Sabato 24 novembre 2018
Fratel Elia ci ha lasciati la sera del 21 Novembre, dopo qualche giorno di aggravamento repentino della sua condizione di salute. Era arrivato a Castel D’Azzano alcuni mesi fa, venuto da Brescia, suo malgrado, costretto dalla malattia.
Elia è nato 86 anni fa a Schio, dove è vissuta Santa Giuseppina Bakhita, che lui ricordava di aver conosciuto da bambino al catechismo. Dopo il noviziato a Sunningdale (1951-1953) ed alcuni anni in Inghilterra, è stato destinato alla missione in Uganda, dove ha lavorato per circa 26 anni (1956-1982). Parlava spesso della sua esperienza missionaria in Uganda, con nostalgia e piacere. Dal 1982 ha lavorato sempre in Italia.
Quanti sono venuti in contatto con Fr. Elia non sono rimasti indifferenti alla sua personalità sincera e schietta nel rapportarsi con chiunque. Sempre pronto alla battuta acuta e talvolta mordace però mai banale. Aveva l’aria del perfetto buontempone ma, tra una battuta e l’altra, lasciava trasparire un profondo senso umano e andava dritto al cuore delle persone.
Questa mattina con la celebrazione funebre ci siamo congedati da questo nostro fratello. Lunedì prossimo sarà tumulato al cimitero di Schio, suo paese natale.
Funerale di Fr. Elia Dalla Fontana
24 novembre 2018
Ecco come P. Renzo Piazza l’ha ricordato nell’omelia. Vorrei ricordare Fratel Elia con tre parole: Musica, Paura, Amicizia.
La musica
Qualche anno fa, nel marzo 2014, ho intervistato Fr. Elia e gli ho chiesto: come ti piacerebbe trascorrere l’ultimo tratto della tua vita? La sua risposta è stata: “Con tanta musica, con la serenità nel cuore (che tante volte manca perché siamo umani…), con la possibilità di passare qualche ora in chiesa, in pace con il prossimo e con Dio, e con tanti ricordi che ti portano avanti. Credo che questo sarebbe il top”.
“Mi piacerebbe terminare la vita con tanta musica…” Tutti conoscono la passione per la musica di Fr. Elia, da quando aveva imparato a suonare l’armonium, ai pezzi d’opera che amava cantare anche nei corridoi di Castel d’Azzano, ai CD di musica che misteriosamente sparivano e riapparivano nella sua stanza…
Ci ha lasciati quando mancava un’ora al 22 novembre, festa di S. Cecilia, patrona della musica e dei musicisti. Il libro dell’Apocalisse, letto quel giorno e riascoltato oggi, ci parla di anziani con la cetra in mano, che cantano un canto nuovo, un inno a Gesù risorto, che ha riscattato per Dio con il suo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione.
“Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi, commenta S. Agostino. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo”.
Ci fa bene pensare a Elia, uomo nuovo, rinnovato nel corpo e nello spirito, che entra nel Regno, con la cetra in mano, cantando un canto nuovo, quello che solo lo Spirito di Gesù può insegnare. E’ l’inno a Gesù morto e risorto per noi; è la lode a Colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, e ci ha inviati agli uomini di ogni tribù, lingua popolo e nazione per annunciare il suo amore.
Pensiamo a Gesù, che prima della passione canta l’inno con i suoi amici: ora si associa al canto di Fr. Elia e proclama insieme a lui la lode al Padre, che rivela ai piccoli i misteri del Regno.
La paura
Nell’intervista appena citata, Fr. Elia, parlando della sua esperienza missionaria, si confessava con queste parole: “Sono scappato via dall’Africa, un po’ arrabbiato, a causa dell’ernia al disco…”
Fr. Elia, quando si è malati, non si scappa, ma si parte malvolentieri e con il freno a mano tirato… Se si scappa, significa che qualcosa ci fa paura… E in Uganda c’era stata la guerra che ha spaventato non solo Elia, ma tutti coloro che si sono trovati a subirla.
Elia porta il nome di un profeta che è stato marcato dalla paura. Anche lui, minacciato da Gezabele, è scappato, camminando 40 giorni e 40 notti, fino a giungere al monte di Dio, l’Oreb, desideroso solo di morire. L’incontro con l’angelo del Signore che gli offre del pane e dell’acqua, lo incoraggia e lo rinfranca: sarà l’inizio di una nuova tappa della sua vita e della sua missione profetica.
Fr. Elia è stato fedele alle sue paure e ne ha aggiunte due negli anni dell’anzianità: la paura della malattia e della morte. Sono le paure di ogni uomo che all’improvviso si scopre fragile e mortale.
Fr. Elia, non sia turbato il tuo cuore. Dio non abbandona i suoi amici. Ascolta ciò che Gesù ci ha appena detto: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato”. Questo è il Paradiso, fr. Elia. Questo è ciò che ci attende. Per questo non possiamo essere tristi come coloro che non hanno la speranza. Abbiamo la certezza che il Signore Gesù che ti ha chiamato e associato a sé nella missione “ardua difficile e santa”, ti associa a sé anche nella gloria del cielo.
L’amicizia: cercata, mantenuta, coltivata
Coltivare l’amicizia è stata anche una caratteristica di S. Daniele Comboni.
Fr. Elia ha avuto molti amici, che hanno gradito la sua compagnia e si sono trovati volentieri assieme a lui, a volte tra “lo spumeggiare dei vini e le fumanti selvaggine”. Alcuni lo hanno scelto come padrino di cresima o testimone delle nozze, molti in questi giorni si sono preoccupati chiedendo notizie di lui nei giorni della sua malattia o inviando un pensiero alla notizia della sua morte. Eccone tre, provenienti da tre continenti.
Fratello Elia, mettiamo la tua vita e la tua storia tra le mani di Gesù, che non ci ha chiamati servi, ma amici. Ora pregalo e intercedi per noi, perché fin da questa terra possiamo gustare la sua “dolce amicizia”, e vivere da amici e da fratelli, come Lui ci ha insegnato. E ci diamo l’appuntamento lassù, per unirci al Signore Gesù nella festa che non conosce tramonto.
[Combonianum]