Mercoledì 28 giugno 2023
La settimana scorsa, preti e missionari della diocesi si sono radunati per un corso di formazione permanente. Eravamo in trenta accompagnati da suor Elena Balatti, missionaria comboniana da più di vent’anni impegnata in Sud Sudan ed esperta di accompagnamento spirituale soprattutto di persone che sono state vittime di traumi causati dalla violenza e dalla guerra. Al corso abbiamo dato un nome: “Cura dei guaritori feriti”.
A Rumbek abbiamo vissuto un tempo pasquale molto intenso e celebrato quella vita che dobbiamo coltivare tutti i giorni. È bello poter vedere sempre la mano del Signore in quanto viviamo, anche nelle esperienze più difficili o contraddittorie. Non siamo chiamati a una vita comoda, assestata e rassegnata. Ma a testimoniare sempre le ragioni della speranza che è in noi, e la visione di una vita riconciliata con noi stessi, le nostre capacità e possibilità, con Dio e la chiamata personale che ci riserva e che nessuno può assumere al nostro posto; e una vita riconciliata con gli altri nel cammino che si può compiere solo insieme. Nessuno è superfluo. Nessuno è sbagliato. Ma la sfida è impegnativa: quella di far nascere in ciascuno di noi quella vita nuova in Cristo che fa cambiare prospettiva in tutto ciò che sentiamo, crediamo e facciamo.
La settimana scorsa, preti e missionari della diocesi si sono radunati per un corso di formazione permanente. Eravamo in trenta accompagnati da suor Elena Balatti, missionaria comboniana da più di vent’anni impegnata in Sud Sudan ed esperta di accompagnamento spirituale soprattutto di persone che sono state vittime di traumi causati dalla violenza e dalla guerra. Al corso abbiamo dato un nome: “Cura dei guaritori feriti”.
Inutile nasconderlo, la tentazione di noi preti e missionari è quella di voler essere perfetti. Non c’è niente di più sbagliato che negare la nostra umanità e fragilità. Quando lo facciamo, diventiamo facili prede di frustrazione e scoraggiamento. Prima di ogni delusione c’è sempre una grande illusione. L’inutile sforzo di apparire perfetti produce un pericoloso allontanamento del prete/missionario dalla realtà della gente e dalla missione stessa a cui è chiamato.
È stato quindi molto utile vivere questo momento di condivisione. Alcuni hanno ricordato traumi subiti in passato. Sono gli stessi traumi di cui tante persone sono state vittima. In Europa non siamo coscienti di quanto la vita sia fragile ed incerta in questi contesti. Altri hanno nominato esperienze negative vissute in diocesi: intimidazioni, sospetto, paura. In alcuni casi le vittime sono diventate parte del sistema, e vittimizzato altri. Parlarne è stato liberante e, allo stesso tempo, ha rafforzato la comunione e il desiderio di mettersi a servizio della riconciliazione.
Ricordo un libro bellissimo scritto da Henry Nouwen: il guaritore ferito. Chi vuole mettersi a servizio degli altri non può presentarsi come Superman o Wonder Woman; deve invece fare appello alle ferite del proprio cuore. Solo così potrà avvicinarsi agli altri nella verità, comprenderli nel profondo e fare causa comune con loro. Non si può infatti sollevare un bambino dal fango in cui è caduto, senza sporcarsi a nostra volta.
Quindi, la vita acquista senso quando siamo consapevoli di aver bisogno gli uni degli altri. Quando capiamo che le nostre ferite non ci rendono disabili, ma capaci di attraversarle per avere compassione dell’altro più ferito di me e che cerca guarigione. Dal corso abbiamo capito che le nostre ferite sono vie per raggiungere il vero senso della nostra vita e missione. Solo a partire dal riconoscimento del nostro bisogno, possiamo riconoscere il bisogno dell’altro e cominciare a prendercene cura.
Al termine del corso ho scritto qualche verso che mi permette di capire come ogni risultato ha un fondamento spesso nascosto che è frutto di un impegno umile e continuativo:
Senza umiltà, non c’è verità.
Senza verità, non c’è perdono.
Senza perdono, non c’è guarigione interiore.
Senza guarigione, non c’è giustizia.
Senza giustizia, non c’è riconciliazione.
Senza riconciliazione, non c’è pace.
Ed è per la pace che preghiamo sempre, prima di tutto nei nostri cuori come anche in Sud Sudan. E chiedo che vi uniate alla nostra preghiera perché la comunità cristiana sia testimone e contribuisca a costruire una società più fraterna e pacifica.
“Recuperiamo e accresciamo il fervore e la gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime… Possa il mondo del nostro tempo ricevere la Buona Notizia non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da servi del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia di Cristo”. (Papa Francesco in Evangelii Gaudium, n. 10)
+ Christian Carlassare, mccj
Vescovo di Rumbek (Sud Sudan)
Rumbek, 22 giugno 2023