Ogni anno, l’8 dicembre, la Chiesa celebra solennemente l’Immacolata Concezione della Vergine Maria. Maria è l’immagine anticipata della Chiesa: in Lei, Dio «prefigurava la Chiesa, la sposa senza rughe, senza macchia, risplendente di bellezza» (cf. Prefazio del giorno), «santa e immacolata» (Ef. 5,27). In Lei, la Chiesa ammira ed esalta il frutto della Redenzione, e, come in una immagine purissima, contempla con gioia ciò che essa stessa desidera e spera essere pienamente. Maria appare così come la personificazione del popolo di Dio.

La Chiesa contempla la sua condizione futura

Gn 3,9-15.20; Salmo 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

Ogni anno, l’8 dicembre, la Chiesa celebra solennemente l’Immacolata Concezione della Vergine Maria. Già nel secondo secolo, Sant’Ireneo salutava in Maria la «Nuova Eva». Era il primo presagio del dogma dell’Immacolata Concezione che il Papa Pio IX avrebbe definito solennemente nel 1854, con queste parole: «La Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, è stata, per una grazia e un privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, preservata ed esente di ogni macchia di peccato originale: questa dottrina è rivelata da Dio e di conseguenza deve essere creduta fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli».

In effetti, Madre della nuova umanità, Maria è stata creata da Dio «Ricolma di grazie». Nella sua persona, la vittoria del Cristo su Satana è completa: è per una grazia già proveniente dalla morte e dai meriti di Suo Figlio che Maria è stata così preservata da ogni macchia. Dio ha voluto anche, con ciò, preparare a Suo Figlio una dimora degna di Lui.

Maria è l’immagine anticipata della Chiesa: in Lei, Dio «prefigurava la Chiesa, la sposa senza rughe, senza macchia, risplendente di bellezza» (cf. Prefazio del giorno), «santa e immacolata» (Ef. 5,27). In Lei, la Chiesa ammira ed esalta il frutto della Redenzione, e, come in una immagine purissima, contempla con gioia ciò che essa stessa desidera e spera essere pienamente. Maria appare così come la personificazione del popolo di Dio.

Dopo la caduta, Dio non ha abbandonato l’uomo senza speranza; piuttosto gli ha promesso un Salvatore che sarebbe venuto a radunare l’umanità frantumata dal peccato. È in Maria che Egli realizzerà l’ideale di questa umanità salvata. Il culto a Maria, pertanto, è vitalmente innestato nella celebrazione dei misteri del Cristo; per cui Maria non è venerata per se stessa, ma in rapporto al Cristo e alla Chiesa. Tuttavia spetta a Maria una devozione singolare: Lei è la più santa e la più umile delle creature, la più potente presso Dio e la madre comune di tutti gli uomini, membra del Corpo di cui Gesù è il Capo. Per questo San Bernardo ci esorta a invocare Maria in ogni pericolo, pena e timore, e ad avere sempre il suo nome nella bocca e nel cuore. Ma ci avverte anche che per ottenere il soccorso delle sue preghiere, bisogna seguire l’esempio della sua vita.

Per farci capire maggiormente il ruolo di Maria, la Chiesa ci ricorda, nella prima lettura, il peccato di Adamo e di Eva e la promessa di Dio (protovangelo): la discendenza della donna trionferà sul male schiacciando la testa del serpente. La Chiesa ha sempre visto in questa donna Maria, la Madre del Salvatore e Madre nostra. Gesù ce l’ha data come Madre ai piedi della croce.

La seconda lettura ci rivela che se Dio ha scelto Maria da tutta l’eternità per essere preservata da ogni colpa, egli sceglie noi pure per essere salvati dal Cristo. Paolo ci invita allora alla benedizione di Dio e Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, cioè al rendimento di grazie perenne. Nel testo evangelico, noi ammiriamo la delicatezza di Maria, la sua timidezza di fronte all’Angelo, ma anche la sua docilità a Dio. Il suo sì a Dio è per tutta la vita. Lei è il modello per eccellenza di fedeltà: noi tutti dobbiamo guardarla e imitarla per dare il giusto senso alla nostra vita. La chiave della sua riuscita è l’obbedienza nella fede. Lungi dall’essere una costrizione subita e una sottomissione passiva (sottomissione da schiavi), l’obbedienza nella fede è una libera adesione al disegno di Dio e uno slancio d’amore. Si tratta per noi, in realtà, di essere ad ogni momento attenti alla parola di Dio e di accoglierla con tutto il cuore. Anche se essa sconvolge i nostri progetti.
Don Joseph Ndoum

“Maria di Nazareth, la discepola fedele”

P. Teresino Serra

L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in un paesino della Galilea, a una giovane donna, promessa sposa di un uomo, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrato da lei le disse: «Ti saluto Maria! Il Signore è con te: Egli ti ha colmata di grazia!». Maria fu sconvolta da queste parole. L’angelo la rassicurò “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco concepirai un figlio”(cf. Lc 1).

La presentazione dei personaggi è brevissima: Giuseppe, un semplice falegname e Maria, un’ordinaria ragazza del popolo. Tutto si svolge a Nazareth, un povero villaggio nascosto e sconosciuto della Galilea, regione disprezzata dagli ebrei di Gerusalemme. Nazareth era un agglomerato di una cinquantina di case che, tra l’altro, non godeva di buona fama. E non godevano buona fama le donne di quel popolo. Un proverbio del tempo diceva: “A colui che Dio vuole punire viene data in moglie una Nazarena”. E Maria era Nazarena, e anche vergine. Una realtà questa, per gli ebrei, simile alla sterilità che essi consideravano come una maledizione di Dio. Maria fa parte, come Sara, Anna e altre, di quella lista di donne «sterili», dei poveri di Jahvè: gli ultimi, gli indifesi dei quali Dio prende la difesa perché Egli è il Dio dei poveri. È su questa povera ragazza di Nazareth che Dio si china perché possa sperimentare nella sua carne la buona novella, il vangelo di amore e di liberazione.

Eccomi: mi fido di te

L’Ave, Il saluto che è rivolto a Maria di Nazareth, è un invito a questa ragazza a gioire, perché Dio si è chinato su di lei. «Il Signore è con te!». Infatti Maria è la «prescelta»,  la «chiamata», come sim­bolo e tipo di tutti i poveri e gli oppressi di questo mondo. Essa è chiamata perché in lei il Signore opererà quella liberazione che tutti i poveri attendono… La sterile avrà figli, l’oppresso sarà liberato, il povero sarà innalzato! Maria rimane sbigottita davanti a questa prospettiva. Ha paura. Ma la serva del Signore non deve aver paura perché è Dio il difensore dei diseredati, che farà nascere in lei un frutto di Redenzione. Il suo seno verginale fiorirà; darà alla luce Gesù.Tutto questo per Maria sembra un sogno, un impossibile… «Nulla è impossibile a Dio»: una frase ripresa dalla storia di Abramo… quando Dio ha suscitato un figlio dal seno sterile di Sara, Isacco.

Il tratto caratteristico di questa ragazza è in quella parola finale: «Eccomi!». A Colui che la chiama, che la interpella, Maria offre una totale disponibilità.  “Eccomi” significa “conta su di me”. Chi dice eccomi si è già messo in cammino.

Scrive P. Casaldaliga: «Maria è colei che ha cantato l’eccomi con il magnificat; é la donna che Dio sceglie dal popolo per aiutare il popolo, per dargli una nuova speranza. È “colei che credette” nella missione misteriosa che Dio le affidava; é colei che meditava nel silenzio della fede, senza visioni, senza molte risposte previe,  i fatti e le parole di Gesù, suo Figlio. Maria é la madre del Perseguitato da tutti i poteri e di tutti i tempi; é la dolorosa madre del Crocifisso e dei crocifissi di ogni tempo; la più autentica cristiana della Pentecoste, sempre fedele al suo eccomi…».

Eccomi: generare Gesù per gli altri

Un giorno Gesù stava predicando all’interno di una casa. La gente, come sempre, si ammucchiava nella piccola abitazione. Uomini, donne, anziani, giovani sani e ammalati speravano molto dal quel predicatore. Volevano sentire parole di speranza per poter continuare a sperare. Arrivò alla porta di casa un gruppo di persone accompagnando una donna già adulta.

Dalla strada potevano sentire le parole del predicatore di Nazareth, ma non riuscivano a vederlo. Qualcuno dei nuovi arrivati disse che quella donna era la madre del maestro e che tutti loro erano parenti. La notizia passò di bocca in bocca e arrivò fino al discepolo più vicino a Gesù. Qualcuno di loro disse al maestro: “Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. Tutti si aspettavano che Gesù interrompesse il suo discorso per andare a salutarli e a riceverli. Ma Gesù continuò a predicare. Anzi, prese lo spunto da quella visita e domandò loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc. 3, 31-35). Le parole Gesù furono accolte con sorpresa. Parole belle e misteriose allo stesso tempo. In realtà, Gesù  stava lodando sua madre per essere la prima sua discepola. Gesù non stava negando la maternità fisica di Maria, sua mamma; affermava che esisteva un’altra maternità, una maternità più importante e più alta. E Sua madre possedeva tutte e due. Maria era certamente legata a lui tramite la carne, però molto di più legata a lui tramite la parola ascoltata e vissuta. Era questa seconda maternità di Maria che  il popolo doveva  venerare e imitare.

Sant’Agostino spiegò tutto con parole chiare e profonde: “Non sarebbe servita a nulla a Maria la maternità corporale se non avesse prima concepito Cristo nel suo cuore e, solo dopo, nel suo corpo”. Gesù volle anche insegnare che Maria era donna ammirabile, nell’essere sua madre, la madre del Salvatore; ma soprattutto era donna imitabile, per aver ascoltato la parola di Dio e averla messa in pratica.
P. Teresino Serra - Missionari Comboniani

Umile e alta più che creatura

Questa espressione di Dante a conclusione della Divina Commedia ci aiuta a vedere in Maria due virtù strettamente imparentate: l’umiltà e la purezza. La purezza è l’umiltà della carne e l’umiltà è la purezza dello spirito.

Noi cristiani non possiamo tollerare che la parola “purezza” venga cancellata dal vocabolario, come pure la parola “umiltà”: deriva dal latino “humus”, il terriccio fertile e fecondo da cui si sviluppa ogni forma di vita.

È un richiamo importante per la nostra società che sta naufragando nell’esaltazione dell’erotismo, nella spettacolarizzazione e banalizzazione del sesso, facendone commercio e separandolo dalla dignità della persona e dal progetto di Dio.

Proponiamo Maria come ideale di donna umile, pura nel cuore e nella carne, affinché ci siano ancora giovani donne piene di candore, di amore e di tenerezza, che amino la verginità prima del Matrimonio e la maternità nella vita coniugale. Proponiamo l’umiltà ai maschi, perché non si sentano arbitri di soprusi e femminicidi. Proponiamo l’umiltà ai coniugi, perché con buon senso conservino l’unione familiare, che è il bene più grande e insostituibile per i loro figli. Proponiamo l’umiltà ai ministri di Dio, affinché servano con umile generosità i fedeli, senza presunzioni di clericalismo e rispettino in modo assoluto l’innocenza dei bambini evitando la deriva gravissima della pedofilia. Proponiamo l’umiltà ai politici, perché si assumano le loro responsabilità, evitino complessi di superiorità che generano continui inutili contrasti e mettano tutte le proprie energie per essere, come Maria, veri servi della collettività.
Mons. Claudio Livetti