Mercoledì 29 gennaio 2025
Da alcuni giorni i ribelli del movimento M23, sostenuti dal Rwanda, hanno occupato e messo a ferro e fuoco la città di Goma, nella provincia orientale del Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo. Una zona notoriamente contesa per il controllo delle terre rare e delle risorse minerali della regione, tra cui il coltan e la cassiterite, tutti necessari all’industria high tech.[Credit photo: Wikimedia. Testo: SIR]
A Goma “la popolazione vive in una paura indescrivibile”: da quattro giorni manca l’acqua e l’elettricità e “i bisogni umanitari cominciano a farsi sentire perché la popolazione è chiusa in casa dalla fine della settimana scorsa. I mercati sono chiusi”. Intere famiglie si rifugiano nelle chiese, nelle case e in altri alloggi di fortuna.
Lo racconta al SIR da Kinshasa don Edouard Makimba Milambo, segretario esecutivo di Caritas Congo, in costante contatto con le Caritas di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu con un milione di abitanti, all’est della Repubblica democratica del Congo.
Da alcuni giorni i ribelli tutsi del movimento M23, sostenuti dal Rwanda, hanno occupato e messo a ferro e fuoco la città. Sono ancora in corso scontri con le forze armate congolesi (Fardc) e i suoi alleati (Wazalendo). Un conflitto che dura da circa 30 anni, con oltre 10 milioni di vittime, e le cui motivazioni più o meno esplicite è il controllo delle terre rare e delle risorse minerali della regione, tra cui il coltan e la cassiterite, tutti necessari all’industria high tech. L’80% del coltan mondiale proviene proprio dal Nord Kivu.
Ospedali al collasso con centinaia di feriti. Nonostante le fonti in loco non siano facilmente raggiungibili per la mancanza di connessione internet don Makimba Milambo riferisce di condizioni drammatiche a Goma, con gli ospedali al collasso a causa dell’arrivo di centinaia di feriti. “La mattina di giovedì 23 gennaio sono stati ammessi all’ospedale di Ndosho 120 feriti in più, portando il totale a 250 pazienti”.
Secondo i dirigenti locali oltre 200 civili sono stati uccisi nelle zone conquistate dall’M23. Altri 180.000 sfollati. La città di Goma già ospitava nei campi 680.000 sfollati, a cui in questi giorni se ne sono aggiunti altri 180.000, con una pressione enorme che rende difficile il soddisfacimento dei bisogni di base.
Di riflesso, anche nella capitale Kinshasa la situazione è tesa: sono iniziate manifestazioni, saccheggi e incendi alle ambasciate di Francia, Rwanda e Uganda. Alcune grandi arterie stradale sono state bloccate dai manifestanti con barriere in fiamme, esprimendo solidarietà alle forze governative. “I giovani hanno protestato davanti all’ambasciata degli Stati Uniti bruciando pneumatici – riferisce il segretario esecutivo di Caritas Congo –, per denunciare il loro silenzio su quanto sta accadendo nell’est del Paese”.
Nei prossimi giorni è previsto un messaggio alla nazione da parte del presidente della R.D. Congo Felix Tshisekedi. Una riunione governativa ha stabilito l’intenzione di “restaurare l’autorità dello Stato a livello della provincia del Nord Kivu – dice padre Makimba Milambo –; sollevare la questione umanitaria in seguito al taglio di acqua e elettricità; esplorare il modo di uscire dalla crisi tenendo conto degli aspetti politici e diplomatici”.
Caritas italiana è in contatto con la Caritas locale con la quale collabora da anni per il sostegno alla popolazione della regione orientale. La Caritas, molto presente nella regione del Kivu con numerosi programmi di aiuto alla popolazione sta monitorando la situazione e predisponendo un piano per l’assistenza ai nuovi sfollati. “Ora il nostro scopo è sensibilizzare la rete internazionale delle Caritas per invitarli ad un lavoro di sinergia – conclude il segretario generale di Caritas Congo Asbl –. Chiediamo un’azione sinergica per non disperdere le forze e mettere in atto un piano d’azione”.
Intanto in Italia la rete “Insieme per la pace in Congo”, tramite il suo portavoce John Mpaliza, condanna l’occupazione di Goma e chiede “un immediato cessate il fuoco”. La rete denuncia soprattutto “la politica dei due pesi e due misure della comunità internazionale e in particolar modo dell’Unione europea, che non ha mai nascosto il proprio sostegno al regime di Kigali, arrivando a firmare il 19 febbraio 2024 un accordo economico, a dir poco criminale, per l’approvvigionamento di minerali come il coltan, l’oro e il tungsteno, che il Rwanda non possiede e che, secondo alcuni rapporti del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, vengono saccheggiati proprio nell’Est della Repubblica democratica del Congo. Denunciamo anche il ripetuto finanziamento dell’Unione europea all’esercito rwandese per svariate decine di milioni di euro in questi ultimi anni”. Una guerra, concludono, che “molto ipocritamente e per evidenti interessi economici, viene derubricata a sconto tribale, in modo da poter continuare i loschi commerci e la rapina di risorse di cui è ricchissima tutta la R.D. Congo”.
Patrizia Caiffa – SIR