Ricordando Padre Ezio Filippi: “Un vero figlio di san Daniele Comboni”

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Domenica 15 ottobre 2023
Il giovedì 12 ottobre, abbiamo celebrato il funerale del nostro confratello P. Ezio Filippi, deceduto il 10 ottobre all’ospedale di Borgo Roma di Verona, dove era stato ricoverato un giorno dopo il suo arrivo alla nostra comunità di Castel d’Azzano. Su una situazione cardiovascolare già molto compromessa ha inciso un attacco di malaria, che gli è stato fatale.

P. Ezio era nato ad Albiano (Trento) il 10 aprile 1933. Ha fatto il noviziato a Firenze e prosegui gli studi a Verona e Venegono. Dopo l’ordinazione sacerdotale il 14 marzo 1959, è rimasto due anni in Italia e nel 1961 è stato assegnato all’Uganda dove ha svolto il suo lungo servizio missionario fino al suo recente rientro in Italia. Dopo la celebrazione del suo funerale presso la nostra comunità, la salma è stata trasferita al paese natale, per una cerimonia a suffragio alle 14.30 presso Albiano (TN). Qui di seguito l’omelia di P. Renzo Piazza che ha presieduto la celebrazione.

Funerale di P. Ezio Filippi
12 ottobre 2023

“Padre Filippi Ezio proveniente dall’Uganda, è giunto al Centro di assistenza di Brescia il 19/9/23 per effettuare un check up del suo stato di salute non lamentando alcun tipo di disturbo particolare. Riferiva di avere goduto di buona salute nei quattro anni di assenza, nonostante un lento ma costante dimagrimento imputato a semplice inappetenza”. Questo è la presentazione fatta dal personale infermieristico del CAA di Brescia.

“Problemi di salute gravi non ne ho. I medici hanno trovato che le arterie non portano sangue sufficiente al cuore ma hanno paura a operarmi. Hanno deciso di aiutarmi con 8-10 pastiglie, che prendo ancora”. Questo è il commento di P. Ezio sul suo stato di salute al suo arrivo nella nostra comunità.

Da buon comboniano, desiderava un rapido controllo per ritornare in Uganda nonostante i 90 anni suonati. Ma pochi giorni a Brescia sono bastati per capire che la sua situazione fisica aveva bisogno di particolari cure e attenzioni e per questo è stato dirottato verso la comunità di Castel d’Azzano dove è giunto nella mattinata di venerdì 6 ottobre. Ci siamo incontrati nella sua stanza per scambiare due parole, le informazioni essenziali e ascoltare i suoi desideri. Dice il Vangelo che la bocca parla dell’abbondanza del cuore. Ciò che P. Ezio ha comunicato in primo luogo è stato un ringraziamento alla Vergine Maria perché le era stata vicina in tante situazioni difficili in cui si era venuto a trovare, nelle quali “aveva visto la mano della Madonna”.

E ha raccontato di un viaggio da Kampala a Kalongo che stava finendo male. Probabilmente aveva perso il controllo dell’auto e la macchina, lasciata la strada asfaltata, continuava la sua corsa in mezzo a un mercato. Ma non si era rovesciata, nessuno era stato investito e il grosso albero che si trovava al centro era stato evitato. “Usando i freni e le marce sono riuscito a frenare. Avevo paura che la macchina si ribaltasse. Ho invocato la Madonna: Maria! E la macchina ha continuato ancora un po’ e me la sono cavata. Ecco una tra le tante cose che la Madonna ha fatto per me”. Queste le sue testuali parole. 

Ha aggiunto altri episodi durante la guerra, con i ribelli che terrorizzavano la popolazione, saccheggiavano la missione, bruciavano le auto e portavano via con la forza i ragazzi… “Mi è andata sempre bene”, è stato il suo commento. E anche dai serpenti si è sentito protetto perché in mezzo alle erbe alte qualche volta si nascondeva il cobra, ma “sono sempre stato aiutato e sono contento”.

In queste parole ho ritrovato in un certo senso il Magnificat del padre Ezio al termine della sua lunga vita. Guarda con serenità e distacco a quanto gli è capitato, non è ansioso di raccontare i successi personali ma mette al centro delle sue parole l’aiuto che gli è venuto dall’alto, in particolare dalla Vergine Maria verso la quale evidentemente nutriva una forte devozione. Essere capaci di staccarsi dal proprio io, alzare gli occhi per riconoscere nella vita ordinaria gli interventi ordinari e straordinari di Dio a nostro favore, è segno di un animo profondamente radicato nella “confidenza in Dio”. Questa mi sembra una testimonianza esemplare per tutti noi, se per caso ci lasciamo prendere dalle preoccupazioni del quotidiano, dalle urgenze dal lavoro, dell’ansia per la salute… con il rischio che Dio scompaia dal nostro orizzonte, lui il nostro Padre che ci ha creati, che ci ha chiamati alla vita e ci ha custoditi lungo il cammino. 

Visto che P. Ezio portava nel cuore questa grande venerazione e riconoscenza verso la Madre del Signore, abbiamo pensato di accompagnarlo per l’ultimo viaggio con le parole del Magnificat, con cui Maria parla di sé, umile serva, ma soprattutto vuole fare grande Dio che ha fatto grandi cose per lei, per Israele e per il mondo intero.

La riconoscenza di Maria diventa oggi la riconoscenza di P. Ezio, partendo dalla sua esperienza personale. Come Maria aveva visto l’azione straordinaria di Dio nella sua vita, così P. Ezio “ha visto la mano di Maria” che lo ha aiutato, sostenuto e protetto e ha sentito il bisogno di comunicare ad altri questa sua profonda convinzione. Se Dio è stato definito “salvatore” da Maria perché nell’incontro con la cugina Elisabetta era stata liberata da una situazione spinosa legata alla sua maternità difficile da comprendere, così P. Ezio usa termini simili per definire quanto Maria ha compiuto nella sua vita. Possiamo parafrasare: “Grandi cose ha fatto per me la Madre del mio Signore e da me sarà benedetta per sempre”.

P. Ezio è rimasto poco a Castel d’Azzano, nemmeno 24 ore. Nella mattinata di sabato 7 ottobre è stato portato al Pronto Soccorso, dove è rimasto un po’ più di 24 ore. Alla domenica mattina è stato trovato un posto in reparto e alla sera, dopo la festa con i parenti, ho potuto visitarlo. 

È stato il secondo e l’ultimo incontro che ho avuto con lui. Sono rimasto sorpreso dalla sua serenità. Non ha detto nulla delle lunghe ore passate al PS in attesa che si liberasse un posto, nessuna lamentela sul suo stato di salute, nessuna lamentela per essersi ritrovato in poche ore da Brescia a Castel d’Azzano, da lì al Pronto Soccorso e quindi al reparto. Appariva sereno “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre…”. Poche parole e poi il riposo.

La prima lettura di oggi di San Paolo ai Romani, è stata seguita dal salmo 129, il De profundis, che fotografa bene l’atteggiamento del cuore di P. Ezio quando il Signore è venuto a prenderlo. “Io spero nel Signore, spera l’anima mia, attendo la sua parola. L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora”. E il Signore non si è fatto attendere. Al mattino del 10 ottobre, mentre le comunità comboniane cantavano la gloria di Dio manifestata nella vita santa del loro Fondatore, il P. Ezio lo raggiungeva nella comunione del Santi.

Caro P. Ezio, “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore”. Tu sei vissuto a lungo per il Signore e per i popoli dell’Uganda che hai amato e servito per 62 anni. Sei ritornato al tuo paese per rifare le tue forze e invece qui hai concluso la tua esistenza. Affidiamo ora la tua vita e la tua morte nelle mani del Signore perché “il tuo ginocchio si pieghi davanti a Lui e la tua lingua renda gloria a Dio”. Il Cristo buon Pastore, Maria sua Madre e San Daniele Comboni ti accolgano con gioia e siano i tuoi compagni, per sempre, nel regno del Padre.

Testimonianza di P. Guido Cellana:
Ho conosciuto il papà di p. Ezio a Trento tra gli anni 58-62. Era un bravissimo falegname: lavorava per i missionari comboniani di Trento nella casa di Muralta. Era stato incaricato dal superiore per mettere infissi doppi alle finestre, un lavoro che durò anni, e per ripagarlo visto che non c’erano soldi, gli diedero un pezzo di terreno dove costruì la sua casa. E lì ho conosciuto p. Ezio perché veniva a trovare suo padre. Ordinato sacerdote partì subito per l’Uganda nel ’61 e stette sempre con la popolazione degli Acholi a Gulu e anche in altre missioni. So che ha lavorato molto bene e che era un uomo zelante.
Ha avuto un brutto incidente mentre andava in moto. Cadde e la moto gli rotolò addosso, spezzandogli le gambe. Per alcune ore rimase sulla strada senza che nessuno si fermasse. Poi fu rimpatriato e curato anche in Germania, dove riuscirono a metterlo in sesto anche se i dolori rimasero per sempre.
Un’altra missione è stata Patongo dove aveva organizzato l’adorazione Eucaristica in cui si pregava per le vocazioni e infatti lì ne sono nate molte.
Gli ultimi tempi è stato cappellano nell’ospedale di p. Ambrosoli a Kalongo insieme a padre Guido Miotti ma poi, complicazioni cardiache Io hanno costretto a tornare in ltalia. Ha trascorso 62 anni di missione: posso dire di essere onorato di averlo conosciuto. La sua testimonianza è importante anche per i futuri missionari. È stato un vero figlio di Comboni.

Fr. Giovanni Bonafini aggiunge:
Insieme a Fr. Cometti un giorno andammo a comprare dell’uva. Ne prendemmo un bel po’. Poi ci arrivò la comunicazione di andare a prendere p. Ezio Filippi: aveva bisogno di cure perché aveva avuto un brutto incidente in moto. Mettemmo p. Ezio sul sedile posteriore dell’auto, con le gambe distese perché era messo veramente male. Nel tragitto da Gulu a Kampala ci meravigliammo di come questo uomo stesse così in silenzio, senza lamentarsi del dolore che aveva. Arrivati a destinazione scoprimmo il perché: si era mangiato tutta l’uva che avevamo comprato!

Lettera di P. Ezio
al periodico Comunione e missione

Ad aprile 2022, dall’Africa, padre Ezio scrisse una lettera al periodico Comunione e missione, del Centro missionario diocesano di Trento, in una sorta di suo testamento spirituale:

Carissimi, vi scrivo per mandarvi alcune notizie riguardo alla mia lunga vita missionaria di 59 anni già trascorsi in questa terra d’Uganda, terra di 24 martiri. Sono contento, anzi contentissimo di aver imitato un po’ il nostro santo fondatore, Daniele Comboni, il quale, al primo concilio vaticano davanti a tutti i Vescovi del mondo di allora, parlò più con il cuore che con le sue parole: ‘Cari Vescovi, aiutatemi con i vostri sacerdoti… per l’evangelizzazione dei nostri cari africani: Gesù è morto e risorto anche per loro’.

Ditemi voi, nella Chiesa della quale siamo diventati membri col Santo Battesimo, c’è forse una vocazione più grande, più attraente, più affascinante, più gioiosa della mia che mi ha portato a trascorrere 59 anni in Africa? Imitando un po’ i primi apostoli e S. Paolo nella prima evangelizzazione del mondo, dopo la Pentecoste, ho potuto dare inizio a due parrocchie e lavorare in altre 5 missioni. Avrò battezzato circa 25.000 persone tra catecumeni e bambini; benedetto centinaia di coppie di sposi nel loro matrimonio; donato il perdono, attraverso il ministero della riconciliazione, a decine di migliaia di cristiani; animato parecchie ore di adorazione davanti all’Eucaristia, che è il dono più grande tra i tanti doni lasciati da Gesù alla Chiesa. Pensate cosa avverrà quando mi sarà permesso di raggiungere il paradiso. Quanti verranno a salutarmi e ringraziarmi.

Cosa posso dire di come sia stata la mia vocazione sacerdotale missionaria al mio paese di Albiano vicino Trento?

Durante la Seconda guerra mondiale, 1939-45, frequentavo le scuole, ho ricevuto molto dai miei ottimi genitori. Anche dai miei nonni: quanti rosari hanno recitato per me e per la mia vocazione! Mia mamma, al suono della campana al mattino presto, veniva a chiamarmi: “Ezio, levete su, varda che i ha già sona’ la campana. Te vai a servir Messa e te vegno drio anca mi”. (Ezio, alzati, guarda che hanno già suonato la campana. Vai a Messa a fare il chierichetto che vengo anch’io.) Andavamo a Messa da don Virginio, un santo arciprete che ci ha guidati e indirizzati a frequentare i missionari e le missionarie comboniani. Più di una quindicina di brave ragazze sono diventate suore. Naturalmente erano altri tempi, quando il 97% della comunità partecipava alla santa Messa e alla dottrina pomeridiana.

Secondo il mio povero parere, chiedo a me stesso e a voi che leggerete questa mia lettera: cosa aspettiamo ancora, e cosa desideriamo per credere vivamente che c’è un Dio eterno e che questo meraviglioso mondo viene da lui, ingegnere perfettissimo? Che più di 2000 anni fa, il figlio di Dio, Gesù Cristo è venuto sulla terra, non per punirci ma come buon pastore, per lavare i nostri sporchi peccati col suo sangue e per morire su una croce? La risurrezione è stata la sua vittoria sulla sua morte e sulla nostra morte, perché anche noi risorgeremo con un corpo glorioso, spirituale, incorruttibile che si unirà all’anima per godere per sempre della bellezza di Dio eterno e della bellezza di Gesù risorto.

Cari amici. Cosa aspettiamo ancora per credere? Non bastano neanche le tante apparizioni della Madonna? In due località diverse del sud Italia, di cui una a Messina, dove una piccola statua in gesso in una famiglia ha versato alcune lacrime umane che sono state riconosciute in laboratorio.

Su desiderio di papa S. Giovanni Paolo II, in questo luogo è stata costruita una grande chiesa dove ho potuto celebrare una Santa Messa. Abbiamo perso il grande dono della fede? Preghiamo per ottenerlo e lo otterremo sicuramente poiché Gesù ha fatto un mezzo ‘giuramento’ dicendo: ‘Chiedete e vi sarà dato’, ‘Cercate e troverete’, ‘Bussate alla porta e vi sarà aperto’.

Tanti ringraziamenti a coloro che hanno lavorato e continuano a lavorare a beneficio di noi missionari e della nostra gente”.

[comboni2000]