Domenica 9 agosto 2020
L’annuncio della Santa Sede il giovedì scorso: il missionario comboniano comasco è stato nominato Vicario Apostolico di Alessandria d’Egitto. Un ritorno, per lui, in un luogo in cui ha vissuto dodici anni e in cui ha visto nascere opere e grandi amicizie. Nella foto, P. Claudio Lurati ad Alessandria.
È un piccolo gregge, quello dei cattolici latini in Egitto. Settantamila fedeli, una minoranza nella minoranza di una comunità cristiana che da quelle parti comprende tante famiglie - la più numerosa è quella copta - nate da una storia antica e radicata nella pluriformità della Chiesa. A guidarli, Papa Francesco ha chiamato pochi giorni fa padre Claudio Lurati, classe 1962, comasco di origine, un comboniano che - come il fondatore della congregazione a cui appartiene - l’Africa la porta da tempo nel cuore. Dopo il baccalaureato in Teologia in Kenya, ha vissuto cinque anni a Verona, uno in Sudan e dodici in Egitto. Poi, a Roma come economo generale. E ora la nomina a Vicario Apostolico di Alessandria d’Egitto, dove ritroverà tanti volti amici.
«Essere una comunità così piccola in un Paese fortemente segnato dalla presenza musulmana è una grande opportunità per ritrovare le ragioni di una presenza che non dipende dai numeri o dalle opere, che pure hanno il loro valore», racconta padre Claudio: «E le ragioni ce le dà la persona di Gesù che noi siamo chiamati a testimoniare con la vita, vedendo con stupore che può così arrivare alle persone e nei luoghi più impensati e che possono nascere rapporti significativi e tante possibilità di camminare insieme anche con chi è diverso da te».
Due canali di testimonianza e dialogo che hanno portato molto frutto sono le scuole fondate dalla Chiesa - che nel Paese godono di grande prestigio per la qualità dell’istruzione e dove la frequenza degli studenti musulmani può arrivare al 50% del totale - e le opere di carità come i dispensari, i centri medici, le iniziative per la formazione della donna e a favore di profughi e rifugiati provenienti soprattutto dal Sudan e dall’Eritrea. Molti di questi sono di fede cattolica e formano l’ultimo anello di una lunga catena nata ottocento anni fa, se pensiamo al viaggio di san Francesco a Damietta - anche se le prime chiese sono sorte solo nel 1600 -, con la predicazione dei francescani, al quale si è aggiunto nel diciannovesimo secolo l’arrivo di emigranti francesi e italiani e - più recentemente - quello di europei e americani, che si fermano con contratti di lavoro di alcuni anni, oltre alla presenza di persone provenienti dall’Asia e da altri Paesi africani. «Questa è la testimonianza eloquente di cosa voglia dire “cattolicità”, l’universalità di una Chiesa dove vivono sensibilità, lingue e tradizioni diverse, come ho sperimentato esercitando il ministero sacerdotale in una parrocchia retta dai comboniani nel centro del Cairo. E questa universalità è un messaggio importante non solo per i nostri fratelli di fede ma per l’intera società egiziana, che dopo i cambiamenti conosciuti in questi anni sta vivendo un momento di passaggio molto delicato ed è alla ricerca di un suo equilibrio».
È un richiamo a guardare oltre i confini della propria comunità, dice ancora: «A considerare “l'altro” come qualcuno di cui non puoi fare a meno, prezioso per la costruzione di una identità aperta e per una convivenza che si arricchisce nell’incontro tra diversità». È un’esperienza che padre Claudio ha vissuto per anni con gli amici della comunità di Cl di Alessandria d’Egitto - nata una ventina di anni fa - e che nel tempo si è arricchita di incontri significativi come quello con il professor Wael Farouq e con altre persone di tradizione musulmana, molte delle quali sono state protagoniste di eventi significativi come le due edizioni del Meeting Cairo nel 2010 e 2011.
Lurati legge nella storia dell’Egitto anche eventi biblici di grande valore profetico che si legano all’attualità: «Penso all’esodo del popolo ebraico, condotto da Mosè dalla schiavitù degli egizi alla Terra Promessa, e penso alla fuga in Egitto della famiglia di Gesù, due eventi che per molti aspetti richiamano gli odierni esodi di migliaia di persone dalle loro terre di origine. Inoltre, quella è una terra che ha visto nascere la tradizione monastica che ha segnato profondamente la storia della cristianità».
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In tempi più recenti, è la vicenda di Daniele Comboni ad avere incrociato quelle terre: grazie a lui e al suo carisma missionario, nella seconda metà dell’Ottocento, Il Cairo è diventato il luogo privilegiato per l’ingresso e la diffusione del cristianesimo nell’Africa continentale e occasione di incontro e contaminazione tra europei e africani. Un luogo che ha “contaminato” anche lui: «Ricordo che nel 1989, in un viaggio di ritorno dal Kenya per l’Italia, decisi di fermarmi per alcuni giorni per conoscere quella città. E dissi tra me: “Un caldo insopportabile, una lingua difficilissima, non verrò mai a lavorare qui”. Invece Dio mi ha portato in Egitto per dodici anni, e ora Papa Francesco mi vuole lì».
[Giorgio Paolucci]