Venerdì 15 dicembre 2023
Il nostro confratello P. Marcello Trotta, della comunità di Castel d’Azzano, ci ha lasciati il 10 dicembre scorso all’ospedale di Borgo Roma di Verona, verso le ore 19:00. P. Marcello era stato ricoverato recentemente a causa di varie complicazioni, delle molte patologie che già aveva (insufficienza renale, problemi cardiaci, diabete…) con alti e bassi nel suo stato di salute. Da ultimo è sopravvenuta un’emorragia gastro-intestinale che lo ha portato alla morte in poche ore. [comboni2000]
Padre Marcello era nato il 18 febbraio 1939, a Montefalcone Valfortore, e aveva quindi 84 anni. Ha fatto il noviziato a Gozzano (55-57) e la prima professione il 9 settembre 1957. Ha fatto gli studi di filosofia e teologia a Verona (57-60) e Venegono (60-64); i voti perpetui il 9 settembre 1963 e l’ordinazione il 28 giugno 1964. P. Marcello ha esercitato il suo ministero missionario tra l’Italia (41 anni circa) e il Messico (17 anni circa).
I funerali di P. Marcello sono stati celebrati ieri mercoledì 13 dicembre presso la nostra comunità di Castel d’Azzano, presieduti da P. Renzo Piazza, superiore della comunità. Erano presenti il superiore provinciale, P. Fabio Baldan, e alcuni confratelli della nostra comunità di casa madre di Verona. La salma poi è stata trasportata al suo paese natale, dove questa mattina 14 dicembre c’è stata una celebrazione delle esequie.
Possa questo nostro confratello riposare beatamente nella casa del Padre, dopo le sue fatiche apostoliche e le sue numerose sofferenze fisiche.
Qui di seguito l’omelia di P. Renzo.
Funerale di Padre Marcello Trotta
13 dicembre 2023
La notte dopo la morte di Padre Marcello, ho fatto un sogno. Dovevo trovare un testo da inviare alla famiglia per consolarla nel momento del lutto. Avevo sotto gli occhi un testo, ma non riuscivo a leggerlo perché i caratteri erano troppo piccoli. Con il computer volevo fare un copia-incolla, ma le parole non si copiavano. C’era un libro ma era difficile aprirlo… La parola rimaneva sempre illeggibile e inafferrabile. Al risveglio mi si sono rischiarate le idee. Il testo che cercavo era il salmo 6 che avevo letto e meditato qualche giorno prima e che oggi può fare da specchio a ciò che P. Marcello ha vissuto negli ultimi giorni. Viene definito come il salmo di un malato. Ci parla della situazione di un uomo malato e del repentino rovesciamento di situazione che si attua in lui. È un malato che supplica, e che poi, improvvisamente, erompe in un grido di salvezza.
Signore, non punirmi nel tuo sdegno,
non castigarmi nel tuo furore.
Pietà di me, Signore: vengo meno;
risanami, Signore: tremano le mie ossa.
L’anima mia è tutta sconvolta,
ma tu, Signore, fino a quando…?
Volgiti, Signore, a liberarmi,
salvami per la tua misericordia.
Nessuno tra i morti ti ricorda.
Chi negli inferi canta le tue lodi? (…)
I miei occhi si consumano nel dolore,
invecchio fra tanti miei oppressori.
Via da me voi tutti che fate il male,
il Signore ascolta la voce del mio pianto.
Il Signore ascolta la mia supplica,
il Signore accoglie la mia preghiera.
Il protagonista di questo salmo parla di come la malattia è vissuta nella sua mente e di come esperimenta la sua fragilità. Ma questa esperienza è vissuta di fronte a Dio, con la chiarezza che tutto ciò è parte di un disegno divino, i cui contorni però non sono del tutto chiari.
“Signore non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore, pietà di me Signore… risanami Signore… volgiti Signore a liberarmi”.
Viene affermato che la malattia è in qualche modo anticipazione della morte, immagine della morte. In secondo luogo che Dio può liberare, quindi vi è la certezza che anche una vita degradata è nelle mani di un Dio potente.
Mi sembra che questo salmo dica molto della vicenda umana e spirituale di P. Marcello soprattutto in questi ultimi anni da quando la dialisi è stata la compagna fedele delle sue giornate e man mano che passavano i giorni vedeva che il suo corpo diventava più fragile, diminuiva la sua autonomia e cresceva il suo bisogno di assistenza. I passaggi dal pulmino all’ambulanza, dalla completa autonomia all’uso del deambulatore, dal deambulatore alla carrozzina fino al ricovero ospedaliero non sono indolori. Dove trovare la gioia quando si vede che ad un lento miglioramento subentra una nuova crisi, una nuova difficoltà, una nuova diminuzione?
Non abbiamo difficoltà ad immaginare che P. Marcello facesse sua questa preghiera: “Ma tu, Signore, fino a quando…? Volgiti, Signore, a liberarmi, salvami per la tua misericordia”.
Bisognava stringere i denti, ricominciare da capo, vivere la quotidianità come se la malattia non esistesse e le forze avessero la capacità di rigenerarsi continuamente come l’acqua di una fonte. Ma non era così.
L’uomo Marcello, il cristiano Marcello e il prete Marcello hanno dovuto tirar fuori le unghie per resistere, per non lasciarsi abbattere, per mostrare che la vita, comunque, va avanti e la speranza in Dio non può essere delusa. Siamo stati testimoni della serenità di fondo con cui P. Marcello ha affrontato la prova, ha camminato, fondandosi sulla fedeltà di Dio.
Possiamo applicare a lui quanto è scritto nel libro del Deuteronomio: in questo tempo difficile, “Il suo vestito non gli si è logorato addosso e il suo tuo piede non si è gonfiato durante questi anni”.
Le letture che accompagnano il cammino della Chiesa in questo mercoledì di avvento illuminano oggi anche la vicenda del P. Marcello.
Il profeta Isaia, nel libro della consolazione che abbiamo già ascoltato domenica e martedì e che oggi viene ripreso, offre una risposta alla domanda che tanti si sono posti osservando la serenità di P. Marcello nella malattia. Ma da dove trovava la sua forza? Chi gli dava il coraggio di riprendersi e di continuare la sua strada, nonostante la debolezza e le ricadute? La risposta è semplice. “Il Signore dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono, ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”.
E il Vangelo di Matteo ci indica la fonte di energia che viene offerta a coloro che sono affaticati e indeboliti: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Imparate da me e troverete ristoro per la vostra vita”, dice Gesù.
La fede ci dice che la terra promessa, il luogo del riposo è stare con Gesù risorto. Stare con lui è il desiderio del discepolo quando vive e il premio che Dio gli dona dopo la sua morte. Nel Cristo provato, piegato dalla sofferenza assunta per amore, fedele al Padre fino alla morte … il discepolo trova il suo Maestro e Signore. Stare con lui è il suo desiderio e la sua ricompensa. E noi vogliamo immaginare oggi Gesù risorto assieme a P. Marcello che gli dice: “Signore, per me è bello stare qui, abitare la tua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare te e il volto del Padre che ti ha amato e inviato nel mondo”.
Alcune postille finali. Potrebbero essere i fioretti di P. Marcello.
P. Marcello ha lasciato questo mondo domenica 10 dicembre, quando la Chiesa faceva memoria della Vergine di Loreto. Pochi minuti prima che spirasse, con Fr. Lucho lo abbiamo trovato nel reparto di rianimazione dell’ospedale e abbiamo pregato per lui, invocando la Vergine Maria: “Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. Siamo certi che la Vergine Maria si è unita alla nostra preghiera, facendola sua e presentandola al suo Figlio benedetto, perché lo accogliesse tra i suoi servi fedeli.
L’ultimo dialogo con lui è avvenuto il giorno dell’Immacolata: era all’ospedale e stava benino. Abbiamo parlato un del più e del meno. Ad un certo punto ha detto: “Io devo chiedere scusa perché mi sono sempre lamentato dei miei superiori, ma ora vedo che è il tempo di lasciare questa abitudine…”. Gli ho risposto: “Ma io non ti ho mai sentito lamentarti di me…” E lui, pronto: “No, no, anche tu facevi parte di coloro che criticavo, ma ti chiedo scusa…”
P. Marcello veniva a vedere il telegiornale alla fine, in carrozzina, se ne andava verso la sua stanza. Ma il corridoio era lungo e più di una volta lo ho spinto verso la stanza. Verso la fine del tragitto mi diceva: “Ti ringrazio. Basta così, la tua giornata è piena, hai tante cose da fare. Ora ce la faccio da solo… Grazie per il tuo aiuto!”
Un’altra volta quasi sovrappensiero gli ho detto: “Ma Marcello, mica possiamo dimenticarci di te…” Dopo un paio di mesi mi ha detto: “Grazie per quelle parole! Mi hanno fatto bene e mi hanno dato tanto coraggio”.
Tengo a ringraziare le comunità di Troia e di Bari che hanno costantemente tenuto la loro attenzione desta verso P. Marcello, venendo a visitarlo e interessandosi sempre del suo inserimento nella comunità di Castel d’Azzano e del suo stato di salute. Affidiamo a loro domani il compito di accompagnare il P. Marcello per l’ultimo tratto di strada.
P. Marcello, io non ho condiviso con te le fatiche dell’apostolato o della missione, ma solo gli ultimi mesi della tua vita terrena. Vorrei dire a te e a tutti che voler bene a te non è stato difficile.
Grazie, Marcello! Ricordati di noi.