Martedì 24 luglio 2018
L’Encuentro de Pastoral Afro (EPA) continentale ha celebrato quest’anno il suo 14° anniversario a Cali (Colombia), dal 15 al 20 luglio 2018, e si è tenuto nell’aula magna dell’università San Bonaventura. Gli EPA sono stati e sono uno strumento importante per riaffermare l’identità Afro, condividere lotte, sogni, successi ma anche insuccessi; condividere strategie di azione e di partecipazione nella cosa pubblica, elaborare piani per la difesa del territorio e degli interessi del popolo Afro.
Encuentro de Pastoral Afro
Cali (Colombia)
L’Encuentro de Pastoral Afro (EPA) continentale ha celebrato quest’anno il suo 14° anniversario a Cali (Colombia), dal 15 al 20 luglio 2018, e si è tenuto nell’aula magna dell’università San Bonaventura. “I primi EPA che hanno avuto luogo a Buenaventura, Colombia, nel 1980, e ad Esmeraldas, in Ecuador, nel 1983” si legge nel documento di lavoro del presente Encuentro, “hanno affrontato rispettivamente i seguenti temi: ‘Religiosità popolare e cultura nera’ e ‘Afro-americani nel contesto rurale e urbano’. Erano piccole riunioni di missionari e missionarie (consacrati e laici) a cui hanno partecipato alcuni vescovi; questi incontri furono un attestato del popolo afro come protagonista del mondo ecclesiale”.
Gli EPA hanno una scadenza triennale e il tema quest’anno si è focalizzato su ‘La nostra spiritualità forza trasformatrice della realtà’. Sono stati 360 i delegati presenti tra laici, sacerdoti, religiosi e vescovi. Questo EPA si inserisce nel contesto della celebrazione del Decennio Internazionale degli Afro-discendenti (2015-2024), lanciato sotto gli auspici dell’Assemblea Generale dell’ONU. Inoltre, sottolineava il coordinatore del SEPAC (Segreteria Esecutiva di Pastorale Afro-Americana e Caribeña[1]), p. Venanzio Mwangi, missionario della Consolata, il presente EPA cade nel 50° anniversario della Conferenza Generale del Consiglio Episcopale Latinoamericano di Medellin-Colombia (1968) che ha sancito l’opzione preferenziale per i poveri e l’appoggio alla teologia della liberazione. L’argomento del 14° EPA, spiega il documento di lavoro, “ci aiuterà a capire il significato delle nostre azioni, i progetti pastorali ed esperienze di religiosità popolare tra la gente Afro. È anche una fonte per dotarci di strumenti necessari per affrontare le situazioni attuali di pluralismo e dialoghi interculturali e interreligiosi.” […] “La spiritualità incoraggia la mia relazione con gli altri e con la società. Non si riferisce solo alla vita spirituale, ma a tutta la persona, nella sua unità spirito-corpo. Non è un modo per sentire la presenza di Dio, è un modo di vivere: la vita nello Spirito. La spiritualità è il mio modo di sentire, di pensare, di recitare, di camminare, di studiare, divertirsi, ballare. È il mio modo di vivere”.
L’EPA di Cali è stato preceduto da quello celebrato in Haiti (2015) il cui tema era ‘Il popolo afroamericano e dei Caraibi protagonista della sua storia e dello sviluppo umano’.
P. Venanzio ha presentato la metodologia di questo 14° Encuentro:
Dopo le parole di introduzione di p. Venanzio, lunedì 16 aprile, sono iniziati i lavori con la conferenza prof. Pastor Murillo, colombiano. Il professore ha fatto un’analisi congiunturale della situazione del popolo Afro oggi. Ha esposto alcune statistiche che riguardano le popolazione Afro nelle Americhe: si parla del 30% della popolazione, circa 200 milioni di abitanti, mentre in Brasile la popolazione che si riconosce di discendenza Afro è del 54%. La Colombia, dopo il Brasile e gli USA, è la nazione con la più alta percentuale di Afro discendenti. Allo stesso tempo il relatore ha dimostrato come l’identità etnico-raziale incida profondamente sul grado di povertà di un gruppo. Questa è appunto la situazione del popolo Afro nelle Americhe il cui livello di povertà è doppio rispetto ad altri gruppi etnici. In Brasile, ha continuato il prof. Murillo, l’80% delle vittime assassinate sono Afro, mentre negli USA il 42% della popolazione carceraria è Afro discendente. Il professore sciorinava numeri e percentuali senza bisogno di un testo scritto. Uno studio del 2008, continuava il relatore, mostrava delle disuguaglianze significative che riguardavano le persone che vivevano al di sotto della soglia di povertà nelle Americhe: l’11,2% della popolazione bianca e ben il 24,7% della popolazione Afroamericana, più del doppio. Son dati impressionanti che denotano una situazione di ingiustizia che si sta perpetuando e che è figlia di quel crimine epocale che è la schiavitù. È per questo che il prof. Murillo ha parlato della volontà della Santa Sede, apprezzata dal Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale dell’ ONU, di riconoscere, attraverso un’enciclica o “un’altra dichiarazione appropriata”, le responsabilità “per il coinvolgimento della Chiesa cattolica nel commercio transatlantico di schiavi e le dure politiche del colonialismo in Africa.” [2] Un eventuale riconoscimento, aggiungo, aprirebbe un vaso di Pandora: ci sarebbero richieste di riconoscimento di responsabilità anche per altre nazioni ben più colpevoli per la tratta degli schiavi – senza parlare di probabili richieste di riparazioni.
“Il colonialismo politico è stato superato da 100 anni”, ha affermato il secondo relatore, il prof. Javier Florenz, messicano, nel terzo giorno dell’ Encuentro, “ma siamo ancora immersi in un colonialismo ‘interno’. Bisogna decolonizzare il pensiero”, ha proseguito il relatore, “e il dialogo interreligioso in America Latina aiuta a superare questo tipo di colonialismo che condiziona la mente e il cuore” perché apre alla stima dell’altro e a superare le barriere del pregiudizio. Il prof. Florenz ha parlato del dialogo interreligioso tra le religioni Afroamericane e la spiritualità cristiana. Il fine del dialogo religioso, ha proseguito il relatore, è di crescere insieme, non quello di convertire, per questo è necessario un atteggiamento iniziale di apprezzamento di tutte le manifestazioni religiose dei popoli latinoamericani superando i preconcetti che limitano la relazione amichevole e il dialogo sincero. Il dialogo interreligioso, pur essendo una realtà nuova nel panorama religioso dell’America Latina, è tuttavia necessario. Il prof. Florenz ha concluso ricordando i tre ambiti in cui si esercita del dialogo interreligioso: l’ambito delle credenze, quello della ritualità e, infine, l’ambito della vita di tutti i giorni.
La terza conferenza, nello stesso giorno, è stata tenuta da mons. Demettino Castro Zanoni, arcivescovo di Feira de Santana in Brasile dal titolo ‘La pastorale Afroamericana nel Magistero della Chiesa’. “La pastorale Afroamericana”, ha esordito l’arcivescovo, “ha bisogno di essere rafforzata; ma una pastorale veramente tale deve condurre alla giustizia e alla liberazione piena e integrale, secondo i documenti della Conferenze Episcopali Latinoamericane di Puebla e Medellin e del magistero papale recente”. La giustizia e la liberazione sono, infatti, elementi costitutivi dell’evangelizzazione. La Chiesa è sfidata a riconoscere i valori e la storia del popolo Afro ma deve anche farsi promotrice di un movimento per la riparazione del crimine della schiavitù.
La quarta conferenza nel pomeriggio dello stesso giorno ha avuto come titolo “Teologia e vita spirituale delle religioni Afroamericane e dei Caraibi” ed è stata presentata da p. Do Carmo Cabral Clovis Crispiniano SJ (Brasile). La sua conoscenze delle religioni Afroamericane, ha precisato p. Clovis, non è nata sui libri ma dall’esperienza diretta perché diversi membri della sua famiglia fanno parte della religione del Candomblé e sua madre è sacerdotessa dell’Orixa. Il relatore ha elencato, dandone un’ampia spiegazione, alcune caratteristiche delle religioni Afroamericane, come il Candomblé, l’Umbanda, il Macumba, la Santeria per nominarne alcune. Sono religioni dell’esilio e della resistenza, cioè religioni nate in un ambiente di schiavitù e di lotta; non sono, però, religioni missionarie come il Cristianesimo; sono olistiche e cosmiche (Dio e il mondo sono uniti, materia e spirito formano un tutt’uno); hanno una spiritualità che celebra la vita e la forza vitale ma hanno anche una dimensione biblica. Riconoscere i valori di queste religioni, ha concluso il relatore, è parte di una pastorale che sia autenticamente Afro.
Il giorno 18 si sono tirate le fila, per così dire, delle relazioni dei giorni precedenti dando un ampio riassunto dei punti principali. Poi, l’assemblea si è divisa in quattro gruppi di lavoro su quattro punti tematici: Il decennio degli Afro-discendenti, il dialogo interreligioso, le religioni afroamericane e le proposte pastorali dal magistero della Chiesa.
Il pomeriggio dello stesso giorno i gruppi hanno presentato le conclusioni delle loro discussioni. Le riflessioni e le proposte presentate sono state varie ed e di diversa natura. Senza la pretesa di elencarle tutte, ne scelgo solo alcune che mi sembrano più importanti. Tutte le relazioni hanno sottolineato l’importanza che l’identità Afro sia sostenuta e rafforzata; inoltre, si è affermato che coloro che lavorano nella Pastorale Afro devono avere passione e non solamente lavorare in questo tipo di pastorale ‘per obbedienza’ – un punto, aggiungo, assolutamente fondamentale: è la passione per la gente la molla che fa scattare il cambiamento, non l’efficienza né tanto meno il lavoro del burocrate; un gruppo ha affermato come ci sia bisogno della conversione delle strutture e della pastorale della Chiesa a partire dal popolo Afro, e di pastori dal volto propriamente Afro, che non significa, semplicemente, pastori di discendenza Afro ma pastori che abbiano assunto pienamente i sogni, le speranze e le lotte del popolo Afro; è importante, ha aggiunto il gruppo, il riconoscimento e il rispetto delle religioni Afro e di stabilire strategie di comunicazione attraverso le reti sociali, soprattutto facendo conoscere gli effetti negativi di un’economia estrattiva che danneggia le popolazioni Afro. Un altro gruppo ha fatto notare che è “tempo di passare dall’inculturazione al dialogo interreligioso”; come commento, direi però, che queste dimensioni non sono opposte o vicendevolmente escludenti ma anzi, l’una presuppone l’altro.
Alla fine della giornata i gruppi nazionali si sono riuniti per nominare i delegati nazionali all’EPA.
Le conclusioni dell’EPA
Il giorno seguente, 19 luglio, pellegrinaggio a Nuestro Señor de los Milagros a Buga. Prima della Messa si sono lette le conclusioni dell’EPA di Cali:
L’incontro si è chiuso con la nomina dei nuovi membri del Segretariato del SEPAC e del nuovo coordinatore che sostituirà p. Venanzio Mwangi. Il Messico è il luogo dove si terrà il prossimo EPA.
La Messa nel Santuario, presieduta dal Vescovo di Buga, mons. José Roberto Ospina Leongómez, è stata l’atto conclusivo del 14° EPA.
L’incontro dei religiosi che lavorano nella pastorale Afro
Dopo l’EPA, il 20 e 21 luglio 2018, i religiosi presenti si sono riuniti per condividere esperienze, difficoltà, speranze e successi.
Nel primo giorno dell’incontro, i religiosi hanno condiviso le situazioni dei popoli Afro con cui vivono, situazioni marcate molte volte da razzismo, violenza, dalla mancanza di considerazione dell’elemento Afro da parte della società e dello stato, e dal conservatorismo della Chiesa. Due parole condivise nell’assemblea: la lotta e la resistenza del popolo e la loro costruzione di reti di solidarietà. Fa parte del compito dei religiosi, allora, dare visibilità a questi sforzi. L’impegno dei religiosi, inoltre, è quello di promuovere vocazioni religiose nella popolazione Afro.
Nel secondo giorno p. Clovis Do Carmo Cabral s.j. ha approfondito alcuni punti della sua conferenza tenuta all’EPA. P. Clovis ha sottolineato alcuni elementi importanti della spiritualità e delle religioni Afro:
L’incontro con i religiosi si è concluso con la Messa celebrata dall’Arcivescovo di Cali, mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, persona molto apprezzata per il suo contributo alla pace in Colombia e il suo impegno a favore degli Afro discendenti.
Una intervista
A margine dell’incontro con i religiosi, mons. Costantino Gutierrez, messicano, missionario Yarumal e responsabile della ‘Pastoral de Etnias’ della Conferenza Episcopale Colombina, ha risposto ad alcune domande che gli ho posto sulla Pastorale Afro (PA).
Alla domanda se si possa parlare di PA oppure di una pastorale generica con i popoli Afro, ha risposto che esiste senz’altro una PA, perché il metodo di lavoro è differente, perché gli atteggiamenti, cioè la modalità di incontro, di parlare e di trattare le persone son differenti: una cosa è lavorare con gli Afro, per esempio, un’altra cosa è lavorare con i popoli indigeni; poi, perché la cosmovisione del popolo Afro è diversa, la spiritualità che informa la sua vita è particolare, la storia nel contesto dell’America Latina gli è propria. Tutto questo deve essere tenuto in conto per costruire una pastorale incarnata. Ciò che si sta cercando è una maggior partecipazione e coinvolgimento dei laici e, soprattutto, della donna Afro nella vita della Chiesa. La PA, in sintesi, è un apporto importante alla nostra pastorale diversificata.
La popolazione Afro in Colombia, ha continuato mons. Costantino, è soprattutto presente nelle regioni del Pacifico e nella costa Atlantica. Secondo il censo del governo gli Afro discendenti ammontano al 4,5% del totale della popolazione della Colombia. Ma secondo altre stime sono molto di più, almeno il doppio rispetto a quello che il governo afferma. Purtroppo il governo utilizza delle strategie di sviluppo che non favoriscono le zone Afro, anzi le pregiudicano, per esempio dando i fondi di sviluppo a persone e funzionari governativi che non li utilizzano bene, scavalcando i cosiddetti Consigli Afro che dovrebbero, invece, aiutare a gestire i fondi.
Per quanto riguarda gli atteggiamenti dei Vescovi verso una cura pastorale specifica del popolo Afro, questi dipendono dalla presenza di Afro discendenti in una zona. Bisogna dire, però, che qualche Vescovo “guarda con una certa distanza” alle popolazioni indigene e Afro discendenti.
Sulla proposta di una enciclica sulla schiavitù, mons. Costantino è dell’opinione che un esortazione apostolica sarebbe più opportuna, ancor meglio, un documento frutto di un sinodo, di un lavoro comune e di una riflessione – come, aggiunge, si sta facendo con il Sinodo dell’Amazzonia.
Alcune note conclusive
Gli EPA sono stati e sono uno strumento importante per riaffermare l’identità Afro, condividere lotte, sogni, successi ma anche insuccessi; condividere strategie di azione e di partecipazione nella cosa pubblica, elaborare piani per la difesa del territorio e degli interessi del popolo Afro.
Per quanto riguarda il tema dell’EPA di Cali, la spiritualità, avrei preferito che si fossero specificate e elaborate ulteriormente le caratteristiche delle spiritualità Afro e come queste spiritualità avrebbero potuto incidere sulla vita di tutti i giorni e sulle lotte politiche del popolo Afro. Questo, ritengo, sarà il compito dei leader del popolo Afro per i prossimi anni.
Penso però che, nell’insieme, questo EPA sia stato un successo sia per il numero dei partecipanti (il più alto di tutti gli altri EPA), sia per la qualità degli interventi e dei contributi.
P. Mariano Tibaldo, Cali (Colombia), 15-22 luglio 2018
[1] Il SEPAC è la segreteria che organizza gli EPA, coordina la pastorale Afro nel continente e mantiene contatti con i vescovi.
[2] Il Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale nelle Osservazioni conclusive sulle relazioni periodiche combinate tra il XVI e il XXIII della Santa Sede afferma che “Il Comitato si compiace della volontà espressa dalla delegazione della Santa Sede di adottare un'enciclica o un’altra dichiarazione pubblica appropriata che affronti l'importanza della lotta alla discriminazione razziale nei confronti delle persone di origine africana, che a giudizio del Comitato possono svolgere un ruolo importante nel fornire un risarcimento morale per il coinvolgimento della Chiesa cattolica nel commercio transatlantico di schiavi e le dure politiche del colonialismo in Africa. Il Comitato incoraggia lo Stato membro a mantenere un dialogo ad alto livello con i rappresentanti di persone di origine africana sul ruolo della Chiesa cattolica nel commercio transatlantico di schiavi e le sue conseguenze.”