L’odontoiatra Marco de Feo: “In Africa un virus dai topi uccide migliaia di bambini”

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Mercoledì 23 marzo 2022
L'odontoiatra di Roma Marco de Feo, volontario in Africa, parla di un tumore molto aggressivo causato forse da un cugino dell'Ebola che infetta chi mangia topi, pipistrelli e serpenti, spesso crudi. “Sono tumori che si sviluppano sul viso di questi bimbi e ragazzi e lo devastano – spiega de Feo – facendo sì che chi ne è colpito non abbia la possibilità di nutrirsi“. [Dire]

La Dire ha compiuto un viaggio virtuale in alcuni degli Stati più poveri dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia. Lo ha fatto grazie all’odontoiatra di Roma e volontario in Africa, Marco De Feo, che ha raccontato all’agenzia una terribile realtà, sconosciuta ai più. Quella che colpisce decine di migliaia di bambini e giovani adulti che spesso muoiono a causa di tumori orali non curati, scatenati da un virus, ad oggi, sconosciuto. “Sono tumori che si sviluppano sul viso di questi bimbi e ragazzi e lo devastano – spiega de Feo – facendo sì che chi ne è colpito non abbia la possibilità di nutrirsi“.

Se in Italia, e in Europa, siamo abituati a vedere apparire il tumore dalle lastre attraverso punti o macchie, in questo caso la neoplasia appare in tutta la sua violenza. “Questi tumori si sviluppano nella mascella e nella mandibola – prosegue il medico romano – e possono prendere anche l’occhio con una velocità incredibile. Si gonfia l’osso, sono i tumori classificati dall’Oms odontogeni fibro-ossei, e il paziente diventa una sorta di pallone. Se non viene immediatamente operato gli si chiudono le vie aeree, muore soffocato o ha comunque gravi difficoltà di nutrizione. I bambini diventano deformi, sembrano quasi dei cartoni animati, e vengono segregati, perché si pensa siano frutto del male, del maligno. Ci troviamo dunque di fronte anche a un problema di tipo sociologico“.

La letteratura è molto scarsa, non c’è alcun tipo di interesse, da quello economico a quello scientifico, e questi bambini continuano a morire. “Il mio trascorso è legato al volontariato internazionale in Brasile – informa de Feo – ma anche in Africa, in Uganda. Di questi tumori non si conosce l’epidemiologia, il numero esatto è sconosciuto. Sono però diffusissimi in tutti Paesi in via di sviluppo e colpiscono esclusivamente le zone povere. Di queste neoplasie non c’è infatti alcuna traccia nelle grandi città”.

Ma come si spiega tutto questo? “Tre anni fa, con un gruppo di scienziati e ricercatori italiani – rende noto l’odontoiatra – abbiamo cominciato ad indagare su quale potesse essere la causa, fino ad oggi sconosciuta, di questi visi deformati. Abbiamo studiato e individuato una possibile causa: un temibile, terribile e pericoloso virus, cugino dell’Ebola, che infetta chi mangia topi, pipistrelli e serpenti. E questo accade proprio perché una buona parte delle popolazioni colpite da tali neoplasie oggi si nutre, ahimè, di topi. E lo fa in varie modalità, soprattutto crudi. Ho stilato una serie di specie di topi che vengono mangiati, sono davvero moltissime. Queste popolazioni si cibano anche dei pipistrelli, in particolare del ‘Cardioderma cor’. Sono animali che rappresentano tutti potenziali serbatoi di questo virus, un virus che stiamo cercando e che siamo certi troveremo in poco tempo perché i nostri studi stanno quasi terminando”.

Questi giovani sono davvero ‘ultimi tra gli ultimi’, perché i governi locali non si occupano delle loro cure. Anzi, sembra quasi vogliano occultare la notizia e preferiscano voltarsi dall’altra parte. Marco de Feo afferma che “in particolar modo in Africa, al momento io sto concentrando la ricerca in Uganda e nella Repubblica Democratica del Congo, il mangiare, il nutrirsi di questi animali selvatici è un tabù, sia culturale che politico. I governi non vogliono far sapere che la popolazione si alimenta con i topi. Questo creerebbe un imbarazzo internazionale e tutta una serie di conseguenze che i governi non vogliono far conoscere. Un governo non vuole mettere su piazza che ci sono epidemie di colera, le mette subito a tacere”.

Un tabù che, però, coinvolge anche la popolazione locale stessa, secondo cui non c’è alcuna correlazione tra il mangiare topi e la comparsa dei tumori. Parlano, piuttosto, di infiammazioni. “Il problema – sottolinea l’odontoiatra – è che si rivolgono allo stregone fino a quando la situazione degenera. E quando chi è colpito da queste neoplasie arriva in ospedale, e in queste zone i nosocomi sono davvero rari, ormai è veramente troppo tardi. Nonostante tutto, quando è possibile si curano e si fa quello che si può”.

C’è un preciso motivo per cui sono i bambini ad ammalarsi. “Questo accade perché i topi vengono cacciati proprio dai più piccoli e rappresentano un cibo economico e con un alto contenuto di proteine – dichiara il medico -. Si trovano facilmente, si vendono ovunque affumicati, ma vengono mangiati anche crudi o cotti al sangue“. In Africa, quando è possibile, l’unica terapia disponibile è l’asportazione. “Io lavoro in un ospedale missionario comboniano dove questi tumori vengono resecati. Poi, però, il tumore ritorna. E anche se viene nuovamente resecato, poi la neoplasia si presenta un’altra volta. Insomma – precisa de Feo – alla fine i bambini muoiono. Ogni volta che viene resecato l’osso, lasciando di fatto il paziente invalido, questo tipo di tumore si presenta nuovamente in un’altra zona della mandibola dopo pochissimi mesi”.

Per parlare di cure, dunque, è ancora presto, anche se il dottor de Feo ha in mente qualcosa per tentare di cambiare per sempre e in positivo la vita dei piccoli e giovani pazienti. L’odontoiatra aggiunge che “a Kinshasa ho raccolto campioni di tessuto, campioni biologici di tumore. Ma per far operare questi bambini, non essendoci un servizio sanitario nazionale ho dovuto cercare offerte tra gli italiani, tra persone di buon cuore. Ho fatto un appello attraverso i missionari comboniani e sono riuscito a raccogliere qualche migliaio di euro per finanziare l’asportazione di questi tumori su otto bambini. Ora, però, è necessario comprare i reagenti da mandare proprio nella capitale della Repubblica Democratica del Congo per poter fare i test. Purtroppo non ho trovato molta solidarietà in Italia tra colleghi, perché forse percepiscono tutto questo come un argomento troppo lontano, ma un’azienda dentale si è dimostrata molto generosa”.

Di tutto questo e di altro il dottor Marco de Feo parlerà a Roma nei prossimi giorni in occasione di un congresso di odontoiatria maxillofacciale. Ed è convinto che una soluzione ci sia e che si possa e si debba parlare di speranza. “Tentare di cambiare le abitudini, le tradizioni millenarie di queste popolazioni, ma soprattutto dare loro alternative di cibo che non ci sono, è impossibile. Tra l’altro – tiene a precisare – ho studiato e capito che anche il cambiamento climatico gioca un ruolo importante. I grandi animali di cui si cibavano una volta gli abitanti di queste terre non ci sono più, spazzati via dalla guerra o mangiati. Le zebre, le antilopi si sono ora spostate nei grandi parchi. A disposizione, invece, ci sono proprio questi animali più piccoli, i topi“.

Impossibile, tra l’altro, insegnare loro a cuocerli meglio perché non hanno metodi di cottura e magari preferiscono risparmiare sulla legna e sul carbone. “Del nostro gruppo fa parte uno specialista, un oncologo molecolare, e tutti insieme stiamo ragionando su un vaccino o stiamo pensando di agire sul sistema immunitario. Però adesso andiamo passo dopo passo e poi arriveremo al traguardo. Il nostro obiettivo – ragiona l’odontoiatra capitolino – è quello di individuare questo virus, inchiodarlo alle proprie responsabilità e trovare una terapia per poter salvare decine di migliaia, centinaia di migliaia di bambini in tutto il mondo”.

Tutto questo per dare una possibilità ad una umanità dimenticata, “perché – puntualizza infine Marco de Feo – credo che questi bambini e questi giovani non meritino di morire così”.

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