P. Mario Pellegrino, missionario comboniano: “Costruendo vita e seminando speranza”

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Mercoledì 15 dicembre 2021
Padre Mario Vincenzo Pellegrino, 34 anni, è da cinque anni in Sud Sudan. Dopo tre mesi di riposo a casa sua, a Marsala (Italia), riparte per la sua missione tra i Nuer. Mentre ieri aspettava ad Addis Abeba l’aereo che lo avrebbe portato a Juba, alla domanda che gli avevamo fatto portandolo all’aeroporto – Perché ripartire alla Vigilia di Natale? – ha risposto: “Tornare in missione significa rimettermi in cammino e continuare a cercare e a incontrare il volto di Gesù nel volto della mia gente. Significa anche fare causa comune con questo popolo. E allora si riparte! Costruendo vita e seminando speranza!”.

Costruendo vita e seminando speranza

Padre Mario Vincenzo Pellegrino con catechisti Nuer in Sud Sudan.

Ringrazio di cuore il Dio della Vita per il dono di questi tre mesi di vacanza trascorsi in Italia. È stato un periodo davvero bello, fatto di incontri, di condivisione e anche di riposo per “ricaricare le batterie”.

È stata la possibilità di riabbracciare amici e familiari che non vedevo da tempo, ma anche un tempo di testimonianza della mia esperienza missionaria. Sono stato invitato da diversi gruppi e parrocchie della mia diocesi di origine, la diocesi di Mazara del Vallo, in Sicilia, ed è stato bello vedere tanta gente interessata e toccata dalla vita e dalla sofferenza del popolo del Sud Sudan, paese dove vivo da cinque anni. Giovani, adulti e bambini di questa diocesi hanno accolto volentieri l’invito ad accompagnare la gente del Sud Sudan e a pregare per loro affinché i sud-sudanesi realizzino il loro sogno più grande, quello di vivere in pace. Sono molto contento di aver avuto la possibilità di incontrare tante persone e farle sentire parte di questa missione.

Il missionario, infatti, non è uno che decide di partire di testa sua, ma un inviato dalla sua comunità cristiana, che vivrà in terra di missione anche a nome della sua gente, diventando ponte tra comunità cristiane sorelle, come segno di comunione fra i popoli. Il missionario ricorda alla sua comunità cristiana di origine che la Chiesa non deve chiudersi nel recinto del proprio gruppo, parrocchia o diocesi, ma che è cattolica, cioè universale, senza frontiere, aperta a tutti e per tutti. Siamo tutti figli dello stesso Dio e abbiamo ricevuto lo stesso battesimo, in Italia come in Africa e nel resto del mondo. Ed è importante sentire questa unione e fratellanza fra le diverse comunità cristiane che sono parte di un’unica Chiesa.

Ringrazio il Signore anche per il dono dei tre giorni trascorsi a Limone, poco prima della mia partenza, per chiedere la benedizione di nostro padre Daniele Comboni per me e per il popolo del Sudan e Sud Sudan che lui ha tanto amato e per il quale ha regalato tutta la sua vita. Adesso in missione ci si sta preparando al Natale, alla nascita di Gesù che viene a camminare in mezzo a noi.

Ma quale Natale per il Sud Sudan? In particolare, negli ultimi due anni, parti del paese, tra cui la parrocchia di Leer, sono state colpite da fortissime alluvioni che hanno lasciato migliaia di persone senza casa, senza cibo e in condizioni igieniche pessime. Tantissimi gli sfollati, specialmente nella zona di Leer e Mayandit. Moltissime mucche e capre, risorsa principale del popolo Nuer, sono morte a causa delle alluvioni e interi villaggi sono stati completamente sommersi. In tutto questo continua ancora la violenza, specialmente gli scontri tra diversi gruppi etnici per rubare le mucche dell’altra etnia. Circa 25 persone sono state uccise tra Leer e Mayandit pochi giorni fa. Altri scontri per lo stesso motivo sono stati registrati nella zona di Ganyliel. Il sistema scolastico e sanitario è poverissimo nella zona della parrocchia di Leer e tante persone, specialmente bambini, continuano a perdere la vita anche a causa di una semplice malaria.

In questa situazione di emergenza, mi colpisce profondamente la fede della gente che continua a coltivare la propria speranza in questo Gesù che viene anche per loro. Una fede e una fiducia in Dio fortissime, nonostante la situazione in cui vivono potrebbe portarli alla disperazione o a pensare di essere stati abbandonati. La loro speranza mi tocca e mi evangelizza.

La gente continua a chiamare Gesù con il titolo di “Kuar mala”, che significa il Re della Pace, colui che può portare loro la pace. Sì, noi ci crediamo: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). E questa luce è Gesù che sceglie di farsi uno di noi e di camminare con noi per portare vita vera, specialmente ai più poveri e abbandonati. Sono grato a Gesù di Nazareth per la possibilità di condividere la mia vita con questa gente che è diventata la mia famiglia. Tornare in missione significa rimettermi in cammino e continuare a cercare e a incontrare il volto di Gesù nel volto della mia gente. Significa anche fare causa comune con questo popolo. E allora si riparte! Costruendo vita e seminando speranza!
Mario Pellegrino