Venerdì 24 gennaio 2020
Camminare con la gente mi riempie sempre il cuore di gioia. Il mese di dicembre passato sono andato a visitare decine di villaggi e comunità, col desiderio di portare una parola di pace e di speranza nel mezzo di un popolo che soffre. Ho camminato al passo del popolo, per diversi giorni e tanti Km, a volta con l’acqua della palude fino all’ombelico, cantando e danzando con la gioia del cuore, la gioia di chi sa di essere aspettato, amato, abbracciato dalla sua gente. Si, la gente ci abbraccia, ci accoglie, ci vuole bene.
Sono riuscito a raggiungere dei villaggi dove non siamo potuti andare per anni per causa della situazione di guerra e di violenza. La guerra è un mostro orrendo che causa la sofferenza di migliaia di persone. La nostra presenza in mezzo a questo popolo vuole portare un seme di speranza, la speranza di un mondo diverso, più umano, come lo sogna il Papà, il Dio della Vita, il Signore dei Poveri.
La sera ci si siede attorno al fuoco a raccontarci la giornata, a cantare, a ringraziare. Ma quella sera a Painjiar mi arriva una notizia che mi spezza il cuore. In un villaggio a due ore di cammino di nome Maluk (dove avevo dormito la sera prima) c’è stato un forte combattimento; alcune persone hanno attaccato il villaggio per rubare le mucche da alcune famiglie. La mucca in questi villaggi è la principale risorsa perché dà alla gente il latte per nutrirsi e perché le mucche sono utilizzate come dote nel matrimonio locale. Hanno fatto fuori due giovani con colpi di fucile. Uno di loro, Peter, lo conosco molto bene; aveva 20 anni ed è stato uno di quelli che mi hanno aiutato ad imparare la lingua locale, il nuer, un mio caro amico. La sua compagna aveva partorito il suo primogenito il giorno prima. Era un ragazzo pieno di vita. Lui non aveva fatto nulla di male, stava semplicemente tentando di difendere la sua famiglia.
Si ferma il canto, rimaniamo in silenzio attorno al fuoco a ricordare il caro amico e con tutto il cuore gridiamo al Dio della Vita, il liberatore degli oppressi, chiedendo il dono della Pace per il Sud Sudan, la fine di ogni forma di atrocità, ingiustizia e violenza, il dono di imparare a vivere come fratelli e sorelle e non come nemici o rivali. Noi ci crediamo, con ostinata speranza! E segni di speranza ne abbiamo visti tanti in questi ultimi tempi.
L’anno scorso è stato davvero grandioso il gesto di Papa Francesco che in aprile ha chiamato i due principali leaders del Sud Sudan, Salva Kiir and Riek Machar, i maggiori responsabili della situazione di violenza in Sud Sudan per parlare e pregare con loro a Roma. Il Papa, seguendo l’esempio del Maestro dei maestri, Gesù di Nazaret, si è inchinato davanti ai signori della Guerra, ha baciato i loro piedi come uno schiavo e ha implorato in lacrime il dono della pace in Sud Sudan. Questo gesto ha dato tanto coraggio e speranza alla nostra gente, il sapere che non siamo soli, che c’è tanta gente nel mondo che continua ad accompagnarci e a sostenerci. Grazie di cuore a tutti voi per questo.
Io sono strafelice di essere qui e non vorrei essere da nessun’altra parte. Ringrazio con tutto il cuore il Dio della Vita per avermi invitato a camminare con lui nelle periferie del mondo, acconto a chi soffre; è da loro che impariamo il vangelo. Grazie di cuore a tutti coloro che hanno aiutato e continuano ad aiutare la nostra gente, il Dio della Vita riempia il Vostro cuore con la sua tenerezza.
Un abbraccio di pace a tutti!
Mario Pellegrino
Missionario comboniano