Lunedì 9 maggio 2016
Anche quest'anno si è svolto il Convegno dei Fratelli comboniani a Pesaro dalla sera di giovedì 28 aprile alla domenica 1 maggio. All’invito hanno risposto trenta Fratelli comboniani provenienti dalle comunità della Provincia Italiana e anche dalla Curia, arricchiti dalla presenza di Fratelli di altre circoscrizioni presenti a Roma per studi e per corsi di aggiornamento. Ci hanno accompagnato, com’è tradizione negli ultimi anni, anche tre postulanti, provenienti da Padova e che si preparano ad entrare nel noviziato col desiderio di essere Fratelli: grazie a loro sarà riaperto il noviziato europeo. Il tema scelto: “Il fratello comboniano vicino ai poveri” è stato sviluppato in diversi interventi, in cui ciascuno è partito dalla propria esperienza e dal proprio servizio; si sono alternati momenti di ascolto, di dibattito e di condivisione.

 

Fratel Antonio
Soffientini.

 

L’elemento centrale dell’incontro dei Fratelli è stata la condivisione, il poter dialogare tra Fratelli che si conoscono da molto tempo e si possono ritrovare, oppure con nuovi compagni di viaggio, mettendo a confronto le esperienze diverse nel solco comune della vocazione missionaria comboniana declinata in varie epoche e situazioni.

Venerdì mattina P. Teresino Serra ci ha introdotti alla riflessione partendo dal n. 186 dell’enciclica Evangeli Gaudium: “Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società”. Questa idea viene ripresa dai nostri Atti Capitolari 2015, nei numeri 21-26 sulla missione a cui siamo chiamati a convertirci. Il n. 26 dice: «Vogliamo infine scegliere i poveri come compagni di strada e nostri maestri (EG 198): insieme a loro possiamo promuovere la globalizzazione della fraternità e della tenerezza”.

I documenti capitolari parlano di “sogno”, cerchiamo che questo sogno sia tensione e azione per renderlo sempre più realtà fra di noi.

Come Fratelli siamo chiamati a vivere il nostro essere “re, profeti e sacerdoti” in pienezza. Il Re è inteso come colui che sta con il suo popolo e si adopera nella ricerca del miglioramento della sua esistenza e della sua vita: il fratello svolge questa funzione regale attraverso la promozione umana. Il Profeta con la sua presenza è segno e motivo di speranza così come lo siamo noi tra la gente nelle nostre missioni. “Voi fratelli potete essere come il mandorlo in fiore che nel simbolismo biblico significa speranza, il mandorlo è il primo albero a fiorire dopo l’inverno, annuncia la bella stagione. La nostra storia è ricca di testimonianze; è una storia bella fin dal tempo del Comboni”.

Nel pomeriggio abbiamo ascoltato la testimonianza di Fr. Antonio Soffientini, nativo di Merate, classe 1966, che dopo aver concluso la formazione di base nel CIF di Bogotà, ha svolto la sua missione in Brasile dal 2006 al 2015.

Ci ha parlato della sua esperienza ad Açailândia, nello stato del Maranhão (nord-est del Brasile) nella comunità di Piquiá. Qui la presenza massiccia di industrie siderurgiche condiziona l'intera vita della popolazione. La scelta di questa comunità fin dall'inizio è stata quella di stare con i poveri, di prendere partito facendo delle scelte concrete.

P. Teresino ha declinato il tema del Fratello comboniano vicino ai poveri con tre espressioni: stare con, sentire con, fare/camminare con. La presenza fisica tra la gente, con la disponibilità all’incontro, al lasciarsi scomodare, non creando barriere, consente di rendersi conto delle problematiche quotidiane del lavoro, della salute, dei soprusi, delle élite che cercano di sfruttare la popolazione. Sulla base di questa esperienza, è importante poi fermarsi a riflettere con la comunità, per interrogarsi insieme e costruire dei processi che possano portare a restituire alle persone la dignità, il protagonismo nella loro storia, anche a piccoli passi.

Questi tre elementi devono essere accompagnati e resi omogenei dalla spiritualità, dalla mistica dell’incarnazione e del sogno, inteso come utopia che conduce il nostro agire nella logica appunto dell’incarnazione, del discendere, dell’uscire, espressione cara a Papa Francesco.

Nella mattinata di sabato ha condiviso la sua riflessione con noi il nuovo Assistente Generale Fratello, Fr. Alberto Lamana Cónsola, nato a Saragozza, Spagna, nel 1971, il quale, dopo il noviziato a Santarém e il CIF a Nairobi, ha lavorato dieci anni in Sud Sudan, ed è poi rientrato per la rotazione in Spagna, per quattro anni.

Fr. Lamana ha sottolineato alcuni aspetti degli Atti Capitolari 2015 come l'importanza dell'incontro con Cristo, la volontà di edificare una vita piena per tutti, la nostra epoca caratterizzata dalla multiculturalità e come in questo contesto le parole-chiave possano essere: povertà, uscire, giustizia e pace e integrità del creato, il paradigma ministeriale e il rendere “soggetto” gli altri, cioè salvare l'Africa con l'Africa.

Riguardo alla spiritualità, è bene sottolineare l’importanza delle relazioni, dobbiamo essere promotori della riconciliazione e del dialogo nella missione, a volte tendiamo al protagonismo e all’autoreferenzialità che possono rendere difficile la nostra missione.

È importante mantenere le opere comboniane di promozione umana (OPCU) presenti nell’Africa anglofona e lusofona e anche quella presente in Ecuador (America Latina).

Nell’Istituto, purtroppo ci sono persone che manifestano crisi improvvise dopo anni di missione, forse perché le nostre comunità sono povere a livello di relazioni e di supporto umano reciproco; per questo è importante la riorganizzazione, per evitare il pericolo dell'individualismo, la fragilità umana, la superficialità, la perdita di passione e l’eccessivo lavoro.

Il Capitolo sottolinea l'importanza dei Centri Internazionali Fratelli (CIF) per la formazione di base a Nairobi e a Bogotà, anche se il numero ridotto di candidati potrà richiedere una modifica della loro struttura.

Fr. Lamana ricorda in modo speciale il numero 262 della Evangelii Gaudium: “Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano. Dal punto di vista dell’evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore”.

Un altro fratello, Alberto Parise, che ha terminato ora l'anno comboniano di formazione permanente e ha lavorato 17 anni in Kenya, la maggior parte dei quali presso il Tangaza College di Nairobi, ci ha parlato del risultato della riflessione dei Fratelli dell’Africa anglofona e Mozambico.

I Fratelli si incontrano ogni due anni per riflettere su quali possono essere i servizi pastorali specifici in questi luoghi di missione, poiché bisogna avere coraggio e creatività per una conversione pastorale orientata agli emarginati, destinatari privilegiati del kerygma, bisogna essere profetici, evangelizzare le culture. Le aree su cui si pensa di centrare l’attenzione sono le scuole tecniche e le strutture sanitarie.

C'è stato poi spazio per dei lavori di gruppo in cui è stato importante condividere la ricchezza delle esperienze personali, nelle quali abbiamo potuto constatare la ricchezza ricevuta dal contatto con la gente che ci ha aiutato a crescere come uomini, come cristiani e come missionari.

Domenica mattina è stato con noi il provinciale, P. Giovanni Munari, per parlare di come la presenza comboniana di padri e fratelli in Italia e in Europa deve essere aggiornata e attualizzata in consonanza alla situazione odierna, al contesto sociale in continuo cambiamento.

Durante il Capitolo si è sentito fra tutti un forte desiderio di rinnovamento in sintonia con ciò che Papa Francesco esprime nella Evangelii Gaudium. La Chiesa attraversa un momento di crisi che deve essere occasione di crescita. A noi comboniani, questo momento con le sue difficoltà deve portarci a un discernimento per il cambiamento senza perdere ciò che abbiamo di positivo ma valorizzandolo e aggiornandolo.

Il Papa nel suo documento riprende le intuizioni e lo spirito del Concilio Vaticano II. Per rispondere alla crisi bisogna innanzitutto rafforzare i pilastri su cui si regge la Chiesa.

Vediamo quali sono questi pilastri, secondo le Quattro Costituzioni conciliari.

La Chiesa Popolo di Dio: bisogna riconoscere che al centro di questa realtà non c’è la gerarchia ma il popolo e, con ruoli diversi, ma con la stessa dignità, si cammina insieme come discepoli di un unico maestro.

La seconda Costituzione parla della Parola di Dio che dovrebbe avere uno spazio maggiore nella Chiesa. Per noi missionari il kerigma è importantissimo e centrale, ma a volte la Parola è poco presente nelle nostre comunità, dunque l’invito a rifondare le nostre comunità sulla Parola.

La terza Costituzione parla della liturgia, che potrebbe risultare meno immediata come pilastro di un rinnovamento, ma l’invito è proprio a viverla e ad attualizzarla come celebrazione della vita in comunità tra di noi e con la comunità cristiana per poi riprendere il cammino con maggior forza e unità. Purtroppo anche sotto questo aspetto sembra ci sia molto da migliorare fra di noi, per rendere la nostra liturgia meno formale e più viva.

La quarta Costituzione volge lo sguardo sul mondo con occhi nuovi tanto che Mons. Bettazzi la definisce una svolta copernicana. La Chiesa non è più al centro poiché il centro è ora il mondo a cui la Chiesa è inviata come serva. Una visione del mondo positiva, carica di speranza e non di giudizi e pregiudizi. Dobbiamo guardare ai giovani con speranza, anche se ci sembrano lontani, forse proprio perché sono alla ricerca di maggiore autenticità, che non trovano nelle nostre comunità cristiane, nei riti ormai anchilosati delle nostre liturgie.

In questo modo le soluzioni alla nostra crisi non devono essere delegate al provinciale o al guru di turno ma sono un compito di ciascuno di noi, che deve coinvolgersi; dobbiamo discutere come suggerisce la lettura degli Atti degli apostoli di oggi: “Poiché Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione” (At 15,1-2).

Non dobbiamo delegare le risposte agli altri, dobbiamo ritornare a costruire il Cenacolo nelle nostre comunità, i giovani cercano autenticità e se il nostro Istituto è nato nel 1800, oggi deve fare un lavoro di aggiornamento: vediamo come gli Istituti sorti dopo il Concilio Vaticano II sono più vivaci e più attraenti.

Concludendo ci siamo lasciati con la gioia dell’incontro e il desiderio di continuare a coltivare il sogno di Comboni. La presenza dei tre giovani postulanti ci ha dato anche un segno concreto di speranza per il futuro: siamo convinti che la vocazione del fratello missionario comboniano è molto importante, è parte integrante del carisma ed è un dono per la Chiesa, un dono che abbiamo ricevuto e che dobbiamo condividere e promuovere, consapevoli dei nostri limiti e dei nostri doni. Sempre più dobbiamo essere capaci di manifestare con allegria la nostra vocazione attraverso la vicinanza ai poveri come dice il titolo di questo Convegno: “Il fratello comboniano vicino ai poveri”.
Fr. Simone Della Monica


Da sinistra: Fratelli Fabio Patt e Antonio Marchi, della comunità di Limone Sul Garda (Italia).