P. Manuel João Pereira Correia: “I settant’anni della vita”

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Venerdì 29 ottobre 2021
P. Manuel João Pereira Correia, missionario comboniano affetto da Sla, ha festeggiato il suo 70° compleanno il 27 ottobre scorso a Castel D'Azzano, in Italia. “Celebrare settant’anni – ha detto – significa di certo modo avere già concluso gli anni della nostra vita. Una occasione opportuna per rivolgere uno sguardo indietro, lasciandosi invadere pure da tanti sentimenti e emozioni contrastanti, prima di guardare al futuro, un po’ annebbiato, del supplemento di vita che ci è regalato”. [Nella foto al centro, sulla sedia a rotelle, P. Manuel João con la sua comunità]

La mia opera non morirà… con te!
I settant’anni della vita

“Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti”, dice il salmista (Salmo 89,10). Quindi celebrare settant’anni significa di certo modo avere già concluso gli anni della nostra vita. Una occasione opportuna per rivolgere uno sguardo indietro, lasciandosi invadere pure da tanti sentimenti e emozioni contrastanti, prima di guardare al futuro, un po’ annebbiato, del supplemento di vita che ci è regalato.

Mi domando: a cosa mi servirà questo supplemento di vita? Di cose ne vorrei fare ancora ma mi sa che il mio tempo del fare è ormai scaduto ed è il tempo invece di preparare la valigia con le cose essenziali per il grande viaggio. Mentre proseguo avanti a passo incerto, senza volerlo la testa mi si gira indietro e il pensiero mi sfugge e va verso tanti compiti lasciati a metà, tanti progetti rimasti in sospeso, tanti sogni chiusi nel cassetto… E contemplo le mille richieste che la missione rilancia. E invece bisogna tutto lasciare indietro, sguardo in avanti e senza rimpianti.

In questi ultimi tempi mi vengono spesso alla mente le ultime parole di Comboni: “Io muoio ma la mia opera non morirà!” E mi viene da desiderare che questa profezia sia una promessa di Dio per me, per ciascuno di noi. La mia opera, la Sua Opera, non morirà con me! Perché talvolta mi assale la tentazione di pensare come Sansone: che tutto crolla e muore con me. E chiedo a Dio un segno: di poter vedere che qualcuno riprende dalla mia mano la fiamma, qualcuno qui, nella nostra provincia di origine, in Italia e in Portogallo.

Da un po’ di tempo la preghiera che tengo più a cuore è quella che ha condiviso con noi Fratel Romano Maran il 7 ottobre scorso, in occasione dell’anniversario della prima professione, e cioè che il Signore ci conceda un rimpiazzante che porti avanti la nostra opera. Per questa intenzione mi sono proposto di recitare ogni giorno un rosario considerando i misteri della Gioia: meditando l’Annunciazione, chiedo a Dio che un “angelo” porti la Sua chiamata a qualche giovane, qui in Italia e nella mia provincia di origine e quella di missione; contemplando la Visitazione, prego per i nostri animatori perché portino una parola di gioia e di entusiasmo ai giovani che loro visitano; contemplando la Natività, penso alle nostre comunità ché rinascano nella vitalità e speranza; contemplando la Presentazione di Gesù per le mani di Giuseppe e Maria, ricordo i nostri candidati e i loro formatori; contemplando lo Smarrimento e ritrovamento di Gesù, prego per i confratelli che hanno smarrito il loro entusiasmo vocazionale.

Vi confesso che mi pesa la coscienza della mia miseria. Dal 15 ottobre 2020 faccio digiuno eucaristico, costretto dalla malattia. La mia preghiera è quella che recitiamo prima della comunione: “Signore, non son degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola e io sarò salvato”. Non mi resta che fidarmi di quella sola Parola. Sento che il posto che adesso occupo in fondo all’ingresso della cappella è proprio il mio. Ma sono contento di avervi come compagni di viaggio, voi tutti miei fratelli maggiori, dato che sono il più giovane di noi anziani e ammalati.

Sono fiero di tanti di voi, uomini di preghiera. Mi affido a voi, ma particolarmente a… P. Cosimo Spadavecchia! P. Neno Contran diceva due giorni fa che la nostra è una strana comunità. Ebbene per me la più singolare, profonda e preziosa preghiera è quella di Cosimo, con il suo grido caratteristico. È il grido del salmista che si eleva continuamente dalla nostra comunità: “dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera” (Salmo 129). Sì, dalle profondità della fragilità umana (del suo Alzheimer e delle nostre malattie) “lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Romani 8,26). Prega e grida in noi contro l’ingiustizia del male, in attesa che ogni lacrima sia asciugata.

Che Dio ascolti il suo e nostro grido!

P. Manuel João Pereira Correia
Castel D’Azzano
[comboni200]