Lunedì 19 settembre 2022
Un amministratore apostolico e dodici vescovi comboniani si sono incontrati a Roma dal 12 al 18 settembre sotto la guida di mons. Claudio Lurati e padre Cosimo De Iaco. Lo scopo dell’incontro è stato quello di promuovere comunione e sostegno reciproco nelle sfide che la missione e il governo delle loro diocesi riserva. Padre Tesfaye Tadesse, superiore generale dei Comboniani, e Madre Luigia Coccia, superiora generale delle Comboniane, hanno fatto un breve intervento venerdì 16, nel quale hanno riportato la situazione attuale dei loro Istituti. Il Card. Ayuso Guixot Miguel Ángel, missionario comboniano e Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, ha potuto partecipare solo la mattina di sabato 17. I prelati comboniani hanno colto l’occasione per condividere un messaggio rivolto a tutta la Famiglia comboniana, che pubblichiamo qui di seguito.
Messaggio dell’Unione Vescovi Comboniani alla Famiglia comboniana
Roma, 12-18 Settembre 2022
Carissimi Fratelli e Sorelle
Abbiamo colto l’occasione di radunarci per riflettere sulla nostra missione e ministero come vescovi comboniani nelle nostre rispettive diocesi, anche in linea con il percorso sinodale della Chiesa universale.
Il nostro gruppo è formato da un amministratore apostolico, un cardinale curiale e 20 vescovi: 8 emeriti e 12 ordinari. Ci siamo riuniti presso la casa generalizia dei Missionari Comboniani approfittando della generosa ospitalità che il nostro Istituto ci offre sempre per i nostri incontri. Non tutti abbiamo potuto essere presenti, per motivi di lavoro e salute. Eravamo in 12 più l’amministratore apostolico di Awasa. Il Cardinale Ayuso, reduce dal viaggio in Kazakistan con il Santo Padre, si è fatto presente una mattinata per una condivisione e un saluto. Sono stati con noi anche i due superiori generali padre Tesfaye Tadesse e suor Luigina Coccia.
Ringraziamo mons. Claudio Lurati e padre Cosimo De Iaco per la preparazione e moderazione dell’incontro. Il tema centrale dell'incontro è stato quello di condividere le esperienze nelle nostre rispettive diocesi, aprendo lo sguardo a una realtà più grande che è quella del nostro Istituto all’indomani del XIX Capitolo generale dei missionari comboniani e della nostra casa comune (oikos) che è il mondo.
La casa comune: entropia e antropia
Con l'aiuto di esperti sociologi e pastorali che hanno descritto i macroprocessi in atto nel mondo, siamo diventati più consapevoli di trovarci davanti non solo a un’epoca di cambiamenti ma addirittura ad un cambiamento d’epoca.
Dopo il fenomeno della globalizzazione, con il suo secolarismo, il suo ottimismo e la sua fede in uno sviluppo globale e indefinito, abbiamo dovuto renderci conto che il nostro pianeta ha risorse limitate e che queste risorse si stanno esaurendo (entropia). Distruggendo la nostra casa comune, distruggiamo anche coloro che la abitano (antropia) svilendo il valore e la dignità umana delle persone e soprattutto dei poveri che diventano facilmente equiparati a materia di scarto. Purtroppo, coloro che soffrono le conseguenze degli squilibri ecologici in modo più acuto non sono coloro che contribuiscono maggiormente a crearli, ma proprio i poveri che serviamo.
Nell'ambito della fede, abbiamo assistito nel primo mondo a un massiccio abbandono delle religioni istituzionali, prima a favore di un ottimistico secolarismo, e poi a una rinascita di spiritualità personalistiche e nebulose, non legate ad alcuna istituzione. Potremmo pensare che questo fenomeno ci riguardi meno, ma sarebbe un errore credere che non riguardi affatto anche le nostre giovani Chiese che al momento fanno ben sperare.
La nostra porzione di vigneto
Infatti, mentre le Chiese del mondo occidentale vivono la prova della modernità, le nostre Chiese in Africa o in America Latina sono piene e traboccanti di vitalità. Non siamo certo ignari delle carenze delle nostre comunità cristiane, ma possiamo essere grati al Signore per questa realtà. Una voce di allarme, tuttavia, sta diventando sempre più chiara. Ciò che è accaduto nella cristianità occidentale, potrebbe anche accadere nelle nostre comunità africane o latinoamericane se non sapremo essere davvero radicati nella fede e nella comunione.
Sappiamo che il Regno di Dio e la sua presenza non dipendono dalla vitalità della singola comunità ecclesiale in un luogo o in un altro. Le fiorenti Chiese del Nord Africa, della Nubia, della Siria e della Turchia sono scomparse. Altre sono appassite e altre ancora sono fiorite. La Chiesa è un segno del Regno, non la sua realizzazione storica. Per questo lavoriamo con speranza, annunciando il Regno di Dio nella porzione di vigna che il padrone ci ha assegnato, senza preoccuparci se il nostro lavoro sopravviverà o passerà alla storia. È l'opera di Dio che conta.
La nostra Famiglia comboniana
I nostri due superiori generali hanno presentato il cammino dei due Capitoli: quello dei missionari comboniani, che si è svolto lo scorso giugno, e quello delle suore missionarie comboniane, che si svolgerà in ottobre, nel loro centocinquantesimo anniversario di fondazione. Nonostante la diminuzione dei numeri, entrambi gli Istituti continuano a confessare una rinnovata e creativa fedeltà al carisma comboniano. La diversa composizione geografica e culturale è un chiaro segno di vitalità e di unità nella diversità. Seguiamo da vicino il cammino degli Istituti.
Ci sono due eventi significativi che vorremmo sottolineare. Il primo è l’uccisione di suor Maria De Coppi in Mozambico, che conferma come la missione sia il dono totale della propria vita facendo causa comune con la gente. Il suo martirio ci richiama alla fedeltà al nostro carisma. Il secondo evento è l'imminente beatificazione di padre Giuseppe Ambrosoli, sacerdote e medico comboniano che ha lavorato per trent’anni all’ospedale di Kalongo, in Uganda. La caratteristica che maggiormente è stata messa in evidenza è l’unione naturale e spontanea tra la sua fede in Gesù, a cui si rivolgeva quotidianamente in preghiera, e il toccare quello stesso Gesù nel malato di cui si prendeva cura. Questa attitudine gli ha permesso di vivere il suo essere sacerdote e medico senza dicotomie. Padre Ambrosoli si è distinto anche per la sua capacità di creare relazioni positive e di fraternità con le persone che lo circondavano, tanto che questo luogo isolato di Kalongo era realmente diventato un’oasi di pace e di riconciliazione in un paese devastato da conflitti.
Da vescovi comboniani accogliamo questi due esempi come sfide per rinnovare noi stessi nella dedizione totale alla nostra vocazione, al di là dei sacrifici e dei pericoli, nell’impegno a creare unità, comunione e fraternità nelle nostre diocesi fra clero e laici, preti secolari e religiosi, uomini e donne, ricchi e poveri, privilegiati e meno, tutti amati e abbracciati dal Signore per vivere lo spirito di famiglia e di appartenenza gli uni agli altri.
Il giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce abbiamo avuto la grazia di celebrare l’Eucarestia all’altare laterale in cui riposa il corpo di San Giovanni Paolo II, nella Basilica di San Pietro. Inviamo il nostro saluto e benedizione a tutte le comunità della Famiglia comboniana sparse nel mondo con l’impegno al ricordo reciproco nella preghiera.
I vescovi comboniani