I vescovi dell’Unione Europea: “Ci vuole più Europa, più unità e più coraggio”

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Sabato 29 marzo 2025
Si è conclusa ieri l’Assemblea plenaria di primavera della Comece che ha riunito a Nemi i vescovi delegati dell’Unione per una tre giorni di confronto sui temi dell’unità e del ruolo che l’Unione può svolgere come attore globale di pace. “La preoccupazione c'è ed è molto seria”, dice il presidente della Comece al Sir facendo riferimento alle sfide che attraversano il continente a partire dalla questione Ucraina e alla rincorsa verso una difesa comune europea. “Ci vuole più Europa e più coraggio – aggiunge - valorizzando le potenzialità, le risorse e i valori che l'Unione europea possiede”. “Questo è il momento dell'unità”. [Credit photo: Comece. Testo: SIR]

“La preoccupazione c’è ed è molto seria”. I vescovi dell’Unione Europea riuniti in Assemblea plenaria a Nemi (Italia) dal 26 al 28 marzo hanno preso in seria considerazione i temi caldi al centro in questi giorni in Europa dalla difesa armata, alla sua unità per fronteggiare le sfide globali a partire dall’aggressione russa in Ucraina. È mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece), a delineare in questa intervista al Sir le analisi emerse in questi giorni. 

“Non si può prevedere quello che accadrà. Potrebbero esserci delle complicazioni sulla linea di alcune dichiarazioni e prese di posizioni che purtroppo abbiamo sentito”, ammette. “Però, se da una parte credo sia arrivato il momento in cui bisogna con calma considerare le cose e vedere ciò che è necessario per creare una maggiore situazione di difesa e di sicurezza, dall’altra occorre anche attivare un maggiore sforzo per promuovere iniziative di dialogo, incontro e di diplomazia che siano espressione di una Europa il più possibile compatta anche su questo impegno”.  

Quindi da una parte la necessità di una difesa europea comune e dall’altra la pace di Papa Francesco. Dove trovare il punto di equilibrio? 

Non so se è lecito accostare così le due visioni e se ci sia un punto di equilibrio. So che quello che lei chiama “la pace di Papa Francesco” è la pace che tutti dobbiamo perseguire, cercare, invocare e per cui adoperarci, attivando tutti gli sforzi necessari di dialogo e di diplomazia che devono essere più intensi e più coraggiosi, rispetto a certe forme piuttosto blande o addirittura assenti che abbiamo visto nel passato. Insieme a questa aspirazione di pace, chi la responsabilità politica e istituzionale deve prendere le decisioni necessarie anche per assicurare alla collettività tutta, all’Europa, a partire dall’Unione europea, quelle condizioni che consentono di interagire in maniera politicamente significativa, cioè suscettibile di essere presa in considerazione.  

Mai però come in questo periodo nei dibattiti è tornata predominante la parola “armi”. Voi che idea avete rispetto a questa rincorsa?  

Il ricorso alle armi può essere e deve essere considerato uno strumento necessario di deterrenza, ma la rincorsa all’armamento senza criterio e in modo indiscriminato non è una strada che porta alla pace. Incrementa soltanto una produzione di armi che alla fine quasi spingono ad essere utilizzate. Dunque, è necessaria una scelta politica moralmente guidata che permetta all’Unione Europea, di far sentire di essere una forza su cui non è possibile intervenire sopraffacendo diritti, libertà e autonomia. L’idea di una rinuncia a qualsiasi mezzo di difesa non è realistico quando apre soltanto lo spazio alla sopraffazione del prepotente di turno che, incurante di ogni regola, vuole soltanto estendere il proprio potere.  

La gente però è preoccupata perché vede che si spendono soldi per le armi levandoli al welfare e a danno dei più poveri.  

In tutti gli interventi che abbiamo fatto, una cosa su cui abbiamo insistito fortemente è l’attenzione ad un equilibrio delle spese che non tolga i fondi necessari al welfare per favorire le armi. Come hanno sottolineato i Rapporti di Draghi e Letta, nell’Unione europea attuale c’è uno spreco di risorse per mancanza di integrazione e di armonizzazione dei vari sistemi. Se si riuscissero a integrare i vari sistemi, ci sarebbe un risparmio enorme. Quindi la via da seguire è quella di una razionalizzazione che permetta di perseguire sicurezza e difesa senza ridurre gli interventi necessari per il welfare e tutte le esigenze della vita sociale. 

Quale il messaggio che i vescovi in questi tempi difficili e bui per l’Europa rivolgono all’Unione?

È duplice. Da un lato si rivolge ai responsabili politici e a coloro che hanno il potere di decidere. Ci vuole più Europa, più unità e più coraggio, valorizzando le potenzialità, le risorse e i valori che l’Unione europea possiede. L’altro messaggio si rivolge ai cittadini perché non scarichino solo su altri le responsabilità, ma prendano coscienza che il valore della Unione europea dipende anche dalla partecipazione attiva di tutti. Questo è il momento dell’unità.

M. Chiara Biagioni – SIR