Venerdì 28 marzo 2025
Il 28 marzo il popolo sidama celebra il fichee-ciambalaalla, un capodanno ricco di significati culturali e spirituali. Un’occasione per onorare la saggezza ancestrale, rafforzare l’unità comunitaria e invocare un futuro di pace e prosperità, in un contesto segnato da sfide e precarietà. [Testo: padre Giuseppe Cavallini – Nigrizia. Credit photo: NRC]
Viaggio attraverso un rituale millenario, divenuto nel 2015 patrimonio culturale dell’umanità UNESCO
Etiopia: il capodanno Sidama, tra antiche tradizioni e speranza per il futuro
La celebrazione di ogni nuovo anno in tutti i paesi del mondo è caratterizzata dall’auspicio di un futuro di pace e di prosperità, soprattutto quando si vive in condizioni di precarietà dovute a problemi di salute, a condizioni di povertà o a contesti di conflitto e di violenza. Contesto presente oggi in gran parte dell’Etiopia. Questo è, pertanto, lo spirito con cui la popolazione dei sidama, nel sud dell’Etiopia, ha atteso il 28 marzo, giorno per l’appunto del fichee-ciambalallaa (capodanno) fissato dagli ayyanto (astrologi tradizionali sidama) in base alla loro competenza secolare nell’interpretare i cicli lunari, come data per le solenni celebrazioni.
Riconosciuta dall’UNESCO nel 2015 Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, la celebrazione del fichee quest’anno ha una risonanza particolare poiché le comunità dei sidama, si riuniscono per onorare la saggezza ancestrale, il senso di armonia sociale e il rispetto per la natura nel processo storico di interazione tra tradizione e modernità. Mi sono sempre sentito privilegiato nell’aver vissuto per tanti anni come straniero operante tra loro questa ricca esperienza di incontro con la cultura e la visione del mondo di questo popolo, per il quale la vita umana è ritenuta inseparabilmente legata alla dimensione naturale e cosmica.
Il festival del fichee si apre con il fajio, l’annuncio cerimoniale ai capi delle comunità (ga’ro, moote e gheelo) che a loro volta proclamano (lallawa) pubblicamente l’arrivo del nuovo anno. Gli anziani (cymeyye), che hanno osservato un digiuno di 15 giorni prima del fiche, si riuniscono poi per benedire l’anno entrante, esortando tutti alla riconciliazione, all’equa condivisione delle risorse e alla celebrazione comune. Fedeli allo spirito di verità (halaale) di cui sono portatori, sottolineano che la prosperità e la pace dipenderanno dall’armonia sociale, principio intessuto in ogni aspetto della vita dei sidama.
Rivestiti con un tessuto tradizionale (seemma), oltre a pregare Dio (Maganu) e chiedere perdono per le colpe e le ingiustizie dell’anno precedente, risolvono le controversie insorte tra famiglie riconciliando (araara) i nemici per permettere a tutti di iniziare il nuovo anno in pace e senza rancori. In un pasto (shafeeta) condiviso al di là delle divisioni sociali la vigilia del fiche-cjambalaalla, gli anziani e chi partecipa prende il cibo con ambedue le mani per simboleggiare l’uguaglianza tra tutti, cantando fichee, fichee iliishinke (Dio ci faccia giungere in uguaglianza anno dopo anno). Il fiche-ciambalaalla sidama in realtà non è solo una festa di capodanno, bensì una chiara riaffermazione di identità culturale. Un festival dedicato in modo speciale ai bambini, al bestiame e alla natura.
Al mattino presto i membri della famiglia si ungono il viso con burro preso da un sacro vaso di terracotta (finiincho), un gesto di purezza e di comunione. I bambini riuniti in gruppi raggiungono i quartieri e le famiglie nei villaggi cantando ad alta voce ayidde ciambalaalla! Un saluto di augurio cui la gente risponde con doni in cibo o in denaro. Una sorta di rituale, ripetuto di generazione in generazione, che dimostra come la comunità si debba nutrire attraverso la condivisione.
Oggi la celebrazione del fichee oltre che alle tradizionali aree rurali si è estesa alle città con modalità diverse. Le famiglie tradizionalmente dedite all’agricoltura, alla coltivazione di caffè e wasa-ensete (falso banano), e all’allevamento, prima del festival, di regola, nutrono il bestiame aggiungendo un elemento particolare, il boole, terriccio ricco di minerali per rafforzare la salute degli armenti. In un interessante rituale agricolo (hulluuqa), le famiglie guidano il bestiame attraverso archi di bambù e foglie di falso banano, come simbolo di superamento dei fardelli passati e auspicio di prosperità.
In Hawassa, capitale dello stato Sidama, nelle altre città e in migliaia di località diverse, a metà giornata si svolgono un rituale e un’esibizione che scatena l’entusiasmo della gente, il qeexala. File alternate di anziani e giovani raccontano le prove e i trionfi dell’anno trascorso attraverso canti a due cori; narrazioni che mescolano dolore e resilienza e diventano lezioni di vita per le generazioni future.
Al tempo stesso le ragazze eseguono danze (hore) che con i loro movimenti fluidi e le vesti multicolore incarnano grazia e ottimismo, mentre i giovani le accompagnano con il faaro, danza che celebra unità, amore e merito. I festeggiamenti del fichee nella capitale Hawassa, in questi ultimi anni, culminano con il fichii fulo (uscita dal fichee), una grande assemblea nella vastissima piazza gudumaale. Migliaia di uomini e donne adornati di perline, conchiglie, mantelli (seemma) intrecciati e insegne di guerrieri si riuniscono per benedizioni, corse di cavalli e esibizioni (qeexaala). Il festival si chiude con invocazione di benedizioni: fichee Jeeji Jeeji! (Possa il nuovo anno durare).
L’insegnamento più grande che ho ricevuto come ospite in tante occasioni di questo grande festival culturale è che fichee-ciambalaalla è davvero più che un capodanno; insegna che un rinnovamento vero avviene quando si onora la tradizione, si cura la natura e l’ambiente e si consolida e si nutre l’unità.
P. Giuseppe Cavallini – Nigrizia