Ricordando P. Giovanni Vicari: “Ho cercato di amare e servire il Signore nella mia vita”

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Giovedì 28 aprile 2022
“Vi scrivo questa lettera che penso sarà l’ultima che vi posso mandare. Vi informo che sono molto malato, con poche speranze di sopravvivere... Mi metto quindi con fiducia nelle mani di Dio e della Madonna, preparandomi all’incontro col Signore che ho cercato di amare e servire nella mia vita”. (Dall’ultima lettera di P. Giovanni Vicari)

ULTIMA LETTERA DI P. GIOVANNI

Carissimi amici, sorelle e fratelli,
vi spero bene con le vostre famiglie. Vi scrivo questa lettera che penso sarà l’ultima che vi posso mandare. Vi informo che sono molto malato, con poche speranze di sopravvivere. Tempo fa’, nel 2019, è apparso un tumore che si rivelò maligno, in seguito alla biopsia. Sono stato operato a Milano e poi è seguita una cura di chemioterapia durata 6 mesi. Il male sembrava essere regredito. Sono allora partito per il Brasile con il desiderio di assicurare un futuro all’Opera Mater Amabilis, che è stato lo scopo della mia vita in favore dei sofferenti del Brasile. Ho potuto così trovare una soluzione per continuare dopo di me le varie attività assistenziali per le ragazze madri, i bambini di strada e gli anziani con varie criticità. Purtroppo il tumore è ritornato e ho cercato un trattamento in Brasile a base di integratori, senza alcun risultato positivo. Questo mi ha costretto a ritornare in Italia nello scorso mese di febbraio. 

Una visita di controllo a Milano all’ Istituto dei Tumori ha evidenziato che non era possibile un ulteriore intervento chirurgico, per cui mi hanno suggerito una nuova terapia chemioterapica. Mentre sono in attesa di iniziarla il male è molto peggiorato e mi rendo conto che umanamente nessuna cura umana mi potrà aiutare. Mi metto quindi con fiducia nelle mani di Dio e della Madonna, preparandomi all’incontro col Signore che ho cercato di amare e servire nella mia vita.
P. Giovanni Vicari 
Rebbio/Como, 8 Aprile 2022 

P. Giovanni Vicari

P. Giovanni è nato il 4 febbraio 1952 a Monzambano, diocesi di Mantova, in Italia. Ha fatto il noviziato a Venegono (1979-1981). Emise i voti temporanei il 6.6.81 e quelli perpetui il 5.5.84. Dopo gli studi teologici a Parigi (1981-1984), fu ordinato sacerdote il 1.9.84 e destinato alla missione in Centrafrica (1984-1989). Lavorò in seguito nella provincia comboniana del Togo (1990-2002). Nel 2002 fu destinato al Brasile Nordest e dal 2007 assegnato all’Italia.

Ammalatosi di tumore, era dal 2019 nella nostra comunità di accoglienza per anziani ed ammalati di Rebbio. Trasferito nella nostra comunità di Castel d’Azzano, è deceduto il 25 aprile, dopo solo due settimane dal suo arrivo.

Questa mattina, 27 aprile 2022, abbiamo celebrato il suo funerale. Oltre la nostra comunità, erano presenti alcuni confratelli delle comunità vicine, tra cui il superiore provinciale. A rappresentare la famiglia c’era il fratello Domenico di P. Giovanni, missionario del PIME arrivato dalla missione per assisterlo negli ultimi giorni. P. Giorgio Aldegheri, superiore della comunità di Rebbio e vice provinciale, ha presieduto la celebrazione e P. Renzo Piazza ha tenuto l’omelia che pubblichiamo qui di seguito. P. Giovanni è stato poi trasportato al suo paese dove sarà seppellito dopo domani 29 aprile.

Funerale di P. Giovanni Vicari
27 aprile 2022

“Il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna, in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen!”

Padre Giovanni, queste parole lette nella festa di S. Marco, quando il Signore ti ha chiamato a sé, illuminano la tua vicenda umana, in particolare l’ultimo periodo della tua vita in cui la lotta con il male incurabile che ti aveva aggredito da tempo, non lasciava spazi alla speranza di guarigione. 

Sei stato poco tempo con noi, ma sappiamo che il tuo corpo e il tuo spirito sono stati messi duramente alla prova.  La Parola di San Pietro è una luce che ci rassicura, e ci ricorda che in vita e in morte siamo del Signore e il Signore misteriosamente porterà a termine la sua opera in noi. Nella nuova creazione, inaugurata dalla risurrezione di Gesù, ristabilirà, confermerà, rafforzerà quanto è uscito dalle sue mani di Creatore attraverso l’opera del Figlio, morto e risorto per noi. 

La morte è un evento Pasquale, segnato contemporaneamente dall’abbandono e dalla comunione con il Crocifisso risorto. Come Gesù abbandonato sulla croce, ogni morente sperimenta la solitudine dell’istante supremo e la lacerazione dolorosa; si muore soli! Tuttavia, come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre. La morte è diesis natalis, giorno della nascita in Dio, per contemplare il volto di Dio, in unione col Figlio, nello Spirito Santo.

Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno”, dice il buon ladrone al termine della sua vita, a Gesù crocifisso. E’ l’unico che chiama Gesù per nome. Ha scoperto l’amico, il cui amore è più forte del peccato e della morte. Gli chiede di ricordarsi di lui quando giungerà nel suo regno. Il Regno di Gesù sono le braccia del Padre e presto vi giungerà, come primogenito di una schiera di fratelli.

In verità io ti dico: Oggi sarai con me nel paradiso”. La parola del Crocifisso al ladrone pentito è la rivelazione di ciò che il paradiso è: un “essere con Cristo”, un vivere per sempre in lui il dialogo dell’amore con il Padre, nello Spirito Santo. Questa relazione con il Signore è il fondamento di ogni beatitudine.

Siamo riuniti come comunità per chiedere al Signore il dono del paradiso per il nostro fratello Giovanni, comboniano per 41 anni, sacerdote da 38, spesi per metà in Africa e metà in Brasile, per l’annuncio del Vangelo e il servizio ai poveri. 

Sin da ragazzo ero spinto dal bisogno di fare per gli altri” dirà di se stesso. Il primo luogo di missione fu Boda, in Centrafrica. Vi rimase per tre anni, al termine dei quali chiese di provare con il Ciad, ma fu subito scoraggiato dall’inclemenza del clima.  La sua missione africana invece continuò per 10 anni in Ghana e in Togo.

Nel 2002 cambiò di continente e fu il Brasile del Nord Est ad accoglierlo. Troviamo il suo nome in tre parrocchie: Timon, Pedro Canario, Ceilandia Norte tra il 2003 e il 2006. In questo paese ha dato vita ad un’opera assistenziale chiamata “Mater Amabilis” per ragazze madri, bambini di strada e anziani con varie criticità.  

Venti giorni fa scriveva: “Desideravo assicurare un futuro all’opera Mater Amabilis, che è stato lo scopo della mia vita, in favore dei sofferenti del Brasile”. Probabilmente ha incontrato difficoltà e per portare avanti la sua opera ha dovuto scegliere di vivere per qualche anno fuori dalla comunità comboniana. Non esiste una chiesa o una missione senza difficoltà o senza conflitti, che spesso sono causati da visioni diverse su come fare il bene. La vita comune, che è dono e grazia, a volte è percepita come gabbia che limita o ritarda il bene.

L’istituzione, che è una garanzia per la sopravvivenza e la continuità di un’opera, può apparire come ostacolo o palo tra le ruote. Daniele Comboni stesso ha vissuto queste tensioni con l’Istituto Mazza, che aveva visioni troppo ristrette davanti al suo grande progetto. E ha scelto di uscirne. 

P. Giovanni: quanto ti sia costata la scelta di vivere fuori comunità in termini di solitudine, amarezze, ripensamenti, non lo sappiamo, Dio lo sa. Quanto bene tu abbia fatto con la tua scelta contro corrente, lo sanno i poveri da te beneficati e coloro che hanno collaborato serenamente con te. “Non è stato facile comprendere le sue scelte e condividere i suoi progetti a distanza, – scrive una nipote – ma siamo stati tutti in grado di riconoscere i sacrifici e la fede”.

La comunità comboniana ha sempre tenuto le porte aperte per te, e quando sei stato costretto a rientrare, ti ha accolto fraternamente, prendendosi cura del tuo corpo malato e di tutta la tua persona, senza recriminare. “Non ti conoscevo prima che la malattia ti conducesse a Rebbio nel 2019, – scrive un confratello-; ed è stato subito facile per noi due volerci bene e stabilire una profonda amicizia”.

Sì, Padre Giovanni, ci sono stati dei confratelli che ti hanno rispettato e ti sono stati vicini, senza portare giudizi sulle tue scelte; hanno cercato di curare le tue ferite, versandovi sopra olio e vino…  Altri si sono fatti carico della tua debolezza fisica e hanno fatto il possibile per sollevarti. “Ogni sera ti collegavi con il tuo gruppo di preghiera in Brasile recitando i salmi e facendo una piccola catechesi. Io venivo ad augurarti la buona notte e a pregare insieme la Madonna, San Daniele Comboni e il “beato” Ambrosoli. Mi congedavi con un sorriso per affrontare un’altra notte difficile, fatta di dolori, in parte alleviati dalle medicine e penosi dormiveglia…

Il lunedì 11 aprile, ormai privo di forza, sei stato accolto a Castel d’Azzano. Abbiamo visto, con tristezza, che tutto era difficile per te: spostarti, nutrirti, riposare, pregare… Pochi hanno potuto vederti, salutarti, scambiare una parola o condividere una preghiera. Ma tutti sapevano che in mezzo a noi era arrivato un fratello. E tutti hanno portato davanti al Padre la tua pena, la tua vita offerta agli altri, che veniva meno. Ti abbiamo accompagnato con quello che sappiamo fare: stare davanti a Dio e intercedere per te, fratello fragile. 

Ciao, caro Giovanni. Ti salutiamo con affetto, uniti nella lode a Dio che ci ha donato il Figlio diletto Gesù, che assicura a te e a noi il dono meraviglioso della Risurrezione in quel paradiso dove già stanno le tante persone che abbiamo accompagnato nella nostra vita missionaria. 

Padre Renzo Piazza

Testimonianza di P. Egidio Tocalli
Rebbio, 25 Aprile 2022

Carissimo Giovanni,
non ti conoscevo prima che la malattia ti conducesse qui a Rebbio nel 2019. È stato subito facile per noi due volerci bene e stabilire una profonda amicizia. Ci ha aiutato ovviamente il fatto che io da medico tuo confratello e tu da malato di tumore potevamo parlarci con piena libertà e consapevolezza.

Leggevo nei tuoi occhi, specchio vivente del tuo cuore ferito, il dolore per il fatto che la malattia disturbava la tua permanenza in Brasile accanto all’ opera “Mater Amabilis” da te costruita con amore quasi materno, per alleviare tante sofferenze dei fratelli e sorelle bisognosi: ragazze madri abbandonate, ragazzi di strada, fedeli da evangelizzare. Hai affrontato con coraggio l’intervento chirurgico a Milano (Istituto dei tumori) per estirpare il tumore maligno che si era infiltrato nel tuo corpo. All’intervento è seguita una lunga chemioterapia che ha comportato dolori e tanti disturbi collaterali che cercavi di mascherare ai nostri occhi quando eri in comunità, ma che non nascondevi a me che ti visitavo nella tua stanza tante volte. Poi un giorno di dicembre 2021 hai deciso di ripartire per il Brasile con il forte desiderio di trovare una soluzione perché’ l’opera “Mater Amabilis” avesse un futuro sicuro.

Dopo alcuni mesi il male si è aggravato, col tumore che non mollava la sua preda e si era molto ingrandito. Sei stato costretto a ritornare nella speranza, poi delusa, che a Milano potessero rioperarti. Invece dell’intervento, reso impossibile dalle dimensioni del tumore, ti consigliarono un ciclo speciale di chemioterapia da farsi qui a Como. Da persona intelligente hai subito capito che sarebbe stato inutile affrontarla col suo seguito di disturbi collaterali. E allora hai fatto il salto della fede, affidandoti alla volontà di Dio e iniziando il cammino spirituale di preparazione all’incontro con Gesù in Cielo. 

Ogni sera ti collegavi al tuo gruppo di preghiera in Brasile recitando i salmi e facendo una piccola catechesi. Io aspettavo che tu finissi per venire ad augurarti la buona notte e pregare insieme la Madonna, san Daniele Comboni e il “beato” p. Ambrosoli. Invocandoli assieme ti impartivo la benedizione e poi tu col tuo bel sorriso mi congedavi per affrontare un’altra notte difficile, fatta di dolori in parte alleviati dalle medicine, e penosi dormiveglia.

Poi ci si rivedeva al mattino per iniziare un’altra faticosa giornata. Fino al 11 di aprile in cui ti abbiamo accompagnato nella nostra RSA di Castel d’ Azzano, perché tu ricevessi un’adeguata assistenza. Questa mattina, festa dell’Evangelista san Marco ci hai lasciato, caro Giovanni, per entrare in quel Paradiso in cui hai creduto, anche tu vero missionario e ambasciatore dell’amore di Gesù come lo fu san Marco e il nostro santo Fondatore Daniele Comboni.

Ciao, caro Giovanni, ti salutiamo con affetto uniti nella lode a Dio che ci ha donato il Figlio diletto Gesù che assicura a te e a noi il dono meraviglioso della Resurrezione in quel Paradiso dove già stanno i nostri genitori e le tante persone che tu e tutti noi abbiamo accompagnato nella nostra vita missionaria.
Con affetto,
P. Egidio Tocalli

Testimonianza della famiglia

“Sin da ragazzo ero spinto dal bisogno di fare per gli altri”. Da queste sue parole nasce la sua fortissima vocazione, guidata dallo spirito di dover fare del bene anche “a uno solo di questi fratelli più piccoli”. A settembre del 1984 a Parè riceve la consacrazione sacerdotale. Subito lascia ogni cosa ed ogni affetto famigliare per partire per l’Africa, non solo per annunciare la parola di Dio, come lui stesso ha detto, ma per portare la parola nelle azioni, nella vita concreta e quotidiana delle persone nuove che andava ad incontrare.

Partire, lasciare tutto, incontrare gli ultimi e costruire una nuova vita, una nuova casa nei luoghi dove la povertà materiale è anche povertà di spirito, dove l’Amore di Dio deve essere ritrovato: questa è stata la sua ragione di vita. 

L’Africa è stato l’inizio di un lungo viaggio interiore, in cui le fatiche sono state ricompensate dalla consapevolezza di aver insegnato una professione agli adulti e di aver dato la possibilità di frequentare una scuola ai bambini, di aver indicato la strada che dal pianto conduce alla speranza. 

S’illuminava parlando delle sue opere: era fiero dei pozzi, delle scuole e dei centri di lavoro e di accoglienza che aveva costruito insieme a tanti amici e volontari che lo sostenevano e che credevano in lui. 

Qui la sua opera ha preso vita ed ha potuto continuare dopo la sua partenza grazie al sostegno degli altri gruppi missionari presenti sul territorio.

Nel 2002 si trasferisce in Brasile e negli anni successivi inizia a dar vita ad una piccola comunità parrocchiale in Ceilândia, alla periferia di Brasilia, con l’intento di creare un punto di riferimento per i poveri ed i disadattati delle baraccopoli. Fonda così l’Associazione Mater Amabilis per accogliere e dare sostegno a chi chiede aiuto: ragazze madri in difficoltà con la famiglia, giovani in cerca di una guida, anziani e bambini.

Crea una struttura completa per l’accoglienza di giovani senza famiglia, con alloggi, refettorio, luoghi ricreativi e naturalmente la chiesa per accogliere il grido di dolore di coloro che non hanno voce: è questo il senso dell’opera di accoglimento che garantisce un futuro migliore alle famiglie bisognose.

Ci ha portato con sé in ogni sua esperienza, ci ha coinvolto nella vita della Missione e ha raccontato storie di dolore, ma nello stesso tempo di vittoria e di conquiste personali. 

Chi lo ha ascoltato, chi gli ė stato accanto ha raccolto l’insegnamento che proviene dalla forza dell’esperienza, dalla pratica della parola nel campo della vita. 

Si porta nel cuore l’Africa e il Brasile, si porta nel cuore tutte le vite che ha salvato, protetto e cambiato in nome della Fede e della Carità. Si porta nel cuore le partenze e gli arrivi, le valigie piene di progetti e di preghiere per ognuno di noi e la capacità di essere presente nel profondo. 

Non è stato facile comprendere le sue scelte e condividere i suoi progetti a distanza ma siamo stati tutti in grado di riconoscerne i sacrifici e la Fede. È questo il suo dono, il suo insegnamento, la testimonianza che ci lascia.

Non ci sono valigie per questa partenza, ci sono solo i nostri pensieri e gli abbracci forti come preghiere che porterà con sé in questo viaggio oltre il tempo ed oltre ogni limite umano. 

[Comboni2000]