Padre Saverio Paolillo: “Le ombre degli uomini e la luce di Dio”

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Venerdì 15 aprile 2022
È Venerdì Santo. Tutto tace. Vince il silenzio. Si impone l’omertà. Neanche una parola a favore di Gesù. Si odono gli insulti degli aguzzini, ma tacciono gli amici. Nessuno sa niente, nessuno ha visto niente. “Non lo conosco e non ho niente a che fare con lui” è la risposta di Pietro alla donna che lo riconosce come discepolo del Maestro. È sempre la stessa storia.

Migliaia di persone muoiono innocentemente e tutto tace. È il trionfo del silenzio dell’indifferenza e, peggio ancora, dell’assuefazione. Ci siamo così tanto abituati a queste tragedie che ci facciamo poco caso. Pilato cerca di reagire, ma poi se ne lava le mani, preferisce la neutralità. Non vuole indisporsi con nessuno. È il gioco sporco del potere che scende a patti con tutti per rimanere sempre a galla e salvaguardare i suoi interessi. Tace la comunità degli Apostoli come, molte volte, tacciono le nostre comunità che, in nome del quieto vivere, si imbavagliano e abbandonano le vittime innocenti nelle mani degli aguzzini senza dire una parola.

La nostra omertà è il lascia passare perché i cattivi diventino crudeli. Diceva Peppino Impastato, “la mafia uccide, il silenzio pure”. Il silenzio degli onesti fa più paura della cattiveria dei malvagi (Martin Luter King). Quando si tace, la menzogna prende il sopravvento. Si impadronisce della scena e seduce tutti quanti. Nessuno osa contrastarla. Impone la sua versione dei fatti. Il suo ruolo è decisivo quando si tratta di far condannare un innocente. Se non ci sono capi di imputazione per inchiodare l’imputato e prove per sostenerne le accuse, se le inventa. E questo la menzogna sa farlo bene.

È brava a ricamare le calunnie per infangare chi si mette dalla parte della Verità, della Vita, della Giustizia e della Pace. La criminalizzazione e la demoralizzazione dei testimoni del Vangelo è la più devastante persecuzione ordita dal potere corrotto. Esso conta con i grandi mezzi di comunicazione, mecenati degli attuali imperi. Viziati in soldi, raccontano e fanno conoscere quello che vogliono. Dipingono la realtà a seconda degli interessi dei potenti. Fanno finta di non vedere quando sta in gioco il loro tornaconto.

Prevale la paura. Tutti, anche gli amici, scappano via per mettere a salvo la propria pelle. Dov’è finito l’impeto generoso di Pietro, disposto a difendere Gesù a qualunque prezzo? E i figli del tuono, proprio quelli che volevano a tutti i costi sedersi uno a destra e l’altro a sinistra di Gesù, che fine hanno fatto? Se la sono svignata. Non hanno nessuna colpa, poverini. “Non avevano ancora compreso le Scritture”, spiega il discepolo amato nel Vangelo proclamato all’alba della Pasqua. Hanno bisogno di rifare il catechismo alla scuola del Maestro, come avviene per i due discepoli di Emmaus, per capire il vero significato degli avvenimenti pasquali. E noi, a distanza di duemila anni, abbiamo compreso le Scritture? Non è forse il caso di metterci anche noi in cammino con Gesù per ascoltare la Sua Parola e farcela spiegare da Lui, alla luce del Mistero Pasquale, senza paura di guardare in faccia al Cristo appeso alla Croce?

Attenzione al pericolo della fede allucinata dagli effetti speciali. Sul monte Tabor tutti vogliono salire. E chi vi sale non vuole scenderne più. Ma l’accesso al monte della Trasfigurazione è permesso soltanto a chi passa per il Calvario. La miccia che innesca l’esplosione della gioia pasquale è accesa al fuoco dell’Amore che si rivela sulla Croce.

Ancora una volta predomina la violenza. Vincono l’odio del Sinedrio, la tortura fisica e psicologica da parte dei soldati, la cecità e l’irrazionalità della gente, banderuola al vento, venduta al migliore offerente, che preferisce difendere “Barabba” piuttosto che schierarsi dalla parte di Gesù. Cede alle lusinghe delle ideologie e alle false promesse del mondo, piuttosto che aderire alla Verità. Sceglie la mafia e si arrende all’illegalità, piuttosto che incarnare la cultura della legalità. Rinuncia alla sua capacità di pensare e di scegliere delegandola a chi grida più forte e chi sa pagare di più, piuttosto che esercitare il diritto alla partecipazione democratica e alla cittadinanza.

Emerge il tradimento di Giuda e la sua voglia matta di fare quattrini a palate a qualunque prezzo, anche al costo di vendere gli amici, i parenti, i fratelli di sangue e di ventura. Si impone il capitale divoratore che non ha pudore di chiamare tutti “amici” e di sedurli con “baci e abbracci”, con false promesse di progresso e con i surrogati della felicità, ma che segue con il suo proposito di travolgere e schiacciare tutti coloro che tentano di contenere la sua voracità e il suo spirito predatorio.

Le tenebre invadono l’atmosfera in pieno giorno. È la notte scura come quella che sta attraversando il popolo dell’Ucraina. Non abbiamo neanche fatto in tempo a scendere dalla croce della pandemia e già ne abbiamo innalzata un’altra: la croce della guerra. In realtà non è una novità. Non ci ha mai lasciati in pace. Da sempre crocifigge intere popolazioni impoverite e massacrate da saccheggiatori di materie prime e predatori di risorse locali. Ma ora la sentiamo di più perché ci è scoppiata sotto il naso. Cambia il contesto, ma lo strazio è lo stesso. La scena muta da un momento all’altro senza importarsi delle folli contraddizioni.

Dalle immagini commoventi delle file di camion dell’esercito italiano che mestamente raccolgono le bare delle vittime del covid 19, siamo passati improvvisamente alle colonne militari che lasciano dietro di sé scie di cadaveri. Gli eroici operatori sanitari impegnati sul fronte della vita sono soppiantati dagli eroi di guerra a servizio della morte. Se durante la pandemia si costruivano ospedali di campo per minimizzare le sofferenze dei pazienti, ora le strutture sanitarie si sbriciolano sotto i colpi dei missili a lunga distanza. Se prima l’appello era a restare chiusi in casa per prendersi cura di sé stessi e degli altri, ora l’ordine è abbandonare le case per non finire sotto le macerie. Le immense file per fare i tamponi e i vaccini a cui ci siamo sottoposti per la voglia di vivere, ora sono sostituite dalle grandi moltitudini di profughi costretti a fuggire per sopravvivere. Se durante la pandemia si è fatto di tutto perché non mancasse l’ossigeno, ora, per una folle decisione, viviamo con il fiato sospeso per causa della minaccia delle armi chimiche e nucleari.

Insomma, sembra quasi che ci teniamo a soffrire. Le croci ce le andiamo a cercare. Ci piace intrufolarci nelle tenebre. É la notte della morte imposta prematuramente dall’insensibilità e dall’egoismo umano. È la notte della disperazione di chi, impigliato nelle reti della droga e della violenza, non sa come venirne fuori. È la notte del dolore della malattia, del male incurabile, dell’angoscia, della minaccia della disoccupazione in questo momento di crisi mondiale. È la notte della miseria, della assenza di opportunità, della negazione dei diritti, dell’abbandono e dell’esclusione. È il buio del nostro cuore incapace di perdonare e amare. È la notte della rassegnazione passiva di fronte al mistero del male e della violenza.

Ma Dio non si rassegna. All’omertà degli amici e alle urla degli aguzzini, oppone il silenzio eloquente della Carità. L’amore non ha bisogno di essere detto e gridato ai quattro venti, ma di essere fatto, vissuto, realizzato, donato, condiviso e consegnato. La Croce dice tutto l’essenziale senza dire una parola.

Alla fuga dei discepoli, Dio risponde con la pedagogia della presenza. Non se ne va. Non scappa via. Non si serve dei suoi straordinari poteri per scendere dalla croce, ma rimane fino all’ultima goccia di sudore e sangue, proprio come quegli uomini e donne che, seguendo il Suo esempio, pur correndo il rischio di morire, decidono di restare per non abbandonare la gente a loro affidata dal Buon Pastore.

A Giuda che mercanteggia la vita, Dio risponde consegnando gratuitamente la propria vita. A un’esistenza vissuta al ritmo dell’economia di mercato in cui non si fa niente senza la prospettiva di guadagno, la Croce impartisce la lezione della gratuità. In Gesù è Dio stesso che consegna la propria vita. Nessuno gliela tira, è Lui a donarla gratuitamente.

A Pilato che se ne lava le mani, Dio replica facendosele inchiodare alla Croce, dopo averle usate per fare il bene, curare, liberare, lavare e accarezzare i piedi dei suoi discepoli, spezzare e distribuire il pane. Il mondo nuovo sta nelle mani di chi sa usarle per fare il bene, servire, stenderle a tutti e stringerle fraternamente

Alla menzogna e alla calunnia, Dio risponde con la proclamazione della Verità. Questa non è una teoria astratta o una speculazione filosofica, ma una persona: è Lui stesso, Gesù Cristo, Servo sofferente. La passione e la Croce sono le prove schiaccianti dell’autenticità della sua identità e della sua missione. La Verità su Dio sta nel mistero pasquale. È dalla contemplazione della croce che giungiamo alla conoscenza del vero Dio ed è ai piedi della Croce che penetriamo il mistero dell’Uomo. La Chiesa trova nella passione e nella croce per amore il suo certificato di garanzia. La Chiesa autentica è quella che sa condividere le sofferenze dell’umanità.

Alla violenza dei suoi torturatori, Dio risponde con il perdono, passo indispensabile per costruire la pace. Accettare la Croce nella propria vita, prima ancora che apprendere a soffrire, è imparare a perdonare.

Alla sensazione di fracasso, Dio risponde con un novo inizio. Alla notte replica con una nuova luce. Ai segni di morte, contrappone segni di vita. Il tumulo sbarrato da grande macigno sta aperto e vuoto. Al mesto corteo funebre subentra la corsa pazza e gioiosa per annunciare la Resurrezione. Al cadavere inerte su una fredda pietra, subentra il Risorto e chi lo cerca tra i ruderi del cimitero è sfidato ad incontrarlo per le strade del mondo, laddove pulsa la vita.

Per molto tempo abbiamo mantenuto Dio rinchiuso nelle nostre chiese, dietro porte sbarrate, come se fosse un prigioniero per amore o un defunto da vegliare. In alcune epoche, lo abbiamo dichiarato morto, annunciandone la scomparsa sui muri e sui vetri degli autobus delle ricche città del nord del mondo. Ma Dio è più che mai vivo nelle comunità che si impegnano a vivere e testimoniare il Vangelo, nei cristiani che non si piegano alla logica della morte, in chi cerca ostinatamente la giustizia, nei movimenti popolari che difendono e promuovono la vita, nelle iniziative in difesa della cultura della pace e dei diritti umani, nello sforzo costante di creare un mondo più giusto e fraterno.

Dio è più che mai vivo nel lavoro di centinaia di persone che si impegnano per difendere e promuovere la vita dei più poveri, soprattutto dei bambini. Se è un imperativo etico opporsi ad ogni forma di ingiustizia e di violenza, è un “obbligo pasquale” liberare il cammino dei più piccoli da ogni tipo di croce, soprattutto da quella della miseria e della violenza. Dio dica bene di tutti noi. Abbracci pasquali a tutti.

Padre Saverio Paolillo
Missionario Comboniano in Brasile
Santa Rita, Pasqua 2022