7 luglio 2023
P. David Costa Domingues, missionario comboniano, celebrerà il prossimo 9 agosto il suo giubileo sacerdotale. È nato e cresciuto in una famiglia numerosa a Calvão, in Portogallo. Il 1° luglio compirà 51 anni. Ha fatto gli studi di Teologia a Chicago (1994-1998), negli Stati Uniti, e dopo l’ordinazione ha lavorato a Famalicão (1998-2003), nel nord del Portogallo. Dal 2003 al 2022, è stato nelle Filippine (dal 1° gennaio 2017 come superiore della Delegazione) fino a quando, durante il Capitolo Generale, nel giugno 2022, a Roma, è stato eletto assistente generale. Oggi è il Vicario generale dell’Istituto comboniano. Qui dice: “Nel far memoria di questi 25 anni di sacerdozio, posso affermare che li ho vissuti con un cuore pieno, tra gioie e tristezze e, anche, con alcune difficoltà e fragilità, ma sempre con un cuore pieno”.
25 anni che sono valsi la pena
«Ricordare è vivere», dice la gente. E ha ragione. Infatti, facciamo memoria non solo per ricordare o avere storie da raccontare, ma per rivivere, celebrare e accogliere il presente con rinnovato vigore. Così, costruendo sulle basi del passato e vivendo intensamente il presente, possiamo rinnovare la speranza in un futuro sempre migliore. È in questa prospettiva che scrivo queste righe, per far memoria, con profonda e sentita gratitudine, e per celebrare i miei 25 anni di servizio sacerdotale in questa famiglia missionaria, creata e benedetta da San Daniele Comboni, che sono i Missionari Comboniani.
Tutto per me è cominciato alla tenera età di dodici anni. Sono cresciuto nella religiosità semplice ma profonda della mia famiglia, e con una certa curiosità per il mondo della missione, a quel tempo ancora molto vago. Dio ha voluto toccare il mio cuore, non facendo risuonare la sua voce dall’alto, ma usando i suoi modi “straordinari”. Andavo a catechismo e, un giorno, la catechista fece la seguente domanda: «Chi vuole diventare missionario?», «Io!», risposi. Tutto iniziò da lì.
Dire addio alla famiglia, agli amici e alla mia squadra giovanile di calcio di Calvão non fu facile. Ma io desideravo qualcosa di più serio e duraturo. Così, nel 1984, sono entrato nel Seminario delle Missioni di Viseu. Non ero solo! A questa nuova avventura si unì un bel gruppo di compagni di scuola e della squadra di calcio. La cosa che mi rallegrò molto fu che avevo degli amici con cui avrei giocato a pallone.
Durante i molti anni di formazione ho visto i miei compagni prendere altre strade. Io sono andato avanti. Dopo 14 anni di studi, il 9 agosto 1998 sono stato ordinato sacerdote nella parrocchia di Calvão, circondato dalla mia famiglia e dalla comunità cristiana che mi avevano visto nascere e crescere.
Da allora sono trascorsi 25 anni di grazia che mi hanno portato, prima nel nord del Portogallo, a Famalicão, per cinque anni (1998-2003), e poi nel mondo sconosciuto dell’Asia, dove sono rimasto per quasi vent’anni (2003-2022). Se tutto fosse dipeso solo dalla mia volontà, di certo sarei ancora la! Ma non siamo missionari per fare ciò che vogliamo. Pertanto, nel giugno del 2022, ho accettato di lasciare l’Asia per venire a Roma dove ora mi trovo a svolgere un servizio diverso: questa volta, a tutto l’Istituto comboniano.
Delle tante belle esperienze vissute in questi ultimi 25 anni, qui, ne racconto una che mi ha segnato in modo particolare. Poco dopo essere arrivato a Manila, nelle Filippine, non ho potuto chiudere gli occhi davanti alla realtà dei tanti poveri che vivono e dormono per strada e che lottano per sopravvivere, tante volte con quello che trovano nell’immondizia prodotta dai più ricchi.
Allora ho cominciato ad andare da loro portando sacchetti di cibo e vestiti. A poco a poco, questa è diventata per me una piacevole consuetudine di comunione con queste persone che erano abituate a essere ignorate e rifiutate e che, per vergogna, preferivano uscire di notte per cercare fra i rifiuti il cibo quotidiano.
In una di queste discariche, un giorno mi imbattei in un ragazzo che stava frugando tra la sporcizia. Gli offrii il sacchetto di cibo che mi ero portato dietro e mi fermai a scambiare qualche parola con lui. In quel mentre, ecco avvicinarsi una giovane donna incinta, che disse: “Ho tanta fame”. Il ragazzo la guardò, abbasso gli occhi sul sacchetto che gli avevo appena dato e, senza esitazione, glielo offrì. “Prendi”, disse. La giovane donna aprì il sacchetto, prese una manciata di riso crudo e cominciò a mangiarlo con avidità. Tale era la fame che aveva!
Sono state esperienze come questa a darmi la forza di continuare a vivere la mia vita missionaria. Ma sono consapevole del fatto che il bene che sono riuscito a fare è stato possibile solo grazie alla collaborazione preziosa di tanta gente che, in un modo o nell’altro, ha condiviso questo mio impegno di comunione e solidarietà con chi ha più bisogno. Tanti amici e benefattori, sia vicini che lontani, hanno sostenuto, con grande amore e generosità, questa avventura che, per me, è durata quasi vent’anni e che mi ha segnato per sempre.
Nel far memoria di questi 25 anni di sacerdozio, posso affermare che li ho vissuti con un cuore pieno, tra gioie e tristezze e, anche, con alcune difficoltà e fragilità, ma sempre con tutto il mio cuore. Proprio per questo, celebro questo giubileo con molta gratitudine. Sono state tante le esperienze di missione che ho vissuto in questi anni, molte delle quali indimenticabili. Ho incontrato tante persone che, in modi diversi, hanno fatto – tuttora fanno – parte del mio cammino. A tutte sento di dover dire: «Grazie di cuore!».
Un grazie speciale va alla mia famiglia, per tutto il sostegno che mi ha offerto e per essere stata sempre al mio fianco.
Oggi, è con gioia grande che faccio memoria dei miei 25 anni di missione. È proprio vero: ricordare è vivere; fare memoria aiuta a perpetuare tutto ciò che il buon Dio ha fatto per me e attraverso di me, nonostante le mie debolezze.
Oh sì, è bello ricordare, e rigenera sempre lo spirito.
P. David Domingues